Snapchat, l’app preferita dai ragazzi
La chiave del successo di questa applicazione di messaggistica istantanea è la provvisorietà dei contenuti che spariscono nel giro di pochi secondi o poche ore, non lasciando traccia.
Non ci capite niente? Se non siete teenager, è normale. Come è normale non capiate perché dovreste investire tempo ed energie nella creazione di contenuti di massimo 10 secondi che spariranno presto (nella migliore delle ipotesi dopo 24 ore, nella peggiore subito dopo essere stati visualizzati). Eppure sono proprie queste le chiavi del successo di Snapchat, l’applicazione di messaggistica istantanea che ha fatto il botto nel corso degli ultimi mesi. Lanciata nel 2011 dall’allora studente a Stanford Evan Spiegel (classe 1990, attuale amministratore delegato della società), ha già accumulato oltre 150 milioni di utenti che vi si connettono ogni giorno, per un totale di 25-30 minuti secondo i dati forniti da Snapchat stessa. Il 60% sono giovani tra i 16 e i 24 anni e, se a questi si sommano anche gli under 35, si arriva a una percentuale pari all’86% degli utilizzatori. Secondo le stime fornite dal Global web index e relative al quarto trimestre 2015, in Italia l’app può contare su 673.000 utenti attivi, di cui il 60% maschi e il 40% femmine. Le percentuali sulle fasce d’età rispecchiano le tendenze globali: gli utenti tra i 16 e i 24 anni sono il 61%, quelli fra i 25 e i 34 il 22%.
Poi si scende drasticamente: gli iscritti tra i 35 e i 44 anni sono il 12%, quelli tra i 45 e i 54 il 3%, gli over 55 il 2%. Pochi numeri sufficienti a inquadrare perché Snapchat fa gola agli altri big della Silicon Valley, come fa gola il target sul quale l’applicazione ha più presa: i teenager. Quelli che sono sempre meno interessati ai social ‘tradizionali’: disertano Facebook, snobbano Twitter.
Snapchat, invece, a loro piace. Perché è creativo: si può intervenire sui contenuti come video e immagini aggiungendo filtri, colori, emoticon, testi e anche disegni. Perché mostra la vita reale: basandosi sull’effimero, Snapchat incoraggia a pubblicare contenuti senza preoccuparsi troppo. Né della qualità delle immagini, né dei contenuti stessi. Perché foto e video, che siano pubblici o privati, spariscono: questo incoraggia a mostrare la vita di tutti i giorni con la certezza che non resterà per sempre disponibile (e quindi rintracciabile) da qualche parte nel web.
Perché molti adulti, genitori compresi, non lo capiscono: così i teenager si sentono più liberi di mostrarsi come sono davvero. C’è addirittura chi ipotizza che il funzionamento del software stesso sia stato pensato proprio per essere incomprensibile ai non nativi digitali. Ma se all’inizio Snapchat veniva guardato con diffidenza dagli adulti, che spesso lo descrivevano (in modo a dir poco riduttivo) come ‘la piattaforma del sexting’, ora sta iniziando a incuriosire sempre più anche i non nativi digitali. Certo, il fatto che i contenuti che gli utenti si scambiano nelle chat private spariscano dopo essere stati visualizzati incoraggia l’invio di foto o video hard. Però Snapchat ha molte altre funzionalità e quelle di inviare foto e video non sono nemmeno le più utilizzate. La più usata invece è quella che riguarda l’invio dei messaggi (56%), poi viene l’aggiunta di amici (48%). La creazione di Storie (raccolte di snap pubblici che restano visibili per 24 ore) viene sfruttata dal 35% degli utenti, la visione delle Storie altrui dal 32%, le video-chat dal 27%.
Ciò che attira meno gli snapchatter è la possibilità di interagire con i brand: solo il 19% ne segue uno, solo il 14% usa Discover (funzionalità fornita ai media, a pagamento, che viene usata per proporre contenuti creati ad hoc per e sulla piattaforma).
