SCHOPPE , Kaspar
SCHOPPE (Scioppio), Kaspar. – Nacque il 26 giugno 1576, probabilmente a Pappenberg, nei pressi di Norimberga, da un omonimo mugnaio; il nome della madre non è conosciuto.
La famiglia Schoppe aveva stretti legami con la Chiesa riformata: sia il nonno sia gli zii erano membri del clero; non sorprende pertanto che Schoppe fosse educato in scuole di orientamento calvinista. Nel 1591 si iscrisse alla facoltà di diritto dell’Università di Heidelberg, roccaforte della cultura riformata in Germania; nel 1594 si trasferì nella meno prestigiosa Università di Altdorf, che aveva il vantaggio di essere l’accademia ufficiale della città di Norimberga. A parte una breve parentesi all’Università di Ingolstadt tra il 1595 e il 1596, fu ad Altdorf che Schoppe compì gli studi di diritto, laureandosi nel 1597. Questi anni formativi servirono in primo luogo a rivelare la passione di Schoppe per la filologia: di questo periodo sono due importanti lavori di emendazione su vari testi della latinità classica, i Verisimilium libri quatuor (1596) e i Suspectarum lectionum libri quinque (1597), e un manuale di filologia, il De arte critica (1597), tutti stampati a Norimberga. La fama che gli assicurarono questi lavori permise a Schoppe di entrare in contatto con i più grandi studiosi e letterati del tempo, da Giusto Lipsio a Joseph Scaliger.
Conclusi gli studi in giurisprudenza, Schoppe lasciò definitivamente il diritto per avventurarsi verso una incerta carriera negli studi di umanità. Nel 1597 compì il suo primo breve viaggio in Italia attraverso il Brennero fino a Venezia; nel 1598 approdò alla corte imperiale di Praga in cerca di fortuna. Qui maturò la sua conversione al cattolicesimo, sancita dal battesimo nell’aprile del 1598 alla presenza del nunzio Cesare Speciano. Oltre al cambiamento di fede, il periodo trascorso a Praga gli aprì le porte della sua seconda importante vocazione: quella per la politica. Subito dopo il battesimo Schoppe fu infatti incaricato di prendere parte alla legazione imperiale di Johann Matthäus Wacker presso la corte papale a Ferrara e a Roma.
In Curia Schoppe trovò un ambiente congeniale. Grazie all’appoggio di Cesare Baronio e all’amicizia con Roberto Bellarmino decise di restare a Roma, riuscendo a ritagliarsi un ruolo di mediatore nei rapporti con il mondo protestante. Scrisse nel 1599 una Epistola de sua ad orthodoxos migratione, subito stampata in terra tedesca, a Ingolstadt, e soprattutto un Pro Germaniae Protestantibus Romam venientibus, pubblicato solo in seguito nelle Amphotides scioppianae, in cui spiegava al pontefice che bisognava accogliere i protestanti tedeschi con benevolenza, senza intimorirli con la paura dell’Inquisizione. In quegli anni Schoppe divenne il primo indirizzo a cui si rivolgevano principi, nobili e studiosi protestanti in arrivo a Roma. Nel frattempo, Schoppe si impegnò in una decisa polemica contro il mondo calvinista da cui proveniva. Nel 1607 apparve a Magonza lo Scaliger Hypobolimaeus, in cui era messa alla berlina la vanità di Joseph Scaliger; contro questo scritto si alzò un coro di proteste e libelli, che non mancarono di attaccare Schoppe sul piano personale. In risposta alle accuse di essere un parassita e di provenire da una famiglia di origine oscura, Schoppe stampò le Amphotides scioppianae (prima edizione a Ingolstadt nel 1608; versione ampliata parigina nel 1611).
