L'archeologia bizantina
L'archeologia bizantina, intesa come autonomo campo d'indagine inserito nell'ormai articolato panorama delle archeologie postclassiche, è disciplina di genesi relativamente recente e che solo negli ultimi due decenni ha trovato, soprattutto al di fuori d'Italia, una sua prima collocazione nei sistemi accademici dei diversi Paesi. Al tempo stesso essa è però anche una disciplina di grande tradizione, che affonda le sue radici culturali nel mai sopito interesse manifestato dalla cultura occidentale per la civiltà bizantina nel suo complesso, già a partire, forse, dall'interesse latamente "archeologico" che può essere attribuito al saccheggio crociato di Costantinopoli (1204), evento che fruttò infatti alla cultura occidentale un numero impressionante di opere d'arte di diversa natura, che vennero avviate verso le principali collezioni signorili d'Europa e verso i nascenti mercati artistici del Mediterraneo occidentale. Un più specifico valore archeologico assume agli inizi del XV secolo l'attività di alcuni umanisti italiani, in particolare Ciriaco de' Pizzicolli (meglio noto come Ciriaco d'Ancona) e Cristoforo Buondelmonti, i cui lavori, conservati in diversa misura, costituiscono nel loro insieme una preziosa base di dati di carattere storico-antiquario, epigrafico e archeologico sui principali centri dell'impero bizantino e in particolare su Costantinopoli. Anche dopo la conquista da parte di Maometto II, e soprattutto tra XVI e XVII secolo, Costantinopoli divenne meta di una serie di missioni archeologiche, soprattutto francesi, tra cui spicca per sistematicità della ricognizione l'opera di P. Gilles, che raccolse nei quattro volumi del De topographia Costantinopoleos il primo censimento delle sopravvivenze archeologiche della capitale bizantina. Il secolo successivo vide l'ampliamento dell'orizzonte geografico delle ricerche, con l'attività di almeno tre generazioni di archeologi-artisti, che documentarono per la prima volta in disegni e incisioni i resti di epoca bizantina nelle principali città dell'Asia Minore, della Siria e della Palestina. Al 1828 risale l'avvio della pubblicazione con moderni criteri filologici del corpus delle fonti storiche bizantine, il quale gettò le basi per lo sviluppo di un'archeologia filologica ed esplorativa del mondo bizantino, che vide in Ch. Texier (1802-1871), E.-M. de Vogüé (1848-1910) ed E. Sachau (1845-1930) alcuni dei suoi principali rappresentanti, soprattutto per quel che riguarda lo studio e la documentazione delle evidenze archeologiche delle regioni dell'Asia Minore, dell'Armenia, della Mesopotamia e della Siria; ruolo analogo ebbero, alcuni decenni più tardi, le ricerche di Ch. Diehl (1864-1943) e S. Gsell (1864-1932) per quanto riguarda l'Africa settentrionale. Il primo venticinquennio del XX secolo vide un rapido sviluppo della disciplina, con il moltiplicarsi delle ricerche sul campo, la pubblicazione dei primi manuali (quello di E. Diehl del 1910 e quello di O.M. Dalton del 1911), la nascita di riviste scientifiche (Byzantinische Zeitschrift, Berlin 1892; Vizantijskji Vremmennik, Sankt-Peterburg 1900; Byzantion, Bruxelles 1924) e infine con la convocazione del I Congresso Internazionale di Studi Bizantini (Bucarest 1924), con una sezione dedicata alla filologia e all'archeologia bizantina. La fine della prima guerra mondiale e il mutamento complessivo del quadro politico-territoriale nei Balcani e nell'area medio- orientale crearono inoltre le condizioni per una ripresa dell'attività archeologica in quelle regioni e per l'avvio dei primi scavi specificamente indirizzati allo studio di siti archeologici bizantini. In particolare, a Istanbul nel 1921 si avviava lo scavo francese nel quartiere delle Mangane e pochi anni dopo si apriva l'indagine nell'area dell'ippodromo, all'interno della quale si inseriscono i primi studi sui reperti mobili d'età bizantina. Nello stesso torno di tempo si collocano, sempre a Costantinopoli, l'avvio dell'indagine preliminare e dello scavo nell'area del Grande Palazzo, poi ripreso nei primi anni Cinquanta, e, al di fuori di Istanbul, l'avvio delle ricerche sulle fasi di epoca bizantina di importanti siti di tradizione