L'ambiente urbano
Gli ambienti creati dall'uomo includono un'ampia varietà di habitat, organismi e comunità. L'alterazione delle condizioni del suolo, del clima e dell'acqua influenza la distribuzione delle specie animali e vegetali nelle aree urbane. Si tratta di aree eterogenee, caratterizzate da molteplici strutture di insediamento, di destinazioni d'uso della terra e di habitat che, nel loro insieme, generano condizioni ecologiche specifiche. Generalmente l'intensità dell'impatto antropico aumenta passando dalla periferia al centro. Storicamente, le specie introdotte dall'uomo direttamente o indirettamente hanno cominciato a diffondersi nelle aree urbane, dove si ritrovano con maggiore frequenza. Con l'aumentare delle dimensioni dei centri urbani aumentano anche gli scambi e il traffìco all'interno e ali' esterno della città e, di conseguenza, il numero di specie vegetali esotiche. La varietà di specie nelle aree urbane spesso è molto superiore a quella delle aree suburbane. La stretta relazione tra ambiente urbano e presenza di determinate specie permette di utilizzare queste ultime come bioindicatori di fattori ambientali specifici.
Introduzione
A partire dal 18° secolo la percentuale della popolazione urbana è aumentata costantemente e la porzione della popolazione mondiale che vive nelle aree urbane continua a crescere. Le Nazioni Unite prevedono che nel 2025 il 60% della popolazione mondiale sarà concentrato nei centri urbani, contro il 29% del 1950. Il traguardo del 50% verrà raggiunto entro i120l0. Nel 2025 oltre una dozzina di città avrà più di 20 milioni di abitanti e alcune supereranno la quota di 30 milioni. Tra i 25 maggiori agglomerati urbani del pianeta, 23 saranno città dell'Africa, dell'Asia e dell'America Latina. La figura (fig. 1) riporta le stime demografiche riguardanti la crescita della popolazione mondiale e di quella urbana dal 1950 al 2025. Secondo tali stime, mentre la popolazione mondiale, in questo arco di tempo, aumenterà di un fattore 3,26, la popolazione urbana risulterà accresciuta di 6,72 volte. Le attività urbane, come l'edilizia, il traffico e la produzione industriale, hanno importanti ripercussioni sulla qualità dell'aria, dell'acqua e del suolo e influenzano le condizioni di vita sia dell'uomo che delle specie animali e vegetali. Per il benessere dell'uomo è essenziale il contatto con le altre forme di vita dell'ambiente; questa è una delle ragioni per cui nelle aree urbane è necessario preservare una quantità minima di comunità animali e vegetali. Rispetto ad alcuni decenni fa, l'opinione pubblica mostra oggi un interesse sempre maggiore per lo stato della natura urbana. La Carta verde sull'ambiente urbano pubblicata dalla Comunità Europea nel 1990, per esempio, sottolinea l'importanza della sua tutela. In Germania la legge federale sulla tutela della natura (Bundesnaturschutzgesetz) impone di proteggere, amministrare e sviluppare la natura sia nelle aree popolate che in quelle non popolate. Dal punto di vista storico, gli insediamenti urbani sono classificati come preindustriali (cinte murarie e cancelli, centri di attività commerciali e artigianali), industriali (grandi agglomerati divisi in circoscrizioni e quartieri) o postindustriali, nei quali le attività lavorative sono concentrate nel terziario e nel terziario avanzato.
Storia dell'impatto umano sull'ambiente urbano
Per comprendere gli attuali biota urbani e i loro ecosistemi è necessario considerarli come il risultato di un'evoluzione storica. Nell'Europa centromeridionale l'intervento umano cominciò a creare perturbazioni su scala locale quando il processo di rigenerazione della vegetazione forestale dopo l'ultima glaciazione non era ancora terminato. Una perturbazione su larga scala, tuttavia, cominciò solo con il disboscamento di vaste aree per scopi agricoli. Nello stesso tempo si intensificò l'impatto umano sulle condizioni idrologiche del paesaggio.
Nel corso della loro storia, le città hanno respinto la natura per creare un ambiente culturale e artificiale opposto a quello naturale prevalente intorno a esse anche se, per molti secoli, aree incolte e giardini sono rimasti inclusi in molte città. Oggi le città si presentano, di solito, come una combinazione di aree densamente popolate localizzate nei centri storici, di residui di agroecosistemi (la cosiddetta campagna incapsulata) e di aree seminaturali rappresentate da boschi, parchi e riserve naturali. Gli spazi aperti rappresentano modificazioni di siti più vecchi. La somiglianza tra le condizioni dell'habitat precedenti e quelle attuali diminuisce nel tempo e andando dalla periferia verso il centro.
Le fasi storiche dello sviluppo urbano (preindustriale, industriale e postindustriale) creano condizioni specifiche e favoriscono lo sviluppo di differenti comunità vegetali e animali. Ancora oggi, zone delle città risalenti a epoche storiche diverse presentano specie e comunità vegetali differenti, tra cui spesso si riscontrano specie tipiche di biotopi rurali. Anche i complessi urbani di epoche diverse presentano una differente composizione delle specie, come è stato dimostrato da W. Aey (1990) confrontando i complessi urbani di Lubecca di epoca medievale con quelli della fine del secolo scorso e del secondo dopoguerra. L'ecologia urbana, combinata alla storia del paesaggio, può offrire un ampliamento per lo studio dell'ecosistema e per le sue applicazioni alle aree urbane.
Ecologia urbana
Nel linguaggio della politica e della pianificazione, l'espressione ecologia urbana viene usata in riferimento a programmi promossi per sviluppare città sostenibili. In termini scientifici, invece, con questa espressione, si intende lo studio degli organismi che vivono negli agglomerati urbani in relazione al loro ambiente, allo stesso modo in cui altre branche dell'ecologia studiano le foreste o il mare. Nell'accezione scientifica del termine, l'ecologia si limita a fornire analisi, senza formulare giudizi di valore, laddove nell'uso politico il vocabolo assume connotazioni normative in quanto si riferisce alla pianificazione e alla sistemazione del territorio.
In passato si riteneva che l'ecologia delle aree urbane non meritasse uno studio specifico. Le città erano considerate antagoniste della vita naturale. Si riteneva che solo poche specie vegetali e animali riuscissero a sopravvivere nel contesto urbano e che le comunità vegetali e animali presenti in tali ambienti fossero raggruppamenti casuali di specie. l tentativi di individuare un modello di distribuzione e di ricostruirne le cause erano considerati futili. Tuttavia, verso la metà degli anni Settanta questo atteggiamento cominciò a cambiare e da allora gli aspetti ecologici delle città sono stati oggetto di studi approfonditi. Ben presto, è divenuto evidente che le comunità urbane non sono il risultato di semplici coincidenze.
Gli inizi dell'ecologia urbana possono essere fatti risalire agli studi sulla flora (Nylander, 1866; Deakin, 1885) e sulla fauna delle aree urbane nell'ambito della tradizione della storia naturale. Nel 19° secolo IF. Schouw usò l'espressione plantae urbanae per indicare quelle piante che crescevano nei pressi dei villaggi e delle città e affermò che "nella maggior parte dei casi queste piante sono di origine straniera; questo spiega perché si trovino solo nei pressi delle città e dei villaggi" (Schouw, 1823). Secondo l'autore ciò spiegava il fatto sorprendente, emerso nei primi studi di ecologia urbana, che gli ambienti creati dall 'uomo forniscono gli habitat per specie caratteristiche, e che tali specie si ripresentano in condizioni simili. Numerosi studi hanno dimostrato che le aree urbane includono una grande varietà di habitat, di organismi e di comunità. Spesso, la varietà di specie presenti nelle aree urbane è superiore a quella che si riscontra nelle zone suburbane.
