KUDURRU
Cippo di confine babilonese che reca iscrizioni (relative a contratti di donazione da parte del re ad alcuni sudditi o di acquisto di proprietà da parte di cittadini) ed elementi figurativi. I k. più arcaici risalgono al III millennio a.C. e consistono di documenti di compravendita, privi di corredo figurativo. Il carattere particolare dei k. rende problematica la loro originaria collocazione fisica, sebbene i (pochi) frammenti dall'area templare della capitale cassita Dur Kurigalzu e dall’É-babbar di Larsa (v.), e la provenienza proposta per molti esemplari dal Tempio di Šamaš a Sippar, confortino l'ipotesi largamente condivisa che si ergessero nei templi. La fioritura dei k. coincide con il dominio cassita in Babilonia (XVI-XII sec. a.C.) durante il quale tali opere costituiscono un'espressione artistica peculiare della nuova cultura. I testi riprodotti sui k. (atti giuridici seguiti da maledizioni contro i trasgressori e i profanatori del monumento) sono probabilmente delle copie di originali su tavolette. Di recente il termine k., di origine accadica, è stato applicato impropriamente a un'ampia serie di monumenti in pietra e in argilla del III millennio a.C., diffusi su tutta la Mesopotamia, con testi relativi al patrimonio, privi di raffigurazione e di garanti divini.
La morfologia del k., a blocco squadrato e rastremato verso l'alto, si definisce progressivamente (dal XIV al VII sec. a.C., con il suo apice tra XIV e XI sec.) in una sorta di stele a sommità ellissoidale, emergente da un elemento tronco-conico che funge da base. Un dato non ancora chiarito riguarda il fatto che i k. recano generalmente raffigurazioni, antropomorfiche e simboliche, solo di rado connesse con le divinità menzionate nei testi relativi; anche in età cassita si trovano, accanto ai k. veri e proprî, stele in argilla prive dell'apparato figurativo, soprattutto al tempo dei re Melišipak e Marduk-apala-iddina I (XII sec. a.C.), mentre nel corso della successiva dinastia di Isin sono comuni le lastre in pietra aniconiche. Negli ultimi secoli di documentazione dei k., l'VIII e il VII a.C., questi monumenti sono impiegati anche in transazioni condotte dall'istituzione templare.
L'area di diffusione dei k. deve essere Stata piuttosto ampia, sebbene una certa concentrazione di ritrovamenti si riscontri nella zona centro-settentrionale della Mesopotamia (Sippar, Assur, Borsippa, Kiš, Nippur), oltre che nella capitale Dur-Kurigalzu, a Babilonia stessa, a Larsa e a Uruk. La maggioranza dei k. proviene però da Susa, ove furono portati come bottino di guerra dai sovrani elamiti nell'ultimo quarto del II millennio a.C.
La varietà tematica del repertorio figurativo dei k. è soggetta a un processo graduale ma costante di astrazione della divinità antropomorfa e del suo attributo animale. Tale operazione riflette l'affermazione di un nuovo linguaggio di immagini-simboli per l'amplissimo pantheon ufficiale e la concezione teologica che sostiene il programma politico dei cassiti. La presenza di esseri misti fantastici, soprattutto nella produzione più arcaica di k., come l'uomo-leone armato di pugnale e l'uomo-toro, nel monumento frammentario del re Nazi-Maruttaš (fine XIV sec. a.C.), riconduce al mondo mesopotamico protodinastico e accadico. In questo ambito, la creatività cassita si esprime nella figura del centauro, a coda di scorpione e talvolta alato, solo sporadicamente attestata in precedenza intorno alla metà del II millennio a.C., e nell'impiego del mondo animale come mezzo privilegiato per la rappresentazione sia degli attributi divini che degli elementi simbolici. Tra i primi, un'associazione certa su basi epigrafiche risulta quella del cane con Gula (dea della medicina) e probabilmente quella del volatile sull'asta con Šuqamuna e Šumalia (divinità propriamente cassite, tutelari della dinastia). Il serpente e lo scorpione, associato alla dea Išara, ipostasi di Ištar, sono elementi simbolici al pari della triade astrale (mezzaluna, disco solare e stella, simboli rispettivamente di Sin, Samaš, e Ištar) spesso collocati sulla sommità o sulla base dei monumenti in intenzionale isolamento.
Le divinità antropomorfe più frequenti sui k. sono Gula, assisa in trono con una lunga veste a balze e la tiara a corna, Adad armato ed Ea con ampolle zampillanti, entrambi a cavallo o stanti sulla groppa di bovidi o capridi; Ea compare anche sulla groppa del suo animale attributo, il drago anguiforme.
Come il mondo umano, anche quello animale presenta esseri misti: le varianti del drago leontocefalo e del drago-ofide sono le più diffuse e corrispondono verosimilmente al dio Marduk (patrono di Babilonia) e a suo figlio Nābu (dio della scrittura), almeno dall'età del re cassita Melišikhu, agli inizî del XII sec. a.C. Altri elementi simbolici sono i c.d. podi-simboli, che dalla metà del XII sec. a.C. occupano la parte figurativa dei monumenti: si tratta di parte di edifici o di oggetti sostenuti da animali di varie specie o da esseri misti di natura animale di difficile interpretazione. Tra gli esseri misti spicca la capra-pesce, forse retaggio delle formulazioni di età neo-sumerica, collegata al dio degli abissi Ea-Enki, mentre tra i simboli ricorrono il fascio di fulmini, attributo del dio della tempesta Adad, la vanga, associata in quest'epoca al dio Marduk e, assai di frequente, le aste a protomi animali o fantastiche, in un'ampia varietà di formulazioni, soprattutto per la produzione attinente al regno di Melišikhu. Sebbene l'associazione di questi simboli con altrettante divinità non sia ancora definitiva, l'ambito probabile di riferimento riguarda tuttavia gli dei Marduk, Ninurta, Nergal e Zababa. Proprio all'età di Melišikhu si riconducono alcuni k. che, secondo U. Seidl, esprimerebbero i principi informatori di questa classe di monumenti, corrispondenti a canoni precisi di iconografia e di stile; evidenze più recenti dagli scavi nei siti di Larsa e di Sarpol-e Zohab hanno però ricondotto la fase di canonizzazione dei k. a circa un secolo più indietro.
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