classica, da Antiochia a Efeso, ad Atene, a Corinto. Ancora nel periodo interbellico si collocano infine due indagini archeologiche che costituiscono importanti punti di riferimento nel percorso evolutivo dell'archeologia bizantina: l'avvio dello scavo estensivo della città nuova protobizantina di Caričin Grad (Iustiniana Prima), in Serbia, e le indagini aerofotografiche condotte da A. Poidebard sui siti archeologici del limes romano- bizantino di Siria. Gli anni immediatamente precedenti e successivi alla seconda guerra mondiale segnano un ulteriore importante passaggio nello sviluppo dell'archeologia bizantina, con la nascita, soprattutto nei paesi dell'Europa settentrionale e centrale, dell'archeologia medievale. Questa rinnovata attenzione per le testimonianze archeologiche dell'epoca postclassica ha avuto un riflesso immediato anche per quel che riguarda il mondo bizantino, particolarmente nei paesi dei Balcani e dell'Europa orientale, per i quali l'ambito cronologico proprio dell'archeologia medievale coincideva in buona misura con i secoli della dominazione bizantina, o comunque dell'influsso economico e culturale bizantino su quei territori. In questa prospettiva, un ruolo fondamentale veniva ad essere ricoperto dallo sviluppo metodologico dell'indagine archeologica, orientata non più solamente alla conoscenza e alla documentazione filologica del monumento, ma soprattutto alla ricostruzione delle dinamiche insediative, allo studio dei meccanismi che presiedono alla nascita e alla trasformazione del fenomeno urbano, alla definizione dei centri e dei mezzi di produzione, di scambio e di consumo delle merci, delle idee e dei concetti. A tale fase di rinnovato lavoro sul campo e di ripresa dell'elaborazione teorica ha fatto riscontro anche la nascita di una serie di riviste specializzate nell'analisi dei complessi rapporti tra mondo bizantino e mondo slavo, dai titoli spesso indicativi: Byzantinoslavica (Praha 1929); Byzantinobulgarica (Sofia 1962); Zbornik Radova Vizantoloskog Instituta (Beograd 1957); a queste si è affiancata la nuova serie della storica Starinar, la più antica rivista archeologica dell'area balcanica, nella quale amplissimo spazio è sempre dedicato alle ricerche di archeologia bizantina. Al di là delle problematiche connesse con il mondo slavo, il secondo dopoguerra appare caratterizzato da importanti attività di studio e di ricerca sul campo, tanto a Costantinopoli quanto nelle regioni periferiche del mondo bizantino. Sul territorio dell'antica capitale imperiale una serie di interventi archeologici condotti in concomitanza con la realizzazione di importanti opere pubbliche ha costituito la premessa alla ripresa delle indagini archeologiche nell'area del Grande Palazzo e all'avvio di una serie di attività di documentazione e di restauro di numerosi edifici religiosi di età medio- e tardobizantina. In quest'ambito si colloca anche lo scavo della chiesa di S. Polieucto, avviato nel 1964, che, sia per l'importanza del monumento sia per la qualità dell'intervento, costituisce a tutt'oggi uno standard di riferimento per l'archeologia urbana su siti bizantini. Al di fuori di Costantinopoli, soprattutto gli anni Sessanta hanno visto l'ampliarsi delle attività di ricerca sulle fasi bizantine di siti urbani pluristratificati (Sardi, Atene) e le prime applicazioni delle tecniche proprie dell'archeologia subacquea allo scavo di relitti di imbarcazioni di epoca bizantina. In quest'ultimo settore vanno almeno menzionati gli scavi dei relitti di Yassi Ada, sulla costa egea della Turchia (prima metà del VII sec.), e di Marzamemi, sulla costa sud-orientale della Sicilia (prima metà del VI sec.), divenuti contesti di riferimento rispettivamente per lo studio della circolazione anforaria e per il commercio di marmi lavorati nel Mediterraneo di epoca protobizantina. Lo sviluppo delle ricerche sul campo ha creato anche in questo caso le condizioni per la nascita, tanto in Europa quanto negli Stati Uniti, di nuove istituzioni e di nuove riviste scientifiche: il Dumbarton Oaks Center for Byzantine Studies di Washington (a cui sono collegati i Dumbarton Oaks Papers, forse la più prestigiosa rivista dedicata all'arte e all'archeologia