Qui, almeno per il momento, il vero plusvalore lo danno le persone che riescono a trovare il modo di raccontarsi senza annoiare. E non c’è scampo, per sapere chi annoia e chi no bisogna interagirci, che si tratti di passare dalla chat privata o di visionarne le Storie pubbliche.
Altri criteri non ce ne sono: Snapchat, infatti, non fornisce nessun numero pubblico per misurare i risultati degli utenti, rendendo così difficile orientarsi nel mare magnum degli iscritti. Le informazioni che gli altri social rivelano nelle bio personali qui non ci sono: non si può sapere da quante persone è seguito un utente né quanti ne segue, da quanto tempo è presente sull’applicazione o quanti contenuti ha già pubblicato. Queste informazioni non sono disponibili nemmeno per l’utente stesso, che non sa (a meno di contarli uno per uno) quanti account lo seguono né quanti segue, la data esatta della sua iscrizione alla piattaforma e neanche quanti snap ha già pubblicato.
Per quantificare la propria presenza on-line ci sono solo 3 indicatori possibili. Due riguardano le interazioni degli altri utenti con i propri snap pubblici: a fianco compaiono infatti sia il numero delle visualizzazioni sia il numero degli screenshot. Il terzo indicatore riguarda il punteggio dell’utente ed è visibile a fianco del nome dell’account (agli altri iscritti solo nel caso 2 account si seguano reciprocamente): lo calcola Snapchat stessa valutando le azioni che si compiono tramite il software. Più un utente è attivo e più interagisce con gli altri utenti, commentandone le Storie o inviando chat private, più il punteggio sale.
Non è l’unico modo con cui l’app ‘premia’ il tempo che gli utenti passano connessi: per alcune particolari azioni questi ricevono anche dei trofei. Come molti altri trucchi e funzionalità del software, sta all’utente scoprirli. I più semplici premiano l’invio di una serie di selfie, altri si ottengono pubblicando uno snap pubblico in un particolare orario, per esempio tra le 4 e le 5 del mattino. Da un lato, insomma, usare Snapchat assomiglia a un gioco. Dall’altro, è tutto fuorché giocoso e anzi risulta piuttosto impegnativo: per non perdere il filo della narrazione altrui bisogna connettersi spesso.
Ecco perché più si impara a usarlo, più si tende a investirci sempre più tempo. Così, in parte puntando sul gioco e in parte facendo leva sulla sindrome del FOMO (acronimo che sta per Fear of missing out, la paura che spesso abbiamo di perderci qualcosa) in soli 4 anni Snapchat è riuscita a sorpassare i social più vecchi: a febbraio ha tagliato il traguardo dei 10 miliardi di video visti al giorno dai suoi iscritti (contro gli 8 miliardi visti da quelli di Facebook, che sono però 8 volte tanto) e a giugno ha superato Twitter per numero di utenti unici quotidiani (150 milioni contro 140 milioni). La valutazione è salita di pari passo: oggi Snapchat vale 18 miliardi di dollari. Con buona pace di chi, nel 2013, prese Spiegel per un arrogante startupper quando rifiutò l’acquisizione della sua creatura. Facebook aveva infatti offerto 3 miliardi, Google 4.
Avrebbero fatto comodo, certo. L’unica cosa che infatti non torna, in casa Snapchat, sono proprio i conti: le previsioni di fatturato per il 2016 si aggirano tra i 250 e i 300 milioni di dollari. Poco male, di piani per guadagnare Spiegel ne ha diversi. Un modello di business chiaro e definito ancora non c’è, ma negli ultimi anni l’app sta provando a testare diversi servizi che potrebbero tradursi in futuri guadagni. Nel 2014, per esempio, sono partiti i post sponsorizzati.
