Vedi KOZANI dell'anno: 1973 - 1995
KOZANI (v. S 1970, p. 400)
Città della Grecia settentrionale, capoluogo del dipartimento omonimo della Macedonia, occidentale. L'estesa ricerca archeologica effettuata in questi ultimi anni con scavi sistematici e di emergenza, recuperi di antichità e localizzazione di nuovi siti ha chiarito la configurazione di alcune località della provincia, che rivestono un certo interesse dal punto di vista storico e archeologico.
Aianè (Αỉανή). - Secondo il mito di fondazione tramandato da Stefano di Bisanzio (s.v. Αỉανή) la città macedone venne fondata da Aiano «figlio di Elimo re dei Tirreni» che si era trasferito in Macedonia; l'etnico è Αỉαναίος. La menzione della città di Aianè in due iscrizioni rinvenute da L. Heuzey (Mission archéologique de Macedoine, Parigi 1876, p. 287) in chiese del villaggio di Kallianì (il cui nome, forse originato dalle parole Καλή Αỉανή, dal 1926 è stato ripristinato nell'odierno Eanì) ha costituito argomento per la formulazione di varie teorie circa l'ubicazione della città antica e la sua organizzazione urbanistica. A tutt'oggi, comunque, il problema rimane aperto e solo attraverso l'indagine archeologica sarà possibile giungere a soluzioni più definitive.
Su una collina denominata Megali Rachi, 1,5 km c.a a NE del villaggio di Eanì, a S di K. e a Νdel corso del fiume Aliakmon, ha avuto inizio nel 1983 un'esplorazione sistematica da parte del Servizio Archeologico Greco. Si è accertato che avanzi architettonici occupano tutta l'estensione dei terrazzamenti che si succedono dai piedi alla sommità della collina, circondata sul lato SE da un fiumicello con fonti di acqua potabile e dai resti di un acquedotto antico.
Il limite cronologico più alto dell'insediamento sulla collina risale, secondo i dati dello scavo, fino all'antica Età del Bronzo, mentre è accertato il suo abbandono nel I sec. a.C. Gli scavi sistematici condotti sul sito hanno portato alla luce tre grandi edifici di carattere pubblico e numerose abitazioni private con ricchi trovamenti. Nel cortile dell'edificio situato sul terrazzamento più elevato è stata scoperta una cisterna circolare del diametro di 4,5 m e profonda 8,5 m, che con la raccolta delle acque piovane contribuiva all'approvvigionamento idrico dell'abitato. Il secondo edificio pubblico che è stato messo in luce sul terrazzamento immediatamente sottostante conserva resti di due lati porticati, rispettivamente di 25 e 20 m, in grandi blocchi squadrati, che si sovrappongono a edifici ellissoidali di epoca preistorica. Di questo complesso si conservano, nonostante la spoliazione, molti elementi architettonici, come capitelli dorici, frammenti di pilastri-colonne e capitelli ionici di colonne doppie del piano superiore, che costituiscono un indizio della monu- mentalità dell'edificio e ne indicano la datazione al IV sec. a.C. Il terzo grande edificio in opera poligonale e pseudoisodoma è costituito da vani rettangolari disposti a diversi livelli a causa della pendenza del terreno, e da un'ambiente a portico, con un muro spesso m 1,70 e lungo m 20, davanti al quale sono state scoperte cinque basi di colonne-pilastri. Gli abbondanti frammenti di ceramica a figure rosse, molti dei quali risalenti al primo venticinquennio del V sec. a.C., ne consentono una datazione al V sec. a.C. e inducono a concludere che città organizzate e con edifici architettonicamente ragguardevoli esistevano nell'alta Macedonia anche prima dell'unificazione del regno macedone a opera di Filippo II.
