kulaki
Nome con cui erano designati, nella Russia zarista e nei primi anni della Russia sovietica, i contadini benestanti, proprietari di una certa estensione di terra, che coltivavano avendo alle loro dipendenze altri contadini. La riforma agraria del 1906 fu concepita allo scopo di formare una borghesia terriera di k. che servisse da base per la modernizzazione dell’agricoltura. Dopo la Rivoluzione d’ottobre, questa libertà economica fu confermata ai k. anche dalla Nuova politica economica (NEP, 1921) voluta da Lenin. La fine della NEP determinò un quadro diverso. La crisi agricola del 1927 indusse Stalin a ripristinare il sistema delle requisizioni delle eccedenze, avviando una lotta più decisa verso coloro i quali vi si opponevano, e i k. in genere. Nel 1929 la necessità di una rapida industrializzazione, che poggiasse su un’agricoltura moderna e collettivizzata, spinse Stalin ad avviare la collettivizzazione agraria e la «eliminazione dei k. in quanto classe». Parte di essi accettò di entrare nelle fattorie collettive (colchos) o statali (sovchoz), alcuni cedettero o vendettero le proprietà; gli altri resistettero con ogni mezzo, dalla macellazione del bestiame agli atti di rivolta e terrorismo, ciò a cui seguì una dura repressione. Ne derivò una sorta di guerra civile strisciante, nel corso della quale da un lato la definizione di k. fu estesa a ogni contadino che non adempisse alle richieste dello Stato; dall’altro, la classe dei k. venne di fatto distrutta, non solo come entità economica, ma anche attraverso gli arresti e le deportazioni di chi opponeva resistenza: circa due milioni di persone nel periodo 1930-33.