Nel 2015, invece, è stato inaugurato Discover. Entrambi gli strumenti avanzano a rilento, ma l’obiettivo di Snapchat è lanciare al più presto una grossa campagna per convincere gli inserzionisti a puntare sul software. Per farlo, Spiegel ha dovuto fare una (parziale) marcia indietro: se fino a pochi mesi fa si potevano pubblicare sulla piattaforma solo contenuti creati in tempo reale, da luglio il software è stato modificato in modo da permettere anche il caricamento di foto e video già presenti nella memoria dello smartphone. Una svolta che ha sì snaturato l’app, fino a quel momento basata solo sul ‘qui e ora’, ma ne ha anche modificato le funzionalità andando incontro ad abitudini ed esigenze degli utenti più ‘anziani’. I non nativi digitali, insomma. Cioè quelli che già guadagnano e sono pronti a spendere: il target giusto per attirare i futuri inserzionisti necessari per portare in attivo i bilanci della società.
150 mln
gli utenti che si connettono ogni giorno a Snapchat.
10 mld
i video visti al giorno dai suoi iscritti.
18 mld di $
il valore stimato di Snapchat.
330
sono le persone impiegate nelle varie sedi dell’azienda.
Spiegel, miliardario a 26 anni
Amministratore delegato della società, ad appena 26 anni, con un patrimonio personale di 2,1 miliardi di dollari, viene posizionato nella classifica mondiale dei miliardari redatta da Forbes all’854° posto, ovvero il miliardario più giovane al mondo. Figlio di avvocati di successo di Los Angeles, a 14 anni ha già costruito
il suo primo computer e quando deve scegliere il percorso universitario decide di andare alla Stanford University, dove conosce il cofondatore di Snapchat, Bobby Murphy. Spiegel e Murphy inventano, nel 2011, una app che si chiama Peekaboo: manda foto che poi rapidamente scompaiono dopo la visualizzazione, ma gli esordi sono tristi perché si contano solo poche centinaia di download. Nel frattempo l’applicazione viene ribattezzata Snapchat e in modo assolutamente casuale arriva il successo. Alcuni studenti scoprono infatti che l’applicazione è formidabile per passarsi i compiti in classe: infatti i messaggi dopo un po’ scompaiono dallo smarthphone e non possono quindi diventare delle prove contro chi ha barato. Il successo dell’applicazione è clamoroso e avviene in pochi mesi: a Natale del 2011 conta su 2000 utenti, che diventano 20.000 in gennaio e 100.000 nell’aprile 2012. Da quel momento arrivano i primi finanziamenti, il resto della storia lo raccontano le pagine economiche dei giornali di tutto il mondo.
Geofiltri, nuova frontiera della pubblicità
Snapchat offre da sempre ai propri utenti la possibilità di personalizzare testi e immagini che si intende condividere con strumenti che rendono strana, deformata o truccata la propria faccia o che permettono di aggiungere ai testi disegni, emoticon, etichette e filtri di vario tipo. La novità che sta dando non poche soddisfazioni all’azienda è il business legato a quelle figurine chiamate geofiltri, da applicare a mo’ di etichetta alle proprie immagini: la loro particolarità è che si rendono disponibili e si possono scaricare solamente da chi si trova in un luogo specifico compreso in un’area geografica che può andare da 2 a 500 km2 oppure durante un determinato evento. All’inizio è stata solamente la casa madre a metterli a disposizione, ovviamente preconfezionati su soggetti standard, poi, intuendo le enormi potenzialità economiche del servizio, Snapchat ha reso fruibile la creazione on-demand dall’utenza, sia a fini privati sia a scopi commerciali, naturalmente prevedendo nei 2 casi prezzi assai diversi. Nella prima opzione non si possono includere né nomi di aziende né url: per la cronaca, è stato McDonalds il primo brand ad attivare i propri geofiltri in tutti i suoi negozi statunitensi. Per un privato comunque creare un geofiltro non è poi così complicato: basta saper usare un editor di immagini, pagare qualche euro e questo permetterà a chiunque di offrire il proprio geofiltro a chi voglia scaricarlo.