Vedi KASSOPE dell'anno: 1973 - 1995
KASSOPE (v. S 1970, p. 385)
Negli ultimi anni si sono notevolmente accresciute le nostre conoscenze sulle antiche città greche dell'Epiro e sul popolamento della regione. Ciò è dovuto agli scavi di K. (1977-1983), patrocinati dalla Società Archeologica Greca, con la collaborazione dell'Università di Giannina e dell'Istituto Archeologico Germanico di Berlino, agli scavi di Orraon, un'antica cittadina presso Ammotopos, a Ν del golfo Am- bracico, e alle ricerche nei dintorni di Ambracia.
Κ. è suddivisa da due strade parallele con orientamento E-O, rispettivamente della larghezza di 4,50 e 6 m, ed è tagliata da venti strade a queste perpendicolari, della larghezza di 4,20/4,50 m, lastricate nella metà orientale che formano 60 isolati oblunghi di forma rettangolare, della larghezza di 30 m. Questi sono suddivisi nel senso della lunghezza da un'intercapedine o corridoio con canale, largo 1,20 m, in due serie di case larghe 14,40 m. Sembra che queste intercapedini fossero provviste, sul fondo, di una cloaca in muratura, come ad Ambracia, Olinto, Kasmenai, Imera di Sicilia e altrove, e raccogliessero gli scarichi delle latrine e dei bagni, che per tale motivo erano in comunicazione con l'intercapedine, nota con il nome di perìstasis (iscrizione di Priene) o di làura (Aristoph., Pax, 99-100). I rifiuti delle peristàseis del settore orientale di K. erano raccolti da una cloaca centrale, che passava al di sotto della strada centrale a S del katagògion e di lì, al di sotto della stoà settentrionale, tagliava perpendicolarmente l'agorà e terminava all'esterno del muro meridionale.
Nel corso degli scavi si sono messi in luce dieci case nella zona dell'agorà e il prytanèion, in trincee più profonde si sono raggiunti strati di riempimento della stoà settentrionale e del katagògion, che delimitano il lato N dell'agorà.
Una particolare attenzione è stata posta alla stratigrafia (di solito disturbata dalle varie trasformazioni intervenute all'interno delle case nel corso dei quasi 350 anni di vita della città, all'incirca fino agli ultimi anni del I sec. a.C.), alla ceramica, alle monete (2.700 pezzi), ai resti di pasti, alle condizioni di vita e alle occupazioni degli abitanti. Da questi dati si deduce che la città, parallelamente all'allevamento e alla coltivazione, esercitava anche un'economia secondaria (metallurgia, con la lavorazione dell'acciaio, produzione di tegole e di vasi in ceramica, edilizia) e aveva gradatamente sviluppato la fondazione di insediamenti costieri, disponendo di una flotta mercantile, la cui attività commerciale era particolarmente vivace nel Mediterraneo orientale, come a Karchedon, e nell'Adriatico. Il luogo rispondeva, dunque, a tutti i requisiti richiesti per una città del IV sec. a.C. al passo con i tempi, come la descrive Aristotele (Polit., 1330 a).
La casa. - Un significativo contributo alla comprensione e alla ricostruzione dell'architettura domestica di K. è stato apportato dalle ricerche archeologiche condotte a Orraon (oggi Ammotopos). Qui le antiche case costruite in pietra conservano talvolta anche il secondo piano fino alla copertura. Mentre le case di Orraon presentano varie dimensioni, quelle di K. hanno di regola la medesima estensione (14,40 x 16 m) e la stessa superficie (225 m2), dato indicativo del fatto che, in una città democratica, tutti i cittadini avevano la medesima porzione di terreno e uguali diritti.
Le due serie di case degli isolati compresi fra le due strade parallele in direzione E-0 hanno la porta esterna sull'asse dell'edificio, abitualmente preceduta da un portico, e sono in comunicazione con la via trasversale orientale od occidentale. Lo spazio interno è generalmente suddiviso in tre zone di cui quella centrale, per lo più scoperta, accoglieva il cortile e sul fondo l'òikos con il focolare, con o senza il vestibolo. Ma mentre l'area del cortile della casa 1 di Orraon raggiunge il 25% dello spazio totale, nelle case di K. la sua superficie è minore, non tuttavia come nelle ricostruzioni di Hoepfner e Schwandner, dove i cortili somigliano piuttosto a pozzi di luce, e non corrispondono alla tradizione antica che vuole la casa salubre e piacevole, ben areata e fresca nel periodo estivo, assolata in inverno «piacevolissima e di massima utilità» (Aristot., Oecon., 1345 a; Xenoph., Mem., III, 8,8-10 e Oec., IX, 2 ss.).
