Vedi KASSOPE dell'anno: 1973 - 1995
KASSOPE (Κασσώπη)
Una delle più grandi e più importanti città dell'antico Epiro e una delle meglio conservate; occupava una posizione strategica al centro della Kassopaia o Kassopia, che si stendeva dal fiume Acheronte fino al Golfo di Ambracia. Verso E il fiume Oropos (Louros) costituiva il confine tra i Kassopaioi e i Molossi (Pseudo-Scylax, Περίπλους, 31-32); la Kassopia si stendeva a S del fiume Acheronte che, a sua volta, costituiva il confine con la Thesprotia (Thukyd., i, 46, 4 e Strabo, vii, 5, 5).
La città si trova sulle pendici meridionali del monte Zalongo (m 774), di natura rocciosa, su di un altopiano in leggera discesa, ad un'altezza di m 550-620. Verso NE il punto più alto della montagna è diviso dall'antica città da una gola protetta da una specie di muro poligonale, da dove passava l'accesso N alla montagna e all'antica città di Paliorofo. Un po' più ad E, sotto la roccia scoscesa, si trova uno storico Monastero del XVIII sec., accanto ad una sorgente. Sul culmine della gola, ad E del monumento moderno alle donne di Suli, si vedono le rovine di un monastero di epoca turca, che inglobano alcune membrature architettoniche di età paleocristiana. A NO del muro poligonale e a sinistra della strada verso Paliorofo, si vedono le fondazioni di un antico tempio periptero che fu esplorato 40 anni fa dal Miliadis: i risultati di questo piccolo scavo non sono stati pubblicati.
La città deve il suo nome ai Kassopaioi, popolazione facente parte dei Thesproti, abitanti preistorici dell'Epiro; occupava il punto più importante dell'Epiro meridionale, controllando la fertile penisola di Nikopolis e l'accesso naturale da E e da O al monte Zalongo. Più a S si estendono le colline di Michalizzi, ove recentemente sono stati messi in luce una necropoli del V-IV sec. a. C. e resti di uno stanziamento non identificato, forse la città che Pirro, all'inizio del III sec. a. C. ricostruì e ribattezzò Berenice; lo Hammond ha invece identificato Berenice con le rovine di Kastrosykià, sulle coste ioniche.
La città seconda per importanza dei Kassopaioi è Pandosia, colonia di Elide (Demost., Περί ῾Αλοννήσου, 32; Strabo, vii, 7, 5) la quale deve essere identificata con le rovine e le estese mura poligonali esistenti sulla collina del villaggio di Kastrì, nella pianura di Fanàri (dove in altri tempi c'era il lago Acherusio), 4/5 km a O del Nekromantèion di Ephyra, lungo la sponda sinistra del fiume Acheronte. Oggi il fiume, che ha modificato il suo corso, lascia la collina con le antiche rovine a N e O, dalla parte dell'antica Thesprotia, della quale questo fiume costituiva l'antico confine S. Lo Hammond identifica queste rovine con quelle di Argos Ippaton e cerca Pandosia sulla meno iìnportante acropoli di Trikastro, al centro di Suli, località che non sembra adatta ad una colonia. La parola Τρικόλωνος che le fonti riportano per Pandosia non significa "tre fortezze" (Trikastro), ma tre colline (τρίλοϕος). Le tre colline sono caratteristiche di Pandosia-Kastrì, nella pianura di Fanàri. Altre tre città della Kassopia, colonie degli Elei, - Elàtria o Elàteia, Vouchètion e Vatìa o Vatìai - sono state identificate con una certa probabilità nelle rovine ad O del fiume Louros di Paliorofo, dei Rogi e di Thesproticòn (Lelova) (Demost., Περί ῾Αλονν., 32; Theopom., fr. 206, 382 presso Steph. Byz., s. v.Πανδοσία).