I vani delle abitazioni private presentano muri in argilla e pietrame e, in alcuni casi, per adattarsi alla pendenza del terreno sono disposti a livelli diversi. Scalinate con gradini in pietra conducono ai vani dei piani superiori, mentre sul lato posteriore, a ridosso della collina, sono ricavati ambienti sotterranei. Le case disponevano di piccoli cortili, di stanze con focolare, di magazzini con giare e di ambienti adibiti a laboratorio con macine in pietra poste agli angoli. Sono frequenti i forni da vasaio e scarti di lavorazione di minerali di ferro e di rame.
L'insediamento di Aianè manteneva diretti rapporti culturali e commerciali con il resto del mondo greco e nello stesso tempo un funzionamento autonomo, con propri laboratori per la lavorazione dei metalli e della ceramica, attività, quest'ultima, in cui un posto importante è occupato dalla produzione dei vasi con figurazioni a rilievo. Assieme ai temi decorativi locali, motivi vegetali, figure umane e di animali, è evidente l'utilizzazione di stampi simili alle matrici delle officine di Pella. Le statuette fittili e le loro matrici, che costituiscono anch'esse un complesso di reperti a sé stante, oltre a essere significative dal punto di vista tecnico e artistico, sono indicative del culto di divinità come Cibele, Atena, Dioniso con i satiri e Afrodite con gli eroti. Fuori dell'abitato e in molte località vicine sono stati individuati gruppi di tombe ed estese necropoli del Bronzo Finale, dell'Età del Ferro e dei periodi arcaico, classico ed ellenistico. Nella necropoli orientale, a una distanza di c.a 1 km dall’insediamento, sono state scoperte semplici tombe a fossa e pochissime a cista, databili dal IV fino al I sec. a.C. A NO dell'abitato e alla stessa distanza è stata individuata un'altra estesa necropoli con tombe a fossa di età arcaica e classica e anche una necropoli con tombe a camera di tipo monumentale. La tomba più grande (tomba A), in base agli elementi architettonici recuperati che dimostrano la presenza, al di sopra del loculo sepolcrale, di una costruzione a forma di tempietto, potrebbe essere indicata come tomba-heròon; misura all'esterno m 10,30 x 10,30, mentre il loculo è di m 4 x 4. Malgrado la spoliazione e la devastazione, è stato possibile il recupero di superfici con decorazione dipinta, di pochissimi oggetti d'oro e dorati appartenuti a corone e di rosette d'oro con la rappresentazione della stella macedone. La tomba A può datarsi all'inizio del IV sec. a.C. La seconda tomba monumentale (B), anche questa violata, ha dimensioni esterne di m 8 x 8, mentre il loculo misura m 2,60 x 3. La struttura che sostiene la camera è costituita da due filari sovrapposti di blocchi, al contrario della tomba in cui si è accertata la presenza di una costruzione unitaria costituita da tre filari di blocchi fino al pavimento della camera stessa. La tomba B, che conteneva pochissimi residui del suo corredo, può datarsi nel V sec. a.C. ed è posteriore a un edificio di carattere probabilmente cultuale che includeva in sé una tomba simile, monumentale. La costruzione della tomba Βha distrutto il settore meridionale di tale edificio. Generalmente si tratta di grandi tombe a camera in muratura e di più piccole a cista, attualmente dodici, quattro delle quali presentano recinti funerari, nella forma di strutture rettangolari, costituite da blocchi squadrati. Tre recinti simili racchiudevano sepolture in fossa, individuate anche altrove, semplicemente scavate nel terreno. In esse i defunti erano deposti con il corredo. Solo un certo numero è sfuggito alla sistematica spoliazione.
I lati interni delle tombe in muratura sono rivestiti di un'intonaco biancastro e sono ornate nella parte superiore da una fascia rossa. Le due colonne ioniche con anthèmion dipinto si rinvennero: una caduta con la base dentro la tomba, l'altra riversa fuori dall'altra tomba. In generale nell'esplorazione delle tombe in muratura si sono recuperati oggetti significativi, come opere della grande scultura di età arcaica (testa di kore, frammenti di kouroi, leone), figurine fittili femminili, vasi e frammenti di ceramica a figure nere e a figure rosse, placchette d'osso intagliate, due serpenti di bronzo. Le tombe costruite si datano dalla metà del VI agli inizi del IV sec. a.C.
