KULTURKAMPF (ted. "lotta per la civiltà")
È noto con questa denominazione il conflitto fra Stato e Chiesa cattolica, determinatosi in Germania e specialmente in Prussia nel 1871, all'indomani della fondazione dell'impero tedesco.
La sconfitta dell'Austria nel 1866 e quella dell'impero francese, campione del potere temporale, nel '70, erano apparse altrettante disfatte dell'idea cattolica. Proprio allora il concilio vaticano aveva perfezionato l'ordinamento unitario e centralistico della Chiesa con la proclamazione dell'infallibilità pontificia. Più che mai quindi, nel clima politico creato in Germania dalle recenti vittorie, il cattolicismo appariva un colpo estraneo, dannoso alla nuova coscienza nazionale e statale; era considerato come ultramontanismo, asservimento cioè alla Curia romana. I più accesi fautori del Kulturkampf non furono però i protestanti, che anzi deplorarono la lotta temendo per le sorti della stessa Chiesa evangelica e della vita religiosa in genere, ma i liberali, eredi, nella difesa delle prerogative dello Stato sovrano, dei giuristi dell'assolutismo, e anticlericali per effetto del concetto laico e positivistico della Kultur come somma di nozioni scientifiche. La Chiesa, che poco prima aveva condannato nel Sillabo le idee liberali, era per loro il simbolo della reazione e dell'oscurantismo. Si spiega così la fortuna del nome di "lotta per la civiltà" coniato da R. Virchow nel 1873 e accettato, in senso ironico, anche dai cattolici.
Protagonista del Kulturkampf fu Bismarck, per quanto egli abbia cercato più tardi di attenuare le proprie responsabilità. Egli si proponeva di saldare all'interno quel Reich che aveva creato, ma non condivideva il dottrinarismo giuridico dei liberali e meno che mai i loro ideali politici. Considerò semplici mosse tattiche molti dei provvedimenti che costoro volevano definitivi. Già l'insincerità di quest'alleanza e la poco chiara dimostrazione del programma segnano in anticipo l'esito del conflitto. Bismarck s'illuse inoltre sulla consistenza del cattolicismo tedesco, che giudicava stremata perché il dogma dell'infallibilità aveva provocata una scissione tra i cattolici tedeschi, originando il movimento dei Vecchi Cattolici e aveva trovato avversarî nello stesso episcopato, mentre le simpatie di una parte dell'opinione pubblica erano per i vecchi cattolici, rifiutanti di accettare la proclamazione del nuovo dogma. Un conflitto con la S. Sede rispondeva inoltre ai piani di politica estera di Bismarck, chc mirava a legare a sé l'Italia e a isolare la Francia, dove, dopo la comune, si preannunciava una ripresa cattolica.
Quando nel marzo del 1871 si riunì il primo Reichstag e i cattolici vi costituirono la frazione del Centro, Bismarck credette d'interpretare questa mossa come una sfida. Egli sentiva riaffiorare nel Centro, sotto la bandiera della Chiesa, le tendenze che avevano osteggiato la formazione del Reich, tanto più che intorno a quel gruppo si stringevano i particolaristi bavaresi, i Renani avversi al prussianismo, o addirittura elementi estranei all'idea nazionale, i Polacchi, i Guelfi, gli Alsaziani. Alla testa del gruppo erano alcuni suoi antichi nemici, Carlo Savigny, Mallinckrodt e soprattutto Ludovico Windthorst, già ministro di quel Hannover che la Prussia aveva assorbito nel 1866.
Bismarck aveva già fatto respingere dal Reichstag, dumnte la discussione sull'indirizzo di risposta all'imperatore, la proposta del Centro di togliere il passo in cui s' invitava il governo a non favorire il ristabilimento del potere temporale. Ma l'ostilità tra Centro e governo si manifestò nettamente quando fu respinta la richiesta dei cattolici che s'inserisse nella costituzione del Reich l'articolo dello statuto prussiano che garantiva la libertà delle Chiese. Frattanto la questione dei vecchi cattolici si faceva sempre più acuta. Bismarck pensò di profittare di queste correnti antiromane per far pressione sulla Curia e indurla a sconfessare il Centro, ma, fallito il tentativo, si lanciò nella lotta. Il primo colpo fu, l'8 luglio, la soppressione della sezione cattolica del ministero prussiano del culto.
Bismarck aveva sperato di aver con sé i conservatori. Mancatogli quest'appoggio si rivolse ai liberali. La lotta ebbe allora carattere decisamente anticlericale: su proposta di Bennigsen, capo dei liberali-nazionali, fu inserito nel codice penale del Reich un paragrafo contro "l'abuso del pulpito", contro cioè le proteste del clero. Iniziata l'offensiva, Bismarck preferì lasciare l'iniziativa degli attacchi ai liberali e la responsabilità al ministro prussiano del culto, Adalberto Falk. Il primo provvedimento legislativo promosso dal Falk fu una legge del marzo 1872, che attribuiva allo stato la vigilanza su tutto l'insegnamento, anche religioso. Contemporaneamente il ministro prendeva posizione contro i vescovi nella questione dei vecchi cattolici. La prepositura militare, che aveva escluso questi dal servizio religioso nell'esercito, era soppressa.