La città. - Per primo il Leake ha identificato le rovine sullo Zalongo con K., dedicando una precisa e dettagliata descrizione ai resti della città, del grande teatro e di una tomba sotterranea che è conosciuta con il nome di "Vassilòspito" (la casa del re). Il Bursian cerca K. nelle rovine di Rogi e di Paliorofo. L'estensione delle mura, la grandezza e la monumentalità delle costruzioni ordinatamente disposte aiutano l'identificazione con K., centro politico e amministrativo dei Kassopaioi, così come la posizione strategica, fra il Golfo Ambracico e il mare Ionio. Alcune epigrafi, messe in luce dai recenti scavi, testimoniano che K. era il centro amministrativo dei Kassopaioi. Anche le antiche fonti, pur non precisando la località, pongono la città nella regione ambracica, ad O dell'Oropos (Diod., xix, 88, 3; Ptol., iii, 13, 6; Steph. Byz., s. v. Kassope). La città occupava un posto privilegiato dal punto di vista della sicurezza e del clima. Situata sull'altipiano in leggero pendio ad una altezza di m 550-620, è orientata verso S, cioè verso il mare Ionio e il golfo di Ambracia, con l'asse principale di m 950 da E verso O. Sul lato settentrionale è naturalmente protetta dalla roccia scoscesa e dalle due cime alte m 742 e 682, fortificate con mura e fornite di cisterne scavate nella roccia, probabilmente rifugio per gli abitanti in caso di occupazione della città da parte del nemico. Il lato S meno ripido era protetto ad intervalli da mura poligonali che ora sono cadute per il cedimento delle rocce di sostegno. I due lati brevi, cioè l'occidentale e l'orientale, sono più agevoli e più accessibili e sono protetti da un muro poligonale che forma spigoli, senza torri e con tre accessi, due ad occidente ed uno sul lato orientale. La piccola porta è ad arco, costituito da due conci in forma di un quarto di cerchio. Ad arco erano pure le due porte principali verso E e verso O.
Con l'estendersi della città fuori delle mura antiche furono costruite nuove ali di fortificazioni, sul lato O e a SO. Resti di costruzioni e di tombe si distinguono anche fuori delle mura fino al monastero, verso S fino a Kamarina e oltre, e fino al lato settentrionale opposto dello Zalongo. Ad E delle mura è stato messo in luce, durante l'apertura di una strada, un peribolo funerario con tombe e lastre di piccole tombe in forma di tempio con paraste corinzie.
Così naturalmente e artificialmente fortificata, la città principale con 950 m di lunghezza, 300-510 di larghezza e un circuito di mura di 2.700 m si estendeva in una regione di 200 strèmata, senza comprendere la zona SO e la parte libera, senza costruzioni. L'orientamento verso S, il clima sano e dolce (Arist., Ath. Pol., 1330 b-1331a) e la vista superba verso il Golfo Ambracico, la Penisola e il mare buio facevano di K. una delle città più importanti dell'Epiro. Il luogo poi non ha subito occupazioni moderne e offre quindi un terreno molto ricco per la ricerca.
La mancanza di importanti stanziamenti anteriori, permise l'applicazione di un piano urbanistico regolare, quale venne introdotto nel mondo ellenico all'inizio del V secolo. Due arterie parallele ad una distanza di 150 m, con asse EO (quella meridionale larga 5-6 m e lunga 600 m; quella settentrionale larga 4 m e lunga circa 700 m), corrono attraverso la città nel senso della lunghezza e la dividono in tre grandi zone rettangolari 16-18 strade laterali di 4 m di larghezza tagliano ad angolo retto le due grandi arterie parallele, formando così circa 40 insulae rettangolari (dimensioni varie, per un totale di 200 strèmata). Tre strade laterali nel lato O collegano il teatro con l'arteria principale, che in questo punto e fino alla porta occidentale si allarga per facilitare il traffico, quando il teatro era in uso. A causa della grande larghezza e della minima differenza isometrica questa arteria, che finiva nelle porte principali, doveva essere accessibile ai carri ed essere collegata con l'agorà commerciale e con la zona pubblica, che va cercata verso S, nella zona del Katagòghion o Pritanèon, del portico dorico e dell'odèion, forse Bouleutèrion.
