Kim Ki-duk
– Regista sudcoreano (n. Bonghwa 1960). Salito alla ribalta internazionale dopo la presentazione alla Mostra internazionale di arte cinematografica di Venezia di Seom (2000; L’isola), viene immediatamente riconosciuto come un regista personale e originale nel contesto del nuovo cinema coreano, per la sua capacità d'ibridare uno sguardo visionario con una rappresentazione iperrerealistica, spesso dominata da passioni estreme e da una visualizzazione della violenza diretta e cruda. Il rapporto tra astrazione poetica e iperrealismo emerge anche nei film successivi di K., come Suchwiin bulmyeong (2001; Indirizzo sconosciuto), storia di alcuni adolescenti che vivono vicino a una base militare USA, Nabbeun namja (2001; Bad guy), incentrato sulle forme di violenza, fisica e psicologica, nei confronti di una ragazza, e Hae anseon (2002; The Coast guard), su una serie di omicidi all’interno e all’esterno di una guarnigione della Guardia costiera. In questi film K. disegna un percorso critico della società coreana contemporanea, e, allo stesso tempo, sviluppa una poetica straniante, fatta di raccordi narrativi e visuali inaspettati e di forme del racconto inusuali. La dimensione visionaria e astratta del suo cinema emerge ancora di più a partire dalle opere successive, come Bom yeoreum gaeul gyeoul geurigo bom (2003; Primavera, estate, autunno, inverno... e ancora primavera), riflessione sospesa sull’esistenza in un tempo ripetuto e ciclico, in cui K. mette in gioco la capacità del cinema di dilatare il tempo attraverso il paesaggio e l’attenzione ai gesti e ai rituali. La duplice linea della poetica di K. si manifesta anche in due film come Samaria (2004; La samaritana) e Bin-Jip (2004; Ferro 3 - La casa vuota), quest’ultimo vincitore del Leone d’oro a Venezia, in cui alienazione e violenza giovanile sono trattati mediante un linguaggio stilizzato e realistico al tempo stesso. Dalla metà del primo decennio del 21° sec. K. è uno dei registi coreani più affermati e consolida la sua fama con titoli come Hwal (2005; L’arco), Shi gan (2006; Time), Soom (2007; Soffio), Bimong (2008; Dream), dove il complesso rapporto tra violenza, solitudine e sesso viene articolato in uno stile ormai riconoscibile e personale. Un incidente sul set di Dream, che quasi costa la vita all’attrice Lee Na-yeong, spinge K. a isolarsi per un lungo periodo e a realizzare da solo, con una piccola videocamera digitale, un film autobiografico, Arirang (2011), una lunga riflessione sul proprio cinema che si pone al tempo stesso come una dichiarazione di poetica e come un’indagine sui limiti del cinema e sulle sue possibilità. Al Festival di Venezia 2012 il suo film Pietà ha vinto il Leone d'oro.