Kinski, Klaus
Nome d'arte di Nikolaus Günther Karl Nakszynski, attore cinematografico e teatrale tedesco, nato a Zoppot (nel territorio della Città libera di Danzica; od. Sopot, in Polonia) il 18 ottobre 1926 e morto a Lagunitas (California) il 23 novembre 1991. Volto irregolare e affilato, labbra carnose atteggiate a ghigno beffardo, sguardo disperatamente febbrile e carico di un disagio selvaggio, K. sovrappose spesso la propria luciferina e incontenibile personalità ai personaggi interpretati. Attraversò il cinema internazionale per quarantatré anni con feroce aggressività e senza un sorriso, interpretando un numero enorme anche se difficilmente precisabile di film (tra i 150 e i 200), tra i quali moltissimi di genere, quasi sempre di scarso valore, e pochi d'autore (con registi come Sergio Leone, Douglas Sirk, Roberto Rossellini, Anatole Litvak, Billy Wilder, Andrzej Żuławski, David Lean). Il suo nome rimane tuttavia legato soprattutto a quelli diretti da Werner Herzog, di cui fu l'attore feticcio, e che in lui trovò un vero e proprio alter ego sulfureo e demoniaco: K. diede così corpo all'anima più notturna, visionaria ed espressionista del Neuer Deutscher Film, e anima a corpi che sullo schermo richiedevano un inquietante, perverso e titanico istrionismo.
Cresciuto in una famiglia piccolo-borghese (il padre, cantante d'opera divenuto poi farmacista, era polacco, la madre tedesca), nel 1930 K. si trasferì con i genitori a Berlino, dove compì studi classici al liceo Prinz-Heinrich. Arruolato nel 1944 nell'esercito, dopo pochi giorni di combattimento in Olanda fu fatto prigioniero dalle truppe inglesi e rimase oltre un anno in un campo di detenzione. Dal 1946 si avvicinò al teatro, divenendo in pochi anni uno dei più apprezzati attori tedeschi. Debuttò sul grande schermo nel 1948 con Morituri di Eugen York. Negli anni Cinquanta dovette accontentarsi di piccoli ruoli, in alcuni casi però di prestigio, come quelli in Decision before dawn (1951; I dannati) di Litvak, La paura (1955) di Rossellini, Kinder, Mütter und ein General (1955; All'Est si muore) di Laslo Benedek, Ludwig II. Glanz und Elend eines Königs (1955; Ludwig II) di Helmut Käutner, A time to love and a time to die (1958; Tempo di vivere) di Sirk. Nel decennio successivo, invece, la sua carriera si sviluppò all'insegna dei generi: fu scoperto dall'industria cinematografica del suo Paese (dove interpretò diversi polizieschi di Alfred Vohrer, ma anche horror, film di spionaggio e di guerra), ma soprattutto da quella italiana, dove, dopo alcuni film di avventure esotiche (come Kali Yug, la dea della vendetta e Il mistero del tempio indiano di Mario Camerini, entrambi del 1963), divenne il volto crudele di un'ondata di western di produzione locale, tra i quali Per qualche dollaro in più (1965) di Leone, Quien sabe? (1966) di Damiano Damiani, Il grande silenzio (1968) di Sergio Corbucci, I bastardi (1968) di Duccio Tessari. Ma in quegli anni ci furono anche, da una parte, Doctor Zhivago (1965; Il dottor Zivago) di Lean e, all'estremo opposto, gli horror dello spagnolo Jess Franco (Jesús Franco Manera).
La svolta arrivò nei primi anni Settanta, quando nacque il suo straordinario (anche se tormentato) sodalizio artistico con Herzog, che lo diresse in cinque film, tra i più belli del Neuer Deutscher Film, e che nel 1999 gli ha reso omaggio con un sincero e appassionato ritratto, Mein liebster Feind ‒ Klaus Kinski (Kinski ‒ Il mio nemico più caro). Per lui K. interpretò il megalomane capo di un gruppo di conquistadores alla ricerca del mitico Eldorado (Aguirre ‒ Der Zorn Gottes, 1972, Aguirre furore di Dio), un soldato oppresso, stritolato dal contrasto tra Ragione e Natura (Woyzeck, 1979), uno stanco e dolente vampiro che segue malvolentieri la propria inclinazione di mostro assetato di sangue (Nosferatu ‒ Phantom der Nacht, noto anche come Nosferatu ‒ Fantôme de la nuit, 1979, Nosferatu, il principe della notte), un avventuriero che oppone alla natura un'ossessiva forza di volontà per portare l'opera lirica nel cuore della natia Amazzonia (Fitzcarraldo, 1982), un sadico commerciante di schiavi diventato viceré di un regno africano (Cobra verde, 1987, il film che segnò la definitiva rottura tra attore e regista). Nel 1974 Żuławski lo aveva voluto in L'important c'est d'aimer (L'importante è amare), mentre nel 1981 Wilder gli assegnò il ruolo di un demoniaco terapeuta sessuale in Buddy Buddy. Nel 1990 K. scrisse, diresse e interpretò in Italia Paganini, sovrapponendo alla figura del violinista la propria delirante immagine di artista.
Pubblicò due opere a carattere autobiografico, Ich bin so wild nach deinem Erdbeermund (1975) e Ich brauche Liebe (1989), fortemente critiche nei confronti dell'industria cinematografica; nel 2001, nel quadro delle celebrazioni per il decennale della morte, sono usciti due libri che raccolgono gli altri suoi scritti, Klaus Kinski: ich bin so wie ich bin e Fieber: Tagebuch eines Aussätzigen.
H.-J. Starczewski, Klaus Kinski, München 1961.
J.-M. Sabatier, Kinski, München 1979.
Ph. Setbon, Klaus Kinski, Paris 1979.
Ph. Rège, Klaus Kinski, Lausanne 1987.
L. Balbo, L. Aknin, Desorder and genius: the complete films of Klaus Kinski, Upton 1997.
G. Wend, Kinski: Werk der Leidenschaft, Meitingen 1998.
M. Reitze, Zur filmischen Zusammenarbeit von Klaus Kinski und Werner Herzog, Alfeld-Leine 2001.
Ich, Kinski, hrsg. U. Rechel, J. Kamps, H.-P. Reichmann, Frankfurt a. M. 2001 (catalogo della mostra).