Ondulazioni isometriche relativamente piccole presenta l'arteria settentrionale. Però le strade laterali, a causa dell'accentuata salita verso N (differenza isometrica tra l'orchestra del teatro e l'arteria settentrionale: m 38), dovevano essere sistemate ad intervalli a gradinate e le costruzioni ai lati delle strade seguivano questa sistemazione (come nella contemporanea Priene).
La severa e omogenea sistemazione urbanistica geometrica, con la disposizione a scacchiera degli edifici, con le grandi arterie sull'asse principale, con la larghezza degli isolati esattamente di 100 piedi (m 30,30), corrispondente alla larghezza delle facciate principali degli edifici, ricorda molto il disegno di Selinunte, dell'inizio forse del V sec. a. C., di Olinto, Pella e Priene e di altre città del V-IV sec. a. C.
Gli scavi su piccola scala della Società Archeologica Greca (1952-55), hanno messo in luce l'edificio hekatòmpedon, sul lato N dell'arteria principale e un posteriore portico sul lato opposto, che ridusse la larghezza della strada a 4 m. L'edificio hekatòmpedon (dimensioni m 30,30 × 33), con la facciata corrispondente alla larghezza di un intero isolato è il tipo dell'abitazione classica ed ellenistica su scala monumentale. Il centro è costituito da un cortile a peristilio (dimensioni m 14 × 11,70), circondato da quattro portici dorici, con 26 (7 × 8) colonne ad otto sfaccettature e capitelli dorici. Dietro i portici diciassette camere, rispettivamente 5 e 4 per ogni lato comunicavano attraverso i portici con il cortile. Sul lato S esisteva un ingresso con pròpylon, con due ifie di tre colonne ognuna, che sostenevano l'epistilio. In ogni stanza furono trovati trapezofori di pietra e qualche volta un focolare per il riscaldamento, del II sec. a. C. L'edificio, oltre al primo piano di m 2,60 circa, aveva un secondo piano su tre lati, escludendo il lato S, come testimoniano le tracce delle travi di sostegno sui muri dei lati N ed O e le fondazioni di due scale in legno nelle due stanze d'angolo dell'ala N, che conducevano al secondo piano. Più in basso i muri erano costruiti con pietre poligonali di misura media e grande, lavorate accuratamente; il piano superiore era costituito da grandi mattoni perforati e da travature di legno che consolidavano i mattoni, legati tra loro da malta e chiodi di ferro. Le pareti interne dei muri erano intonacate e dipinte con un colore rossastro imitante il rivestimento marmoreo.
La tecnica costruttiva a mattoni, conosciuta nel Bouleutèrion di Dodona e nel Nekromantèion di Ephyra sull'Acheronte (inizî del III sec. a. C.), è fra le più antiche testimoniate nel mondo ellenico; una seconda particolarità tecnica degna di nota è costituita dai quattro muri interni diagonali ai quattro angoli dell'edificio, per il sostegno del tetto. Dallo studio delle tegole si è potuto dedurre che il tetto era a forma di petaso (πετασσειδής).