Ricchi corredi si trovavano anche nelle tombe a fossa che presumibilmente appartenevano a semplici cittadini e rivelano un elevato tenore di vita nonché gli immediati contatti della grecità della Macedonia settentrionale con l'arte e le civiltà degli altri Greci. Sulla bocca i defunti recavano lamine romboidali d'oro o d'argento, gli epistòmia, con figurazioni impresse; intorno a essi erano disposti idoletti fittili e d'osso, coppe di bronzo, vasi di vetro, lèkythoi, alàbastra, kỳlikes, exàleitra, oinochòai, spiedi di ferro e modellini di carri in ferro con cavallini di terracotta. Le tombe femminili sono caratterizzate da offerte di maggior pregio come orecchini e collane d'oro, rosette d'oro, spilloni d'oro e d'argento, e quelle maschili da elmi di bronzo, scudi, punte di lancia, spade. Le tombe a fossa si datano dagli inizî del VI alla fine del V secolo.
Lo scavo della necropoli, che si estende verso SO, non è stato ancora completato, mentre con un saggio a maggiore profondità nella stessa area è venuta alla luce un'enorme quantità di ceramica della classe matt-painted, insieme a ceramica micenea della fine del Tardo Elladico IIIA e del IIIB.
Nei successivi periodi di scavo sono state ricomposte decine di vasi, e si sono scoperte anche tombe con vasi con decorazione matt-painted e micenei. La ceramica opaca è nota come ceramica opaca macedone o ceramica «dorica», o ceramica del tipo Boubousti (Plataniè), come la denominò lo Heurtley dal sito dove fu riconosciuta per la prima volta nel 1927. La maggior parte dei siti dove essa compare si concentra nella Macedonia occidentale, particolarmente lungo il fiume Aliakmon, con estensioni verso l'Epiro, fino all'Altopiano di Korytsa e sporadicamente nell'Albania sud-occidentale, nella Pelagonia, nella Macedonia centrale fino allo Strymon e a S in Tessaglia, a Elasona, Marmariani, conservazione che è dovuta chiaramente ai continui spostamenti delle greggi. Nelle indagini scientifiche passate e presenti si ritiene che portatori di questa ceramica siano le tribù greche sud-occidentali, il πολυπλάνητον ἒθνος di Erodoto (1, 56), tra cui egli include i Macedoni e i Dori, i quali, ancora sulla base della sua testimonianza, si muovevano da S a Ν con una stazione di sosta al Pindo.
Un'importante stazione delle migrazioni dei Macedoni e delle altre tribù greche e nord-occidentali si pensa sia stata la valle dello Spercheo, dove, a Lianokladi, si è individuata una ceramica opaca di periodo mesoelladico.
