Makk, Károly
Regista cinematografico ungherese, nato a Berettyóújfalu il 23 dicembre 1925. Solido professionista, la cui opera è stata costantemente accompagnata dal favore del pubblico, è considerato uno dei padri del cinema ungherese. Con il suo lavoro si è rivelato incline più che a trattare le tematiche storico-politiche, usuali nella produzione del suo Paese, a far ricorso a uno stile ricco di umorismo e, con un termine a lui molto caro, di 'malizia', nel descrivere rapporti interpersonali che risultano arricchiti di sottili e pregnanti sfumature, con una particolare attenzione dedicata ai gesti e ai dettagli e giocando senza falsi moralismi con ogni possibile e abusato stereotipo.
Dopo aver ottenuto la licenza superiore a Cluj, nel 1946 M. si iscrisse ai corsi di regia della Filmművészeti főiskola színházművészeti (Accademia d'arte cinematografica e teatrale) di Budapest, dove ebbe come compagni di corso Péter Bacsó, András Kovács, Imre Fehér. Iniziò subito a lavorare come assistente alla regia di Géza Radványi per il celebre Valahol Európában (1947; È accaduto in Europa) e di Frigyes Bán per Talpalatnyi föld (1948; Un palmo di terra), primo film ungherese realizzato dopo la nazionalizzazione dell'industria cinematografica. Queste esperienze gli consentirono di essere scelto come regista di Úttörők (Pionieri), per iniziativa del direttore dell'Accademia, Ferenc Hont. Il film non fu terminato perché nel frattempo era stato istituito un nuovo Consiglio di arte cinematografica del partito, ma nel 1953, in seguito ai primi segnali di rinnovamento nel Paese, M. ebbe la possibilità di esordire con Liliomfi (1954, Il giglio), tratto dal romanzo di E. Szigligeti e basato su un'idea presentata da Bacsó che ne scrisse anche la sceneggiatura. Diresse poi A 9-es kórterem (1955, La corsia n. 9), Mese a 12 találatról (1957, Favola su 12 punti) e, nel 1959, Ház a sziklák alatt (La casa sotto le rocce), che gli diede notorietà. A cogliere nel modo più efficace il cambiamento in corso e a esprimere tutta la carica della giovinezza del regista è Mese a 12 találatról, che descrive la liberazione della gente comune dalla paura e la conquista della possibilità di esprimersi. Ház a sziklák alatt, in cui tre protagonisti si scontrano ferocemente fino alla catastrofe, è invece un buon esempio dello stile dei suoi film successivi: pochi personaggi osservati senza alcun intento moralistico, con attenzione e humour tagliente. Nel 1971 realizzò Szerelem (Amore), progettato almeno otto anni prima e divenuto forse il suo film più noto, trasmesso in Italia dalla televisione. Il regista lascia emergere tutta la sua attesa, narrando con una vena lirica il dramma vissuto dagli intellettuali ungheresi negli anni Cinquanta. Ispirato a due racconti di Tibor Déry, che lavorò alla sceneggiatura, racconta la storia di due donne, un'anziana malata e la sua giovane nuora (interpretate da Lili Darvas e Mari Törőcsik, entrambe premiate a Cannes con una menzione speciale della giuria), sottolineando la differenza tra le due epoche in cui sono cresciute e mettendo in risalto l'assenza della figura maschile, rispettivamente il marito e il figlio, che la madre crede in America e che invece è in carcere per motivi politici. Caratteristica dei film di M. risulta l'anticipazione di tematiche mai trattate prima nel cinema ungherese: si parla di suicidio in Macskajáték (1974, Gioco di gatti) ‒ nomination all'Oscar come miglior film straniero ‒, mentre la deliziosa commedia Egy erkölcsös éjszaka (1977; Una notte molto morale) viene ambientata in un bordello dei primi anni del Novecento. In Egymásra nézve (1982, Un altro modo di guardare), dal romanzo di E. Galgóczi, si descrive un rapporto d'amore tra due donne (Jadwiga Jankovska e Grazyna Szapolowska) alla fine degli anni Cinquanta, con cenni alla difficile situazione politica dell'Ungheria. Alcuni anni più tardi, in un periodo in cui l'adattamento al postcomunismo si stava rivelando difficile in molti Paesi dell'Est, M. ha affrontato la dimensione del dramma politico con Magyar rekviem (1991, Requiem magiaro), film ambientato nel 1957 che ripercorre gli eventi della rivoluzione.
Nel corso degli anni Ottanta, durante un periodo di incertezza economica, molti registi ungheresi hanno cominciato a lavorare per la televisione, mentre altri, come István Szabó e Pál Gabór, hanno seguito l'esempio di Miklós Jancsó, già attivo nelle coproduzioni a partire dagli anni Sessanta. M. che secondo una linea di comportamento tipica dei registi del suo Paese, favorevoli a una caratterizzazione nazionale, non aveva mai voluto partecipare a coproduzioni, nel 1982 ha diretto Die Jäger, noto anche come Deadly game, film tedesco con un cast internazionale (Mel Ferrer, Barbara Sukowa, Helmut Berger) e, nel 1977, The gambler, coproduzione anglo-ungherese, tratta da Il giocatore di F.M. Dostoevskij. Come insegnante all'Accademia d'arte cinematografica e teatrale di Budapest, M. ha avuto tra i suoi allievi registi rivelatisi tra i più interessanti del nuovo cinema ungherese, come Péter Gothár e Resző Szörény, alcuni dei quali, per es. Ferenc András, rivendicano una diretta influenza del regista sul loro stile.
Il laboratorio ungherese, a cura di F. Bolzoni, Roma 1975, pp. 57-63.
I. Nemeskürty, Wort und Bild: die Geschichte des ungarischen Films, Frankfurt a.M. 1980, pp. 271-77.
S. Micheli, Cinema ungherese, Roma 1982, passim.
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Sciogliere e legare. Il cinema ungherese degli anni '60, a cura di P. Vecchi, Torino 1996, p. 217 e passim.