Brandauer, Klaus Maria
Nome d'arte di Klaus Georg Steng, attore e regista cinematografico e teatrale austriaco, nato ad Altaussee (Stiria) il 22 giugno 1944. Ottenuta una grande notorietà internazionale con l'interpretazione di Mephisto (1981) di István Szabó, ha offerto le sue prove migliori quando ha potuto sfruttare il talento teatrale e la caratteristica fisionomia 'diabolica'. Ha interpretato, con uguale espressività, personaggi negativi e positivi, ma forse proprio questa sua ambiguità lo ha tenuto lontano da ruoli di protagonista.
Figlio di un impiegato tedesco della dogana e di un'austriaca, si diplomò nel 1963 alla Staatliche Hochschule für Musik und darstellende Kunst di Stoccarda, ma già l'anno precedente era stato scritturato dal Landestheater di Tubinga; successivamente si spostò a Salisburgo e poi a Düsseldorf. Nel 1968 debuttò a Vienna, dove due anni dopo lavorò con il grande attore e regista Fritz Kortner (1892-1970), compiendo un'importante esperienza formativa. Dal 1972 entrò quindi a far parte del Burgtheater di Vienna, diventando un beniamino del pubblico, spesso presente anche sulle scene dei teatri tedeschi e al Festival di Salisburgo; la sua classica interpretazione di Jedermann di H. von Hofmannsthal è stata registrata nel film Jedermanns Fest (2001) di Fritz Lehner. Saltuariamente B. è stato attivo in teatro anche come regista e ha curato per la televisione numerose riprese di lavori teatrali.
Nel cinema, dopo un deludente esordio in The Salzburg connection (1972; Scacchiera di spie) di Lee H. Katzin, si è definitivamente affermato con Mephisto, tratto dal romanzo di K. Mann e vincitore del premio Oscar per il miglior film straniero nel 1982. B. vi impersona in maniera inquietante e affascinante l'attore filonazista Hendrik Höfgen, ispirato alla reale figura di Gustav Gründgens (1899-1963). A Mephisto sono seguiti altri due film con la regia di Szabó, sempre di argomento storico e centrati sul tema dell'ambizione e del compromesso con il potere politico, ma dai risultati meno felici: Redl ezredes (conosciuto anche come Oberst Redl, 1985, Il colonnello Redl) e Hanussen (1988; La notte dei maghi). B. vi interpreta rispettivamente Alfred Redl, alto funzionario del controspionaggio austro-ungarico, suicidatosi nel 1913 in circostanze poco chiare perché sospettato di connivenza con i russi, e il veggente Erik Jan Hanussen, prima utilizzato dal nazismo e poi sua vittima.
Nel frattempo B. aveva partecipato ad alcuni film di grande impegno spettacolare, come Never say never again (1983; Mai dire mai) di Irvin Kershner, in cui è il mefistofelico nemico di James Bond (per l'ultima volta Sean Connery), e Out of Africa (1985; La mia Africa) di Sydney Pollack, dal romanzo di K. Blixen, dove ricopre lo sgradevole ruolo del barone Bror Blixen-Finecke che contagia la moglie di sifilide (parte per la quale ha ottenuto una nomination all'Oscar). Una conferma del suo inesauribile eclettismo era venuta da altre apparizioni di un certo rilievo come il capitano in The lightship (1985; Lightship ‒ La nave faro) di Jerzy Skolimowski; Nerone in Quo vadis? (1985), miniserie televisiva diretta da Franco Rossi; il campione di boxe ebreo fuggito dall'URSS che allena i giovani pugili di Brooklyn contro gli avversari russi in Streets of gold (1986; Fuori i secondi) di Joe Roth.Successivamente ha portato sullo schermo G.J. Danton nel dittico La Révolution française (1989) di Robert Enrico e Richard T. Heffron, ed è stato un arrampicatore sociale del primo dopoguerra in Das Spinnennetz (1989; La tela del ragno) di Bernhard Wicki, dal romanzo di J. Roth, uno scienziato sovietico in The Russia house (1990; La casa Russia) di Fred Schepisi, e lo scrittore Willy, marito e sfruttatore letterario di Colette, in Becoming Colette (1991) di Danny Huston. Ha poi interpretato il grande pittore olandese Rembrandt nell'omonimo film (1999) di Charles Matton, V.I. Lenin in Vera, nadežda, krov′ (2000, Fede, speranza, sangue) di Marina Dubrovina, e Giulio Cesare in Vercingétorix (2001; Druids ‒ La rivolta) di Jacques Dorfmann. Ha prediletto i personaggi storici anche in televisione: è stato Albert Speer, l'architetto di Hitler, nell'adattamento (Speer, 1998) da lui stesso diretto del dramma di E. Vilar, che B. ha recitato anche in inglese a Londra nel febbraio 1999 (sulle prove dello spettacolo è stato girato da Martin Wagner il documentario Klaus Maria Brandauer: Speer in London, 1999). Occasionalmente si è impegnato, ma senza troppa fortuna, nella regia di alcuni film, di cui è stato anche interprete, tra i quali Mario und der Zauberer (1993; Mario e il mago) dall'omonimo racconto di T. Mann.
P. Lanz, Klaus Maria Brandauer: ein Portrait des berühmten Schauspielers, Lübbe 1986; H.R. Blum, Klaus Maria Brandauer: Schauspieler und Regisseur, München 1996.