Il più alto limite cronologico per la comparsa di questa ceramica nella Macedonia centrale si pone alla fine del Tardo Elladico IIIA (Asiros, Kastanàs) e una cronologia simile ha proposto lo Heurtley per la fase più primitiva di Platanios, che è stata confermata da un recente riesame del materiale (Vokotopoulou, 1986). I rinvenimenti più recenti di Aianè non solo confermano la prima apparizione della ceramica opaca del Tardo Bronzo nell'alta Macedonia e ne stabiliscono la contemporaneità con quella della Macedonia centrale, nella quale non sembra continuare per l'Età del Ferro, ma inducono a ipotizzare una cronologia ancora più antica. Inoltre l'ipotesi della derivazione di questa ceramica dalla corrispondente ceramica mesoelladica della Grecia meridionale, probabilmente con qualche influsso di motivi micenei, è ritenuta oggi più solida della teoria dell'origine da imitazioni locali di vasi micenei. Anche su questo punto una conferma è data dai rinvenimenti di Aianè la cui datazione alta assieme all'analisi della morfologia dei motivi decorativi riconduce a prototipi mesoelladici. L'attività ad Aianè di un'officina anticipatrice di tale categoria, di eccezionale qualità e con una ricca produzione, è assicurata dalla scoperta di decine di piccoli e grandi vasi, la maggioranza dei quali è caratterizzata da una decorazione con due colori e offre inoltre elementi per ipotizzare una sua immediata derivazione dalla corrispondente ceramica di epoca mesoelladica. L'esistenza di questa effettiva categoria ceramica che, in collegamento con la contemporanea presenza di ceramica micenea, mostra verosimilmente le datazioni più alte in rapporto a ciò che è stato accertato fino a oggi della ceramica opaca in Macedonia, consolida l'ipotesi di una sua origine e di un'elaborazione nella regione dell'alta Macedonia e della sua diffusione da quest'area.
Un decisivo argomento per una cronologia alta della ceramica opaca è costituito, come abbiamo detto, dal suo rinvenimento assieme a ceramica micenea. Le testimonianze della presenza micenea si sono moltiplicate negli ultimi anni tanto ad Aianè e in un ampio territorio circostante, quanto nella restante parte del nomòs di K., dove si è svolta una ricerca più sistematica.
Un dato di eccezionale interesse e assai significativo per i nuovi elementi che emergono nella ricomposizione della fisionomia culturale e storica dell'alta Macedonia è costituito dall'individuazione di tombe tardo elladiche e dallo scavo di una di queste nel vicino comune di Rhymnio.
Le tombe sono a cista, con fondo pavimentato a ciottoli legati da fango che è stato rinvenuto anche al di sotto della lastra di chiusura, evidentemente per sigillare meglio la tomba; questa pratica rivela un'identità di costumi con la Grecia meridionale e, come si è messo in evidenza recentemente, con la zona dell'Olimpo.
I corredi funerarî comprendevano principalmente vasi micenei in argilla come pure oggetti di ornamento in bronzo dai caratteri miceneo e «macedone». Simili tombe sono state scoperte in gran numero lungo gli altipiani occidentali del Vermio ma la loro cronologia, in mancanza di uno scavo, rimane incerta.
Questi nuovi rinvenimenti rendono più attendibile l'ipotesi circa singoli stanziamenti micenei nell'area dell'alta Macedonia, ipotesi per la quale risulta decisiva la presenza dell'idoletto miceneo di Ano Komi, 4 km a Ν di Aianè, come pure il rinvenimento nello stesso sito dell'antica Aianè di un tratto di orlo di pìthos con scrittura lineare. Caratteristici sono i monumenti micenei anche più antichi che attestano gli immediati contatti della grecità dell'alta Macedonia con il resto del mondo greco. Frammenti ceramici micenei sono stati rinvenuti nella necropoli classica della città di K., presso spiccati di edifici in pietra; altri simili sono segnalati, assieme alla categoria della ceramica scura, a Platanià (Boubousti), a Omalì, a Tsotyli; come esempî di metallurgia micenea ricordiamo i pugnali bronzei da Grevenà e la lancia da Galatinì Kozanis. Anche più a N, per la zona dell'antica Pelagonia, distretto di Monastiri, sono noti da scavi di tombe, vasi micenei e gioielli in associazione con ceramica scura, che indicano la penetrazione micenea e confermano la sopravvivenza di costumi micenei fino in età arcaica (tombe di Trebenište di Ochrida con maschere d'oro). Risulta effettivamente indubbio che i progressi della ricerca archeologica rafforzano, arricchiscono e completano la conoscenza storica. Particolarmente per il territorio della Macedonia occidentale, la Àno Makedonìa degli antichi, che comprendeva i regni di Elimiotide, di Eordea, di Orestide, di Lincestide, di Pelagonia e di Derriopo, per il quale dalla tradizione letteraria sono state conservate scarse e indirette testimonianze, i rinvenimenti da scavo di Aianè sono risultati rivelatori. Questi reperti offrono una nuova dimensione nella fisionomia della grecità dell'alta Macedonia, smentendo definitivamente e nella maniera più efficace la corrente visione tradizionale circa l'isolamento sociale e culturale dei suoi abitanti. La grecità dell'Àno Makedonìa è caratterizzata dal VI sec. a.C. da potenza, ricchezza e alto livello di civiltà con strutture organizzative e vita cittadina, in contrasto con quanto sostenuto anche da storici antichi e moderni, chiaramente per mancanza di dati.
