L'Africa islamica: introduzione
L'Islam è penetrato in Africa attraverso due vie principali: l'Africa settentrionale e il Corno d'Africa. Mentre la prima diede vita a un'arte che si pone tra le maggiori dell'Islam, la seconda, non stimolata da grandi civiltà preesistenti, lontana dai massimi centri della civiltà islamica, e ritenuta secondaria dagli stessi musulmani, nel Medioevo rimase circoscritta all'area costiera, anche per la presenza dell'Etiopia, rimasta cristiana. Dalla costa settentrionale dell'Africa la religione musulmana si diffuse verso l'interno ben oltre i confini dei paesi mediterranei, raggiungendo con un processo tuttora in corso l'Africa subtropicale ed equatoriale: si tratta peraltro di un fenomeno che, con poche eccezioni, appartiene all'era moderna e, pur con le sue caratteristiche locali, non giocò un ruolo significativo per il costituirsi dell'arte islamica, il cui contributo africano appartiene al Nord Africa e in particolare all'Egitto.
Per i musulmani il maġrib (da cui Maghreb, nell'accezione geografica odierna) è l'Occidente, ossia "il luogo dove il sole tramonta", ed è contrapposto al mašriq, l'Oriente o "luogo dove il sole sorge". Il Maghreb comprende quindi i paesi situati a occidente dell'Egitto e cioè (nella denominazione odierna) la Libia, la Tunisia, l'Algeria, il Marocco, la Mauritania e in taluni periodi anche la Spagna e la Sicilia. Prima della conquista araba, questi paesi avevano fatto parte dell'Impero romano e successivamente, limitatamente a certe aree, di quello bizantino. L'arte che vi si era sviluppata non ebbe peraltro sostanziale presa sui conquistatori arabi. L'apporto bizantino restò limitato a particolari settori (ad es., è rilevabile nel mosaico e nell'uso di materiali di spoglio); mentre l'arte romana influenzò, magari per il tramite spagnolo, opere come le famose porte marocchine. Non va invece trascurato l'apporto, sia pure limitato alle arti minori, della tradizione berbera. Così come è in Siria e in Mesopotamia che vanno ricercati i modelli d'origine per quanto riguarda la produzione architettonica.
Politicamente l'evoluzione del Maghreb cominciò in epoca omayyade (661-750) con la conquista dell'Ifriqiya, grosso modo la Tunisia attuale, a opera di Uqba ibn Nafi, il fondatore di Kairouan nel 670. Il periodo omayyade vide l'estendersi del dominio musulmano fino all'Atlantico e nel 711 le armi musulmane passarono in Spagna, evento che non fu privo di conseguenze nell'evoluzione dell'arte maghrebina, specialmente in Marocco. La caduta degli Omayyadi in Siria nel 750 portò alla creazione di un emirato, poi califfato omayyade in Spagna, che per un certo tempo estese il suo potere anche sulla sponda africana instaurando rapporti che non furono mai smentiti nei secoli successivi. I centri maggiori della civiltà islamica, come Baghdad e Samarra, esercitarono la loro influenza nella parte orientale del Maghreb e specialmente in Tunisia, dove si installò la dinastia aghlabide che si riconosceva vassalla degli Abbasidi di Baghdad. Ma sin dal 789 Idris I, un discendente di Ali, fondatore dello sciismo, costituiva in Marocco una dinastia sciita, con centro a Fez, destinata a un luminoso avvenire, mentre l'Algeria passava a una dinastia di origine persiana ‒ i Kharigiti Rustamidi ‒ con capitale Tahert. Dunque sin dai primi secoli erano rappresentate nel Maghreb le principali correnti musulmane.
Tutto ciò comunque non ebbe grandi conseguenze artistiche, tranne per gli Aghlabidi che a più riprese si ispirarono all'arte della Mesopotamia e nell'827 iniziarono la conquista della Sicilia, completata nel 902. All'inizio del X secolo il loro potere decadde a opera dei Fatimidi, altra dinastia sciita che dapprima si installò a Kairouan e poi fondò Mahdiyya, una capitale fortezza destinata ad esercitare una notevole influenza nei territori sui quali si estese il suo dominio. Ma la conquista dell'Egitto spostò ben presto gli interessi della dinastia sulle sponde del Nilo, facendo emergere le dinastie locali, gli Ziridi ad Ashir e gli Hammaditi con centro a Qala. In questo periodo di transizione, il Maghreb appare per un certo tempo isolato dal resto del mondo islamico, costituendo un capitolo tutto da rivedere, almeno per quanto riguarda l'apporto della tradizione locale all'arte del periodo. Con la decadenza del califfato abbaside i nuovi modelli furono ricercati in Egitto e specialmente in Spagna, sempre più minacciata dalle armi cristiane e costretta, dopo la frammentazione del califfato omayyade di Cordova, a ricorrere all'aiuto degli Almoravidi, Berberi del Sahara. Costoro, se momentaneamente posero freno alla Reconquista, riportando l'ordine in Andalusia, rimasero peraltro soggiogati dall'arte e dalla cultura andalusa, valendo con ciò a intensificare ulteriormente l'influenza della Spagna musulmana soprattutto in Marocco e Algeria; la Tunisia rimase invece in parte separata dal fenomeno, risollevandosi solo sotto la dinastia hafside. Il culmine dell'arte maghrebina fu raggiunto con la dinastia degli Almohadi che per un certo tempo, nel XII secolo, riuscirono a riunire l'intero Maghreb e la Spagna sotto un'unica dinastia. Con la loro decadenza emersero in Tunisia i già ricordati Hafsidi e in Marocco i Merinidi, mentre l'Algeria passò agli Zayyanidi. Pur con le dovute eccezioni fu questo un periodo di decadenza che aprì le porte alla conquista ottomana del XVI secolo.
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