Lo spazioso òikos non aveva una vera copertura, ma solo una tettoia a doppio spiovente, come l'alto dòmos della casa omerica (Horn., Od., IV, 304), per consentire lo sbocco del fumo del grande focolare che si trovava nella parte centrale dell' òikos o diaitetèrion. Non è sicuro se l'òikos delle case di K. avesse anche un vestibolo come la casa 1 di Orraon.
Con l'òikos erano in comunicazione attraverso una porta interna (orsothỳre) anche tre o quattro vani di servizio, il bagno-latrina, collegato con l'intercapedine fornita di canale, il recesso o vano interno, dove pernottava la coppia di sposi della famiglia, e la dispensa per l'immagazzinamento del raccolto e della legna.
Sul cortile si affacciava l'andròn, illuminato da una o due finestre aperte sulla strada, e di fronte a questo l'hippòn, la stalla per il cavallo, animale necessario nelle città greche a economia agricola. La stalla era facilmente raggiungibile dalla strada, in una posizione in cui, come consiglia Senofonte (Eq., IV, 1-2), «assai spesso il padrone sorveglierà il cavallo», per aver cura di esso, poiché «chi lo trascura stimo che non si curi di sé stesso». Nel caso non vi fosse una stalla, il suo posto poteva esser preso da una cucina, come nella casa 1 di Orraon, dove questo ambiente si trovava dinanzi all'andròn, come forse la thòlos nel cortile della reggia di Ulisse (Horn., Od., XXII, 442, 459). Un piano superiore era sul lato settentrionale, che guardava verso S in direzione del golfo di Ambracia, ed eventualmente al centro del lato meridionale, parallelo all'òikos. Con una scala in muratura sul lato Ν del cortile, della quale talora si conserva il vano rettangolare, o con l'impiego di una scala lignea all'interno dell'oboi si poteva salire al piano superiore, dove erano le stanze da letto, l'andronìtis, la gynaikonìtis e l'histeòn. Il gineceo era in comunicazione solo con la scala dall'òikos, nel cui recesso pernottava la coppia e che dunque si trovava sotto il controllo dei padroni di casa, affinché non «generino figli coloro che abitano in casa senza il nostro parere» (Xenoph., Oec., IX, 2 ss.), mentre il quartiere degli uomini si raggiungeva dal cortile. Erano dunque tre i principali elementi costitutivi dell'antica casa epirotica: l'òikos, dall'alto soffitto con il focolare, il cortile e, al piano superiore, le stanze da letto, come nella casa omerica di Paride a Troia (Il, VII, 316).
Vi sono molte somiglianze tra la casa epirotica del IV sec. a.C. e la casa omerica, come lo spazioso e alto òikos con il focolare e le porte interne, la orsothyre (Od., XXII, 126, 132, 333) che attraverso i corridoi e la scale, portava alle stanze da letto del piano superiore, dove erano i quartieri degli uomini e delle donne, o nel cortile, e come il recesso dell'òikos (Od., IV, 304, XXI, 146, XXII, 180; Il., I, 663). Questo si trovava sotto la protezione degli dèi Mychioi, mentre sul focolare soprastavano gli dèi Ephestioi, ed estendevano la loro protezione sul cortile gli Erkeioi, come i Penati proteggevano la casa e la famiglia dei Latini (Dion. Hal., I, 67, 3).
I dati archeologici non permettono di stabilire in quale misura la casa epirotica derivi dal mègaron mesoelladico o sia debitrice alla colonizzazione delle coste dell'Epiro in epoca tardo-micenea o tardo-geometrica.
È certo, in ogni caso, che nel montuoso e lontano Epiro la casa omerica si conservò almeno fino al IV sec. a.C. e che di conseguenza quel tipo di mègaron era noto al poeta delle gesta omeriche.
