Komeda, Krzyszstof
Nome d'arte di Krzysztof Trzcinski, pianista, compositore e arrangiatore polacco, nato a Poznań il 27 aprile 1931 e morto a Varsavia il 23 aprile 1969. Dedicatosi giovanissimo al jazz, fin da quando questo genere musicale era considerato, nella Polonia del 'realismo socialista', un elemento perturbatore, venne introdotto nel cinema dal regista Roman Polanski e svolse in questo campo un'attività di altissimo livello (soprattutto per i film generazionali di giovani registi della 'nuova onda' polacca) troncata da una morte prematura. Il jazz fu per K. un modo per esprimere la sua sete di sperimentazione e si incrociò con tutti i tipi di musica, sviluppandosi liberamente nella ritmica e contaminandosi con diversi linguaggi sonori. Attraverso di essi K., che si considerava responsabile di tutte le componenti sonore di un film tendendo a una 'totalità' espressiva in unione con le immagini, diede voce all'inquietudine dei giovani e di tutti coloro che ambivano alla libertà individuale in regimi costrittivi.
Appartenente all'alta borghesia polacca (il padre era presidente di banca), intraprese a sette anni gli studi al Conservatorio, sognando di diventare pianista classico, ma era destinato alla carriera medica e terminata l'università esercitò la professione di otorinolaringoiatra. Appassionatosi al jazz (soprattutto al modern jazz in tutte le sue forme), K. entrò a far parte di gruppi artistici d'avanguardia che contestavano il potere politico. Abbandonata la professione medica, come pianista fu a capo di un sestetto da lui creato, che diventò poi un ottetto e quindi un trio e si conquistò una notevole popolarità in Polonia e nei festival jazzistici europei, grazie anche alle numerose incisioni discografiche. Quando alcuni dei giovani ribelli del suo giro diressero i loro primi film (Polanski, Jerzy Skolimowski, Janusz Morgenstern) chiesero la sua collaborazione per la musica e così cominciò la sua intensa, anche se breve, attività per il cinema. Avendo seguito Polanski negli Stati Uniti, nel 1968, per una brutta caduta K. subì una lesione alla testa. Trasportato a Varsavia, nonostante una delicata operazione morì l'anno successivo, non ancora quarantenne. Fu dunque una meteora, che in dieci anni di lavoro per il cinema segnò nondimeno l'ambiente con la sua presenza incisiva. Pur tra le contaminazioni, caratteristiche del suo jazz inquieto, la sua vena melodica apparve sempre personale, intensa, colta; un critico polacco lo definì 'lirismo drammatico', altri vi rinvennero un'autentica ispirazione slava, calda e nello stesso tempo melanconica. Purtroppo fuori della Polonia è consentito conoscere soltanto una parte del vasto lavoro compiuto da K. per il cinema.
Il primo a utilizzare il jazz di K. fu Polanski, il quale nel 1957, mentre frequentava ancora la Scuola di cinema di Łódź, trasse dal repertorio del compositore le musiche per il suo primo cortometraggio (una prova d'esame) e gli commissionò interventi originali per i successivi e più impegnativi 'corti' sperimentali. Tutti i lungometraggi di Polanski, fino alla morte di K., sono accompagnati dalla sua musica; tra questi bisogna ricordare Nóz w wodzie (1962; Il coltello nell'acqua), introdotto da una folgorante pagina affidata al sassofono e poi immerso in algide atmosfere cool jazz per una vicenda generazionale tutta interiorizzata; Repulsion (1965), film (alla cui colonna sonora diede significativi contributi Chico Hamilton) nel quale la follia della protagonista è seguita passo passo da filamenti sonori che accrescono l'inquietudine dello spettatore nei diversi stadi della patologica vicenda; Cul-de-sac (1966; Cul de sac), con il suo commento sospeso tra dolcezza e ripulsa, in cui coesistono una melodia intervallata da pause, incerta ma assai vibrante, affidata alla tromba e al sassofono, e un complicato accompagnamento ritmico dal carattere assai aspro. Mentre la partitura di The fearless vampire killers, noto anche come Dance of the vampires (1967; Per favore… non mordermi sul collo!) oscilla tra il brivido e la caricatura, propendendo per quest'ultima (inequivocabile l'ironia con cui sono trattati i procedimenti tipici della 'musica horror'), quella di Rosemary's baby (1968), pur accogliendo toni allucinati, è decisamente affidata alla tenerezza, con la maternità della protagonista esaltata, nonostante tutto, da una ninnananna (canticchiata dalla stessa protagonista, Mia Farrow) molto dolce. Un altro regista congeniale al modo di comporre di K. fu Skolimowski, che prima ancora di fare del cinema aveva curato gli allestimenti scenografici dei concerti di K. nelle tournée polacche: la colonna sonora di Bariera (1966; Barriera) è piena di macroscopici effetti sonori, di marce e canzoni, di parafrasi di musica classica e di esagerazioni grottesche, di citazioni beffarde, perfettamente in chiave con una vicenda imperniata sui comportamenti giovanili trasgressivi; Le départ (1967; Il vergine) si avvale di interventi semi-improvvisati e ottiene risultati connaturati al free jazz, tanto che è stato defini-to come "una prolungata jam session su celluloide" (M. Borroni, KKT, ovvero spostamenti progressivi di un jazzista, in Krzysztof Komeda, 1999, p. 11); Rece do góry (1967; Mani in alto) ha una bellissima pagina sommessa e misteriosa sotto i titoli di testa, vicina a certe atmosfere sospese di O. Messiaen o di G. Ligeti, e successivi interventi con ritmi ossessivi (fu questa la partitura per il cinema, l'ultima composta in Polonia, che il compositore amò maggiormente). Un altro cineasta con radici nel jazz prima che nel cinema, nonché interessato ai comportamenti giovanili allora emergenti, è Morgenstern, per il quale K. compose le musiche di Do widzenia do jutra (1960; Arrivederci domani), Jutro premiera (1962, Domani la prima) e Ambulans (1961, L'ambulanza). Risultati eccellenti si trovano anche in film diretti da altri registi, come Andrzej Wajda, autore di Niewinni czarodzieje (1960; Ingenui perversi), film che K. (il quale appare anche come attore e pianista del suo gruppo jazzistico) commentò con un jazz fresco e giovanile; Janusz Nasfeter, autore di Mój stary (1962, Il mio vecchio) e Niekochana (1965, Non amata), dove al jazz subentra un commento dai toni romantici, in stile Nouvelle vague, affidato a una frase del piano solista sostenuta da vasti arpeggi; Jerzy Passendorfer, Andrzej Kondratiuk, Edward Etler e altri. Importante fu la colonna sonora che K. realizzò per Cmentarz Rehmu (1961, Il cimitero di Rehm) diretto da Etler, in cui si avvertono contaminazioni di musica klezmer (legata alla cultura yiddish). Fedele a K. è stato anche un regista danese, Henning Carlsen, mentre l'americano Buzz Kulik ha fatto ricorso occasionalmente alle sue capacità, quand'era a Hollywood, per The riot (1969; La rivolta), che ha una musica di tipo drammatico, dura e secca.
A. Lacombe, C. Rocle, La musique du film, Paris 1979.
Z. Komedowa-Trzcinska, Komeda, Zoska i inni (Komeda, Zoska e altri), Warszawa 1996.
Krzysztof Komeda, a cura di M. Furdal, M. Borroni, Milano 1999.
A. Pezzotta, Ortodossi e iconoclasti. La libertà perduta di Krzysztof Komeda, in "Segnocinema", 1999, 98, p. 72.