KŪH RŪD (A. T., 92)
D Con questo, che è il nome di un piccolo villaggio persiano, a S. di Kāshān, sulla grande via di comunicazione fra Tehran e Isfahan, Oliver St John propose (1871) d'indicare tutto il complicato plesso di rilievi che dall'alta valle del Qizil Uzun (36° N.) conduce press'a poco fino al Makrān, ossia una (l'occidentale) delle due grandi masse rilevate che dividono diagonalmente (NO.-SE) e interrompono le depressioni interne dell'Iran (fino circa al 27° N.).
Anche se il nome si può ormai considerare andato in disuso, e non ostante l'incertezza tuttora grande delle nostre conoscenze, l'unità genetica e, fino a un certo punto, morfologica del sistema, si afferma su basi sufficienti. Il Kūh rūd rientra nella grande serie dei sollevamenti neogenici che si trovano dai due lati della massa iranica. La sua relativa giovinezza è dimostrata dalla larga parte che i depositi eruttivi recenti occupano nella costituzione, nella tettonica e, probabilmente, anche nell'evoluzione di tutto il rilievo. Il piegamento, non meno intenso che nel vicino Zagros, ha determinato dislivelli che superano spesso i 3000 m.; le altezze assolute si avvicinano e toccano in più luoghi i 4000 m. (Shīr Kūh 4075, Kūh-i Khabr 3862, Kūh-i Saguch 3700) e li oltrepassano negli edifici vulcanici (Kūh-i-Hazār 4250), alcuni dei quali assumono un'imponenza che non sfigura al confronto di quanto si verifica nello stesso Elburz. Date le condizioni di estrema aridità di queste zone, il ciclo erosivo cui il sistema è soggetto presenta dei caratteri ben diversi che nella massa dello Zagros: solo eccezionalmente, infatti, l'opera delle acque può completare quella, di gran lunga prevalente, del disfacimento e l'usura operata per effetto dei venti. Enormi depositi di sfasciumi (daman, dasht) circondano e, si potrebbe dire, nascondono il rilievo, fasciato qua e là da cordoni di dune. La circolazione superficiale, sempre effimera, si riduce a pochi torrenti fangosi che ingombrano di limo i terreni depressi; solo il Khalil che scende dal Chelar Gumbadh, poco a SO. di Kirmān, riesce a convogliare un tributo continuo, anche se generalmente assaì scarso, fino al bacino lacustre, temporaneo anch'esso, del Mila-i-Gihūn, sul rovescio dei monti del Mäkrān.
Insediamenti umani sono possibili solo dove la canalizzazione delle poche acque raccolte sul perimetro dei rilievi più emergenti consente l'impianto di un'oasi, e hanno di regola carattere nomade o seminomade. D'inverno e in primavera le zone pianeggianti, che nelle altre stagioni si presentano come nuda landa pietrosa, consentono una pastorizia almeno estensiva; l'allevamento (pecore, capre) completa quasi dovunque le magre risorse dell'agricoltura (datteri, cotone, oppio), insufficiente ai bisogni locali (orzo, grano, miglio, riso e mais per quanto prodotti quasi dovunque, debbono essere importati). Maggiore profitto consentirebbero le risorse minerarie (ferro, rame, zinco, piombo) se le comunicazioni fossero possibili: il traffico si riduce tutto alle poche carovaniere tradizionali, piuttosto piste che strade.
Il Kūh rūd attraversa le provincie persiane di Khamse, Hamadān, Kāshān, Yezd e Kirmān, attingendo in quest'ultima il suo maggiore sviluppo in larghezza. La sua lunghezza oltrepassa i 1800 km.