Con la crescente suburbanizzazione, però, è diventato sempre più difficile separare lo studio delle aree urbane da quello dell'hinterland, cioè di quelle aree che sono funzionalmente connesse alla città sebbene non possano essere precisamente delimitate nello spazio. Le relazioni tra la città e l'hinterland comprendono aspetti economici, culturali ed ecologici. È necessario, inoltre, distinguere l'hinterland che comprende le immediate vicinanze della città, ovvero l'area suburbana propriamente detta, da quello più periferico. Nell'era della globalizzazione le città sono connesse, dal punto di vista ecologico, agli ecosistemi di tutto il pianeta e non solo all'hinterland nelle immediate vicinanze. Attualmente le aree urbane ricevono prodotti alimentari, materie prime e risorse naturali da un 'hinterland' che si estende su tutto il globo e una fitta rete di trasporti, per via terrestre, marittima e aerea, rende possibile il trasferimento di ingenti quantità di merci e di risorse (figg. 3, 4).
Lo studio delle aree urbane ha sempre avuto per oggetto le grandi città, e ciò vale per tutte le discipline che si occupano di aspetti specifici della realtà urbana. L'esigenza di condurre questo tipo di studi è sorta principalmente in relazione ai problemi sociali e sanitari posti dalla crescita delle città. La città come nuovo tipo di ambiente Gli ecosistemi urbani differiscono sotto vari aspetti da quelli non urbani. Sebbene molti fattori che influiscono sugli uni siano operanti anche sugli altri, la combinazione di tali fattori determina nelle aree urbane lo sviluppo di ecosistemi del tutto particolari, caratterizzati da combinazioni di specie peculiari. L'espansione edilizia e la concentrazione delle attività produttive nella città richiedono un'articolazione dell'area urbana in zone densamente edificate e in zone edificate in modo meno intenso, cioè più aperte. Piccoli giardini e discariche, cumuli di ruderi e di macerie come pure vasti campi incolti sono tipici della zona periferica più interna, mentre la zona più esterna è caratterizzata da boschi e parchi (tab. I). L'inquinamento dell'aria e l'aumento della temperatura, le variazioni del livello delle falde freatiche e le colmate di grande estensione sono le conseguenze dell'attività edilizia e produttiva urbana (fig. 5). Poiché il volume dei materiali edili, delle materie prime e delle risorse alimentari che affluiscono nelle città è superiore a quello dei materiali di rifiuto che vengono eliminati, nel corso del tempo il livello superficiale delle città si è innalzato. L'eutrofizzazione di molti terreni e il costipamento o l'impermeabilizzazione del suolo sono legati al grado di profondità dello strato coltivato. L'eutrofizzazione dovuta ai rifiuti urbani non riguarda solo le grandi discariche e i campi irrigati con le acque reflue per purificarle biologicamente, ma si riscontra in quasi tutte le distese d'acqua e influenza la composizione di specie delle comunità animali e vegetali.
Il clima urbano
Le città presentano particolari caratteristiche climatiche (Landsberg, 1981; Horbert et al., 1983; Kuttler, 1993), dovute a diversi fattori come, per esempio, il maggiore inquinamento dell'aria. In questi ambienti l'inquinamento da gas di scarico è da 5 a 50 volte superiore rispetto alle aree extraurbane e i nuclei di condensazione (parti colato ) sono circa 10 volte superiori. Inoltre, si verifica un'alterazione della radiazione solare. In particolare, la riduzione delle ore di Sole (5 ÷ 15%), delle radiazioni solari dirette (20 ÷ 25%), dei valori di albedo delle superfici (circa il 10%) e l'incremento del 12% della radiazione riflessa dall'atmosfera verso terra determinano un aumento della radiazione netta pari all'11 % nelle ore pomeridiane e al 47% durante le ore serali. Il clima dei centri urbani, inoltre, è influenzato da una diminuzione del tasso di umidità relativa del 2% in inverno e del 10% in estate. Nelle giornate serene tale diminuzione può arrivare al 30%. Anche la riduzione della velocità del vento, pari al 10 ÷ 20% e dovuta all'anfrattuosità della superficie urbana, è un fattore che influenza il clima delle città, determinando tra l'altro un aumento del 5 ÷ 20% delle giornate prive di vento. Infine, i centri urbani sono caratterizzati da un incremento delle precipitazioni medie annue sino al 20%.
La conseguenza ecologica più importante di questi fenomeni è l'aumento della temperatura. Le città sono 'isole di calore', o 'punti caldi' della superficie terrestre. La differenza di temperatura, che dipende dalle dimensioni dei centri urbani, può raggiungere i 9 °C nelle giornate limpide e variare da 0,5 °C a 1,5 °C come media annua.
Le condizioni climatiche di una città possono variare in misura considerevole a seconda del tipo di edifici e di pavimentazione della zona urbana e specialmente in funzione della distanza da ampie aree verdi. In base a queste caratteristiche nei centri urbani si possono distinguere zone climatiche diverse, più o meno concentriche. La città come 'isola di calore' di solito coincide con l'area edificata, anche se i cambiamenti nella direzione del vento possono determinare un temporaneo surriscaldamento di altre aree. L'inquinamento atmosferico è principalmente dovuto al traffico, agli impianti di riscaldamento, alle centrali termoelettriche e alle industrie.
Acqua e suolo
Le aree urbane sono caratterizzate da due tipi di suoli, quelli coltivati in profondità con un elevato contenuto di nutrienti e un'elevata capacità di ritenzione dell'acqua e quelli originati dall'accumulo di detriti come, per esempio, le macerie degli edifici distrutti durante la guerra. Questi ultimi inizialmente sono alcalini, asciutti e ben aerati, ma successivamente si trasformano con l'accumulo di humus. Di solito, hanno un basso contenuto di azoto, e presentano contenuti da moderati ad alti di fosforo, calcio, potassio e altri nutrienti (Blume, 1993).
l suoli urbani contengono elevate concentrazioni di fosfati, borati e solfati in quantità rispettivamente 5, 10 e 500 volte superiori a quelle che si riscontrano nei suoli naturali. l fosfati e i borati si trovano soprattutto nei suoli altamente eutrofici che derivano da depositi di fanghi e liquami. Il solfato si ritrova, invece, in substrati in cui sono in atto processi tecnogenici come, per esempio, depositi degli impianti di distillazione del coke, ceneri, liquami, rifiuti urbani e fanghi.
l livelli totali di metalli pesanti come cadmio, rame, nichel, piombo e zinco nei suoli urbani sono molto variabili. In particolare, i detriti di laterizi e di calce, i rifiuti urbani e i liquami sono ricchi di rame, piombo e zinco, mentre i carichi di cadmio e nichel sono bassi in tutti i tipi di suoli. Per quanto riguarda i livelli di sostanza organica, i suoli che si originano da substrati antropogenici differiscono notevolmente da quelli provenienti da matrici naturali simili. l primi hanno uno scarso contenuto di lettiera e soprattutto di quei componenti che si decompongono più facilmente come proteine, emicellulosa e cellulosa. Tra le sostanze chimiche di origine organica i suoli urbani comprendono l'antracene e il pentaclorofenolo e presentano spesso concentrazioni di idrocarburi policiclici aromatici superiori al carico critico (valori di intervento). In particolare, i detriti di laterizi e di malta e i rifiuti urbani hanno un elevato potenziale di rischio, mentre altri suoli originati da ceneri e fanghi sono meno pericolosi. l depositi di coke presentano elevate concentrazioni di idrocarburi policiclici aromatici, con una predominanza di composti simili più rapidamente solubili e trasferibili, elevati contenuti di cianuro e una elevatissima quantità di acido solforico; per questa ragione devono essere classificati come potenzialmente molto pericolosi.
