KYRROS (Κύρρος, Cyrrhus)
Città della Siria, ad 8o m a N-E di Antiochia (Tab. Peutingeriana) ed a 44 m a N-E di Borea (Itin. Ant.). Colonia dei Seleucidi prese il nome da una piccola città della Macedonia (Droysen, Hist. de l'hellénisme, trad. Bouché-Leclercq, iii, p. 727). Una tradizione piuttosto tarda (Procop., De aed., ii, ii) dice la città fondata da Ebrei che di ritorno dalla cattività di Babilonia le avrebbero dato il nome del loro benefattore, Ciro.
Fu il principale centro urbano di una delle regioni della Siria del N, che prese appunto il nome di Cyrrestica. Questo distretto forniva ai re di Antiochia vigorosi soldati che formavano un notevole contingente per i loro eserciti. Nel 220 a. C. questi Κυρρησταί in numero di 6000 si ribellarono ad Antioco (Polyb., v, 50, 7); K. fu annessa all'impero romano con il resto della Siria da Pompeo del 64 a. C. e, negli anni che seguirono, le incursioni dei Parthi turbarono a più riprese la tranquillità della zona (Cic., Ad Att., v, 18; Plut., Anton., 34; Cass. Dio, xlix, 15, 4). Essendo la Cyrrestica una regione di frontiera presso il regno degli Arsacidi ed i territorî ancora indipendenti della Commagene e della Cilicia, ed essendo K. in posizione dominante, divenne sede dell'accampamento della Legio X Fretensis (Tac., Ann., ii, 57) dal regno di Tiberio fino alla guerra giudaica. Dopo il 72 d. C., quando la Cilicia orientale e la Commagene furono riunite all'Impero, K. cessò d'essere un importante posto di frontiera. Una dedica al prefetto della flotta del Miseno, Q. Marcio Turbone, scoperta nel 1952 a K. (Syria, xxx, 1953, 3-4, p. 246 ss.) indica che la città fu probabilmente il luogo di concentramento dell'armata di Traiano durante la spedizione dell'anno 114 contro l'Armenia. Nel IV sec. d. C. fu una delle città della nuova provincia di Euphratesia, di cui Hierapolis era la metropoli (Hierocles, 713; Georg. Cypr., 874, ed. Gelzer). Il cristianesimo vi penetrò assai presto: è certo che una chiesa si formò prima del Concilio di Nicea, perché a questo essa inviò il vescovo Sirichio. A K. furono sepolti i corpi dei SS. Cosma e Damiano, che sotto l'impero di Carino e Numeriano erano stati gettati in un precipizio presso la città: la loro tomba era oggetto di grande venerazione e molti pellegrini affluivano alla basilica costruita su di essa (Procop., De aed., ii, ii). Ma alla metà del V sec. d. C. la città era in completa decadenza (Theodoret., Epist., 138, col. 1361, Migne), tanto che Procopio la descrive come una piccola città molto trascurata. Giustiniano riedifica la città, dotandola di una fortezza, costruendo edifici notevoli ed assicurando l'approvvigionamento dell'acqua portandola da una sorgente vicina con un acquedotto coperto (Procop., l. c.). Procopio è dell'avviso che questa ricostruzione sia avvenuta per devozione ai SS. Cosma e Damiano: il nome della città viene cambiato infatti in quello di ῾Αγιουπολις (Georg. Cypr., 605), ma tale nome non rimase a lungo. Nel 637 K. si sottomette agli Arabi senza opporre resistenza.
La città ha dato i natali ad Andronikos architetto, costruttore della Torre dei Venti ad Atene (Varro, iii, 5, 17; Vitruv., 1, 6, 4); al retore Avisio Eliodoro che, grazie ai favori di Adriano e di Antonino Pio, rivestì le più alte cariche della carriera equestre, ed al figlio di lui Avisio Cassio, il celebre vincitore dei Parthi ed infelice oppositore di Marco Aurelio.
Le rovine della città si estendono per una zona assai vasta: vi era una città alta (acropoli) ed una città bassa. La città alta aveva una cinta muraria particolare, che verso S assumeva la forma di un arco di cerchio, spessa più di due metri e rinforzata da quattro torri quadrate. In questo tratto si apriva una porta fiancheggiata da torri. All'estremità occidentale e ad un livello un poco superiore vi era la cittadella propriamente detta, di circa 50 m di lato, con quattro torri, di cui tre quadrate ed una rotonda. Il sistema difensivo, secondo il Cumont, è da ricollegarsi a quello fatto costruire da Giustiniano.