Due altri aspetti di questo soggiorno romano meritano attenzione. Da un lato, Schoppe pose qui termine quasi definitivamente alla sua attività filologica con le edizioni del De lingua latina di Varrone (Ingolstadt 1605) e delle lettere di Simmaco (Magonza 1608). Dall’altro lato, in questi anni Schoppe entrò in contatto con Tommaso Campanella, cui cercò di render visita a Napoli nel 1607, senza riuscire tuttavia a incontrarlo di persona. Come spesso capita nella tumultuosa biografia di Schoppe, non si conosce la ragione del suo interessamento per Campanella: se fosse dovuto alla volontà di Paolo V, che voleva riportare a Roma il frate domenicano, o semplicemente alla curiosità e alle pressioni di amici come Johannes Faber. Con Campanella Schoppe intrattenne stretti rapporti in quegli anni: gli promise di pubblicare le sue opere e rivide il testo degli Aforismi politici; a sua volta, Campanella dedicò a Schoppe la prima versione dell’Atheismus triumphatus, scritto nel 1607. Negli anni seguenti Schoppe si adoperò per la liberazione del frate, cercando di trovare appoggi in Germania. A partire dal 1609 perse interesse per questa battaglia in favore di Campanella, mentre iniziò a servirsi senza scrupoli dei manoscritti campanelliani in suo possesso per la sua attività pubblicistica contro i protestanti. È del 1611 un Ecclesiasticus contro Giacomo I d’Inghilterra, in cui Schoppe plagiò diversi testi di Campanella per sostenere la supremazia pontificia in temporalibus. L’opera, come molte altre di Schoppe, era destinata a suscitare virulente polemiche, spingendo l’ambasciatore inglese a Venezia Henry Wotton e il celebre filologo Isaac Casaubon a replicare ufficialmente all’opera. Questi plagi e le posizioni in seguito assunte da Schoppe, soprattutto su Niccolò Machiavelli, portarono infine a una dura contrapposizione con Campanella che, nella nuova edizione dell’Atheismus triumphatus del 1631, la prima andata a stampa, non solo tolse la dedica originaria, ma attaccò apertamente il vecchio amico.
Alla fine dell’agosto 1607 Schoppe lasciò Roma su incarico di Paolo V per partecipare alla dieta imperiale di Ratisbona, ufficialmente come consigliere dell’arciduca Ferdinando d’Austria, ma in realtà come inviato informale del papa. Durante il viaggio verso la Germania Schoppe si fermò a Venezia, dove incontrò Paolo Sarpi; qui fu trattenuto brevemente in carcere dal Consiglio dei dieci. Con la partecipazione alla Dieta di Ratisbona si aprì una nuova fase della vita dello Schoppe, che negli anni seguenti si impegnò in prima persona a costituire una lega cattolica da opporre ai principi protestanti. Lasciata Ratisbona, Schoppe intraprese un giro delle corti cattoliche del Sud della Germania, a incominciare da quella di Monaco, con l’obiettivo di raccogliere adesioni al progetto della lega, che infine fu fondata nel 1609. Allo scopo di ottenere il consenso del papa, Schoppe tornò a Roma in quello stesso anno; nel 1613 affrontò inoltre un viaggio alla corte di Filippo III di Spagna. In entrambi i casi, l’attività di Schoppe non portò a risultati concreti, ma gli consentì di ampliare la sua rete di conoscenze e protezioni a livello europeo.
La sua lunga esperienza alla corte imperiale e in Spagna gli valsero il favore dei Gonzaga, alle prese in quegli anni con l’estinzione della dinastia e la questione del Monferrato. Schoppe parve un aiuto prezioso in questo frangente sia per la sua formazione di umanista ed erudito sia per la sua conoscenza dei segreti politici europei. Su invito dei Gonzaga Schoppe rientrò in Italia nel 1617 e, viaggiando tra Mantova e Milano, preparò uno Stemma Gonzagicum (Casale Monferrato 1619) e le Origines Gonzagicae (restate inedite). In quegli anni si interessò direttamente alle trattative sul destino del Monferrato, svolgendo una paziente opera diplomatica.
Nel 1619 apparvero due celebri scritti di Schoppe, il Consilium Regium a Filippo III (Francoforte) e soprattutto il Classicum belli sacri (Pavia), con cui lo studioso tedesco offriva una giustificazione politica alla guerra dei Trent’anni. Queste opere suscitarono nuove polemiche e diedero la stura a diversi scritti di risposta.