Particolarmente significativa è la presenza di testimonianze epigrafiche di epoca arcaica e classica nell'area dell'abitato e della necropoli di Aianè (Karamitrou-Medesidi, 1990) che rappresentano prove tangibili dell'identità etnica dei Macedoni e conducono necessariamente a concludere che la loro assenza fino a questo momento era dovuta solo al carattere limitato e non sistematico della ricerca archeologica in Macedonia.
Sulla base dei dati sopra esposti è fuor di dubbio l'identificazione dell'antica città macedone di Aianè con l'abitato che si sta scavando sulla collina di Megali Rachi. D'altro canto il Keramopullos, che - con un seguito negli studi successivi - collocava Aianè in località Paleokastro di Kesarià, ignorava tanto l'estensione e l'importanza dei resti architettonici sulla collina quanto l'esistenza delle vicine necropoli e tombe monumentali. L'abitato di Paleokastro di Kesarià, che si trova a una distanza di quasi 2 km, conserva resti antichi di età romana e bizantina, tra i quali due basi onorarie della lega degli Elimioti, e può essere messo in relazione a uno spostamento della città di Aianè in età romana, dal momento che la vita sulla collina di Megali Rachi si interrompe nel corso del I sec. a.C. Nello stesso tempo gli importanti resti architettonici di età arcaica e classica e le tombe monumentali - potremmo definirle reali - permettono di avanzare l'ipotesi che Aianè fosse la capitale del regno di Elimeia, poiché, come dimostra uno studio ben documentato (Papazoglou, 1959), non vi fu mai una città con il nome di Elimeia.
Ano Komi (῎Ανω Κώμη). - Si trova nel distretto di K. a una distanza di 4 km da Aianè, e apparteneva dunque all'antico regno di Elimeia. A una distanza di c.a 1 km a SE della collina di Prophitis Ilias, dove anni or sono il Keramopullos aveva individuato resti di età ellenistica, è stata recuperata una stele funeraria del III sec. a.C. che tramanda alcuni nomi importanti per la conoscenza della prosopografia macedone: λαανδρος πατυλλου
/ σατύρα λαανδρου / νικανωρ αλεξανδρου / αλεξαρχοσ λεων ιδου.
Nel medesimo luogo è tornata alla luce una tomba a fossa del terzo venticinquennio del IV sec. a.C., che conteneva una moneta di Filippo II; vi era stata sepolta una donna di giovane età ornata come una sposa, con molte suppellettili di bronzo di uso domestico (una brocca, un'idria, un lebete, una phiàle, una kỳlix) e vasi in argilla (un askòs a figure rosse, un piattello, una minuscola lèkythos, ecc.). I gioielli in oro lavorato a stampo (collana del tipo noto come perimèrion, tre fibule ad arco, orecchini con gruppo di cinque rosette e pendente piramidale, anello con raffigurazione di Eros) pongono questa tomba tra le più ricche e più importanti della regione. Come rinvenuto nello stesso sito è indicato un idoletto fittile miceneo, mentre un vaso anforoide miceneo e altri con decorazione matt-painted provengono molto probabilmente da tombe distrutte nel corso di lavori edilizi nell'abitato moderno. L'insieme di questi trovamenti e altri oggetti rinvenuti alcuni anni or sono (utensili litici di età preistorica, impianti per bagni, muri, ceramica a rilievo, iscrizioni votive) testimoniano un'intensa e ininterrotta occupazione del sito, con un alto livello di vita e di cultura.