bizantina); Cahiers Archéologiques (Paris 1945); Jahrbuch der Österreichischen Byzantinistik (Wien 1951). In questo contesto culturale internazionale si inserisce anche la nascita dei Corsi di Cultura sull'Arte Ravennate e Bizantina, avviati da G. Bovini nel 1955, a sancire gli stretti legami tra la cultura bizantina e quella dell'Alto Medioevo italiano. Sulla base delle premesse strutturali e metodologiche messe a punto negli anni Cinquanta e Sessanta, gli ultimi decenni hanno visto un significativo sviluppo della disciplina, con il moltiplicarsi del numero e della portata delle ricerche sul campo. Ad una fase di relativa stasi delle indagini di archeologia urbana, inevitabilmente condizionate dalla rapida e spesso incontrollata espansione delle città medio-orientali, ha fatto riscontro il consolidarsi della pratica di indagini a carattere estensivo basate sulla ricognizione topografica su scala regionale, facilitata dal generale buono stato di conservazione dell'evidenza archeologica in aree oggi a bassa densità insediativa. In questo settore, particolare rilievo hanno assunto le ricerche sui sistemi fortificati connessi con il limes imperiale nelle diverse regioni dell'impero: Africa, Siria e Palestina, Mesopotamia settentrionale, area danubiana. Parallelamente, ma su ambiti territoriali più ristretti, si sono sviluppati anche alcuni importanti progetti archeologici integrati, per lo più nati nel clima culturale legato alla New Archaeology (esemplari ad es. quelli relativi ai siti di Kenchreai, presso Corinto, o di Thisbe), in cui le fasi di epoca bizantina sono colte e studiate all'interno dei processi di lungo periodo che hanno presieduto all'insediamento e allo sfruttamento delle risorse del territorio tra la preistoria e l'età moderna. La rapida espansione vissuta dall'archeologia bizantina nell'ultimo trentennio non è però valsa a sanare ancora del tutto alcune lacune che ne hanno segnato lo sviluppo, già a partire dalla sua fase formativa agli inizi del XX secolo. In particolare, rimangono ancora evidenti la tendenza a privilegiare le ricerche su siti di età protobizantina, rispetto a quelle condotte su insediamenti relativi alle epoche successive, e una certa disomogeneità territoriale, per cui a regioni meglio conosciute, in particolare alcuni distretti dell'Africa settentrionale, dell'area siro-palestinese, dei Balcani e della Grecia, fanno riscontro regioni orientali e occidentali, in cui gli esiti pur importanti della dominazione bizantina o del prolungato contatto con quella civiltà appaiono ancora non sufficientemente indagati dal punto di vista archeologico. Anche all'interno degli ambiti cronologici e territoriali più sistematicamente studiati rimangono inoltre assai più lacunose le conoscenze a proposito di aspetti importanti della civiltà bizantina, a partire dalle fasi evolutive del fenomeno urbano nei secoli centrali e finali del millennio bizantino, per giungere agli aspetti relativi alla produzione, alla distribuzione e al consumo delle merci, a proposito dei quali sono, ad esempio, ancora in fase di prima elaborazione seriazioni dei materiali ceramici sufficientemente articolate su base regionale e sovraregionale. Difficoltà e disomogeneità di approfondimento permangono inoltre anche in discipline filologiche strettamente correlate con la ricerca archeologica: ad una ricca tradizione di studi sulla produzione e sulla circolazione monetaria nel mondo bizantino, fa ad esempio riscontro un singolare ritardo nelle ricerche di epigrafia, che vedono ancora solo parzialmente avviato il progetto della realizzazione di un corpus organico delle iscrizioni bizantine. La necessità di colmare tali disomogeneità e tali lacune attraverso indagini che privilegino proprio le regioni e le epoche fino ad oggi meno documentate, nonché l'adozione di opportune strategie di ricerca basate principalmente sull'impiego di tecniche di ricognizione estensiva e intensiva su scala regionale o subregionale, sono state individuate dalla critica più attenta alle prospettive metodologiche, come i passaggi fondamentali per lo sviluppo dell'archeologia bizantina nei prossimi decenni.
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