Morto nel 1621 Paolo V, con cui negli ultimi anni i rapporti erano divenuti tesi, Schoppe poté finalmente tornare a Roma. In questo terzo soggiorno romano si legò al cardinale Friedrich von Zollern, in casa del quale ebbe modo di incontrare Galileo Galilei; soprattutto trovò a Roma il tempo e la tranquillità necessari per maturare il suo pensiero in nuove direzioni. Nel 1623 apparve a Roma la Paedia politices, opera di risonanza europea, ristampata nel 1663 dall’erudito protestante Hermann Conring con commento di Gabriel Naudé. In questo scritto Schoppe prese per la prima volta posizione pubblica in favore di una riabilitazione di Machiavelli. In realtà, già qualche anno prima, nel 1618-19, Schoppe aveva preparato un’apologia dell’autore fiorentino, restata manoscritta. Grazie alla protezione del cardinal nepote Ludovico Ludovisi e ai buoni rapporti con il maestro del Sacro Palazzo, Niccolò Riccardi, Schoppe riuscì a far pubblicare la Paedia e ad aprire una nuova stagione nella ricezione delle opere machiavelliane. In contemporanea, sviluppò un’acuta sensibilità per la riforma della Curia, ritenuta un presupposto indispensabile per raggiungere un accordo con i protestanti. Pur avendo fondato le proprie fortune su rapporti personali di clientela, Schoppe compose a Roma un Funiculus triplex, restato manoscritto, in cui si scagliò contro la pratica del nepotismo.
Nel 1626 lasciò Roma, probabilmente perché il suo protettore Zollern aveva abbandonato la città da qualche anno e le speranze di una sistemazione onorevole andavano scemando. Nel 1627 si stabilì per un triennio a Milano, dove iniziò a pensare a una riforma degli studi capace di superare la Ratio studiorum dei gesuiti. Le numerose opere pedagogiche di questo periodo avevano lo scopo di proporre un nuovo metodo per l’insegnamento del latino che non si basasse puramente sull’imitazione degli antichi autori. Con i suoi scritti Schoppe intendeva fornire nuovi strumenti grammaticali per la didattica, ispirati al lavoro del linguista spagnolo Francisco Sánchez.
A questa attività pedagogica arrise un certo successo. È noto che gli scolopi, allora nella prima fase organizzativa del loro ordine, guardarono con grande interesse alle proposte di Schoppe per le loro scuole; tuttavia, la rissosità e l’animo inquieto del poligrafo tedesco sconsigliarono di approfondire i contatti.
Schoppe tornò a Ratisbona per la dieta imperiale del 1630. Qui si fece promotore di progetti politici completamente diversi da quelli sostenuti vent’anni prima. A parere di Schoppe, non si trattava più di combattere i protestanti a viso aperto per mezzo della forza delle armi, ma era arrivata l’ora di imporre una pace durevole sull’impero, fondata su un accordo teologico tra cattolici e protestanti. A testimoniare questo radicale cambiamento restano diversi scritti, a partire dai Fundamenta pacis (Augusta 1631), in cui tali idee erano esposte con grande forza e determinazione. In questa occasione Schoppe ottenne un ulteriore riconoscimento. Nel 1630 fu investito del titolo onorifico di conte di Chiaravalle, nella antica valle di Tempe, dal principe di Macedonia Angelo Flavio Comneno, gran maestro dell’Ordine costantiniano di San Giorgio.
La conversione di Schoppe all’irenismo religioso non implicò tuttavia la perdita di energia polemica, che negli anni Trenta si canalizzò verso un altro obiettivo: la Compagnia di Gesù. Ancora una volta non sono chiare le ragioni che portarono Schoppe a invischiarsi in una battaglia virulenta contro i gesuiti. Di certo, Schoppe non nutrì mai molta simpatia per gli indirizzi culturali di quest’ordine religioso, con cui negli anni precedenti aveva tuttavia mantenuto i rapporti. Di questo fervore antigesuitico, smodato negli accenti e nella misura, restano decine di scritti, pubblicati sotto diversi pseudonimi, e un numero altrettanto alto di repliche di parte avversa.