Avveniva frattanto la rottura con Roma. Il cardinale Hohenlohe, scelto da Bismarck come ambasciatore tedesco presso il Vaticano, non ottenne il gradimento della Curia. Bismarck dichiarò allora di "non volere andare a Canossa" e soppresse l'ambasciata. Nel luglio del 1872 il Reichstag decretava l'espulsione dei gesuiti e poco dopo di alcuni ordini affini. I cattolici fondarono allora un' "Associazione dei cattolici tedeschi" (Mainzer Verein) che portò l'agitazione tra il popolo. Pio IX stigmatizzò con asprezza coloro che pretendevano di limitare i dogmi e i diritti della Chiesa.
Si giunse così nel 1873 alle cosiddette "leggi di maggio". S'inserì nello statuto prussiano il principio che la Chiesa era sottoposta alle leggi e alla vigilanza dello Stato e che spettava a questo regolare la preparazione, la nomina e il licenziamento degli ecclesiastici. La nuova legislazione stabilì un "esame di cultura" per gli studenti in teologia; sottopose a ispezione gl'istituti d'istruzione religiosa e vietò i convitti ecclesiastici; impose ai vescovi di notificare le nomine del clero all'autorità politica; limitò il potere disciplinare delle autorità ecclesiastiche e ammise la deposizione di ecclesiastici solo in via giudiziaria; consentì l'uscita da una Chiesa mediante la semplice dichiarazione dinnanzi al giudice. L'episcopato prussiano si rifiutò di riconoscere le leggi. Questa resistenza provocò ulteriori misure, tanto più che la compagine cattolica non sembrava salda. Nel marzo 1874 era introdotto in Prussia, e l'anno seguente in tutto l'impero, il matrimonio civile. Pene e confische furono comminate per la violazione delle leggi ecclesiastiche e finalmente si autorizzarono le autorità di polizia ad applicare l'interdizione di soggiorno e il confino agli ecclesiastici deposti da una sentenza del tribunale.
La tensione divenne estrema nel luglio 1874 in seguito all'attentato contro Bismarck compiuto da un garzone bottaio, Eufrido Kullmann. Lo stesso cancelliere non esitò a denunciare la responsabililà del Centro. Su proposta di Windthorst, i cattolici deliberarono allora la resistenza passiva", mentre un'enciclica papale designava "irrite" le nuove leggi. Bismarck rispose con una legge dell'aprile 1875 che sospendeva gli assegni a quei vescovi e parroci, che non avevano ottemperato alle recenti norme. Nel maggio si scioglievano in Prussia tutti gli ordini e le congregazioni religiose che non si dedicavano alla cura degli ammalati. Il patrimonio delle chiese fu attribuito alle comunità parrocchiali e la sua amministrazione fu affidata a collegi eletti dalle comunità.
Nei tre anni seguenti Falk perfezionò la sua opera, ma le pene pecuniarie non piegarono la resistenza passiva né conseguirono effetto le deposizioni e le condanne al carcere di numerosi arcivescovi e vescovi e di centinaia di parroci. Si ricorse pure a misure amministrative, negando l'esenzione dal servizio militare agli studenti in teologia, vietando le congregazioni di studenti, vigilando le associazioni e la stampa cattolica, trasferendo nelle regioni orientali i funzionarî "clericali".
Bismarck non tardò ad accorgersi d'essersi messo in un ginepraio. La legislaziune di Falk, penetrata ormai nel vivo della struttura della Chiesa, si rivelava insostenibile. Le sedi vescovili e le parrocchie erano deserte, ma il popolo non seguiva i "parroci di stato" nominati dalle autorità politiche. mvano governo e maggioranza ripetevano che non volevano toccare la fede: i cattolici parlavano di persecuzione "dioclezianea". La posizione di Bismarck s'indeboliva. Lo stesso imperatore era poco entusiasta, e la corte era ostile. L'accordo con i liberali era mantenuto solo a prezzo di compromessi. Perciò, quando nelle elezioni del 1877 i conservatori ebbero qualche vantaggio e i liberali perdettero terreno dinnanzi all'avanzata della social-democrazia, il cancelliere ritenne giunto il momento di sbarazzarsi dei suoi alleati. L'occasione gli fu offerta dalla sua nuova p0litica economica. Nel 1878 lanciava la nuova parola d'ordine: protezione di tutta la produzione nazionale, industriale e agraria. Proprio allora moriva Pio IX e saliva al pontificato Leone XIII. La lettera con cui il nuovo papa comunicava la sua elezione all'imperatore conteneva un invito alla pace ed ebbe una risposta conciliante. La crisi si sviluppò allora con rapidità. I ministri liberali, contrarî al protezionismo, si dimisero e al loro posto subentrarono i conservatori. Poche settimane dopo, due attentati socialisti contro Guglielmo I provocarono un'ondata di sdegno nell'opinione pubblica. Bismarck sciolse fulmineamente il Reichstag. I liberali, che si erano opposti a misure d'eccezione, furono travolti: le nuove elezioni segnarono la disfatta del partito che si spezzò in due.
