KLEOMENES (Κλεομένης, Cleomĕnes)
Ci sono pervenute quattro sculture con firme di artisti di nome K.: 1) l'Afrodite Medici della Galleria degli Uffizî a Firenze, firmata da un K., figlio di Apollodoro, ateniese (Loewy, 513); 2) il cosiddetto Germanico del Museo del Louvre, a Parigi, firmato da un K., figlio di K. (Loewy, 344); 3) una statua frammentaria del Museo Civico di Piacenza, firmata da un K. ateniese (Jahrbuch, lvi, 1941, p. 151); 4) l'ara col sacrificio di Ifigenia della Galleria degli Uffizî, firmata da un K. (Loewy, 380).
Un passo di Plinio (Nat. hist., xxxvi, 33) elenca le Thespiades Cleomenis, che nella biblioteca di Asinio Pollione si affiancavano ad opere di Apollonios e Tauriskos rodii, di Tauriskos di Tralles, di Arkesilaos, Antiochos, Stephanos, Papylos (v. relative voci).
Delle sculture firmate di cui sopra, tre provengono certamente da Roma, una (n. 3) è stata trovata a Piacenza. Le firme nn. 1 e 4 sono state oggetto di gravi discussioni, ma per il n. 4, date anche le circostanze in cui il marmo fu riscoperto da L. Lanzi nel giardino della villa di Castello, non v'è ragione di dubitare. L'iscrizione n. 1 è certamente moderna nella redazione attuale, ma ricalca, come già noto E. Q. Visconti, una originale; è da escludere anche l'ipotesi di S. Reinach, secondo cui l'iscrizione sarebbe stata su di una base indipendente dalla statua; le varianti della copia fusa dai Keller per Luigi XIV (Museo del Louvre) e di un calco in gesso, oggi perduto, non sono sostanziali. Per i due marmi fiorentini è poi da escludere l'invenzione moderna, data la precisazione del patronimico e dell' etnico nell'Afrodite e dato che si trattava di un nome d'artista pressoché ignoto. La scoperta dell'"originale" di Piacenza ha permesso di riproporre su nuove basi la questione degli artisti di nome K.; il ripetersi del nome con patronimici diversi, ma con lo stesso etnico, fa pensare ad una dinastia di artisti attici, la cui attività va distribuita nel tempo.
Le basi per stabilire una sequenza cronologica sono abbastanza sicure. La citazione pliniana inquadra l'autore delle Thespiades nella temperie eclettica ed accademica fra la fine della Repubblica e l'inizio dell'Impero; l'Afrodite Medici è una copia fedele e di stretta osservanza da un originale del primissimo ellenismo: K. di Apollodoro è un copista, il quale annulla la propria personalità di fronte a quella del maestro la cui opera egli copia. K. di K., scultore del Germanico, è più dichiaratamente classicista: egli prende a modello l'originale dello Hermes Ludovisi (Hermes lògios) per una statua iconica, ma si mantiene fedele allo spirito dell'archetipo, dato che l'inserto del ritratto non altera il carattere saliente dell'originale, ossia la centralizzazione della testa. L'adattamento in sé e diversi dettagli rivelano in K. di K. un temperamento eclettico e intellettualistico. I caratteri del ritratto - che non può rappresentare Augusto come era stato suggerito - pongono l'opera nel decennio 50-40 a. C. Se K. di Apollodoro è, come sembra verosimile, il padre di questo K., l'Afrodite Medici andrebbe spostata alla generazione precedente. Un temperamento diverso rivela lo scultore della statua di Piacenza, che è libero da esigenze di fedeltà ad originali; è un eclettico, ma lontano dal purismo degli altri, conosce l'esperienza barocca e se ne serve per cercare esteriori effetti di vistosità; per quanto più corretta, come dipendente da un cartone prestabilito, la scultura dell'ara degli Uffizî mostra un analogo gusto. In entrambe le opere l'artista firma senza patronimico e ciò può interpretarsi come segno di ormai raggiunta notorietà e fors'anche di intenzionale ripudio della tradizione dell'officina. Le analogie di gusto rendono persuasiva l'ipotesi che entrambe le sculture appartengano allo stesso artista.
Poiché anche il K. autore delle Thespiades è menzionato senz'altra indicazione e poiché la data da assegnare, anche in base alla firma, alla statua di Piacenza coincide con l'epoca in cui Pollione mise insieme la collezione per la sua biblioteca, si può ritenere costituita con sufficienti elementi un'attività imperniata sulla stessa persona.