Le proprietà dei suoli urbani, i loro modelli di distribuzione e di assemblaggio nonché l'intensità della pedogenesi differiscono significativamente da quanto si osserva in quelli naturali. Comunque, poiché lo studio degli ecosistemi urbani è una branca relativamente recente della scienza, le scoperte effettuate sinora non possono essere ancora considerate come acquisizioni definitive (Blume e Schleuss, 1997). Come già accennato, per secoli gli input di materia nelle città hanno superato gli output (Mumford, 1961) e ciò ha determinato, nei quartieri più antichi, un innalzamento del livello del suolo di parecchi metri. L'impermeabilizzazione dei suoli e la conseguente riduzione della capacità di infiltrazione idrica, nonché l'estrazione delle acque di falda per uso antropico hanno ulteriormente ridotto il livello freatico. Di conseguenza i suoli urbani sono diventati notevolmente più aridi nel corso dei secoli, a eccezione di quelli dei giardini e dei parchi divenuti invece più umidi grazie all'irrigazione estensiva. L'innalzamento del livello del suolo dimostra che alcuni suoli urbani sono completamente dissociati dai substrati sotto stanti, con ovvie ripercussioni sulla flora e sulla fauna. l suoli urbani, in genere, sono eutrofizzati ed eccessivamente costipati. Nelle aree industriali, sotto i depositi di rifiuti, nei campi di filtrazione, cioè nelle terre irrigate con acque reflue al fine di depurarle, e nei margini delle strade asfaltate il suolo è, in genere, fortemente inquinato. L'estensione dello 'strato colturale' è associata all'eutrofizzazione di molte aree, nonché al costipamento o allo scasso dei suoli nei centri urbani.
l fiumi che scorrono in aree altamente industrializzate e urbanizzate possono subire un aumento della temperatura di oltre 5°C (Detwyler e Marcus, 1972) e incorporare elevate quantità di liquami. Uno studio condotto nella metà degli anni Settanta ha stabilito un rapporto tra la velocità di flusso delle acque del fiume e quella degli effluenti di 5 a 1, e di 2,5 a 1 nei periodi di siccità.
l metodi più utilizzati per la depurazione dei liquami sono rappresentati da trattamenti di tipo meccanico e biologico, ma solo una terza fase di depurazione chimica può ridurre la concentrazione di sostanze organiche in modo sufficiente per prevenire l'eutrofizzazione. In molte città il sistema di drenaggio generale è un sistema combinato che convoglia sia i liquami sia le acque di scorrimento. Se il sistema di drenaggio è collegato a impianti di depurazione ha il vantaggio di depurare entrambe le acque, mentre con sistemi separati si verifica solo il trattamento dei liquami. Tuttavia, il sistema combinato presenta svantaggi pratici. Nei periodi di forti precipitazioni, che risultano ulteriormente aggravati nelle regioni urbane, le chiuse di solito si aprono e i liquami e le acque piovane affluiscono nei fiumi e nei laghi senza essere state depurate. Specialmente in estate ciò provoca spesso gravi danni come, per esempio, una moria di pesci in determinate sottosezioni dell'ecosistema.
Flora, fauna e comunità biotiche
Flora e fauna urbane
Le alterazioni climatiche e le condizioni del suolo e dell'acqua influiscono sul tipo di specie che vivono nelle aree urbane (Wittig, 1991; Klausnitzer, 1993). Queste variazioni sono tanto più rilevanti quanto più l'area urbana è estesa e quanto più ci si avvicina al centro della città. Nelle città con oltre 50.000 abitanti il numero di specie di felci e di piante superiori per unità di area risulta più elevato che nell'area circostante. In Europa centrale il numero di felci e di piante superiori è strettamente correlato alle dimensioni e alla densità della popolazione.
Nelle città di piccole e medie dimensioni si riscontrano, di solito, tra le 530 e le 560 specie, nelle città con 100.000÷200.000 abitanti le specie sono 650 ÷ 730, in quelle più antiche con una popolazione di 250.000÷400.000 abitanti sono presenti 900 ÷ 1000 specie e in quelle con oltre un milione di abitanti il numero di specie supera la quota di 1300. Questo si verifica in primo luogo perché le aree urbane sono eterogenee, ossia comprendono una varietà di strutture insediative, di destinazioni d'uso del suolo e di habitat di piccole dimensioni che generano, nel loro insieme, numerose condizioni ecologiche del tutto specifiche e persino insolite; in secondo luogo perché, storicamente, le specie introdotte dall'uomo in una determinata area hanno cominciato a diffondersi nelle aree urbane, dove, di conseguenza, si rinvengono più facilmente. Le maggiori dimensioni degli agglomerati urbani hanno determinato un aumento degli scambi commerciali e del traffico interno ed esterno alle città e, quindi, un incremento delle specie esotiche (non autoctone) nella flora (fig. 6, tab. 2). Tale aumento è provocato principalmente dall'attività umana, sia direttamente, come nel caso delle piante ornamentali, sia indirettamente, come avviene quando semi di piante estranee si rinvengono casualmente nei materiali trasportati o nelle sementi. Queste specie sono defrnite emerocore o antropofite.
Attualmente il numero di specie vegetali naturalizzate nei centri urbani supera di gran lunga quello delle specie estinte (Landolt, 1992); ciò, come accennato in precedenza, fa sì che le specie che vivono nell'ambiente urbano siano particolarmente numerose. Una questione importante da chiarire è se le migrazioni delle specie indotte dall'uomo abbiano raggiunto il loro apice. Se così non fosse, in futuro sarebbe possibile un enorme incremento della ricchezza floristica in alcune aree e, in particolare, in quelle urbane. Tuttavia non conosciamo a sufficienza i meccanismi dei processi invasivi per formulare previsioni anche solo approssimativamente attendibili (Trepl e Sukopp, 1993). Stime sul numero di angiosperme esotiche e su quello degli elementi di dispersione introdotti nelle aree urbane dell'Europa centrale indicano che sono state introdotte almeno 10.000 specie. Tuttavia, se si considera che solo 385 in tutto si sono insediate stabilmente, si può concludere che meno del 5% delle specie introdotte si è naturalizzato.
La flora urbana differisce da quella dell 'hinterland rurale a causa del diverso impatto antropico. Studi comparativi tra la flora dei grandi agglomerati urbani dell'Europa centrale evidenziano, invece, differenze trascurabili tra un paese e l'altro, causate unicamente da diversità climatiche su larga scala. Tali differenze aumentano al crescere della distanza tra gli agglomerati urbani considerati, ma restano sorprendentemente piccole anche tra città distanti come Varsavia e Bruxelles. Solo attraverso studi estremamente approfonditi è possibile stabilire una connessione tra il tipo di flora e le condizioni preesistenti del suolo nelle aree urbane; in ogni caso, la struttura qualitativa della flora non riflette più tali condizioni (Wittig, 1996).
