Vedi KLAROS dell'anno: 1961 - 1995
KLAROS (v. vol. IV, p. 364)
Santuario oracolare di Apollo, situato 55 km a S di Smirne, a c.a 2 km dal mare. Esso dipendeva da Colofone, antica città ionica, un tempo assai prospera, situata all'interno del territorio su alcune alture vicine al villaggio di Degirmendere. Il porto che sorgeva a S di Colofone, chiamato inizialmente Notion, divenne presto un'autentica città, cosicché i due centri, Colofone vecchia e Colofone sul mare, finirono per formare una comunità unica, unita in «συμπολιτεία»; ciascuno di essi aveva la propria divinità protettrice, la Meter Antaia per Colofone vecchia e Atena Poliàs per quella sul mare, mentre Apollo Clario era il dio più importante di Colofone nel suo insieme. I decreti dovevano essere approvati da una votazione in entrambe le città: quelli trovati incisi nel sito erano dunque decreti di Colofone. K. non aveva autonomia e coloro che detenevano la direzione dell'oracolo erano cittadini di Colofone. Senza dubbio sul sito non esisteva neppure un villaggio, dal momento che esso era troppo vicino a Notion e che i monumenti erano posti entro un bosco sacro, ricordato da numerosi autori.
Il santuario era situato entro una stretta vallata, lunga c.a 3 km, circondata da colline, tra le quali scorre l'Aies (o Halès), che Pausania definisce il fiume più freddo della Ionia (VII, 5). A S, l'orizzonte è delimitato dal monte Mycale e dalle montagne di Samo. Il poeta Nicandro di Colofone, del II sec. d.C., che fu sacerdote di Apollo Ciano, definiva il luogo βαθύς αυλών, la profonda gola (apud Ael., Nat an., X, 49). Tacito (Ann., 11, 54), raccontando che Germanico, nel 18 d.C., volle consultare l'oracolo, dice, a proposito del sacerdote «tum in specum degressus»: per questo motivo si è a lungo pensato che il luogo in cui venivano emessi gli oracoli fosse una grotta profonda c.a 25 m, di difficile accesso, nella quale attualmente si penetra per mezzo di una scala, e che anche Nicandro con le sue parole volesse indicare tale grotta. In realtà egli parlava della gola, mentre l'espressione di Tacito si riferiva all'àdyton del tempio, scoperto nel corso degli scavi.
Il santuario venne saccheggiato nel I sec. a.C., come altri edifici sacri della costa, senza però essere distrutto.
Nel II sec. d.C. fino agli inizi del III ebbe un periodo di popolarità, testimoniato da numerosi resti. In seguito a un terremoto fu abbandonato e utilizzato come cava di pietre per la costruzione della basilica di Notion. Le alluvioni ricoprirono gradualmente l'intero complesso del santuario. Alcune abitazioni vennero costruite nella bassa età bizantina non lontano dai propilei, utilizzando anch'esse pietre del santuario. Nel 1950, quando L. Robert iniziò assieme a R. Martin e a J. Robert le campagne di scavo, tutta la zona era ricoperta da uno strato alluvionale, a eccezione di un frammento di colonna. Riprendendo e completando lo scavo dei propilei, il tempio venne ricercato mediante trincee esplorative, nelle quali era necessario scendere sino a 4 m per essere sicuri che non vi fossero resti. Infine l'angolo NE del tempio venne individuato a Νdei propilei (un'iscrizione, del II sec. a.C., li definisce trìpylon). I tamburi della fronte orientale e del lato N, costituiti da enormi blocchi di 1,60 m di diametro e di 80/90 cm di altezza, erano in posizione di caduta. Le colonne poggiavano su uno stilobate di cinque gradini. Lo stato attualmente visibile, successivo a un tempio più antico, si data nel complesso al III sec. a.C. La costruzione durò a lungo e alcuni elementi architettonici rimasero privi di decorazione; Pausania (VII, 5) scrive che il tempio non era ancora terminato. Il peristilio fu completato grazie ad Adriano, il cui nome compare sull'architrave con una titolatura che porta a datare l'intervento alla fine del suo regno. Nell'area del tempio erano sparsi ovunque elementi dell'alzato, mentre restava assai poco dei muri del pronao e della cella; sulle pareti di quest'ultima erano iscritti alcuni documenti della fine del III e degli inizi del II sec. a.C. (soprattutto i decreti di asilo). Nell'area del tempio si ritrovarono anche enormi frammenti appartenenti alle tre statue colossali di Apollo, Latona e Artemide, che appaiono riprodotte sulle monete a partire dal I sec. a.C. La parte più interessante del tempio è Vàdyton ricavato sotto la cella: due scale di marmo