Vedi KYME dell'anno: 1961 - 1973 - 1995
KYME (v. S 1970, p. 402)
Individuata dai viaggiatori del '700, K. era nota già dalla seconda metà dell'800, quando si diffuse la voce dell'interesse che presentavano le sue terrecotte, simili a quelle provenienti da Smyrna, Myrina e Pergamo. Saccheggiata, come tutte le antiche città della costa, dai razziatori di marmi, K. fu tra le prime grandi colonie a essere oggetto di scavi, pochi anni dopo Efeso, Troia e Pergamo.
Dopo la prima campagna di scavo condotta dal Rei- nach, che portò alla scoperta di un'importante necropoli arcaica con grandi statue di pietra, oggi al museo di Istanbul, K. fu dimenticata fino al 1925, quando il Salaç, con la sua équipe dell'Università di Praga, vi condusse una lunga campagna di scavi e ricerche, operando numerosi saggi nelle due colline su cui la città presumibilmente si estendeva. La pubblicazione dei suoi appunti da parte degli allievi, nel 1980, dà l'idea dell'estensione e dell'importanza dei resti portati alla luce, ormai in gran parte coperti da terra e sterpi e saccheggiati per il recupero di materiale edilizio.
Nel 1956, uno scavo di emergenza diretto da Akurgal (che allora scavava a Focea) portò alla scoperta di ceramiche orientalizzanti sulla collina meridionale, alla quale l'archeologo turco diede il nome di «Collina dei Focesi».
Le indagini topografiche e archeologiche sono state riprese nel 1982 dall’équipe di Topografìa Antica dell'Università di Catania diretta da S. Lagona. Si dovette ripartire da zero, dato che il lungo abbandono aveva fatto perdere le tracce dei ruderi scoperti: erano in vista soltanto alcune costruzioni sulla estremità meridionale della collina N, riscoperte dagli archeologi del museo di Smirne, che avevano riaperto le vecchie trincee: dal 1979 al 1984 tornavano così in luce per opera loro la c.d. Casa delle Colonne (che si rivelò essere un tratto di strada di età tarda) e il tratto di strada di marmo che, secondo gli archeologi di Praga, conduceva all'agorà. L'allargamento delle trincee nello stesso sito portava, inoltre, alla scoperta di un tratto di colonnato in direzione E-O, obliquo rispetto alla linea di costa attuale, alcune interessanti iscrizioni, una statua marmorea di Amazzone e frammenti di sculture oggi al museo di Smirne.
Lo scavo italiano, limitato nelle prime campagne alla zona centrale dell'area del porto, ha portato alla scoperta di un nuovo tratto del portico che correva lungo la riva, già segnalato dal Salaç per la parte! più interna: il portico, che era ornato da grandi colonne di cui rimaneva traccia dell'imposta, era pavimentato a piccole lastre poligonali e delimitato da una fila di grandi blocchi di andesite; all'estremità S veniva alla luce un passaggio, presumibilmente in connessione con una strada che doveva passare sotto la collina settentrionale dal lato N. Lo scavo stratigrafico di questo tratto mostrava una fase databile nel tardo ellenismo.
Poco più a S, dove nella pianta disegnata dai cecoslovacchi appariva un monticello a ferro di cavallo, ritornava alla luce un grande edificio medioevale (XII-XIII sec. d.C.), di forma pressoché trapezoidale e rinforzato da torri quadrangolari (tre conservate e una individuata in pianta nell'acqua, all'estremità S del complesso; un'altra era probabilmente presso l'angolo NO, dove è apparso un vistoso crollo); all'interno, l'edificio presentava una serie di ambienti organizzati intorno a cortili lastricati a piccole lastre di pietra (finora se ne conoscono due). Lo scavo in questo strato ha consentito il recupero di una ricca serie di manufatti ceramici medievali.