Terminata la dieta di Ratisbona e trascorsi un paio di anni in Svizzera, al riparo dagli eventi bellici, Schoppe tornò sull’agone politico nel 1633, quando incontrò a Torino il sultano Jahia, pretendente al trono ottomano e convinto sostenitore di una crociata contro i Turchi, che gli avrebbe permesso di conquistare il potere. Schoppe si fece promotore di questo progetto quanto mai velleitario; fino al 1635 si mosse attraverso varie capitali italiane (Genova, Lucca, Firenze) e svizzere (Zurigo, Basilea) per raccogliere fondi e sostegni politici in favore della guerra antiturca.
Sconfitto in questa ulteriore battaglia e ormai ai margini della grande politica europea, Schoppe decise di ritirarsi a Padova. Nella Repubblica di Venezia la presenza di Schoppe era divenuta ben accetta da quando l’ormai anziano convertito tedesco si era deciso a sostenere la pace religiosa e ad attaccare i gesuiti. Nel periodo padovano Schoppe cercò di far stampare le sue numerose opere manoscritte, riuscendovi solo in misura limitata. In realtà, quegli anni furono avari di opere a stampa, mentre restano varie opere manoscritte di carattere profetico, scritte sul modello campanelliano e ispirate a un progetto di pace religiosa.
Morì a Padova alla fine del 1649. La data è soggetta a controversie: Apostolo Zeno cita la fede tratta dal libro dei morti della parrocchia in cui Schoppe si spense e propende per il 18 ottobre (Biblioteca dell’eloquenza italiana di monsignore Giusto Fontanini, I, Venezia 1753, p. 142); il benedettino Gabriel Bucelin, che si trovava allora a Padova, raccontò in seguito che Schoppe sarebbe morto il 9 novembre. È sepolto nella chiesa di S. Tommaso Apostolo a Padova.
Opere. Per elenchi recenti delle opere a stampa pubblicate da Schoppe si vedano G. Dünnhaupt, Personalbibliographien zu den Drucken des Barocks, V, Stuttgart 1991, pp. 3734-3792, e K. Schoppe, Autobiographische Texte und Briefe, a cura di K. Jaitner, I, 2, München 2004, pp. 1153-1187, con un repertorio aggiornato anche dei testi manoscritti. In tempi moderni sono apparse la traduzione in tedesco della Epistola de sua ad orthodoxos migratione, in A. Räß, Die Convertiten seit der Reformation nach ihrem Leben und aus ihren Schriften dargestellt, III, Freiburg 1868, pp. 395-443, e quella in italiano dell’Angelus pacis: L’angelo della pace: modi e regole per comporre il dissidio religioso tra cattolici e protestanti, a cura di C. Scarcella, Tirrenia 2006. Alcune scritture autobiografiche del periodo 1600-15 sono state edite da G. Gabrieli, Fra Tommaso Campanella e i Lincei della prima accademia, con una appendice autobiografica di Gaspare Scioppio, in Rendiconti dell’Accademia nazionale dei Lincei, IV (1928), pp. 250-267 (ora anche in G. Gabrieli, Contributi alla storia dell’Accademia dei Lincei, I, Roma 1989, pp. 385-398); la biografia più importante di Schoppe, la Philoteca Scioppiana, è stata invece pubblicata solo recentemente, con traduzione tedesca a fronte, nel citato Schoppe, Autobiographische Texte und Briefe, dove si raccolgono anche tutte le lettere note, in parte già edite in precedenti occasioni.
Fonti e Bibl.: Schoppe ricevette attenzione già in vita: Illustrium mulierum et illustrium litteris virorum elogia a Julio Caesare Capaccio [...] conscripta, Napoli 1608, pp. 275-278. Tra le tanti voci dedicate a Schoppe in repertori ed enciclopedie si segnalano: P. Bayle, Dictionnaire historique et critique, IV, Amsterdam-Leide 1730, pp. 172-180; J.-P. Niceron, Mémoires pour servir à l’histoire des hommes illustres dans la république des lettres avec un catalogue raisonné de leur ouvrages, XXXV, Paris 1736, pp. 165-231; C. Nisard, Les gladiateurs de la république des lettres aux XVe, XVIe et XVIIe siècles, II, Paris 1860, pp. 1-206; H. Kowallek, Über Gaspar Scioppius, in Forschungen zur deutschen Geschichte, XI, Göttingen 1871, pp. 401-482.