Le modalità di immigrazione delle piante esotiche e la loro attuale diffusione sono soggette a un cambiamento continuo e riflettono le trasformazioni e gli sviluppi economici di una data regione. l cambiamenti più importanti nella varietà di specie immigrate sono il risultato di una serie di cambiamenti nella tecnologia dei trasporti e nelle modalità di immigrazione, mentre le trasformazioni dell'habitat che influenzano l'immigrazione sembrano avere un ruolo di minore rilievo (Trepl e Sukopp, 1993). In effetti, è stata dimostrata l'esistenza di una relazione tra la presenza di determinate specie e particolari metodi di trasporto. L'uso della paglia di segale e di fieno come materiale di imballaggio proveniente dalla Sicilia e dall'Italia meridionale, per esempio, ha facilitato per un certo periodo l'immigrazione in Europa centrale di un limitato numero di specie trasportate insieme a frutti commercializzati come Reseda lutea, Chenopodium vulvaria e Plantago coronopus.
La stretta relazione tra l'ambiente urbano e determinate specie dimostra che queste ultime possono essere considerate bio indicatori di specifici fattori ambientali. La stagione di crescita vegetativa nelle aree più interne della città è più lunga, la fioritura e lo sviluppo fogliare sono anticipati e, inoltre, le specie vegetali che prediligono temperature più elevate e quelle animali che vivono alle latitudini più basse migrano nella città (fig. 7). Chenopodium botrys è un esempio di pianta la cui esistenza dipende dalla temperatura. Originaria dell'Eurasia meridionale e delle regioni mediterranee, a partire dal 1889 si è insediata a Berlino, dove occupa tipicamente aree ruderali del centro urbano (fig. 8). Di solito questa specie vive su terreni sabbiosi e sassosi, in prossimità dei corsi d'acqua e su pendii rocciosi. I margini della strada, i vigneti e le aree abbandonate diventano habitat secondari. L'attività antropica in Europa centrale ha moltiplicato il numero di queste zone calcaree e sabbiose in aree ghiaiose. Ciononostante, una presenza diffusa e a lungo termine di questa specie si è riscontrata solo a nord delle Alpi, nelle aree con estati calde come, per esempio, nella valle superiore del Reno, a Berlino, e nell'area della Ruhr nonché in prossimità dei cumuli di rifiuti inceneriti a Lille.
Oltre a numerose specie esotiche, anche molti organismi autoctoni prosperano negli habitat urbani (fig. 9), specialmente se le condizioni sono simili a quelle degli habitat originari. Nel paesaggio naturale, queste specie animali e vegetali probabilmente crescevano in aree prive di vegetazione arborea come, per esempio, i banchi di ghiaia o di fango sulle rive dei fiumi e dei torrenti, le radure delle foreste, i pascoli alpini o le superfici disturbate dal fuoco, dai terremoti, dalle frane, dalle valanghe, dall'attività vulcanica e dall'erosione costiera. Poiché la maggior parte delle grandi città sono situate sulle rive di grandi fiumi, le aree soggette all'erosione e alla sedimentazione lungo il corso d'acqua costituiscono importanti habitat iniziali per le apofite urbane (fig. 10). l cambiamenti ambientali e il trasporto di determinate specie non sono sufficienti a spiegare le variazioni della composizione floristica e faunistica dei centri urbani. Spesso negli organismi si verificano mutazioni genetiche che sono possibili solo quando l'organismo è diffuso nelle città e nel loro hinterland più immediato. Ne è un esempio Xantium albinum, una specie attualmente diffusa in Europa centrale, ma che solo pochi secoli fa era sconosciuta in quest'area geografica. Essa venne identificata per la prima volta nel Brandeburgo orientale nel 1830. Le specie affini più vicine si ritrovano nell'America Settentrionale, dove peraltro la stessa specie è assente. Di conseguenza si può concludere che una di queste specie è stata importata dall'America Settentrionale e si è successivamente insediata come specie separata in un periodo di tempo relativamente breve (Wagenitz, 1964). La diffusione di varie specie appartenenti al genere Oenothera in Europa sembra aver seguito un processo simile. Attualmente ne sono state identificate più di 15 specie, alcune delle quali sono identiche ai pro genitori nordamericani. Quelle europee si sono sviluppate in un arco di tempo di 350 anni, dopo la prima importazione in Europa di quelle originarie americane.
Questi esempi dimostrano che quando le condizioni lo consentono, nuove specie possono svilupparsi in un periodo di tempo relativamente breve, dell'ordine di pochi secoli. Altre specie e sotto specie si sono sviluppate nel corso di scale temporali storiche, non geologiche.
Un altro metodo per misurare la qualità ecologica della flora, proposto da C. Raunkier, è basato sull'abbondanza percentuale delle differenti forme biologiche. Nelle aree urbane le piante annuali (terofite) risultano preponderanti e sono rappresentate in particolare da comunità ruderali e pioniere. Tali specie hanno elevate capacità riproduttive e presentano un'alta plasticità genetica, fisiologica e morfologica. Le rapide variazioni delle condizioni ambientali e le pressioni costanti rappresentano fattori esterni cui le terofite sono generalmente ben adattate. Di conseguenza, il paesaggio urbano è caratterizzato da rapide variazioni che favoriscono la diffusione di specie con strategia r (erbacee), una categoria che include la maggior parte delle neofite. Le specie con strategia K (arboree), al contrario, dipendono da una condizione stabile di relazioni ambientali e diminuiscono con l'urbanizzazione. Ciò influisce in particolare sulla flora autoctona. Per quanto riguarda il successo della flora ruderale nelle città, bisogna sottolineare che gli habitat naturali originari per questo tipo di flora, come gli argini dei fiumi periodicamente distrutti dai fattori naturali, sono anch'essi soggetti ad analoghe variazioni. Di conseguenza, le specie ruderali sono ben adattate a queste condizioni.
Un altro importante aspetto è la propagazione delle specie ruderali e pioniere. La maggioranza di queste è dispersa dal vento e di conseguenza può raggiungere aree aperte e isolate, come le zone verdi dei centri urbani. La scarsa stabilità dei biotopi urbani è ben esemplificata dalle notevoli oscillazioni della composizione floristica determinate anche dall'alta incidenza di effimerofite, specie che si riscontrano solo per un breve periodo.
La dipendenza della fauna dagli insediamenti umani varia a seconda delle specie; alcune non sono state riscontrate fuori dalle aree urbane, altre sono presenti in concentrazioni talmente elevate che possono essere defrnite specie tipicamente urbane. Tra queste figurano il piccione, il passero comune, l'allodola e il rondone. Specie che di solito vivono tra le rocce e i massi nelle aree montane si ritrovano spesso nelle aree urbane, dove gli edifici fungono da 'pareti rocciose'. Negli ambienti sotterranei e nei sottotetti delle città sono presenti anche alcune specie che di solito vivono nelle grotte e nelle cavità degli alberi.
Il numero complessivo di specie animali negli habitat urbani mostra andamenti simili a quelli delle specie vegetali. Almeno per molti gruppi di invertebrati, di uccelli e di mammiferi (fatta eccezione per i grandi carnivori), il numero di specie che vive in città è molto più alto di quello presente nelle aree non urbane adiacenti. Il più alto numero di specie si ha nelle aree periferiche più esterne e interne o distanti dal centro abitato, mentre nel centro della città e nei quartieri abitativi di nuova costruzione esso è sensibilmente inferiore (Gilbert, 1989; Klausnitzer, 1993). Anche in questo caso molte specie non autoctone di animali e funghi che prediligono gli habitat urbani sono originari di regioni più calde. Le alterate condizioni ambientali delle aree urbane determinano variazioni del comportamento: per esempio, la stagione dell'accoppiamento del passero è anticipata a causa dell'illuminazione artificiale.