Il luogo e la forma dell'edificio con le sue trentacinque stanze, senza comunicazione tra loro, intorno ad un cortile a peristilio, i diversi ritrovamenti, spesso di natura casalinga, e le due epigrafi dedicatorie, testimoniano che l'edificio era usato come Prytanèion e Katagòghion, cioè albergo pubblico, per l'ospitalità agli arconti pubblici (pritani, strateghi, ecc.), illustri ospiti della città. Il Katagòghion ha subito alcuni restauri affrettati durante il II sec. a. C. (forse dopo una distruzione da parte dei Romani, nel 168-167 a. C.), quando il pavimento del piano terreno è stato sopraelevato di 20 cm. Nel I sec., pare, l'edificio fu abbandonato definitivamente. Va ancora sottolineato che la facciata dell'edificio misura m 30,30, cioè 100 piedi, equivalenti alla larghezza delle circa 40 insulae rettangolari; questa unità costituisce il modulo del disegno urbanistico. Il Katagòghion è stato datato alla metà circa del IV sec.a. C.,in base soprattutto alle tegole del tetto. Questa data è stata contestata dallo Hammond, che sostiene la contemporaneità con il vicino portico della fine del III sec. a. C., per la somiglianza della tecnica costruttiva, dei capitelli delle colonne, che assomigliano ad un capitello da Radòtovi, datato all'ultimo periodo ellenistico o addirittura ad età romana: per lo Hammond le più antiche tegole del tetto proverrebbero da un edificio anteriore. Che alcune antefisse ad anthèmion provengano da tipi anteriori al V sec. a. C. è stato già notato (l'antefissa più alta ha il tipo più recente dell'anthèmion nella facciata posteriore). La maggior parte però di esse, della prima metà del IV sec. a. C., e le sime dipinte, sono della stessa argilla pallida e sono eseguite nella stessa tecnica della maggior parte delle tegole del tetto, datate ugualmente all'epoca classica. Queste sime dipinte, che non possono essere state fatte da matrici anteriori, sono datate alla stessa epoca. A diversi e posteriori rimaneggiamenti del III sec. a. C. sono attribuibili le antefisse con rappresentazione dell'aquila col fulmine, e il ratto di Ganimede, per influenza delle monete del koinòn dell'Epiro, che sono state trovate tra il Katagòghion e il porto. I capitelli, per la curva dell'echino, si datano certamente ad età classica e si differenziano molto dal capitello di Radòtovi, che ha l'echino rettilineo e secco e il dactölion sporgente.
Delle monete di bronzo provenienti dagli scavi del 1954, trovate nell'ala N e O del Prytanèion-Katagòghion, sette sono datate verso il 330 a. C., una è di Filippo II (359-342), cinque di K., del gruppo 20 del Franke (342-330 a. C.) e una dei Molossi (370-330 a. C.). Poiché il pavimento dell'ala N e in parte dell'ala O era costituito dalla roccia spianata, le monete permettono di datare l'edificio ad un'epoca anteriore al 342-330.
Il portico verso S è costruito nella stessa maniera, con krepìdoma in muratura poligonale e la parte superiore in mattoni con travature in legno. All'interno esiste una serie di tredici pilastri quadrati e in facciata 27 colonne doriche. L'epistilio della facciata, le metope, rispettivamente tre per intercolumnio, e i triglifi, sono di pietra. Davanti al portico sono state trovate basi ed esedre; le antefisse con la rappresentazione aell'aquila col fulmine e del ratto di Ganimede datano il portico agli anni della democrazia (232-168 a. C.).
A SE del Katagòghion si conserva un piccolo teatro, probabilmente odèion, orientato ad O, verso la zona libera davanti al portico. Il kòilon ha un diametro di base di m 16, mentre in alto è di circa 48 m; è stato costruito contro una piccola collina e la parte S è caduta insieme ai massi a cui si appoggiava. La scena è rettangolare con due parasceni verso N e S e un proscenio mediano, all'incirca come a Dodona. Probabilmente è il Bouleutèrion e l'area ad O di esso, con stoài, è da riconoscere come agorà.
