KENAF
Nome con il quale, in molti paesi, viene indicata una varietà di canapa, lo Hibiscus cannabinus (v. canapa, VIII, p. 671; ibisco, XVIII, p. 679), largamente coltivata per ricavarne fibre: cresce in molte zone specie di Cina, ex URSS, Thailandia, India, Indonesia, e in Africa (Nigeria, Natal, Egitto, ecc.). La pianta, annuale, si presenta con uno stelo sottile, alto anche 2÷3 metri. Si riproduce dai semi e cresce in condizioni climatiche diverse; non sopporta il gelo né la troppa acqua; in Africa cresce spontanea, dall'Equatore fino a circa 30° di latitudine sia Nord che Sud.
Il raccolto avviene quando la pianta è in piena fioritura; per l'estrazione delle fibre si procede come per la canapa: gli steli appena recisi si lasciano essiccare all'aria per alcuni giorni, poi si fanno macerare in acqua per 10÷20 giorni, ciò che consente di separare facilmente le fibre dagli steli. Le fibre rappresentano all'incirca il 4÷5% del peso degli steli verdi; la quantità di fibre prodotte varia sensibilmente da paese a paese, da oltre 2 t/ha a Taiwan alle 2 t/ha nella ex URSS a 1,2 t/ha in Nigeria.
Nella zona corticale degli steli, che costituiscono il tiglio, si trovano fibre lunghe, flessibili, resistenti, che per le loro caratteristiche possono essere impiegate per manufatti ai quali si richiedono proprietà meccaniche elevate (corde, tessuti per sacchi, impasti per carte da imballo). Nella zona sottostante quella corticale si trova una struttura legnosa che costituisce il ''kenapulo'', che ha la funzione di rendere lo stelo meccanicamente resistente e contiene fibre più corte di quelle del tiglio. La zona corticale rappresenta mediamente il 35÷40% del peso degli steli e il kenapulo il rimanente (eccettuata una piccola percentuale formata dal midollo centrale, privo di strutture fibrose).
Per gli usi cartari si può utilizzare l'intero stelo o solo la parte costituente il tiglio. La separazione fra due frazioni si può ottenere per stigliatura degli steli verdi appena raccolti (come si fa per la canapa) o meccanicamente su quelli essiccati. Il tiglio con le sue fibre lunghe, resistenti, flessibili, fornisce paste chimiche di pregio, per carte kraft o anche per carte fini da stampa o da scrivere; dall'intero stelo si possono preparare paste semichimiche, chimiche, ad alta resa (80-85%), adatte per carte di minore pregio (da giornali, ecc.).
Allo stato attuale gli impianti per gli usi cartari sono due: uno in Belize e l'altro in Thailandia, che produce 70.000 t/anno di pasta imbianchita dall'intero stelo; sono però in atto numerose iniziative in altre parti del mondo (Australia, Germania, Grecia, Spagna, ecc.).
Il k. è considerato pianta interessante anche per impieghi non cartari: l'assenza di fenoli, di tannini e la sua digeribilità la rendono adatta all'alimentazione del bestiame; il suo valore nutritivo può venire incrementato attraverso l'azione di batteri, funghi, actinomiceti. A questo scopo si può utilizzare anche il kenapulo nel caso che l'industria cartaria usi solo la parte del tiglio. Il kenapulo, o l'intero stelo, possono essere usati anche per la produzione di energia termica (combustione, gassificazione), di composti chimici, di pannelli fibrosi.
Anche in Italia, recentemente, sono state avviate ricerche agronomiche sulla coltivazione del k. in alcune zone del paese; sono allo studio le possibilità di una sua utilizzazione come pianta da rotazione e per la preparazione di paste per carte di diverso tipo (kraft, tissue, ecc.), con sistemi simili a quelli usati per altre piante annuali.
Bibl.: Atti del Convegno internazionale Il kenaf nell'industria cartaria, Roma 1992.