Spilià (Σπηλιά). - Piccolo villaggio sulle pendici occidentali di una collina del monte Vermion, che fa parte del distretto di Eordea nell'odierna provincia di K., la cui intera estensione appartiene all'antica regione di Eordaia. A NO del villaggio e ai piedi di una collinetta, dove si rinvennero materiali di età ellenistica romana e bizantina, è stata individuata una tomba macedone, la prima di questo tipo nell'alta Macedonia. Si tratta di una tomba a due vani che misura all'interno m 3,36 di larghezza e m 6,52 di lunghezza, mentre la camera funeraria è lunga m 4,12.
La facciata è di ordine dorico: quattro semicolonne recanti scanalature solo nella parte superiore costituiscono i virtuali supporti della trabeazione, dove appare tin fregio composto da otto triglifi e sette metope. Il frontone, libero, nasconde l'unica copertura a volta che ricopre entrambi i vani. Tra le semicolonne doriche si trovano scudi a rilievo con decorazione dipinta. Contrariamente alla facciata l'interno è completamente privo di decorazioni policrome. Rimasta intatta durante l'antichità, la tomba è stata danneggiata da moderni scavatori. Nella camera funeraria si trovavano una klìne in muratura e una tràpeza. La tomba, costruita nel secondo venticinquennio del II sec. a.C., fu utilizzata per sei o sette sepolture fino alla fine del I sec. a.C. Il corredo era costituito da numerosi oggetti: vasi in argilla, statuine femminili, stri gili e tre monete bronzee.
Mavropighì (Μαυροπηγή). - Si trova a SO dell'attuale distretto di Eordea e dell'antica Eordaia, ai piedi del monte Askion. A NO del villaggio su una collina di nome Ka- stro sono stati individuati e scavati resti di abitazioni private di età ellenistica, mentre dalla spianata alla sommità della collina sono stati recuperati rilievi votivi, uno dei quali con la seguente iscrizione: απολλωνι / εκατομβιω διομηδης / αμμαδου ey/xhn. Il nome Άμμάδας è sconosciuto in ambito epigrafico.
L'abitato si estende sui terrazzamenti più elevati della collina, che presenta qui una maggiore estensione di tratti pianeggianti con margini rinforzati da muri di sostegno che si succedono a varî livelli.
La ricchezza dei materiali raccolti occasionalmente e provenienti dall'abitato e dal territorio circostante (monete in argento di Aminta e Alessandro il Grande, iscrizioni, vasi in bronzo, punte di lancia in ferro, una fibula d'argento, ceramiche, ecc.) costituisce una sicura testimonianza per l'esistenza di una città organizzata e fiorente.
Kilada (Κοιλάδα). - Secondo la suddivisione amministrativa moderna si trova nel distretto di K. e, in base a un recente studio, ai confini meridionali dell'antica Eordaia. A O del villaggio, sulle propaggini settentrionali del monte Skopòs, è stato individuato un insediamento di età ellenistica e sono stati scavati vani di abitazioni private, mentre grossi blocchi lavorati sparsi nella zona testimoniano l'esistenza di edifici monumentali. A causa della pendenza del terreno la stratificazione archeologica è assai esigua e in alcuni punti quasi inesistente, fatto che ostacola la ricerca in misura considerevole. Il sito è da ritenersi di una certa importanza, poiché è da qui che proviene l'iscrizione con la lettera di Filippo V che tramanda il nome della città di Greia (Γρήια). Più a valle nella stessa zona a lato della strada nazionale K.-Veria è stata scavata una necropoli di tombe a cista della prima Età del Ferro. Per la maggior parte appartenenti a bambini, contenevano vasi eseguiti a mano, taluni con decorazione dipinta matt-painted, ornamenti in bronzo, fibule a occhiali, fermagli e anelli, mentre mancano completamente le armi.
