Kenya
Protettorato britannico dal 1895 e poi colonia, il K. ha ottenuto l'indipendenza nel 1963, dopo un lungo periodo di rivolte, iniziato già prima della Seconda guerra mondiale. La politica del nuovo Stato si è caratterizzata fin dall'inizio in senso moderato e centralistico, suscitando un'opposizione antigovernativa radicale e di sinistra, in un clima di tensioni aggravato da conflitti interetnici. In tale contesto politico, il cinema ha stentato ad affermarsi e le prime produzioni si devono a registi provenienti da India e Uganda. L'indiano Ramesh Shah ha infatti diretto Mlevi (1968) e Mrembo (1969), nello stile dei melodrammi popolari del suo Paese d'origine; mentre l'ugandese Sao Gamba ha girato Immashoi old Massaï (1978), Open door to settlement (1979) e il lungometraggio Kolormask (1986), storia di un medico che ritorna a casa con una moglie bianca, anch'esso ascrivibile al genere del melodramma. Un altro indiano, Sharad Patel, ha inoltre firmato la biografia del dittatore dell'Uganda Amin Dada in Rise and fall of Amin Dada (1980).
Se gli ultimi decenni del Novecento sono stati caratterizzati da una forte protesta nel Paese contro la corruzione del regime, unita alla richiesta di promuovere un sistema multipartitico, un certo sviluppo del cinema è stato possibile in quanto negli anni Ottanta la Repubblica Federale di Germania ha sostenuto finanziariamente la produzione keniota e ha reso possibile l'apertura di una scuola di cinema a Nairobi. Il genere documentaristico ha trovato terreno fertile, con società di produzione e televisive disposte a investire nel nuovo settore. I nomi più rappresentativi sono quelli di Albert Wandago e Anne C. Mungaï, che si sono soffermati sul ruolo della donna all'interno della società. Wandago ha realizzato Action (1990), storia di solidarietà al femminile, mentre Mungaï ha legato in particolare la sua filmografia al personaggio di una donna in lotta costante per l'emancipazione: i suoi film, mediocri e troppo didascalici, sono stati Saikati (1992) e Saikati the Enkabaani (1998, Saikati la dottoressa). Donne in primo piano anche nei lavori video indipendenti di Dommie Yambo-Odotte If women counted (1993), Science for girls (1994), Women's agenda Kenya/Uganda (1996). Un'altra regista, Wanjiru Kinyanjui, in The battle of the sacred tree (1994) ha raccontato uno scontro di idee tra tradizione e modernità all'interno di un villaggio.
G. Gariazzo, Breve storia del cinema africano, Torino 2001, pp. 133-34; S. Toffetti, Hic sunt leones. Il cinema dell'Africa nera, in Storia del cinema mondiale, a cura di G.P. Brunetta, 4° vol., Americhe, Africa, Asia, Oceania. Le cinematografie nazionali, Torino 2001, pp. 486 e 1221.