Il piano della città, che si riesce a vedere ad onta delle distruzioni, è assai regolare, e la via principale, larga e delimitata da porticati, è conservata in numerosi tratti e sembra andare dalla porta S alla porta N seguendo la grande linea di comunicazione che attraversa tutta la città. Uno dei monumenti che attira l'attenzione e del quale i muri sono conservati fino all'altezza di m 3 è una costruzione rettangolare, addossata ad O alla cinta muraria: i lati S ed E, i meglio conservati, hanno un'entrata monumentale, fiancheggiata da torri rettangolari, coronate da cornice ed altre due torri sono ai due angoli verso l'interno della città. Al centro dello spazio così delimitato si distingue il piano di una chiesa a tre navate con nartece. L'insieme non può essere considerato secondo il Frézouls un'agorà, come invece l'avevano definita Chapot e Cumont.
Addossato alla collina dell'acropoli ed orientato quasi esattamente verso E è il teatro, recentemente scavato dall' Istituto francese di Beirut. È uno dei più grandi della Siria, misurando m 110 di diametro (diametro orchestra oltre m 25). Il meniano inferiore della cavea, il meglio conservato, ha 24 file di gradini di calcare locale bianco e duro, poggianti su sostruzioni, pure a gradini, di calcare tenero e coronato da una galleria di precinzione con antistanti seggi di proedria iscritti. Una delle due pàrodoi a squadra ha conservato frammenti di pavimento musivo. Si rinvennero molti elementi della frons scaenae, in marmi di vario genere e in stile ornamentale molto curato (teste di animali), che consente di stabilire approssimativamente la cronologia, confermata dal confronto con il teatro di Dafni, al II sec. d. C.
Al di fuori dell'ampia cinta muraria si estendevano parecchie necropoli, due delle quali molto importanti: quella a N-O, perfettamente rispettata, e quella a S-E occupata in parte da un cimitero arabo. Sparsi un poco ovunque sono frammenti di cippi e di stele. Di particolare interesse, nella necropoli di S-E, è un mausoleo esagonale, eccezionalmente conservato perché divenuto sepoltura di uno sceicco musulmano. Nella parte superiore si aprono sei finestre (una per lato) e sopra ancora vi è una cornice scolpita a larghi dentelli e maschere leonine. Il tetto è a forma di piramide sormontata da capitello a foglie di acanto. Tanto nella parte inferiore quanto nella superiore ad ogni angolo vi sono pilastri di marmo bianco. Sembra certo che mausolei di questo tipo siano stati costruiti per la prima volta in Siria e che da questa regione si siano diffusi un poco dovunque, anche in Asia Minore, dove alla metà del IV sec. a. C. fu costruito il mausoleo di Alicarnasso, sviluppo sontuoso di un tipo tradizionale.
Tra i ruderi non sono stati identificati i due luoghi di culto, uno menzionato da Strabone (xvi, 2, 7, 8) cioè il tempio di Atena Cyrrestica, la cui immagine (stante, con nella destra una Nike e nella sinistra la lancia) figura sulle monete di Alessandro Balas, ed il luogo dove si venerava Zeus Kataibàtes. Le monete coniate sotto Alessandro Balas presentano uno Zeus stante, con corona nella destra e civetta ai piedi, le monete romane presentano Zeus con vicino l'aquila e la leggenda Zevs Kataivates. Secondo il Cumont è probabile che la collina rocciosa dell'acropoli o un'altra collina vicina fosse la sede del culto, ma i ruderi sconvolti che sono visibili non permettono al Frézouls di pronunziarsi in proposito.
Uscendo da K., sul fiume Sabun Suyu vi è un ponte la cui prima costruzione deve risalire all'epoca in cui la legione doveva avere possibilità di rapide comunicazioni con la zona circostante: pur mostrando molti restauri conserva tuttavia, con le sue cinque arcate, il tipico profilo romano. Alla sommità della collina che domina quella dell'acropoli vi sono due cisterne.
Bibl.: V. Chapot, La frontière de l'Euphrate, Parigi 1907, pp. 340-341; K. Miller, Itineraria Romana, Stoccarda 1916, p. 764; F. Cumont, Études syriennes, Parigi 1917, pp. 212-213; pp. 221-245; R. Dussaud, Topographie historique de la Syrie antique et médiévale, Parigi 1927; Honigmann, in Pauly-Wissowa, XII, 1924, cc. 199-204, s. v. Κύρρος; ibid., coll. 191-198, s. v. Κυρρηστική; E. Frézouls, Inscription de Cyrrhus relative à Q. Marcius Turbo, in Syria, XXX, 1953, pp. 247-276; id., Recherches historiques et archéologiques sur la ville de Cyrrhus, in Annales Archéologiques de Syrie, IV-V, 1954-55, pp. 89-129; id., in Enciclopedia dello Spettacolo, vol. III, 1956, coll. 1828-1829, s. v. Cyrrhus.