Cessavano pure per Bismarck le ragioni di politica estera che avevano suggerito la lotta, ché in Francia ormai prevalevano le sinistre. Tuttavia íl riavvicinamento con la Chiesa si operò lentamente. Se il papa mostrava di desiderare un'intesa, il Centro era ancora troppo acceso. Il cancelliere si limitò a mostrarsi conciliante nei singoli casi e a congedare il ministro Falk, iniziando trattative col nunzio a Monaco, Masella, e col nunzio a Vienna, Jacobini. Deciso a liquidare la questione, egli non volle però apparire un vinto. La strada migliore era quella di Roma: perciò, contro il Centro e d'accordo con Roma, si fece conferire nel luglio 1880 i pieni poteri per il ristabilimento di un'ordinata amministrazione delle diocesi. Una serie di misure restrittive fu subito lasciata cadere, sicché già nel 1881 fu possibile accordarsi con la Curia sulla nomina di alcuni vescovi e vicarî. Bismarck cercò anche appoggi nell'alto clero, rivolgendosi a quegli ecclesiastici non politici ai quali stava a cuore la cura delle anime in Prussia, dove ben 1125 parrocchie su 4627 erano prive di titolare. Giorgio Kopp, uno dei vescovi di recente nomina, fu il mediatore tra governo e Curia e, agendo in diretto contatto con Roma, fece passare in seconda linea il Centro. Nominato membro del Consiglio di stato e della Camera alta prussiana, Kopp collaborò a un modus vivendi tra Stato e Chiesa, attirandosi gli attacchi del Centro.
Nel 1882 veniva istituita una legazione prussiana presso la S. Sede. Tuttavia le trattative si protraevano oltre il previsto. Se in pratica continuava la demolizione delle leggi, se si richiamavano i vescovi deposti e si restituiva piena libertà all'esercizio del culto, Bismarck rinviava la revisione generale di tutta la legislazione sperando che la popolazione e il clero finissero con l'adattarsi alla situazione e che le agevolazioni concesse provocassero un'incrinatura nella compagine dell'alto clero. Solo quando nel 1885 il papa ebbe provveduto alla sostituzione degli arcivescovi di Colonia e di Posen (Poznam) invisi al governo, si giunse alla fine della contesa. Bismarck abbandonò le leggi di maggio e la Curia riconobbe l'obbligo della notifica delle collazioni. Anche allora però si preferì procedere passo per passo con provvedimenti parziali che si protrassero fino al 1891. Bismarck uscì dalla lotta senza che né lui né lo Stato perdessero il loro prestigio. In ciò fu involontariamente aiutato dal Centro, che insisteva per una soppressione totale della legislazione del Kulturkampf e si piegava a stento agli ordini della Curia.
Comunemente si giudica il Kulturkampf come un errore di Bismarck. In realtà esso fu, più che una questione di politica e legislazione ecclesiastica, l'urto di due civiltà, di due spiriti diversi. Il Reich bismarckiano, creazione prussiana e protestante, poteva giungere a una sistemazione dei suoi rapporti con la Chiesa solo attraverso un conflitto. Certamente il Cancelliere di ferro era poco adatto a muoversi sul terreno dei rapporti con la Chiesa e non seppe distinguere il limite tra quello che la Chiesa è disposta a concedere e quello che non concede a nessun prezzo. D'altra parte l'articolo dello statuto prussiano non fu ristabilito; il matrimonio civile e l'obbligo della notifica delle collazioni sono rimasti nella legislazione tedesca, la legge poi contro i gesuiti rimase fino al 1917. Ma quello che più importa è che il partito cattolico fu condotto a collaborare al programma economico-sociale e quindi a rafforzare quel Reich contro cui aveva combattuto. La lotta giovò anche alla parte cattolica, eliminando in essa le contese interne provocate dal concilio vaticano e rafforzando il suo senso di solidarietà. L'affermazione politica del Centro ha avuto nella storia successiva della Germania conseguenze che durarono fino a che il Centro non si sciolse. Nella storia generale della Chiesa la resistenza fortunata contro Bismarck e lo Stato prussiano è stata la prima grande manifestazione della ripresa del cattolicismo dopo la perdita del potere temporale. Chi pagò le spese della lotta fu il partito liberale. E anche questa disfatta del liberalismo tedesco ha avuto le sue conseguenze nella storia della Germania.
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