KEPHISODOTOS (Κηϕισόδοτος, Cephisodotus)
1°. - Scultore greco, detto K. il vecchio, per distinguerlo da altro omonimo; fu quasi certamente il padre e non il fratello maggiore, come alcuni affermano, di Prassitele.
Il nome del padre di K. il vecchio ci è ignoto, poiché è supposizione destituita di fondamento che egli fosse figlio di uno scultore Prassitele, vissuto nel V sec. a. C. Sappiamo solo che fu cognato di Focione il quale, nato verso il 402 a. C., sposò una sua sorella (Plut., Phoc., 19). Plinio (Nat. hist., xxxiv, 50) ne pone l'acmè nell'Olimpiade cii (372-369 a. C.). In questo tempo, forse dopo il congresso della pace del 374, quando le vittorie di Timoteo presso Leucade e di Gabria a Nasso riaprirono ad Atene le vie commerciali, K. eseguì la statua di Eirene (v.) - la Pace - che porta in braccio Ploutos - la Ricchezza - statua che era innalzata nell'agorà di Atene (Paus., i, 8, 2; ix, 16, 1). La data intorno al 403 a. C., da altri proposta, è da escludere perché proprio quegli anni furono tra i più tragici per la città vinta e straziata dalle lotte intestine. La statua era di bronzo ed era collocata presso un altare già precedentemente eretto alla dea; di tale statua sono note riproduzioni in anfore panatenaiche, in monete ateniesi e di altre città dell'Asia Minore, coniate in età romana. Fu imitata già nel IV secolo in rilievi attici e nel rilievo della base di una colonna di Efeso e fu ripresa da Xenophon e Kallistonikos per il gruppo di Tyche e Ploutos, eseguito a Tebe. Sono a noi pervenute anche numerose copie in marmo di età romana; di esse la più completa è a Monaco, la migliore, per quanto acefala e priva delle braccia, a New York. La dea era rappresentata vestita dell'ampio peplo, si appoggiava con la mano destra al lungo scettro, mentre sul braccio sinistro sedeva il piccolo Ploutos dalle forme troppo esigue nell'insieme maestoso (appare, quindi, quasi come attributo), la mano sinistra della dea reggeva una cornucopia. Plinio (loc. cit., 87) ricorda anche un altro gruppo di bronzo: Hermes recante in braccio l'infante Dioniso. Di esso, con l'aiuto di un disegno della fine del sec. XVI, di una statua di Madrid e di un putto, trovato a Roma sul Palatino, si è tentata una ricostruzione; ma con risultati non convincenti, poiché il disegno, stilisticamente infedele, riproduce un gruppo ricostruito graficamente, mentre la statua di Madrid ha caratteri eclettici ed è di evidente ispirazione lisippea nella testa e, infine, il putto del Palatino è di proporzioni troppo grandi e derivato sicuramente da un'opera ellenistica. Gli altri tentativi di identificazione con il famoso gruppo di Olimpia o con statue e statuette di epoca romana non appaiono più felici; né mancano dubbî per un frammento trovato negli scavi di Atene, nel quale si è creduto di riconoscere una fedele copia dell'opera di K.; parimenti, non sono conclusive le identificazioni delle altre opere menzionate dalla tradizione letteraria, come quella dell'oratore elata manu, che taluni vorrebbero correggere in velata manu e riconoscere nel celebre Sofocle del Laterano, denominandolo Solone. Due gruppi di Muse, opera di K., erano sull'Elicona (Paus., ix, 30, 1) ed uno era stato scolpito in collaborazione con Strongylion e Olympiosthenes scultori della fine del V sec.: difficilmente si può riferire a questo gruppo la notizia di Varrone (apud Aug., Doctr. christ., ii, 18) di una gara eseguita da tre artisti nello scolpire le figure delle Muse per un santuario di Apollo. Questo gruppo era certamente opera di K. il vecchio, e di una delle figure si crede poter riconoscere il ricordo in una statua scoperta a Delo e comunemente designata come Latona. L'altro gruppo era opera di K. il giovane, eseguito probabilmente quando il sacro recinto dell'Elicona usufruì della larghezza dei Lagidi; a costui devono essere anche attribuite le statue di Zeus Sotèr, Artemide e della personificazione di Megalopoli (Paus., viii, 30, 10) in base ai risultati degli scavi che attestano nella città un'intensa attività edilizia durante la seconda metà del IV secolo; alle statue di Megalopoli collaborò anche lo scultore Xenophon. Nessuna delle attribuzioni a K. il vecchio, tentate dagli studiosi moderni, ha ottenuto consenso unanime: le più verisimili sembrano quella del Dioniso barbato, o forse Sabazio, e quella di un frammento di testa femminile che appare derivata da una delle opere giovanili dello scultore; la conoscenza della sua arte è, quindi, affidata principalmente alla Eirene. In questa, lo schema e la veste risalgono indubbiamente all'arte attica della seconda metà del V sec., e ciò non meraviglia poiché è probabile che appunto in quel tempo abbia avuto inizio l'attività di K.; ma il panneggio, che reagisce al capriccioso gioco dei "manieristi" postfidiaci con una più ampia e composta modulazione di pieghe, il ritmo sinuoso, accentuato dalla cesura delle anche, l'ovale delicato del volto, il gesto e l'espressione, pervasi da un senso di intima umanità terrena, preludono all'arte del grande Prassitele.
Bibl.: V. s. v. kephisodotos, 2°.