L'agorà. - Lo spazio previsto per l'agorà nel progetto della città aveva un'estensione corrispondente a tre volte e mezzo quella di un'insula di abitazione (105 m) e di tre strade trasversali (13,50 m) per un totale in lunghezza di circa 120 m e in profondità di 70. La cornice architettonica era rappresentata sul lato occidentale dal prytanèion, su quello settentrionale dalla stoà dorica e su quello orientale dal piccolo teatro bouleutèrion. A meridione è chiusa da un muro del quale si riconoscono tracce delle fondazioni. Ancora più a S passava il muro di cinta della città, del quale si conserva solo la doppia porta che conduceva, più a valle, a una sorgente e si apriva verso la pianura.
A E del prytanèion giungeva nel IV sec. la strada trasversale larga 4,50 m che più tardi, nel II sec. a.C., fu probabilmente porticata in questo punto allo scopo di collegare il prytanèion con il tèmenos, un'area lastricata subito a E, circondata da bassi ortostati. Davanti a questo recinto è stata scoperta una serie di piedistalli, nel più settentrionale dei quali si conserva un'iscrizione votiva del IV sec. a.C., e una grande base in calcare, che sosteneva qualche importante monumento della città. Più a E sono quattro altari, dei quali il più settentrionale, che è anche il maggiore, reca un'iscrizione del IV sec. a.C. con dedica a Zeus Sotèr. È
Il prytanèion. - È costituito da un cortile relativamente spazioso (g), che alla fine del III sec. a.C. venne porticato con tre stoài doriche (h), intorno alle quali si trovano i diversi settori del prytanèion, una sala quadrangolare (d), forse l'archivio, l'area con sette (e) e quella con dieci (f) klìnai per i pasti degli arconti e di personaggi onorati dalla città, l'esedra rettangolare (k) con tre colonne sulla fronte aperta, forse santuario di Hestia, dove ardeva il fuoco perpetuo, e, sull'angolo SO, l'esedra semicircolare (c), con due pilastrini quadrangolari sulla fronte aperta e una banchina sul fondo, dove sedevano gli arconti per seguire le cerimonie religiose e i sacrifici nel témenos e sugli altari dell'agorà. Era dunque il lato occidentale il più importante e il più sacro, con il prytanèion, il témenos e gli altari degli dei. Come possiamo dedurre dai piedistalli per dediche votive, dall'altare di Zeus Sotèr e dalle monete del IV sec. rinvenute all'interno del prytanèion, il complesso di edifici dovette essere stato allestito nel corso del IV sec. a.C. e distrutto per un incendio appiccato dai Romani nel 167 a.C. Venne riadattato alla meglio e sopravvisse fino alla fine del I sec. a.C., quando fu abbandonato, come tutta la città, poiché l'intera popolazione venne costretta a insediarsi a Nikopolis, fondata da Augusto dopo la vittoria di Azio (31 a.C.).
Sul lato settentrionale dell'agorà, al di sotto del piano pavimentale della stoà ellenistica, sono state rinvenute le fondazioni di un edificio più antico, del IV o degli inizi del III sec. a.C. È una costruzione lunga e stretta, con suddivisioni interne e pavimentazione talvolta realizzata con ghiaia marina.
L'edificio servì probabilmente come archivio per le necessità burocratiche o come quinta architettonica dell'agorà delimitando il lato settentrionale della strada centrale. Quando, alla fine del III sec. a.C., la grande stoà dorica prese il posto dell'edificio più antico, si determinò un restringimento della strada centrale per un'ampiezza di c.a 2 m. Lungo la facciata della stoà si conservano 20 basi dedicatorie - diverse delle quali recano tracce di iscrizioni votive o commemorative - che sostenevano statue bronzee. Tranne forse due o tre esedre semicircolari sulla facciata della stoà, i rimanenti basamenti appartengono per la maggior parte al II sec. a.C., e sono successivi alla distruzione del 167.
