L'archeologia delle pratiche cultuali. I materiali votivi: caratteri generali
Nell'ambito delle indagini connesse con i complessi cultuali, i materiali votivi costituiscono un'ampia ed interessante messe di manufatti nota soprattutto grazie ai risultati della ricerca archeologica e il cui esame per quanto riguarda il mondo antico è oggetto negli ultimi decenni di studi analitici e di sintesi, volti a riconnetterli nell'ambito del più ampio panorama delle pratiche cultuali. A differenza di altri manufatti o strutture relativi all'ambito cultuale, per questa classe di materiali i risultati della ricerca archeologica sono fondamentali ai fini della sua conoscenza e, d'altro canto, essa stessa costituisce spesso l'unico indicatore della presenza e della diffusione di un culto. Per materiali votivi si intendono oggetti offerti ad una divinità per impetrare un atto salvifico o per ringraziare ad evento avvenuto. Di qui la più generica dizione moderna di ex voto, locuzione latina derivata dall'ellissi di ex voto suscepto ("secondo la promessa fatta"), formula talvolta apposta su oggetti offerti nei santuari e che, per estensione di significato, indica ormai anche i manufatti oggetto del voto. L'analisi dei materiali rinvenuti consente di definire una prima distinzione tra manufatti creati appositamente per essere votati, ad esempio i votivi anatomici ritrovati nel corso di scavi presso tanti templi greci e romani, e oggetti nati con altra destinazione d'uso e successivamente votati, la cui esemplificazione abbraccia ogni campo, dalle fuseruole e i pesi da telaio frequenti nei santuari antichi ai thesauròi greci, agli edifici di culto dedicati da committenti cristiani. Per questa seconda categoria è però necessario un atto che "sacralizzi" l'oggetto, lo trasporti dalla sfera del quotidiano a quella del soprannaturale, modificandone, sia pure in modo simbolico, il suo aspetto, come nel caso delle monete del deposito votivo di Fondo Ruozzo a Teano, che presentano sul lato profonde incisioni. In questa ottica, quindi, qualsiasi oggetto può diventare un ex voto, ma la caratteristica comune consiste nella necessità di rendere pubblico il voto, di esporre alla vista il manufatto, così che i santuari antichi, precristiani e cristiani, erano adornati da numerosissimi votivi appesi alle pareti e su ogni superficie a vista. Questo dato ci è noto dalle diverse fonti letterarie che attestano tale pratica (si veda, ad es., Persio, Sat., 88-90, oppure Tibullo, El., I, 3, 27-28). Esistono comunque, sia pure in misura minore, votivi che rappresentano ogni aspetto della vita quotidiana, frutti, animali, modellini di abitazioni o di templi, elementi architettonici. Va comunque messo in evidenza che ciò che oggi ci rimane (l'oggetto ex voto) è soltanto l'ultimo atto di un più vasto e complesso processo. Anche se nella grande maggioranza dei casi questo ci sfugge completamente, in linea generale si può dire che l'itinerario che porta all'offerta votiva parte dall'evento, passa per la richiesta di intervento soprannaturale, continua attraverso l'esaudimento, prosegue con il pellegrinaggio al santuario e si esaurisce con l'esposizione dell'oggetto che si offre. L'ex voto, in sostanza, non è tanto un oggetto, quanto piuttosto un comportamento, che però è per noi apprezzabile solo per l'atto finale, l'oggetto votato. Un altro limite della ricerca archeologica è dato dal taglio della documentazione arrivata sino a noi; infatti, per loro stessa natura ci sono giunti soltanto gli oggetti realizzati in materiale non deperibile, come la terracotta o il metallo, così che i risultati ottenuti vanno necessariamente integrati da quelli offerti da altre fonti, letterarie in primo luogo e talora anche iconografiche, che attestano la diffusa presenza di votivi in cera, dipinti, ecc. Ad esempio, sappiamo dalle fonti quanto fosse diffuso l'uso ‒ nel mondo romano ‒ delle tabellae pictae (scrive Giovenale, Sat. IV, 12, 27-28: et quam votiva testantur fana tabella / plurima pictores, quis nescit ab Iside pasci?). Il ruolo della ricerca archeologica assume però primaria importanza per quanto attiene alla conoscenza della dislocazione dei depositi votivi e della loro consistenza. La pressoché totalità dei votivi a noi pervenuti, infatti, proviene dagli scarichi creati in antico presso i santuari per riporre parte dei materiali e far posto successivamente ad altri. La distribuzione di tali scarichi in alcuni casi coincide con la presenza di santuari riconoscibile