Il grande teatro, a NO del Katagòghion, è stato costruito sul pendio della montagna, con orientamento verso SE, cioè verso il Golfo di Ambracia e la penisola; le due ali libere sono sostenute da un anàlemma. Tre strade laterali collegano il teatro con l'arteria principale che in questo punto è più larga. Il Leake e lo Hammond descrivono il teatro in ogni possibile dettaglio. Il primo suppone che il numero delle gradinate sia 37, 24 sotto e 13 sopra; il secondo ne suppone 35, rispettivamente 25 e 10; la conservazione dei gradini è talmente cattiva che il calcolo è difficile. Lo Hammond dà come dimensione dei gradini 0,20 × 0,60 con una altezza di 0,20: sono misure piccole probabilmente a causa della corrosione della pietra. Sulla base del disegno si deduce che il massimo diametro del kòilon era m 82, l'altezza m 12 e l'ipotenusa m 27. Poiché l'altezza dei gradini non può essere più piccola di m 0,30, cioè meno della metà della larghezza, e l'ipotenusa è m 0,67, il numero dei gradini si suppone di circa 40 (12 : 0,30 = 40; 27 : 0,67 = 40). Un diàzoma al centro divide il kòilon in due parti; un secondo diàzoma esisteva in alto. Scalette a raggiera dividono il kòilon in 10 kerkìdes, con quella mediana sull'asse principale del kòilon. La scena pare sia consistita in un edificio rettangolare e in due più piccoli parascenî rettangolari nei due lati stretti, con un probabile proscenio intermedio, come nel teatro di Dodona.
Nella parte SO dell'acropoli, è conservata una tomba sotterranea con copertura a botte, scavata nella roccia, conosciuta come Vassilòspito, manomessa fih da antichissima età. Una piccola ricerca nella camera funeraria ha dato pochissimi frammenti ellenistici; la tomba è costituita da una camera rettangolare (m 3,02 × 2,97, altezza 3,30), coperta da una vòlta costruita con blocchi di calcare sagomati e da un corridoio lungo m 5,81, largo m 1,44 e alto m 2,60. Si accede al corridoio da una scalinata di dieci gradini all'aperto. Il pavimento della tomba è costituito dalla roccia naturale spianata. Tracce nella soglia e nel grosso architrave testimoniano che l'ingresso al corridoio era protetto da una porta. Il pavimento della camera era scavato m 0,50 più in basso. I muri sono intonacati a calce con uno strato sottile di polvere di marmo, di un colore tendente al giallo, con imitazione del rivestimento marmoreo. Nel corridoio, poco più sopra del pavimento, è rappresentato un toichobàtes sul quale posavano degli ortostati delimitati da un gèison decorativo; nella camera invece, sopra il toichobàtes, erano due serie di ortostati che sopportavano dei gèisa a rilievo.
Questo tipo di tomba ellenistica, conosciuta soprattutto in Macedonia, probabilmente non era una tomba comune, ma una specie di heròon nel quale dovevano essere state deposte le ossa di un eroe locale: si trova infatti all'interno della città e probabilmente sopra il sepolcro si alzava un monumento visibile come si può dedurre dalle piccole analogie con il Nekromantèion della vicina Ephyra e con l'heròon di Kalydon.
Ad E dell'acropoli si trovano i resti dell'unico tempio probabilmente dedicato ad Afrodite, dea principale della città.
Culto. - Per i culti di K. l'unica fonte è costituita dalle monete che la città ha emesso in tre periodi (342-30 a. C.; 234-167 a. C.; 168-148 a. C.) e da poche iscrizioni; la prima emissione coincide con l'abbandono del controllo economico di parte delle colonie. Sulla base delle più antiche monete (gruppi 10 e 20) è evidente che la divinità principale di K. era Afrodite. Sul dritto è infatti rappresentata la divinità con pòlos o con corona; sul rovesao un serpente arrotolato o una colomba, il simbolo della dea, entro una corona di ulivo. Non è sicuro (Franke) che il serpente avesse rapporti col culto di Zeus Sotèr, culto attestato dall'epigrafia. Dopo la proclamazione della democrazia epirota e la creazione del koinòn degli Epiroti (234-33 - 168-67) i Kassopaioi emisero monete seguendo fedelmente i tipi monetali del koinòn. Sulle monete del gruppo 40 è rappresentata la testa di Afrodite con pòlos e un cane, e nel rovescio la cista mistica circondata da un serpente. Cane e cista sono simboli di Afrodite Aineiàs, il culto della quale era stato introdotto in Epiro da Pirro, dopo le sue imprese in Sicilia; per questo il culto testimoniato dall'epigrafia alla fine del III sec. e nel II sec. a. C. è probabilmente di Afrodite Aineiàs. Come a Dodona e ad Ambracia, anche a K. si nota il sincretismo di culti e di miti comune a tutto l'Epiro all'inizio del III sec. a. C. È accertato dalle monete anche il culto di Zeus Dodonèus e di Dione, secondo l'esempio di Dodona; di Dioniso, forse per influenza di Corfù; e di Zeus Sotèr, che è testimoniato a K. da un'epigrafe dedicatoria del Katagòghion, del II-I sec. a. C., all'epoca del pritano Aristippo. Questo culto è confermato anche a Butrotò e nella vicina Ambracia da due epigrafi del III-II sec. a. C.