Kitrini Limni (Κίτρινη Λίμνη). - Si tratta della zona della palude Sainghiòl, oggi bonificata, a S del bacino di Tolemaide. Alla lista dei siti neolitici conosciuti in precedenza se ne sono aggiunti recentemente altri con caratteristiche simili, che si presentano, cioè, nella nota forma della toumba (bassa e larga collinetta), mentre contemporaneamente hanno avuto inizio la ricognizione di superficie e lo scavo finalizzati principalmente allo studio della formazione del lago-palude, della sua estensione nel corso del tempo e delle sue possibili implicazioni nella vita degli insediamenti e del loro spazio vitale. Come acquisizioni generali della ricerca si possono indicare l'eccessiva densità degli insediamenti, la lunga presenza delle comunità sullo stesso posto dal VII-VI fino all'inizio del II millennio, l'unità culturale tra queste e il vicino abitato neolitico di Servia, come pure le influenze e le possibilità di comunicazione con la Macedonia centro-orientale e con l'area settentrionale dei Balcani.
Bibl.: Notizie e relazioni preliminari di scavi e trovamenti nell'area di Aianè: Ph. Petsas, in ADelt, XVII, 1961-62, p. 216; XXI, 1966, p. 354; A. Andreiomenou, ibid., XXII, 1967, B' Chron., pp. 413-415; XXIII, 1968, B' Chron., p. 349; XXIV, 1969, B' Chron, pp. 331-332; ead., in AAA, II, 1969, p. 182 ss.; ead., Τρια υπόγεια ταφικα οικοδομήματα εν· τη Δυτική Μακεδονία, in Αρχαία Μακεδονία, Θεσσαλονίκη 1968,1, Salonicco 1970, pp. 228-238 in part, p. 235 ss.; K. Romiopoulou, Some Pottery of the Early Iron Age from Western Macedonia, in BSA, LXVI, 1971, pp. 354 e 357; I. Touratsoglou, in ADelt, XXIX, 1974, B' Chron., p. 275; G. Karamitru-Mendesidi, ibid., XXXVI, 1981, B' Chron., pp. 326-327; XXXVII, 1982, B' Chron., pp. 297-298, 304-306; XXXVIII, 1983, B' Chron., pp. 307-311; XXXIX, 1984, B' Chron., pp. 254-257, 265-267; ead., Δυο αναγλυφες στήλες απο το Νομο Κοζάνης, in Makedonika, XXIV, 1984, pp. 99-100; ead., in AErgoMak, II, 1988, pp. 19-25 e III, 1989, pp. 45-57; ead., Κοζάνη, πολη Ελιμιωτιδος, Salonicco 1993; ead., Η αρχαία Αιανη, in Αρχαία Μακεδονία, Θεσσαλονίκη 1989, V, in corso di stampa. - Per i problemi relativi ad Aianè: A. Keramopullos, in AEphem, 1933, pp. 38-51; F. Papazoglou, Makedonski gradovi u rimsko doba («Le città macedoni in epoca, romana»), Skopje 1957, pp. 173, 349; ead., Sur les koina régionaux de la Haute Macédoine, in ŽivaAnt, IX, 1959, pp. 163, 167 ss.; D. Kanatsoulis, Το κοινον των Ελιμιωτων, in Μακεδονικον Ημερολογιον, I959, pp. 210-211; K. E. Siambanopoulos, Αιανη, s.l. 1974; D. Kanatsoulis, H Μακεδονία απο των αρχαιότατων χρονών μέχρι της ανοδου του Φίλιππου Β, Salonicco 1976, ΡΡ· 49-50, nota 7) con bibl. prec. relativa alla posizione di Aianè; Th. Rizakis, G. Touratsoglou, Επιγραφές Ανω Μακεδονίας, Atene 1985, nn. 7, 13, 14, 18, 25, 41-43, 56, 68, 75-77 e nn. 35, 6 (lega degli Elimioti), con bibl. precedente.