blu scuro, scavate nella pavimentazione del pronao, scendevano con quattro alti gradini, per formare quindi due corridoi con andamento E-O, i quali si riunivano in un unico passaggio (70 cm di larghezza, c.a 2 m di altezza) sino alla zona centrale del tempio. Ciascun ramo conduceva a una delle porte laterali della prima sala dell'àdyton. Una postierla a volta dava accesso alla seconda sala, che conteneva il pozzo sacro. Il tutto era sicuramente pavimentato da lastre di marmo blu, e venne rinforzato con volte nella parte superiore delle sale, nel momento in cui venne collocato nella cella il gruppo delle statue colossali. Un testo di Giamblico (Myst., ni, 1) e questa sistemazione della parte sottostante il tempio ci consentono di immaginare il modo in cui venivano emessi gli oracoli: in «particolari notti», dopo che diverse cerimonie avevano avuto luogo nel corso della giornata, il thespiodòs entrava da solo nella seconda sala; invisibile a tutti, beveva l'acqua del pozzo e cantava gli oracoli; nella prima sala (dove si trovavano solo i sacerdoti di K. e alcuni consultanti privilegiati) il profeta, seduto vicino alla postierla, trascriveva le parole o i suoni dell'invasato. In questa sala fu rinvenuto un omphalòs. Dal pròpylon al tempio si scavò una strada, fiancheggiata da un'esedra e da alcune basi onorarie, databili soprattutto al I sec. a.C. e dedicate ai Romani. A E, davanti al tempio, si trovarono il grande altare sacrificale, largo 18,45 m, con quattro gradini, e due tavole per sacrifici (per Dioniso associato ad Apollo). A Νdel tempio c'era un piccolo tempio dedicato ad Artemide, di ordine ionico e molto rovinato, con un altare a E, presso il quale giaceva una kore arcaica. L'iscrizione sul fianco consisteva in una dedica ad Artemide da parte di Timonax, il primo sacerdote (το πρώτον ιρευςας). Si segnala anche l'altro documento arcaico, il kouros moschophòros ritrovato dietro al trìpylon (non in situ, ma su un banco di terra). Dobbiamo immaginare il santuario entro un bosco sacro di frassini, l'álsos di cui ci parlano Strabone, Pausania e alcuni frammenti di iscrizioni ellenistiche. La località ha restituito numerose iscrizioni: alcuni decreti del III e del II sec. a.C., basi onorarie del I sec., altari dedicati alle divinità, frammenti di decreti di asilo provenienti da città straniere, spesso però molto piccoli. Soprattutto nel periodo di maggior popolarità del santuario, il II e gli inizi del III sec. d.C., tutti i monumenti, il pròpylon, i gradini del tempio e dell'altare, le basi delle statue, persino gli spazi vuoti delle statue stesse, i tamburi delle colonne e, talvolta, alcune stele appositamente create, furono ricoperti dagli elenchi dei nomi dei partecipanti alle delegazioni ufficiali delle varie città, giunte a K. per consultare l'oracolo. I testi degli oracoli non vennero mai iscritti a K., ma soltanto nella patria dei consultanti. I capi delle delegazioni trascrivevano in versi l'oracolo emesso da Apollo.
Bibl.: L. Robert, Les fouilles de Claros, Limoges 1954; id., in Ch. Delvoye, G. Roux (ed.), La civilisation grecque de l'antiquité â nos jours, Bruxelles 1967, pp. 305-312. - Iscrizioni: L. e J. Robert, La Carie. Historie et géographie historique avec le recueil des inscriptions antiques, II. Le plateau de Tabai et ses environs, Parigi 1954, pp. 208-216, 327-328, 380-384; L. Robert, in Hellenica, X, Parigi 1955, pp. 274-276; id., Documents de l'Asie Mineure méridionale, Parigi- Ginevra 1966, pp. 91-100; id., De Périnthe â Apamée, Cyzique et Claros, in StClas, XVI, 1974, pp. 74-80 (poi in Opera minora selecta. Epigra- phie et antiquités grecques, VI, Amsterdam 1989, pp. 296-302); L. e J. Robert, Claros, I. Décrets hellénistiques, I, Parigi 1989.
Rapporti di scavo: in AnatSt dal 1951 al 1961; in TürkAD, VII, 1957, I, pp. 5-8 e 2, pp. 12-14; VIII, 1958, I, pp. 28-30; IX, 1959, I, pp. 35-36; Χ, 1960, I, pp. 50-59. V. inoltre le notizie riportate da M. J. Mellink in AJA dal 1956; L. Robert, Opera minora selecta. Epigraphie et antiquités grecques, IV, Amsterdam 1974. - In particolare: G. Klaffenbach, Die Ausgrabungen in Klaros, in Altertum, I, 1955) 4) pp. 214-230; J. de La Genière, Le nouvelles fouilles de Claros. Septembre 1988. Brève relation préliminaire, in TürkAD, XXVIII, 1989, pp. 287-292; ead., Le sanctuarie d'Apollon â Claros. Nouvelles découvertes, in REG, CIII, 1990, pp. 95-110.