Poiché le diverse specie animali e vegetali mostrano un grado variabile di adattabilità agli insediamenti umani, sono stati definiti alcuni metodi per valutarlo. Il più diffuso è probabilmente quello basato sulla sinantropia (Povolny, 1971) che indica la dipendenza dei vari organismi dall 'uomo. Gli animali che dipendono dagli spazi abitati dall'uomo sono definiti eusinantropici o a sinantropia obbligata, mentre le specie presenti nelle città e nelle campagne circostanti sono dette a sinantropia bassa o facoltativa.
Un quadro esauriente delle esigenze ecologiche della flora selvatica urbana può essere ottenuto attraverso un'analisi di parametri indicatori come quelli di H. Ellenberg che considera una media di tutti gli indici per ogni specie. Uno studio basato su comparazioni tra diverse città, compiuto da W. Kunick (1982), ha dimostrato che dal punto di vista ecologico assumono particolare importanza elevate quantità di luce e alti valori di pH del suolo, come pure una specifica tolleranza alle condizioni aride. È stata riscontrata, inoltre, la tendenza a un fabbisogno relativamente elevato di azoto (fig. 11).
Gli effetti ambientali specifici nelle aree urbane e industriali vengono studiati anche attraverso i licheni che crescono sulla corteccia degli alberi e, in particolare, attraverso la distribuzione di varie specie di licheni che hanno una diversa sensibilità all'inquinamento dell'aria (fig. 12). Una zona priva di licheni nel centro urbano di solito è seguita da una zona di transizione, in cui la crescita dei licheni aumenta sensibilmente procedendo verso la periferia. La zona di normale distribuzione comincia là dove il numero, la combinazione e la diffusione delle specie corrispondono alle condizioni dell'hinterland. Oltre ai licheni, anche le piante erbacee sono usate come bio indicatori (Steubing e Schwantes, 1992). Nel caso delle specie arboree, le misurazioni ecofisiologiche degli scambi gassosi e dei pigmenti consentono di identificare una condizione di stress e di danno (Lichtenthaler, 1996) indicando lo stato di salute e gli individui ammalati su cui intervenire.
Comunità biotiche
Gli ecosistemi urbani si differenziano da quelli delle aree suburbane per l'uso delle risorse e delle fonti energetiche. Alle latitudini medie, il consumo energetico urbano di petrolio, carbone, gas, elettricità e risorse alimentari rappresenta di solito il 25 ÷ 50% dell 'uso complessivo di energia naturale. Inoltre, l'energia solare utilizzata per la bio sintesi dei composti organici è assai limitata, in quanto la biomassa dei produttori primari in questi ecosistemi è piuttosto modesta. Di conseguenza, le piante verdi non costituiscono la base energetica dell'ecosistema, come avviene negli ecosisterni naturali. l consumatori, cioè l'uomo e un ristretto numero di specie animali selvatiche e domestiche, debbono essere riforniti di energia che viene importata dalla periferia. Gli organismi decompositori hanno un ruolo molto limitato. l flussi di materia raramente formano cicli completi, cosicché sia gli ecosistemi urbani sia quelli dell'area suburbana sono gravati da ingenti quantità di rifiuti. Nonostante le rapide variazioni della flora e della fauna, si possono formare combinazioni di organismi associate all'habitat che includono specie originarie di habitat differenti (Wittig, 1991).
La caratteristica più importante degli ecosistemi urbani sembra essere il loro basso grado di integrazione. Si tratta di sistemi di non equilibrio, in cui i processi stocastici prevalgono su quelli deterministici. Le successioni delle biocenosi urbane, soggette a influenze antropogeniche molto forti ed estremamente variabili, sono strettamente legate alla storia dei siti. Di conseguenza, tali successioni non evolvono verso uno stato prede finito, ma risultano dominate dal caso, imprevedibili e irripetibili; non esiste cioè un'approssimazione accettabile alle condizioni di climax e la composizione iniziale delle specie resta rilevante per lo sviluppo successivo.
Una delle principali ragioni della (relativa) imprevedibilità delle successioni negli ecosistemi urbani è data dal fatto che sono particolarmente esposti alle invasioni di 'specie aliene'; lo spettro biogeografico della composizione di specie nelle aree urbane è molto diverso da quello delle campagne. Le cause principali possono essere dovute alle condizioni di naturalizzazione (l'ecosistema è particolarmente esposto all'invasione da parte di specie estranee) e ai fattori che favoriscono la dispersione (introduzione, trasporto). l fattori di disturbo di solito aumentano l'esposizione all'invasione; di conseguenza gli ecosistemi urbani sono perturbati ed esposti all'invasione di un numero imprevedibile di specie estranee (Trepl, 1994).
Le biocenosi urbane rappresentano un caso limite di comunità prodotte da invasioni successive anziché da uno sviluppo coevolutivo. In via di principio, l'eccezionalità storica delle situazioni urbane, ossia delle combinazioni di fattori ambientali e di organismi, differenzia gli ecosistemi urbani da quelli naturali, anche quelli soggetti a forti perturbazioni.
In generale, il numero di specie animali dipende in larga misura dal numero di specie vegetali. Tuttavia, la quantità effettiva di queste ultime rimane molto più bassa di quella che le condizioni climatiche consentirebbero. Ciò è dovuto non solo ai fattori che limitano la dispersione, ma anche alle interazioni e, in modo particolare, alla competizione. Nelle città, veri e propri centri di trasporto, la dispersione incontra poche barriere e il numero di specie vegetali è fortemente limitato dalla competizione: le specie selvatiche esotiche e, soprattutto, quelle coltivate e quelle ornamentali, aumentano considerevolmente il numero di specie vegetali potenzialmente rilevanti per gli animali. Esistono quindi fondati motivi per ritenere che in futuro vi sarà un notevole incremento del numero di specie nelle città, che probabilmente sarà di gran lunga superiore a quello atteso per gli insediamenti extraurbani, come conseguenza della mescolanza delle specie a livello mondiale (Trepl, 1994).
La distribuzione degli habitat urbani
Sebbene le città possano essere considerate come grandi ecosistemi, soprattutto nei flussi di materia ed energia, dal punto di vista strutturale e funzionale formano complessi di diversi ecosistemi interconnessi (Sukopp e Wittig, 1998; Rebele, 1994). Gli ecosistemi urbani e la composizione delle comunità animali e vegetali urbane dipendono in larga misura dalle attività antropiche. L'intensità dell'impatto umano varia nel tempo e nello spazio. Tipicamente, le città sono caratterizzate da un mosaico di habitat in cui l'impatto umano aumenta progressivamente procedendo dalla periferia al centro, a seconda della durata o dell'epoca di tale impatto. L'analisi dei biota specificamente urbani e dei loro habitat di solito si basa sullo studio della loro storia (Aey, 1990) e sulla comparazione delle variazioni lungo gradienti città-campagna (McDonnell e Pickett, 1990). Alcune caratteristiche degli habitat variano gradualmente in funzione della distanza tra centro e periferia o in funzione del tempo. Gli organismi e le comunità in questi habitat reagiscono all'influenza umana in vari modi, e, di conseguenza, si diversificano a seconda delle unità strutturali urbane. La conoscenza della distribuzione dei tipi di habitat nelle città è un prerequisito importante per la tutela della natura e la pianificazione urbanistica. Dati di questo tipo sono oggi disponibili per molte città europee (Starfinger e Sukopp, 1994).
