Bhattacharya (o Bhattacharyya), Krishna Chandra
(o Bhattacharyya), Krishna Chandra Filosofo indiano (Serampur, Bengala Occidentale, 1875 - ivi 1949). Nato in una famiglia brahminica di sanscritisti, studiò a Calcutta e insegnò filosofia in varie università del Bengala. Come Gandhi, Aurobindo, R. Tagore, J. Nehru, Radhakrishnan, B. visse al termine dell’occupazione coloniale, ma più di loro seppe elaborarne filosoficamente la ferita. Si confrontò lucidamente con la propria tradizione culturale, pur senza sottovalutare l’influenza dell’impatto occidentale (rilevanti furono per lui soprattutto Kant e Hegel) e senza azzardare connessioni sulla base di mere sovrapposizioni o identificazioni. Il suo stile arduo e occasionalmente oscuro è il risultato di un continuo sforzo di fusioni di orizzonti diversi (India e Occidente, India classica e India contemporanea, diverse correnti filosofiche all’interno del pensiero classico indiano). Considera l’Advaita Vedānta come la massima espressione indiana della tensione religiosa verso la libertà e, in questo senso, come una sintesi dei sistemi filosofici indiani. Fondamentale per l’epistemologia e la metafisica di Bh. è il rapporto soggetto-oggetto, in base al quale Bh. distingue quattro livelli progressivi di pensiero: empirico (in cui l’oggetto appare come un fatto ed è concepito come percepito o percepibile ma indipendentemente dal suo essere pensato), oggettivo (in cui l’oggetto è concepito in riferimento al soggetto), soggettivo o spirituale (in cui è negato ogni riferimento a un oggetto e il contenuto del pensiero è soggettivamente fruito e non più oggettivamente contemplato), trascendentale (in cui la distinzione soggetto-oggetto è trascesa). Il pensiero empirico è dominio della scienza, mentre la filosofia fa riferimento ai successivi tre stadi. Si ascende al livello successivo negando il precedente; infine, il contenuto del pensiero trascendentale non può essere concepito se non come negazione, dato che ogni attribuzione lo definirebbe come un contenuto oggettivo. In The subject as freedom (1930), Bh. spiega come l’oggetto possa essere significato perché ha generalità (tutti possono riferirsi allo stesso oggetto come a un ‘questo’), mentre, sebbene sia possibile parlare del soggetto, esso non possa essere significato (il termine ‘io‘ non è generalizzabile). Dunque, il soggetto non può essere conosciuto se non attraverso una negazione dell’oggetto e la soggettività può essere definita come il moto di liberazione dall’oggettività. A ogni stadio di progressiva liberazione, ciò che si libera dall’oggetto è il soggetto mentre ciò da cui il soggetto si libera è l’oggetto, il che mostra come i due concetti siano interrelati. In relazione al mondo delle cose, il corpo sarà il ‘soggetto’, mentre in relazione allo psichico, il corpo sarà ‘oggetto’. Infine, nel livello ultimo di liberazione non esiste più una distinzione fra soggetto e oggetto, poiché anche la consapevolezza della loro diversità sarebbe un limite alla libertà del ‘soggetto in quanto libertà’.