Konec Sankt-Peterburga
(URSS 1927, La fine di San Pietroburgo, bianco e nero, 91m a 24 fps); regia: Vsevolod Pudovkin, con la collaborazione di Michail Doller; produzione: Mežrabpom-Rus′; sceneggiatura: Nathan Zarchi; fotografia: Anatolij Golovnja; scenografia: Sergej Kozlovskij.
Un giovane contadino lascia il proprio villaggio e si reca a San Pietroburgo per fare fortuna. La città, attraversata nei suoi quartieri più miseri e proletari, gli si presenta grigia e squallida ‒ non così lontana, quanto a desolazione umana, dalle campagne che ha abbandonato. Il ragazzo trova lavoro in una fabbrica, dove gli operai scendono in sciopero. Per paura di perdere il lavoro, accetta di interrompere lo sciopero e di divenire informatore della polizia, tradendo così i compagni che vengono arrestati (tra di loro c'è anche un suo compaesano). Ma poi si pente delle proprie azioni, si ribella e ha uno scontro fisico con il direttore e il padrone della fabbrica, in seguito al quale viene fermato e portato in carcere. Allo scoppio della guerra il ragazzo viene arruolato. Già in carcere, ma poi soprattutto nell'esercito, conosce alcuni bolscevichi e si appassiona alle loro idee, giungendo così a piena coscienza sociale e di classe. Quando scoppia la Rivoluzione d'Ottobre, è anche lui tra quanti danno l'assalto al Palazzo d'Inverno.
Vsevolod Pudovkin, ex attore della scuola Kulešov, nel 1925 debuttò come regista per gli studi Mežrabpom-Rus′ con un cortometraggio, Šachmatnaja gorjačka (La febbre degli scacchi), realizzato insieme a Nikolaj Spikovskij. Come affermava Adrian Piotrovskij, 'padrino' degli studi Lenfil′m, il suo primo lungometraggio, Mat′ (La madre), realizzato nel 1926, aveva indicato una strada da seguire all'intero cinema sovietico, che si era così diviso in due grandi correnti: quella riconducibile a Bronenosec Potëmkin e quella che si rifaceva a Mat′. Konec Sankt-Peterburga, il successivo film di Pudovkin, è considerato il secondo capitolo d'una trilogia sulla rivoluzione aperta appunto da Mat′ e completata nel 1928 da Potomok Čingiz-Chana (Tempeste sull'Asia).
La vicenda narrata in Konec Sankt-Peterburga si svolge tra il 1913 e il 1917; ha inizio alla vigilia della Prima guerra mondiale per proseguire durante il conflitto e nel corso delle due rivoluzioni, quella del Febbraio e quella dell'Ottobre 1917. Metaforicamente, risiede nei tre nomi dell'ex capitale della Russia (San Pietroburgo, Pietrogrado, Leningrado) il senso principale dell'opera, ovvero la descrizione delle trasformazioni profonde della vita del paese nel passaggio da un'epoca storica all'altra; e i tre nomi costituivano infatti il titolo della prima versione della sceneggiatura. Il protagonista si chiama semplicemente 'il ragazzo', cosa che rende ancor più evidente ed emblematica la sua appartenenza alle masse di giovani contadini che iniziano a vedere intorno a sé i segni dei cambiamenti politici: "Quelli di Penza, quelli di Novgorod, quelli di Tver'...", si legge nella prima didascalia. Il semplicismo sociale e il manicheismo politico del film sono diventati negli anni sempre più evidenti, ma altrettanto incontestabile appare la sua ricchezza linguistica. Pudovkin e Michail Doller parteciparono alla riscrittura del film a fianco del celebre sceneggiatore Nathan Zarchi, e secondo prassi frequente all'epoca in Konec Sankt-Peterburga gli eventi epici e collettivi vengono filtrati attraverso le vicende d'un destino individuale: Pudovkin sostituisce la poetica all'epica, mentre continua a sperimentare il proprio metodo di trasformazione del reale attraverso l'illuminazione, le dissolvenze, le plongées e le contreplongées capaci di evidenziare la grandezza o la minuzia dei personaggi e degli oggetti sullo schermo, enfatizzando il dettaglio e conferendo così al film il proprio ritmo visivo.
Questo approccio, già utilizzato in Mat′, risulta qui ulteriormente elaborato. Pudovkin riprende il proprio metodo di lavoro con gli attori teatrali superando la tecnica dell'interpretazione psicologica tipica degli attori del MChT (Teatro d'Arte di Mosca), qui trattati come caratteri o pure presenze fisiche: un gesto casuale del braccio da parte di una grande attrice come Vera Baranovskaja gli interessa più della ricchezza emotiva che l'artista è in grado di esprimere. Era di conseguenza celebre il 'risentimento' dei massimi attori dell'epoca nei confronti della scarsa attenzione di Pudovkin, che richiedeva comunque le loro prestazioni preferendole a quelle dei non professionisti, ma si limitava spesso a utilizzarli come elementi (certo irrinunciabili) della scenografia. Nella polemica che si sviluppò tra i cineasti sovietici degli anni Venti e che vedeva contrapposti quanti sostenevano la superiorità degli attori professionisti a coloro che preferivano invece i 'caratteri', Pudovkin assunse sempre d'altra parte una posizione intermedia, guadagnandosi così il soprannome di 'centauro'.
Il montaggio dinamico del film, che destrutturava in profondità la narrazione tradizionale, colpì i cineasti dell'epoca almeno quanto quello di Oktjabr′ (Ottobre, 1927), massimo risultato delle teorie ejzenštejniane (e il film di Pudovkin, al pari di quello di Ejzenštejn, fu commissionato come celebrazione del decimo anniversario della Rivoluzione d'Ottobre): in questo senso Konec Sankt-Peterburga può essere annoverato a buon diritto tra i capolavori del cinema sovietico degli anni Venti.
Interpreti e personaggi: Ivan Šuvelev (il ragazzo), Aleksandr Čistjakov (l'operaio), Vera Baranovskaja (sua moglie), V. Obolenskij (Lebedev, l'industriale), V. Šuvelev (operaio), Sergej Komarov (commissario di polizia), Nikolaj Chmelev (agente di borsa), M. Tereškovič (giornalista), A. Gromov (rivoluzionario), Vsevolod I. Pudovkin, Vladimir Fogel (ufficiali tedeschi).
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