Dendroflora urbana
Le specie arboree che crescono lungo i viali sono le prime che vengono in mente quando si pensa al problema degli alberi nelle città e quando si legge la letteratura sull'argomento (Meyer, 1982). Questi alberi sono soggetti a uno stress estremo ed è evidente a molti il loro aspetto spesso sofferente. l principali fattori di disturbo sono gli smottamenti del terreno causati dalle opere stradali, il costipamento dovuto al traffico di pedoni e di veicoli, l'eutrofizzazione e l'aumento dei valori del pH, nonché la falciatura e l'applicazione di erbicidi. L'elevata concentrazione di sale, una delle principali caratteristiche dei suoli urbani nelle città situate a elevate latitudini, è dovuta all'uso del sale per impedire la formazione del ghiaccio nelle strade nei climi con inverni rigidi. Oggi l'uso del sale è soggetto a restrizioni in molti paesi europei.
Le specie arboree esercitano un'azione positiva sul clima e sull'igiene dell'aria negli ambienti urbani e quelle più longeve si sono dovute adattare per molti anni a questi ambienti (Meyer, 1982; Brod, 1991) caratterizzati dalle immissioni di agenti inquinanti derivanti dal traffico, dalle industrie e dagli impianti di riscaldamento, dallo stress idrico causato dalla impermeabilizzazione del terreno e dallo scorrimento, dalle condizioni del suolo urbano, dal surriscaldamento e dall'azione del vento. Inoltre, le specie arboree sono serbatoi di sostanze nocive che vengono assorbite e filtrate attraverso le radici e le foglie. Tutti questi fattori di disturbo influenzano la loro fisiologia determinando una riduzione della crescita, una maggiore sensibilità ai cambiamenti climatici, malattie e persino la morte della pianta.
Alcune calamità come l'epidemia del morbo dell'olmo olandese e la morte degli alberi dovuta all'uso del sale per sciogliere il ghiaccio nelle strade hanno acuito la consapevolezza della necessità di tutelare le foreste urbane. In molte città sono stati compilati inventari degli alberi presenti ed elenchi di specie arboree in cui le piante sono classificate in base al grado di resistenza a vari agenti inquinanti (sale, diossido di zolfo, ecc.) e alla capacità di adattamento generale all'ambiente urbano. Recentemente sono stati effettuati studi sullo stato di salute degli alberi con l'ausilio di fotografie aeree a infrarosso mediante pellicole sensibili a specifiche lunghezze d'onda.
Gli effetti delle aree verdi sul clima urbano sono stati studiati da A. von Stülpnagel (1987), il quale ha rilevato che in un'area verde si verifica una riduzione della temperatura che si mantiene entro un raggio di 1,5 km. Queste influenze climatiche aumentano al crescere delle dimensioni dell'area verde, ma si riducono quando questa è interrotta da una strada. Inoltre le specie arboree, specialmente in gruppi, sono molto efficaci nel ridurre la concentrazione di polveri nell'aria. R. Jonas e collaboratori (1985) hanno studiato questa proprietà in varie specie arboree, confrontandole con altri tipi di vegetazione. Tuttavia, quando si selezionano gli alberi da piantare, occorre tenere conto che essi sono danneggiati dalle deposizioni di sostanze nocive. Anche nelle aree adiacenti alle città, e a maggior ragione nelle città stesse, le foreste sono disturbate dalle attività urbane. Confrontando lo stato delle foreste urbane e quello delle foreste rurali nel Wisconsin è stato riscontrato che gli insediamenti arborei urbani sono disturbati dalle abitazioni e dai cortili, dai rifiuti e dai marciapiedi, tutte strutture che mancano invece nelle aree rurali.
In Europa centrale l'influenza preponderante dell'ambiente urbano ha portato a una predominanza in tutte le grandi città di un assortimento omogeneo di specie arboree (acero, quercia, castagno, platano, faggio), nonostante le condizioni naturali originarie di queste aree fossero profondamente diverse.
Parchi e giardini
Gli habitat rappresentati dai parchi variano considerevolmente a seconda dell'età, delle dimensioni, delle funzioni, della topografia e, soprattutto, della filosofia degli architetti. l Royal Park di Londra, data la loro età, sono habitat eccellenti per piante e animali. Le cure ricevute e l'uso prolungato nel tempo hanno determinato, infatti, un'elevata diversità di nicchie ecologiche e la presenza di una vasta gamma di specie. In ogni caso le distese erbacee con alberi sparsi costituiscono il principale habitat che trova spesso un valido sostegno dalle aree boschive. Le aiole di rose, di piante annuali ed erbacee e i giardini rocciosi occupano, di solito, un'area relativamente piccola in quanto richiedono una manutenzione piuttosto costosa. Il valore di questi habitat per le forme di vita selvatiche dipende da vari fattori come le dimensioni, la diversità delle specie vegetali, la struttura, la disponibilità di microhabitat e di ripari; comunque, le cure dell'uomo restano un fattore importante (Gilbert, 1989). La flora dei parchi e di altri spazi verdi è caratterizzata da un'elevata percentuale di specie esotiche selezionate in base alla loro forma o al loro colore.
I giardini dell'area suburbana rappresentano spazi favorevoli alle forme di vita in quanto sono situati nella zona di transizione tra la campagna e la città, in cui gli stress ambientali tipici degli insediamenti urbani sono ancora relativamente ridotti. Questi giardini ospitano una notevole ricchezza di specie (Owen e Owen, 1975). Il termine "giardino" in ebraico significa "luogo ameno", e questo aspetto è esaltato dal carattere ornamentale di molte piante che crescono nei giardini domestici. Originariamente tendevano a prevalere le piante autoctone scelte tra le specie più spettacolari o utili, ma ben presto a queste si aggiunsero numerose piante esotiche importate dai collezionisti che giravano il mondo in cerca di materiale orticolo. Successivamente le ibridazioni effettuate sulle specie autoctone ed esotiche hanno prodotto un'ampia gamma di ibridi e di specie coltivate, cosicché oggi esiste una notevole varietà di piante dall'aspetto spettacolare. Anche la flora erbacea dei giardini è assai varia, e comprende specie estranee derivate dal becchime degli uccelli. J. Owen (1983) ha individuato almeno 80 specie erbacee nel suo giardino di 0,6 ha.
In tutte le città le aree verdi comprendono anche i cimiteri, più o meno antichi e più o meno estesi. In generale, quelli più antichi sono i più favorevoli alle specie selvatiche. Prati, brughiere e boschi residuali spesso sopravvivono entro i loro confini, in contrasto con le comunità secondarie che invadono le aree incolte. I licheni che crescono sulle lapidi, le comunità vegetali resistenti agli erbicidi intorno ai cordoli, le erbe infestanti che crescono negli interstizi e tra la ghiaia dei tumuli nonché le piante coltivate costituiscono una vegetazione varia ma integrata.
Il sistema delle acque
I fiumi che scorrono nelle città costituiscono importanti corridoi con habitat misti e là dove la canalizzazione non è eccessiva e l'inquinamento dell'acqua non raggiunge livelli critici possono costituire i più ricchi siti selvatici dell'area urbana. I canali sono tra le più antiche strutture che si trovano nelle città e costituiscono una risorsa naturale di notevole valore. Gli habitat associati sono anch'essi di particolare interesse (fig. 13): in un canale si possono individuare fino a sette zone ecologiche (Gilbert, 1989).
