Bigelow, Kathryn
Regista cinematografica statunitense, nata nel 1951 a San Carlos (California). Dotata di altissime e indiscusse qualità artistiche, è arrivata al cinema dopo aver frequentato per molto tempo l'ambiente accademico poststrutturalista. Tra le personalità più originali e interessanti del panorama cinematografico statunitense dell'ultimo ventennio del 20° sec., la B., attraverso un complesso meccanismo di ribaltamenti di ruoli e di continua messa in discussione degli apparati simbolici esistenti e consolidati, ha voluto sovvertire certi schemi mentali e la struttura degli stessi generi cinematografici, sconfinando con coraggio e spregiudicatezza nei territori che Hollywood tradizionalmente ha riservato agli uomini.
Pittrice sin dall'adolescenza (passione che influenzerà costantemente la struttura e la composizione dell'immagine nei suoi film), nel 1969 si è iscritta al San Francisco Art Institute e, due anni più tardi, si è trasferita a New York, grazie a una borsa di studio per il Whitney Museum. Attiva nel gruppo Art and Language, formato da artisti concettuali e fortemente politicizzati, impegnati nella produzione teorica e culturale, ha avuto modo di immergersi in quegli anni nel mondo dell'avanguardia. Iscrittasi nel frattempo alla scuola di cinema presso la Columbia Graduate Film School di New York, ha scelto di studiare teoria e critica del cinema e si è quindi laureata nel 1979.
Il suo esordio come regista va fatto risalire al 1978 con il cortometraggio Set-up, piccolo trattato decostruzionista della durata di venti minuti in cui la B., attraverso virtuosismi tecnici e concettuali, affronta il discorso della violenza maschile e del fascino che essa esercita sulle donne. In scena due uomini che, nel buio di una deserta e notturna strada metropolitana, si prendono a pugni, mentre due voci maschili fuori campo, con altrettanto accanimento, pongono a confronto i rispettivi punti di vista filosofici. Violenza fisica e violenza della teoria inchiodano l'autrice al ruolo di voyeuse, affascinata ed esclusa, condannata a trarre il suo piacere da una dichiarata e liberamente assunta funzione scopica. In questo capovolgimento proposto dalla B., in cui il femminile da oggetto assoluto del desiderio diviene soggetto di sguardo dichiarando un proprio sia pur perverso piacere e potere, vi è una rivendicazione politica precisa. Già a partire da questo primo cortometraggio risultano definiti le linee guida e i nodi teorici che caratterizzeranno la produzione successiva, nonché le tematiche intorno alle quali ruoterà il suo cinema. Alla luce delle scelte artistiche effettuate, il carattere della sua filmografia risulta infatti inequivocabile: The loveless (1982), Near dark (1987; Il buio si avvicina), Blue steel (1990; Blue steel ‒ Bersaglio mortale), Point break (1991), Strange days (1995), The weight of water (2000; Il mistero dell'acqua). Dietro trame solo in apparenza convenzionali ‒ un road movie, una storia di vampiri, un poliziesco, un action movie, una science fiction e un thriller ‒ la B. ha lavorato alla scomposizione e ridefinizione dei linguaggi e delle strutture narrative, utilizzando il dispositivo cinematografico per studiare le dinamiche che producono un universo maschile ossessionato dai fantasmi della competizione e della supremazia, individuandone in questo modo i punti di debolezza senza trascurare la posizione specularmente assegnata alle donne o da esse assunta. Eroico, eccessivo, monomaniacale, prigioniero di sé stesso, eppure capace di scatenare in chi ne è escluso un irresistibile fascino e un'attrazione profonda, lo scenario maschile narrato dalla regista rappresenta un punto di non ritorno al quale però lo sguardo femminile rischia di rimanere inchiodato. Sotto un profilo più strettamente tecnico, il ritmo dilatato nei lunghi piani-sequenza del suo primo lungometraggio diviene frenetico e concitato in Blue steel in virtù di un montaggio sempre più veloce, per estremizzarsi in un consapevole e ricercato virtuosismo tecnico (nelle soggettive e nei piani-sequenza) in Strange days. In questo film, scritto da James Cameron e Jay Cocks e ambientato in una Los Angeles apocalittica nei due giorni che precedono il Capodanno del 2000, la regista, grazie alla messa in scena di un raffinato caos figurativo, continuamente valica il confine tra le immagini della realtà, a tratti oscura e incomprensibile, e le immagini speculari prodotte dalla mente. Di segno totalmente opposto l'andamento della narrazione in The weight of water che, apparentemente anomalo nella sua filmografia ma in realtà permeato di tutti i simboli presenti nella sua opera, sembra sostanziarsi dello stesso sperimentalismo su cui è costruito, con un montaggio alternato che collega eventi apparentemente lontani nel tempo. Significativo il fatto che per realizzare quest'ultimo film la B. abbia dovuto attendere cinque anni, soprattutto a causa dello scarso successo commerciale di Strange days: durante questo lungo intervallo di tempo la regista aveva progettato un'opera su Giovanna d'Arco, poi realizzata invece da Luc Besson nel 1999.Nel corso degli anni Novanta la B. ha inoltre lavorato come autrice per la televisione statunitense.
G.A. Foster, Women film directors. An international bio-critical dictionary, London-Westport (CT) 1995, pp. 41-44; Kathryn Bigelow, a cura di Massimo Causo, Roma 1997.