S. Bongi, Sopra una missione di Gaspare Scioppio a Lucca come ambasciatore del sultano Iachia, in Giornale storico degli archivi toscani, IV (1860), pp. 211-237; I. Döllinger - F.H. Reusch, Geschichte der Moralstreitigkeiten in der römisch-katholischen Kirche seit dem sechzehnten Jahrhundert mit Beiträgen zur Geschichte und Charakteristik des Jesuitenordens, Nördlingen 1889, I, pp. 555-593, II, pp. 287-311; J. Kvačala, Zu des Scioppius Verbindung mit Ferdinand II., in Zeitschriften für Kirchengeschichte, XXXIII (1912), pp. 105-109; C. Morandi, Botero, Campanella, Scioppio e Bodin, in Nuova rivista storica, XIII (1929), pp. 339-344; Id., L’apologia del Machiavelli di Gaspare Scioppio, ibid., XVII (1933), pp. 277-294; C.M. Gamba, Il poligrafo tedesco Gaspare Scioppio (1576-1649) e il programma di riforma degli studi, Bari 1950; M. D’Addio, Il pensiero politico di Gaspare Scioppio e il machiavellismo del Seicento, Milano 1962; U. Helfenstein, Caspar Scioppius als Gesandter Sultan Jahias in der Eidgenossenschaft (1634/1635), Zürich 1963; F. Neuer-Landfried, K. S. und die Gründung der katholischen Liga 1609, in Zeitschrift für bayerische Landesgeschichte, XXXIII (1970), pp. 424-438 (poi ristampato in Festschrift für Heinz Lieberich zum 65. Geburtstag, München 1970); F.-R. Hausmann, K. S., Joseph Justus Scaliger und die Carmina Priapea oder wie man mit Büchern Rufmord betreibt, in Landesgeschichte und Geistesgeschichte. Festschrift für Otto Herding zum 65. Geburtstag, a cura di K. Elm - E. Gönner - E. Hillenbrand, Stuttgart 1977, pp. 382-395; C. Lecointre, Caspar Schoppe et les écoles pies. Un exemple de collaboration scientifique et pédagogique au XVIIe siècle, in Archivum scholarum piarum, IX (1985), pp. 275-306; W. Schleiner, Scioppius’ Pen against the English King’s Sword: The political function of ambiguity and anonimity in early seventeenth-century literature, in Renaissance and Reformation, XXVI (1990), pp. 271-284; F.-R. Hausmann, Zwischen Autobiographie und Biographie. Jugend und Ausbildung des Fränkisch-Oberpfälzer Philologen und Kontroverstheologen K. S. (1576-1649), Würzburg 1995; G. Ernst, «Oscurato è il secolo». Il proemio allo Schoppe del ritrovato “Ateismo trionfato” italiano, in Bruniana & Campanelliana, II (1996), pp. 11-32; K. S. (1576-1649). Philologe im Dienste der Gegenreformation. Beiträge zur Gelehrtenkultur des europäischen Späthumanismus, a cura di H. Jaumann, Frankfurt 1998; F. Neumann, Zwei furiose Philologen: Paganino Gaudenzio (1595-1649) und K. S. (1576-1649), in Philologie und Erkenntnis. Beiträge zu Begriff und Problem frühneuzeitlicher “Philologie”, a cura di R. Häfner, Tübingen 2001, pp. 177-191; K. Vaneck, Ars corrigendi in der frühen Neuzeit. Studien zur Geschichte der Textkritik, Berlin-New York 2007, ad ind.; K. Enenkel, Die Erfindung des Menschen. Die Autobiographik des frühneuzeitlichen Humanismus von Petrarca bis Lipsius, Berlin 2008, pp. 756-776; J. Kraye, Teaching stoic moral philosophy: K. S.’s Elementa philosophiae stoicae moralis (1606), in Scholarly knowledge. Textbooks in early modern Europe, a cura di E. Campi, Genève 2008, pp. 249-286; I.D. Rowland, The Amazing afterlife of Cleopatra’s love potions, in Cleopatra: A sphynx revisited, a cura di M.M. Miles, Berkeley 2011, pp. 132-149; P. Carta, S. (Scioppio) K., in Enciclopedia machiavelliana, Roma 2014, pp. 498 s.