Il litorale dei fiumi costituisce l'habitat di una fauna di invertebrati ricca di specie, nonché di una popolazione di pesci che si nutrono degli invertebrati e, di conseguenza, richiede una particolare protezione. Tipiche di queste zone sono le macrofite bentoniche come le festuche, le carici e le comunità di specie galleggianti che sono in costante diminuzione nelle acque urbane. In molte città vi è stata una progressiva distruzione dei canneti, in quanto i cambiamenti delle condizioni idrologiche, il traffico dei natanti, l'eutrofizzazione e gli attacchi di parassiti ne hanno causato la progressiva distruzione (Sukopp e Markstein, 1978).
Quartieri residenziali
La vegetazione nei quartieri residenziali è soggetta a forti disturbi in quanto, nel tempo, gli edifici sono demoliti e ricostruiti. Il regime della perturbazione, e di conseguenza la composizione di specie nei complessi urbani sono strettamente legati all'età di questi ultimi. Come già accennato, in uno studio sulla città di Lubecca W. Aey (1990) ha riscontrato che in complessi urbani di epoche diverse il suolo e la flora presentavano caratteristiche differenti. I suoli delle zone più vecchie erano più ricchi di humus e di nutrienti (azoto e fosforo) e la flora era costituita in prevalenza da una vegetazione forestale autoctona con un elevato fabbisogno di nutrienti e di umidità. Sui suoli dei quartieri di nuova costruzione, edificati circa 25 anni prima dello studio e disturbati più di recente, la flora era caratterizzata da un'elevata percentuale di piante annuali non autoctone. Anche le specie che crescono sugli edifici influenzano positivamente il loro clima. Una serie di studi ha confermato i benefici dei rampicanti sul microclima e sull'igiene dell'aria (K6hler, 1993). Un tetto rivestito di vegetazione è in grado di ridurre la temperatura della superficie, di filtrare l'aria, di trattenere sostanze nocive e di ridurre le perdite di calore durante la stagione invernale (Darius e Drepper, 1984).
I siti archeologici sono caratterizzati da specie legate a elevate temperature e a una forte esposizione solare; in questi siti la disponibilità di acqua e di nutrienti è bassa. Le aree archeologiche nel contesto urbano sono sotto sistemi con elevata diversità floristica (fig. 14); perciò, oltre alloro valore come testimonianze del passato, esse costituiscono importanti ecotopi per la flora urbana (Celesti Grapow, 1995).
Aree incolte
Una volta che un terreno viene urbanizzato, di solito resta adibito all'edificazione; tuttavia può passare qualche tempo tra la demolizione di vecchi edifici e la costruzione di nuovi. Negli ultimi decenni è aumentato il numero dei siti abbandonati nei centri urbani, costituiti in prevalenza da ferrovie o da impianti industriali smantellati. Di norma, il suolo, le condizioni climatiche e il regime delle acque in queste aree sono fortemente alterati dall'impatto antropico, anche se in molti casi la vegetazione può svilupparsi relativamente indisturbata.
Le linee ferroviarie e le stazioni rappresentano una situazione ecologica particolare, in quanto i rapporti tra il suolo e la vegetazione sono sostanzialmente influenzati da un substrato antropogenico costituito da terrapieni di sabbia, mattoni, cemento, scorie industriali e ghiaia (fig. 15). Le specie vegetali esotiche costituiscono il 40% della flora, poiché per oltre un secolo l'immigrazione è stata favorita dal trasporto delle merci nonché dalla diffusione di piante ornamentali naturalizzate e dal clima urbano caratterizzato da temperature più elevate, specialmente dove il terreno è ricoperto di ghiaia di colore scuro e di scorie di carbone. Il substrato originario del suolo, il tipo e l'intensità dell'impatto umano e il tempo disponibile affrnché si sviluppi la vegetazione determinano un'alta diversità di strutture vegetative da zone sabbiose aperte, povere di nutrienti, a boschi mischi di caducifoglie, ricche di nutrienti (figg. 16, 17).
NelI'America Settentrionale e in Europa settentrionale si è osservato un incremento di specie originarie delle zone calde come conseguenza delle 'isole di calore' che caratterizzano i centri urbani. La loro dipendenza dalle aree urbane aumenta con la distanza dal loro optimum geografico (Tischler, 1980) e con le loro esigenze ecologiche (Saarisalo-Taubert, 1963). Questa stretta connessione può essere usata come indicatore positivo. Un buon esempio di indicatore positivo per gli ambienti urbani in Europa centrale (v. figura 9) è l'orzo selvatico (Hordeum murinum). In linea di massima, le condizioni climatiche determinano un incremento delle specie xerotermiche, che tollerano bene l'aumento della temperatura e la riduzione del tasso di umidità.
Le aree incolte nei centri delle città ospitano una sorprendente varietà di specie. Per esempio, un terreno nei pressi di Lützowplatza Berlino-Zoo ospita 140 spermatofite e almeno 200 tipi di insetti. Gli spazi erbacei e arbustivi mantenuti con cura nel giardino zoologico vicino presentano al più un quarto delle specie di insetti in un'area delle stesse dimensioni.
Il futuro della natura urbana
Il modello di vita urbano è considerato in modo ambivalente: da un lato, al crescere delle esigenze di spazio dell'uomo, sembra che la protezione, la preservazione e lo sviluppo del paesaggio naturale, nonché un'adeguata tutela delle falde freatiche e di superficie come pure del suolo siano possibili solo in presenza di un modello di insediamento che concentri in sé le funzioni essenziali, dannose per l'ambiente: la città (Deutscher Städtetag 1988). D'altro canto, si sostiene che il modello di vita urbano distrugge i propri fondamenti. La natura sulla quale è edificata la città, il più artificiale di tutti i mondi, non può tollerare ulteriormente questa situazione (Häusserman e Siebel, 1988).
Uno sviluppo urbano ecologico, o meglio ancora sostenibile dovrebbe essere visto come un processo permanente in cui gli obiettivi ecologici, spaziali e sociali siano coordinati reciprocamente su un piano di pari dignità. La progettazione urbana merita la qualifica di ecologica soltanto se rispetta alcuni principi fondamentali (fig. 18).
Innanzitutto deve essere garantita la continuità storica in quanto i principali ecotopi, o tutti quelli che per lungo tempo sono stati soggetti alle stesse condizioni, sono particolarmente preziosi per la conservazione della natura; di conseguenza vanno identificati e protetti. Inoltre, deve essere mantenuta la zonazione ecologica dell'area urbana: i resti degli ecosistemi naturali e degli ecosistemi che dipendono dall'agricoltura o dalla silvicoltura (la cosiddetta campagna incapsulata) sono mantenuti più facilmente nella periferia urbana. Il centro della città, dove gli effetti dell 'urbanizzazione sono più intensi, si rivela più adatto per le comunità vegetali e animali tipicamente urbane.
Tutte le località che ospitano ecotopi o specie rare dovrebbero essere identificate e protette (fig. 19). Inoltre, nonostante la presenza di ampi blocchi di un singolo ecotopo sia molto importante, è la diversità nelle aree urbane ad assumere un grande valore. Quando si creano nuovi spazi aperti, occorre cercare di evitare in ogni modo l'uniformità e di incoraggiare la diversità. Al fine di ridurre l'isolamento delle popolazioni animali e vegetali, le 'isole verdi' dovrebbero essere collegate attraverso un sistema di corridoi e piccoli spazi aperti che fungano da passaggi (anche se in verità l'efficacia dei corridoi verdi non è ancora stata dimostrata scientificamente).
