L’amara vittoria di Angela
Il partito del cancelliere arriva al 41,5% e sfiora la maggioranza assoluta dei seggi, ma restano fuori dal Parlamento i liberali. La Germania resta dominata da forze di ispirazione statalista. L’analisi del responsabile esteri di Die Welt.
È possibile stravincere e perdere allo stesso tempo? Sembra di sì, almeno se si guarda al risultato delle elezioni tedesche. Angela Merkel, con la CDU/CSU, ha ottenuto per il suo partito il miglior risultato dalla riunificazione delle due Germanie con il 41,5% dei voti. Con questo risultato di conferma per la terza volta di seguito, il suo rango si è elevato a quello dei grandi cancellieri conservatori del dopoguerra, Konrad Adenauer e Helmut Kohl.
Al tempo stesso, tuttavia, ha perso la maggioranza governativa del centrodestra, dal momento che il piccolo partito della sua coalizione, i liberali della FDP, non è riuscito a entrare in Parlamento. La FDP è passata da un risultato record del 14,6% nel 2009 al 4,8% nel 2013, restando sotto la soglia di sbarramento del 5%.
Il risultato di queste elezioni tedesche è colmo di paradossi. Sebbene la maggior parte dei voti sia andata a partiti di centrodestra – la CDU/CSU, la FDP e gli euro-ribelli del neopartito AFD hanno infatti preso nel complesso il 51% dei consensi –, a causa della soglia di sbarramento prevista dalla legge elettorale tedesca la FDP e la AFD sono state tagliate fuori dal Parlamento, per cui ora la sinistra ha una maggioranza di 4 seggi.
Date le condizioni di difficoltà della FDP emersi dai sondaggi pre-elettorali, la Merkel avrebbe potuto incoraggiare parte dell’elettorato a venire in aiuto alla FDP con il secondo dei 2 voti a disposizione (il voto di lista): la FDP avrebbe probabilmente superato la soglia del 5% e il cancelliere avrebbe potuto governare con la stessa maggioranza di centrodestra della precedente legislatura. Ha preferito invece chiedere agli elettori di scegliere la CDU/CSU con entrambi i voti a disposizione, sia quello per l’elezione diretta del candidato del seggio sia per il voto di lista. Ma questa volta sembra che la grande stratega Merkel non abbia fatto bene i suoi calcoli. Con la FDP fuori dal Parlamento si è creata la necessità per la Merkel di trovare un partner fra i partiti di sinistra. D’altro canto, neppure la sinistra può governare da sola, visto che la SPD, il partito maggiore del centrosinistra, prima del voto aveva solennemente dichiarato di non volersi in nessun caso unire in coalizione con l’estrema sinistra, Die Linke, che ha ottenuto l’8,6% ed è così diventata la terza forza del Parlamento tedesco, prima ancora dei Verdi, che hanno invece deluso fermandosi all’8,4%.
Oltre alla grande sorpresa di vedere, per la prima volta nella storia tedesca del dopoguerra, un partito di governo escluso dal Bundestag, questa elezione ha avuto anche altri risultati preoccupanti. L’affluenza alle urne è stata una delle più basse della storia del dopoguerra con solo il 71,5% degli aventi diritto al voto.
Soltanto una volta l’affluenza era stata ancora più bassa: nel 2009 con il 70,8%.
Malgrado tutto ciò, il voto ha rappresentato un grande trionfo per Angela Merkel. I tedeschi hanno voluto riconfermarla al potere perché, con i suoi atteggiamenti posati e poco vanitosi, rappresenta una figura in cui molti tedeschi riescono a identificarsi. La ‘no drama Merkel’, come è stata definita dai giornali anglosassoni, sembra la perfetta incarnazione della mentalità tedesca. No show of, no drama, nessun esperimento, passi circospetti e cauti. La ‘Mutti’, come viene spesso scherzosamente chiamata, magari non suscita grandi emozioni, ma con lei i tedeschi si sono trovati in buone mani nella tempesta della crisi dell’euro. E anche se la crisi non è ancora finita, confidano che la Merkel da un lato possa aiutare i partner dell’Eurozona, nel caso in cui in futuro questo si renda assolutamente necessario, ma che dall’altro non sperperi inutilmente le tasse pagate dai tedeschi, attenendosi a regole e condizioni ben precise.
Chi ha sperato negli Eurobond o in una Germania con i cordoni della borsa più larghi nei confronti dei paesi dell’Europa meridionale è stato deluso. I tedeschi non vogliono porre fine al progetto euro, nonostante le critiche nei confronti dei fratelli europei meno responsabili nella gestione delle loro finanze. Per questo la AFD non ha superato la soglia di sbarramento, restando fuori dal Parlamento. D’altronde i cittadini non si sono voluti neanche affidare a una sinistra che ritenevano sarebbe stata magari un po’ meno rigida nei confronti della fascia sud dei paesi dell’euro. Per l’Europa, quindi, tutto rimane come prima.
Il vero perdente di questo voto tedesco è l’idea del liberalismo economico. La FDP era l’unica forza politica in Germania con un vero programma liberale. I 4 partiti presenti ora in Parlamento sono tutti di stampo statalista, visto che l’ala liberale nella CDU della Merkel si è progressivamente indebolita negli ultimi anni, a causa della sterzata a sinistra a cui il cancelliere ha sottoposto il suo partito nella gestione delle politiche sociali.
Resta uno dei rebus della Germania del dopoguerra il perché un paese che ha saputo come pochi altri trarre profitto dai liberi mercati globalizzati non abbia saputo innestare una forte radice di pensiero liberale nella propria cultura politica.
Le elezioni tedesche
partecipazione alle urne 71,5%
tedeschi chiamati a votare 61,9 mln
soglia di sbarramento 5%
Le sigle dei partiti
CDU/CSU Unione cristiano democratica di Germania/Unione cristiano-sociale di Baviera
FDP Partito liberale democratico
AFD Alternativa per la Germania
SPD Partito socialdemocratico tedesco