La successione cronologica e familiare risulta pertanto la seguente: K. 1° (K. di Apollodoro); K. 2° (K. di K.); K. 3° (autore delle Thespiades, dell'ara di Firenze e della statua di Piacenza). Quest'ordine permette di seguire nell'ambito di una stessa officina il passaggio dalla semplice attività di copia a quella della creazione libera, nell'ambito e nel gusto dell'eclettismo. La presenza poi di una scultura di K. 3° nel settentrione d'Italia è molto importante per conoscere il carattere ed il processo di formazione del gusto artistico in un'area da considerarsi pienamente "provinciale".
Bibl.: E. Loewy, I. G. B., nn. 344, 380, 513; O. Müller, Handb., Breslavia 1835, pp. 100 e 158; H. Brunn, Gesch. gr. Künst., I, Stoccarda 1889, p. 544 ss.; id., Kleine Schrift., II, Breslavia 1847, p. 99; W. Klein, Gesch. gr. Kunst, II, pp. 207 e 344; G. Lippold, in Pauly-Wissowa, XI, i, 1921, cc. 713-14, s. v., nn. 15, 16; M. Bieber, in Thieme-Becker, XX, 1927, p. 482, s. v.; G. Becatti, Arte e gusto negli scrittori latini, Firenze 1951, p. 28; P. Romanelli, in Enciclop. Ital., X, s. v. Cleomene; G. Lippold, Handb. der Arch., III, i, pp. 312, 381; G. Becatti, Attikà, in Riv. Ist. Arch. e Storia dell'Arte, 1938, p. 87; S. Ferri, Plinio il Vecchio, Roma 1946, p. 238, 33; G. A. Mansuelli, in Rendic. Accad. d. Scienze di Bologna, S. V, VI, 1954, pp. 1-56; id., in Arte antica e moderna, 2, 1958, pp. 91-98; id., in Riv. Ist. Arch. e Storia dell'Arte, N. S., VII, 1958, p. 82. Oltre alla bibl. citata, in particolare per le singole opere: Afrodite Medici: E. Q. Visconti, Opere varie, Milano 1827-31, III, p. 11; A. Furtwängler, Meisterewrke d. griech. Plastik, Lipsia-Berlino 1893, p. 643; S. Reinach, in Mélanges Perrot, p. 285; M. Collignon, La sculpture grecque, II, Parigi 1897, p. 639; R. Lanciani, Gli scavi di Roma, III, Londra 1897, p. 112; E. Dickins, Hellenistic Sculpture, p. 71; L. Curtius, in Die Antike, I, 1925, p. 53; L. Laurenzi, in Arti Figurative, I, 1945, p. 13; B. M. Felletti Maj, in Archeol. Classica, III, 1951, pp. 44 e 60; M. Bieber, Sculpture of the Hellenistic Age, New York 1955, p. 20; G. A. Mansuelli, Galleria degli Uffizî, Le sculture, Roma 1958, I, n. 45. Cosiddetto Germanico; M. Collignon, op. cit., p. 642; id., Statues funéraires, pp. 44 e 325; O. Brendel, in Römische Mitteilungen, L, 1935, p. 251; C. Blümel, Hermes eines Praxiteles, Baden Baden 1948, p. 41; R. Carpenter, in American Journal of Arch., LVIII, 1954, pp. 3 e 10; id., in Memoirs American Academy, XVIII, 1941, p. 120; R. West, Römische Porträtplastik, I, Monaco 1932, p. 89; G. Hafner, Späthellenistische Bildnisplastik, Berlino 1954, p. 91. Statua di Piacenza: E. Nasalli Rocca, in Bollettino storico piacentino, 33, 1938,m p. 8; S. Aurigemma, in Le Arti, II, 1939, p. 57; G. Becatti, art. cit., p. 66; G. A. Mansuelli, in Jahrb. Arch. Inst., 56, 1941, p. 151. Sacrificio d'Ifigenia: L. Lanzi, Opere Postume, I, Firenze 1917, p. 333; G. Rodenwaldt, Die Komposition der pompeianischen Wandgemälde, p. 200; F. Hauser, Verzeich. d. neuattisch. Reliefs, Stoccarda 1889, pp. 78 e 116; E. Loewy, in Jahresh. Österr. Inst., 29, 1928, p. 4; E. Pfuhl, Malerei und Zeichnung, Monaco 1923, par. 697; G. Lippold, Antike Gemäldekopien, 1948, p. 47; E. Weitzmann, in Hesperia, XVIII, 1945, p. 259; G. Lippold, Handb. der Arch., cit. p. 202; Ch. Picard, Manuel d'archéol., III, i, 1954, p. 125; G. A. Mansuelli, Galleria degli Uffizi, cit., p. 116.