Nakagami, Kenji
Scrittore giapponese, nato a Shingū (Wakayama) il 2 agosto 1946, morto a Tokyo il 12 agosto 1992. Cresciuto in una comunità di burakumin (letteralmente "gente di villaggio", ma in realtà sinonimo di discendenti di gruppi un tempo socialmente discriminati), si affermò fin dagli inizi come scrittore scomodo, teso ad affrontare temi scabrosi e ingrati: primo fra tutti, quello delle minoranze etniche e sociali, ancora oggi vittime di discriminazioni che una propaganda governativa e una cultura massificata tendono a nascondere sotto una decantata ma inesistente armonia e uniformità nazionale. A questo tema sono dedicati i romanzi della cosiddetta trilogia, che lo imposero all'attenzione della critica: Misaki (1975, Il promontorio), Karekinada (1977, Il mare degli alberi morti) e Chi no hate shijō no toki (1983, Il tempo della morte ai confini della terra). Pur partendo dalla realtà contemporanea, N. ricorre al fantastico, al mito e alla leggenda, creando una personale e inquietante visione di un Giappone primitivo, dove le regole della convivenza sociale sono ribaltate e la presenza di situazioni condannabili dal punto di vista della morale dominante ha la funzione di scuotere le certezze dei lettori sulla validità dei modelli acquisiti. Coerentemente, nei suoi romanzi N. si avvale di una scrittura complessa, aspra e vigorosa, lontana dal limpido ritmo discorsivo e dall'approccio colloquiale immediato di molti suoi contemporanei. Tra i suoi ultimi romanzi si ricorda Keibetsu (1992, Il disprezzo), un ulteriore attacco al conformismo della società giapponese, e Izoku (post., 1993, Razze diverse), rimasto incompiuto per la morte prematura dello scrittore, che ripropone il tema delle minoranze (Coreani, Ainu, Burakumin), ipotizzando non la soluzione di una loro assimilazione bensì quella di una realtà socialmente eterogenea.