Dal punto di vista ecologico, inoltre, un'unica area verde di grandi dimensioni è più preziosa di un'area della stessa estensione divisa in zone separate. Al fine di migliorare la conservazione di particolari ecotopi e specie, occorre tutelare dai fattori di disturbo gli spazi verdi esistenti che presentano una flora e una fauna seminaturali. Nei quartieri periferici è preferibile utilizzare specie arboree, arbustive ed erbacee autoctone piuttosto che specie esotiche o coltivate, anche se le condizioni superficiali e i limiti imposti dall'inquinamento urbano possono ridurre la gamma delle specie autoctone utilizzabili.
Lo sviluppo edilizio non comporta necessariamente danni irrimediabili per gli habitat naturali. In alcune circostanze il recupero e il risanamento di terreni o delle aree abbandonate può incrementare gli habitat naturali. È necessario adoprarsi con ogm mezzo per armomzzare lo sviluppo edilizio con le esigenze delle forme di vita selvatiche e sfruttare al meglio tutte le opportunità che si offrono di proteggere le caratteristiche di particolare valore e creare nuovi habitat seminaturali.
Gli edifici non costituiscono necessariamente delle barriere ecologiche insormontabili nello sviluppo di sistemi di corridoi. Nelle aree densamente edificate un incremento degli habitat naturali può essere ottenuto utilizzando giardini pensili, specie rampicanti e vasi di fiori sui davanzali. La presenza di cavità utilizzabili dagli uccelli per la nidificazione o dai pipistrelli come posatoi non dovrebbe essere lasciata al caso, ma prevista nel progetto delle strutture. In questo modo è possibile evitare i fattori di disturbo. Inoltre, è necessario compiere ogni sforzo per ridurre gli attuali livelli di inquinamento chimico del suolo, dell'aria e dell'acqua in quanto anche i livelli considerati accettabili per la salute umana risultano estremamente dannosi per molte specie animali e vegetali.
L'uso degli spazi aperti dovrebbe essere zonato e controllato al fine di limitare il traffico e altri fattori di disturbo nelle aree più esposte. Inoltre, in fase di pianificazione dovrebbero essere presi in considerazione la portata naturale dei differenti ecotopi e l'influenza della topografia e del tipo di suolo sull'erosione. Le paludi, le foreste, le scarpate più ripide e i suoli acidi sono particolarmente vulnerabili.
Al fine di salvaguardare le forme di vita selvatiche nelle città è necessario informare il pubblico, interessarlo alla tutela del patrimonio naturale e coinvolgere gli abitanti in misure attive di tutela. Un obiettivo da perseguire dovrebbe essere quello di assicurare a ogni scuola l'accesso ad almeno un'area in cui si possa studiare l'ecologia, sia entro la superficie della scuola sia fuori. Il sistema tradizionale dei parchi e delle aree verdi può essere potenziato sfruttando le aree esistenti ecologicamente funzionanti ancora non pianificate, come le aree abbandonate dopo le demolizioni o le distruzioni belliche, che sono colonizzate spontaneamente da piante e animali. Il primo parco ecologico in un'area urbana abbandonata è sorto a Londra nel 1977; si tratta del parco William Curtis, creato su un vecchio deposito di carri, con l'obiettivo di favorire le comunità vegetali tipiche dell'area rurale.
Metodi di rilevamento dell'habitat urbano
La progettazione urbana richiede un inventario dell'area e la realizzazione di comparazioni e di valutazioni. Il rilevamento dell 'habitat si è dimostrato un metodo utile e necessario al fine di elaborare e di applicare misure sistematiche di promozione e di tutela della natura.
Inizialmente, il rilevamento dell 'habitat nelle aree rurali aveva lo scopo di registrare le aree di interesse biologico ed ecologico da proteggere. Tuttavia, l'intero paesaggio urbano, incluse le aree sfruttate intensivamente, è costituito da un complesso di habitat di diverso tipo ognuno dei quali, anche quelli che apparentemente non meritano di essere tutelati, esplica una funzione specifica. Ciò vale in particolare per le aree edificate.
A seconda della quantità di dettagli che contiene, il rilevamento del biotopo trova impiego nella pianificazione territoriale, nei programmi di sviluppo urbano e in altre forme di intervento a vari livelli, per esempio, nella pianificazione dello sviluppo, nella pianificazione effettuata da esperti delle misure di conservazione della natura e del territorio (demarcazione delle aree protette, valutazione degli interventi) e nei programmi comunali di intervento (programmi comunali di tutela della natura, rilevamento e tutela dei biotopi, sostegno delle iniziative private). La formulazione di una serie di principi metodologici per un rilevamento applicabile a tutta l'area occidentale della Germania, effettuata dal gruppo di lavoro sui metodi per il rilevamento dei biotopi nelle aree edificate (Arbeitsgruppe Methodik der Biotopkartierung im besiedelten Bereich, 1993), ha lo scopo di fornire una base metodologica omogenea per una valutazione globale della situazione e per un'analisi ecologica degli ecosistemi urbani. In questo modo sarà più agevole comparare i risultati che potranno essere sviluppati da istituzioni statali, oppure dalle regioni e dai comuni, e verrà così dato maggior risalto all'obiettivo della preservazione della natura nelle aree urbane.
l diversi metodi utilizzati per il rilevamento del biotopo nelle aree urbane possono essere raggruppati in tre categorie (Sukopp e Weiler, 1986): il rilevamento selettivo, quello rappresentativo e quello globale. Il rilevamento selettivo considera solo gli habitat da tutelare e presuppone la definizione di un criterio per valutare quali biotopi meritino di essere tutelati e quindi rilevati. Il rilevamento rappresentativo registra esempi di tutti i tipi di uso dello spazio urbano, applicando i risultati a tutte le aree con la stessa struttura d'impiego. In questo modo si ottengono tipi o complessi di tipi di habitat caratterizzati biologicamente ed ecologicamente.
Il rilevamento non è direttamente associato alla registrazione del biotopo. Il rilevamento globale, invece, prende in considerazione le caratteristiche biologiche ed ecologiche di tutti gli habitat esistenti (ossia l'intera area). La registrazione è indipendente dalla valutazione. Il rilevamento rappresentativo e quello globale hanno in comune il fatto che i risultati ottenuti riguardano l'intera area studiata e che la valutazione degli habitat costituisce un momento separato. I confrni tra i diversi metodi di rilevamento, comunque, sono piuttosto flessibili.
Il rilevamento selettivo presenta il vantaggio importante di essere relativamente veloce, meno costoso e di richiedere un personale ridotto. Esso è in grado di fornire in breve tempo risultati utili per la pianificazione edilizia e i programmi di tutela della natura. Tuttavia, esistono varie ragioni che sconsigliano di utilizzare esclusivamente questo metodo. Di solito è possibile giudicare se un habitat ha i requisiti per essere protetto solo se lo si considera in relazione al contesto in cui è inserito. Se le aree da proteggere sono scelte in base al rilevamento selettivo, può accadere che non venga riconosciuta l'importanza di un habitat che svolge un ruolo essenziale come collegamento tra altri habitat di rifugio più estesi. Considerando solo i tipi rari di habitat, inoltre, si rischia di perdere di vista l'ambiente con il quale la maggioranza degli abitanti delle aree urbane è in contatto diretto. Queste considerazioni hanno indotto ad affiancare al metodo selettivo altri metodi per il rilevamento biologico ed ecologico dell'intera area edificata.
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