Notizie e relazioni preliminari di scavi e trovamenti nel sito di Ano Komi: A. Keramopullos, in Prakt, 1932, pp. 45-46; id., in AEphem, 1933, p. 50; id., in BCH, LVII, 1933, p. 279; Ph. Petsas, in ADelt, XVII, 1961-62, B' Chron., fig. 255; A. Andreiomenou, ibid., XXIII, 1968, B' Chron., p. 350. - Materiali da Ano Komi: K. Siambanopulos, op. cit., p. 203-212; Th. Weber, Bronzekannen. Studien zu ausgewählten archaischen und klassischen Oinochoenformen aus Metall in Griechenland und Etrurien (Archäologische Studien, 5), Francoforte-Berna 1983, p. 245; Th. Rizakis, G. Touratsoglou, op. cit., nn. 11, 18, 28, 31, 79; G. Karamitru-Medesidi, Δυο ενεπίγραφες στήλες απο τον νομο Κοζάνης, in AEphem, 1986, pp. 147-153; ead., in Αρχαία Μακεδονία (cat.), Atene 1988, pp. 135-136, 369.
Su Spilià: Th. Rizakis, G. Touratsoglou, op. cit., n. 101 (rilievo votivo ad Artemide Agròtera di epoca romana, dalla stessa località); G. Karamitru- Medesidi, Ο μακεδονικος τάφος Σπηλιάς Εορδαίας, in AErgoMak, I, 1987, pp. 23-34. - Notizie su scavi e trovamenti in località Mavropighì: N. Kotzias, in AEphem, 1937, 3, p. 881; Ch. Makaronas, in Makedonika, I, 1940, p. 491. - Sulle iscrizioni: Th. Rizakis, G. Touratsoglu, op. cit., nn. 119-120; G. Karamitru-Medesidi, Δυο ενεπίγραφες..., cit.; Ch. Ziota, G. Karamitru-Medesidi, Αρχαιότητες Εορδαίας Κοζάνης, in AErgoMak, II, 1988, pp. 29-32.
Per le recenti scoperte nel sito di Rilada: G. Karamitru-Medesidi, in ADelt, XXXVII-XL, 1982-1984 e XLI, 1987 (in corso di stampa); ead., in Αρχαία Μακεδονία (cat.), cit., p. 164.
Per l'iscrizione di Kilada: Ch. Makaronas, in AEphem, 1934-35, p. 117 ss; Th. Rizakis, G. Touratsoglu, op. cit., n. 87, con bibl. prec. e con una carta che riporta i confini delle antiche regioni dell'Alta Macedonia (a quanto sembra erroneamente, nell'indice, p. 240 si presume e si attribuisce come località di provenienza Kapnochori).
Per gli insediamenti di Kitrini Limni: D. H. French, in BalkSt, VII, 1966, pp. 106-108; id., in ZborMuzBeograd, VI, 1970, p. 5 ss.
Sulle recenti ricerche a Kitrini Limni: G. Karamitru-Medesidi, Προϊστορικοί οικισμοί Κίτρινης Λίμνης (Σαριγκιολ) Κοζάνης, in Αμητος. Τιμητικός τομος για τον καθηγητη Μ. Ανδρονικο, Salonicco 1987, pp. 391-416; M. Photiadi, Κίτρινη Λίμνη, Νομού Κοζάνης, iç8y. Προϊστορική ερευνά, in AErgoMak, I, 1987, ΡΡ· 51-61; AA.W., ibid., V, 1991, in corso di stampa.
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