Storia della città. - Dai ritrovamenti preistorici nel Katagòghion e nella regione è testimoniata l'esistenza di uno stanziamento preistorico nel luogo dove all'inizio del IV sec. a. C. sorse la città circondata da mura. Per quel che riguarda l'anno della fondazione di K. l'antica tradizione filologica ed epigrafica si presenta contraddittoria, mentre la città è citata nel catalogo dei Theorodoki di Epidauro (I. G., iv2, 1, 95, 23) datato nel 360-355 a. C. Lo Pseudo Skylax (Περίπλους, 3 i), che scrisse nel 380-60, basandosi su di un periplo anteriore (forse quello di Ecateo), dice chiaramente che i Kassopaioi abitavano in villaggi. La stessa notizia circa ci dà lo Pseudo Skymnos, (447, 453), che scrisse basandosi su Eforo, all'incirca nel 360 a. C. (per questa ragione si sostiene da molti studiosi che la K. del catalogo dei Theorodoki doveva essere una città senza mura, un sinecismo di villaggi della medesima regione, mentre la città sarebbe stata fondata dopo il 340 o anche dopo il 230 a. C.). Tuttavia né l'epigrafe di Epidauro, né i documenti archeologici, che datano il Katagòghion alla prima metà del IV sec. a. C., possono essere ignorati. Sulla base del Katagòghion, secondo il Dakaris, la fondazione della città va datata all'inizio del IV secolo. Lo Hammond nota che le testimonianze non sono sufficienti. Dalla pianta della città risulta evidente che l'impianto urbanistico con la sua distribuzione regolare a scacchiera ha preceduto l'edificio e non viceversa. Ogni insula è costruita con la misura di 100 piedi, e a questa misura si è assoggettata anche la costruzione dello hekatòmpedon. Il punto di vista contrario, e cioè che l'hekatòmpedon abbia costituito la base dell'impianto della città, è evidentemente senza fondamento. Poiché l'edificio si data con una certa sicurezza alla prima metà del IV sec. a. C., ne consegue che la città doveva avere già a questa data il suo impianto definitivo. La testimonianza ufficiale del catalogo dei Theorodoki è precisa, mentre lo Pseudo Skylax, che attinge da un periplo anteriore, non descrive la situazione dell'Epiro nell'età a lui contemporanea, ma in quella anteriore. D'altra parte lo Pseudo Skylax omette di citare anche altre città antiche, come Ephyra sull'Acheronte, le quattro colonie dell'Elide in Kassopaia, Butrotò e Viliakì, che cita anche Ecateo.