La costruzione medievale, che chiudeva l'area centrale del porto, in corrispondenza con il punto di partenza del molo principale dove era una piattaforma a grandi blocchi di probabile età ellenistica, insisteva su un grande muro degli inizi dell'età ellenistica che recingeva l'area pianeggiante a N, sulla quale si affacciava il teatro. Tale muro, che era largo m 3,10 e aveva il paramento esterno a blocchi di andesite sbozzati con uno pseudo-bugnato e il paramento interno in arenaria, dopo un tratto di circa 100 m procedeva verso S ad angolo retto, delimitando l'area urbana che si estendeva sulle due colline e nello spazio fra di esse. In esso si aprivano le porte: se ne conoscono finora due per i carri (la prima presso la riva, in connessione con una strada costiera, la seconda al centro dell'area portuale, in connessione con una strada proveniente dall'area urbana fra le due colline) e una per i pedoni quasi all'inizio del lato N, molto vicina a una delle due per i carri, ornata ai lati da due semicolonne con base, forse corinzie, con accesso a gradini (tre gradini di colore diverso dal grigio scuro dell'andesite in basso al grigio chiaro e al bianco del marmo) chiuso da una porta fissata con cardini, di cui si trovano le tracce sul marmo dell'ingresso.
Nell'area centrale, sotto il battuto relativo alla fase medievale, si è scoperta una pavimentazione a lastre di pietra, di età tardo-antica.
È stato avviato contemporaneamente il rilevamento e lo studio delle strutture portuali in gran parte sommerse, tra cui il molo principale con testata a T, costruito con grandi blocchi legati da graffe di piombo a coda di rondine.
A NE del complesso medievale, presso il pendio meridionale della collina Ν dove era stata individuata la forma del teatro, si è portata in luce parte delle strutture appartenenti all'edificio scenico, coperte da un impianto artigianale tardo-antico con vasche intonacate: in particolare la fronte del proscenio, con le tracce di imposta di dodici colonnine e due pilastri alle estremità, e tre frammenti di un architrave decorato da festoni sostenuti da maschere e teste di sileni. Dietro lo spazio della scena lo scavo, ancora in corso, ha restituito parte di un'importante struttura a grandi blocchi regolarmente squadrati e legati tra loro da grappe metalliche, nonché una pavimentazione in pietra.
Sulla sommità della collina N, sono stati scoperti altri vani di età ellenistica e ceramica più antica attestante una frequentazione anche in età arcaica nella zona della c.d. Casa del Vasaio, mentre nella zona del santuario, a S del piccolo Tempio di Iside, è stata rinvenuta una pavimentazione in pietra e una stipe votiva con centinaia di lucerne, monete (in gran parte di K. ellenistica), vasi (specie coppe pergamene) e statuette, tra cui prevale il tipo della kourotròphos.
Sulla collina S, presso il saggio di Akurgal che aveva rivelato un'importante presenza orientalizzante, sono state scoperte costruzioni di età tardo-antica e di età ellenistica; a una di queste ultime era collegata una cisterna, contenente una notevole massa di materiale databile fra il III e il I sec. a.C., attualmente in corso di restauro. Lo scavo ha restituito frammenti di vario tipo, tra cui particolarmente interessanti quelli databili nell'VIII sec. a.C., relativi a vasi importati dai maggiori empori dell'Egeo (specialmente Corinto e Rodi).
Dagli scavi italiani provengono: interessanti frammenti architettonici, tra cui un piccolo capitello ionico, uno dorico e un grande capitello corinzio reimpiegato in un muro bizantino; parti di sculture marmoree greche e romane; numerose monete greche, romane e bizantine di K. e di altre città, quasi tutte di bronzo (una di argento e una di elettro); un'ansa d'anfora con bollo rappresentante il vasetto monoansato che appare come tipo principale nella monetazione della città dal IV al I sec. a.C.; una ricca serie di statuette fittili, che autorizza l'ipotesi di una produzione locale. Notevole è la rappresentazione di un labirinto su un blocco di pietra grigia, reimpiegato nella torre III dell'edificio medievale.
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