KARLI
Località nelle montagne dell'India occidentale, ove si trova il più importante fra i templi rupestri del periodo Shunga-Āndhra (185 a. C.-50 d. C.). Come tanti altri monumenti buddisti, anche questo andò soggetto a successivi rifacimenti e ad aggiunte nel periodo Gupta; ma il principale interesse è presentato dalle sculture del periodo Āndhra (v. indiana, arte).
Il chaitya di K. è il più vasto fra quelli scavati nella roccia e, secondo Coomaraswamy, risale alla fine del I sec. a. C., dato che l'impero degli Āndhra sembra aver durato più a lungo nelle montagne dell'O. Esso è il più grande e il meglio conservato tra i templi tagliati nella roccia. Lungo 27 m, largo 8 e alto 15, anche questo santuario si apre verso l'esterno con un largo vano a ferro di cavallo, ma la sua facciata è scolpita in altorilievo e conta tre porte che danno adito alle navate. È di forma absidale, e ornato da pilastri che separano la navata centrale dalle laterali; i pilastri dell'abside sono di forma ottagonale, e semplici, mentre quelli della navata sono provvisti di una base a forma di vaso a bulbo e di un capitello foggiato a campana che sopporta una piramide a gradini la quale a sua volta regge due animali giacenti, cavalcati da piccole figure umane; nell'abside, si trova un dagoba di forma classica. Il santuario è preceduto da un vestibolo. L'accesso al vestibolo è sovrastato da due colonne isolate con capitello a forma di campana, sulle quali siedono due leoni (v. anche indiana, arte).
Grande interesse presenta la facciata del chaitya che, con il grande arco a ferro di cavallo, presuppone un prototipo ligneo. Eguale impressione è prodotta dall'aspetto di tramezzo di legno, dalle nervature e dagli archi multipli della facciata. Vi sono incavi che dovevano originariamente ricevere travi di legno.
I pannelli ai lati dell'ingresso sono la caratteristica di maggior interesse a K.: si tratta di sei rilievi rappresentanti "coppie d'amanti". Ben diversamente dai rilievi della vicina Bhaja (v.) - i più antichi dello stesso periodo, in questa località - che mancano d'incorniciatura e non hanno una disposizione definita, le figure di K. sono chiaramente disposte entro un riquadro ben netto, e il rilievo mostra una notevole perfezione nella tecnica della scultura e nel rendimento dei dettagli anatomici. L'influenza della scuola di Mathurā è evidente nell'ideale dei corpi ben sviluppati, nei liberi movimenti e nelle vesti. Ma le sculture di K. hanno inoltre la caratteristica di avere un'apparenza umana più marcata; forse perché la funzione delle figure (in quanto rappresentano donatori) non è ieratica, ma strettamente terrena. In confronto con sculture di soggetto analogo. che si trovano ad Amaravātī, che hanno contorni netti e non esagerati, la versione che esiste a K. è più espansa e più plastica. Il movimento delle figure è libero, pur mantenendosi in certi limiti, e l'effetto generale è quello di una condensata energia. Le figure esprimono la "gioia di vivere" che è un carattere proprio della più antica religione indù. Allo scopo di accentuare questo tema, le due lunghe file di colonne nell'interno di questo chaitya rupestre sono coronate da capitelli a campana, sui quali una serie di "coppie d'amanti" cavalcano elefanti. Queste sculture sono eseguite a tutto tondo; due gruppi di cavalieri addossati sormontano ogni capitello. Elefanti e coppie di amanti si muovono liberamente e con grande espressione fuori dalla pietra che li imprigiona. Il luogo più sacro dell'interno è costituito dallo stūpa all'estremità della navata. Unico esempio in questa regione dell'India, questo stūpa è rialzato sopra un basamento circolare, come avviene in un caso più antico che si trova a Bedsa.
Bibl.: K. Doehring, Indische Kunst, Berlino 1925; L. Bachhofer, Early Indian Sculpture, New York 1929; J. Ph. Vogel, La sculpture de Mathura, Parigi 1930; St. Kramrisch, Indian Sculpture, Londra 1933; D. D. Kosambi, Dhenukāṭa, in Journ. Asiat. Soc. Bombay, XXX, 1956, pp. 50-71.