L'inizio del IV sec. coincide con grandi cambiamenti politici, culturali e sociali nell'Epiro, di cui i principali animatori furono i Molossi. Probabilmente la più antica menzione di K. risale agli anni 370-68, se gli Amymnones o Amymni, citati in due decreti di Dodona sotto il regno di Neottolemo, si identificano con i Kassopaioi (Dakaris). Se si accetta questa soluzione, allora i Kassopaioi-Amymni hanno contribuito al koinòn dei Molossi forse all'epoca del re Alceta (385-370), secondo quanto ci è tramandato dalle fonti antiche. Nel catalogo dei Theorodoki di Epidauro, (360-355), K. ha due rappresentanti. I Kassopaioi pare che da allora si siano costituiti come membri fedeli del koinòn dei Molossi e della posteriore alleanza degli Epiroti, che prese il posto del koinòn dopo la morte di Alessandro I Molosso (330-25 - 234-33 a. C.). Nel decennio seguente, fino alla costituzione dell'alleanza degli Epiroti, K. batté moneta come anche Elea e Thesprotia, con il consenso forse del koinòn dei Molossi, ma cessò di battere monete autonoma con la costituzione dell'alleanza (330-25). Durante le imprese di Licisco, generale di Cassandro nell'Epiro (312 a. C.) K. è menzionata di nuovo (Diod. Sic., xix, 88). L'introduzione del culto di Afrodite Aineiàs, all'inizio del III sec. a. C., costituisce un argomento in favore della dipendenza di K. dai Molossi all'epoca di Pirro. La situazione non sembra essere cambiata all'epoca della democrazia (234-33 - 168-67), con la sostituzione della alleanza al koinòn degli Epiroti. Per la copertura dei bisogni monetali K. aveva acquisito il diritto di emissione secondo i tipi del koinòn. L'introduzione del culto di Zeus Dodonàios e di Dione costituiscono un argomento in più a testimonianza della partecipazione dei Kassopaioi al koinòn degli Epiroti. Parallelamente però K. conservò la sua autonomia nell'amministrazione interna. Come altre popolazioni epirotiche, anche i Kassopaioi avevano il loro koinòn, a capo del quale erano un pritano e quattro strateghi, secondo le due stele dedicatorie del III-II e del II-I sec. a. C. Su di un altro inedito decreto della prima metà del II sec. a. C. proveniente dal Katagòghion, la città onora qualcuno, figlio di Alessandro, forse con la dedica di una statua [ἁ πόλις ἁ τῶν Κασσωπαίων (forse degli Amimni)....] ν ᾿Αλεξάνδρου [ἀρετᾶς ἕνεκεν καὶ εὐνοία]ς τᾶς εἰς αὑτάν.
Dalla regione di K. provengono tre stele funerarie e due inedite: la prima con il nome del morto scolpito Μυ]ρτί λ[η] oppure [Μύ]ρτιλ[ος] del III-II sec. a. C.; l'altra, Σύνϕορος ἐτῶν Γ, dei primi secoli d. C.
È molto probabile che K., al contrario di quanto si pensa, fosse una delle 70 città distrutte dai Romani durante l'occupazione dell'Epiro (168-67). Alcuni restauri e cambiamenti affrettati del II sec. a. C. che si sono notati nel Katagòghiòn-Prytanèion sono dovuti forse a questa causa. Lo stesso destino subì anche il vicino Nekromanthèion sull'Acheronte. La città però, come anche il Katagòghion, non sembra sia stata abbandonata definitivamente. L'emissione di monete di bronzo per un breve periodo, insieme al koinòn dei Molossi e con la iscrizione ΚΑΣΣΩΠΑΙΩΝ/ΜΟΛΟΣΣΩΝ, datata dal Franke, con probabilità, agli anni 168-146 a. C. e, inoltre, la menzione di pritani e dei quattro strateghi sulla più recente stele dedicatoria del II-I sec. a. C. testimoniano in favore di una certa libertà politica concessa ai Kassopaioi dai Romani. La città sembra sia stata definitivamente abbandonata con la fondazione di Nikopolis da parte di Ottaviano dopo la battaglia di Azio (31 a. C.) e l'obbligatorio sinecismo dei perieci, perché nessuno dei ritrovamenti del Katagòghion è più recente del I sec. a. C. La regione però non fu abbandonata completamente, come si deduce almeno da due ritratti di Marc'Aurelio e di Faustina e dalla lastra tombale di Symphoros.
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