Il katagògion. - Questo pregevole edificio, con crepidine in opera poligonale, appartiene al periodo della Lega Epirotica (233/2-168 a.C.). Dopo la distruzione avvenuta a opera dei Romani, venne sommariamente restaurato e sopravvisse fino alla fine del I sec. a.C. In questa fase, successiva alla distruzione, vennero sistemati al centro delle stanze dei blocchi cubici, che fungevano da basi per i sostegni lignei del solaio del piano superiore. Non si tratta, dunque, di trapezofori, come già si pensava in passato, ma di basi per il sostegno dell'impiantito superiore.
Nei livelli più bassi, quasi presso il terreno vergine, si è accertata la presenza di resti di un edificio precedente, al quale appartengono le due più antiche categorie di tegole di copertura, rappresentative della seconda metà del IV sec. e degli inizi del III a.C. Quanto resta dell'edificio dà l'impressione di appartenere a un più antico katagògion, con una doppia serie di stanze su tre lati, intorno a uno spazioso cortile, e con un portico dal colonnato ligneo sul lato meridionale. La ricostruzione dell'edificio più antico secondo Hoepfner e Schwandner con due case sul fondo e un'agorà porticata sul lato meridionale, non sembra persuasiva, perché questo tipo di stoà a forma di Π è ignoto in tutta la Grecia nord-occidentale, mentre la differenza di livello di 2-2,50 m in rapporto alle case 1 e 3, che si trovano a N, impedisce il funzionamento della perìstasis con canalizzazione. Inoltre la presenza di un mercato di derrate alimentari vicino all'agorà politica, benché separato dall'edificio settentrionale rinvenuto al di sotto della stoà medioellenistica, è sconsigliata dalle concezioni urbanistiche del IV sec. a.C. (Aristot., Polit., 1331 a). Infine questo tipo di katagògion riprende il ben noto tipo di casa e di katagògion ellenistici, con stanze su due piani attorno a un cortile porticato.
Il katagògion medio-ellenistico presentava, sui quattro lati, portici e stanze su due piani. Il piano superiore era raggiungibile con una scala lignea posta all'ingresso dell'edificio, che portava a un ballatoio e di lì alle stanze. Nella prima stanza, a destra dell'ingresso, una profonda fossa serviva da latrina. Qui confluiva il canale che raccoglieva le acque del cortile porticato e convergeva i liquami verso la grande cloaca della via centrale e di lì all'e-sterno del muro meridionale.
Il lato orientale dell'agorà politica era chiuso dal piccolo teatro-bouleutèrion, che sulla fronte orientale presentava una stoà a doppia fila di pilastri rettangolari di tipo occidentale, con due stanze chiuse alle estremità per necessità di carattere burocratico, come nella stoà settentrionale. Il bouleutèrion era probabilmente coperto, poiché i muri esterni che lo racchiudono sono rinforzati, come nella stoà settentrionale, da contrafforti che fungevano da controspinta al peso della copertura.
Bibl.: Rapporti di scavo: S. I. Dakaris, in Prakt, 1977-1983; id., Cassopaia and the Elean Colonies (Ancient Greek Cities, 4), Atene 1971; id., Von einer kleinen ländlichen Ansiedlung des 8.-4. Jhs. v. Chr. zu einer spätklassichen Stadt in Nordwest-Griechenland, in D. Papenfuss, V. M. Strocka (ed.), Palast und Hütte. Beiträge zum Bauen und Wohnen im Altertum von Archäologen, Vor- und Frühgeschichtlern. Symposium Alexander von Humboldt, Berlin 1979, Magonza 1982, pp. 357-374; S. I. Dakaris, Κασσωπη. Νεώτερες ανασκαφές, 1977-1983, Giannina 1984; id., Kassope. Bericht über die Ausgrabungen von Kassope, in W. Hoepfner, E. L. Schwandner (ed.), Haus und Stadt im klassischen Griechenland (Wohnen in der klassischen Polis, 1), Monaco 1986, pp. 75-123 (con contributi di Κ. Gravani, ceramica, pp. 123-133; M. Oikonomidou-Karamesini, monetazione, pp. 134-135; J. Boesneck, resti zoologici, pp. 136-140); A. Vlachopoulou-Oikonomou, Ηγεμόνες και Κουφαιες Κέραμοι με διακόσμηση απο την Ηπειρο (diss.), Giannina 1979; S. I. Dakaris, To Ορραον. To σπίτι στην αρχαία Ηπειρο, in AEphem, 1986, pp. 108-146.
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