ancora in elevato e contribuisce a valutare la consistenza dell'afflusso di fedeli, oppure può contribuire ad identificare la divinità cui erano dedicati. Ci sono infatti casi nei quali il rinvenimento di numerose statuette, iscrizioni o simboli di una certa divinità concorre ad identificare il culto che nel santuario era praticato, anche se va tenuto sempre presente il caso dei cosiddetti visiting gods: in molti santuari del mondo antico dedicati sicuramente ad una divinità si possono trovare come ex voto statuette di altre. Tra i tanti casi, si può citare quello di Antas, in Sardegna, dove nel santuario di Sid / Sardus Pater è stata dedicata una statuetta di Shadrafa. Un'ulteriore casistica comprende infine quelle aree sacre non altrimenti note, per le quali la presenza di scarichi di votivi costituisce la sola traccia topografica. Rimanendo all'ambito sardo, è da citare l'area di San Giuseppe a Padria (Sassari), dove è stato rinvenuto un deposito molto consistente, ma senza che sia stato possibile riconoscere alcuna struttura muraria. L'analisi derivata dalle presenze archeologiche investe anche la sfera sociale, contribuendo alla conoscenza dell'organizzazione del lavoro collegata all'area sacra sulla base della consistenza dei depositi, ed artistica, nell'individuazione dell'importanza e del ruolo delle botteghe artigianali che realizzavano gli ex voto, nell'individuazione di filoni artistici generalmente popolari, non altrimenti noti da altri generi di beni. Lo studio comparato dei vari depositi votivi consente di pervenire a risultati particolarmente interessanti. Innanzi tutto è ormai possibile, almeno per alcune aree, definire le zone di diffusione dei ritrovamenti e la loro cronologia. Inoltre, la consistenza dei depositi e la loro serialità consente di stabilire connessioni, o contribuisce a rafforzare quelle già note da opere di maggior pregio, tra tendenze artistiche ed artigianali di diversa derivazione e diffusione. La tipologia dei materiali noti varia a seconda delle aree e comprende una vasta serie di rappresentazioni, ma la maggior parte afferisce alla sfera medica, riproducendo o personaggi che con la loro posizione alludono non tanto alla malattia, quanto alla sua sede, oppure parti anatomiche nelle quali il male ha sede o che sono state guarite. Ciò che in particolare va notato è che non è tanto importante mostrare la malattia in sé, quanto il soggetto vittima della malattia stessa; vi sono ampie testimonianze del fatto che la richiesta di intervento divina ‒ e quindi l'offerta dell'ex voto ‒ non è alternativa al ricorso delle cure mediche, ma anzi i due aspetti tra di loro si integrano. Sono numerosi infatti i casi di doni votivi per il buon esito della cura medica. Un esempio può essere quello degli ex voto dedicati nel santuario della dea Sequana, presso le sorgenti della Senna. Qui alcune tra le parti del corpo rappresentate mostrano chiaramente le applicazioni terapeutiche adottate: sul tallone di alcuni piedi è rappresentata una spugna, mentre su un busto sono chiaramente visibili le cinghie utilizzate per la cura delle ernie. Si tratta, quindi, di oggetti votati dagli stessi malati che si sono rivolti anche alle cure mediche; altrettanto si può dire dei malati che si recavano all'Asklepieion di Coo per sottoporsi al rito dell'incubazione, durante il quale, in sostanza, avevano veri e propri responsi medici; a tal proposito, è di grande interesse la notizia riportata da Strabone, secondo il quale lo stesso Ippocrate si sarebbe avvalso delle cure riportate nelle iscrizioni votive di questo santuario (Str., XIV, 2, 19).
Per la bibliografia si rimanda ai singoli contributi del capitolo dedicato all'archeologia delle pratiche cultuali. Comunque, si vedano, tra gli altri, i seguenti lavori con impostazioni di carattere metodologico:
R. Bernard - P. Vassal, Étude médicale des ex-voto des Sources de la Seine, in RAE, 9 (1958), pp. 328-58; M. Fenelli, I votivi anatomici di Lavinio, in ArchCl, 27 (1975), pp. 206-52; E. De Simoni (ed.), Ex voto tra storia e antropologia. Atti del Convegno promosso dal Museo nazionale delle arti e tradizioni popolari e dall'Associazione italiana di studi storico-antropologici (Roma, 15-16 aprile 1983), Roma 1986; J.-P. Morel, Ex-voto par transformation, ex-voto par destination (à propos du dépôt votif de Fondo Ruozzo à Teano), in M.-M. Mactoux - E. Geny (edd.), Mélanges Pierre Lévêque, VI. Religion, Paris 1992, pp. 221-32; A. Campus, Padria - I, Roma 1994; Id., Tra arte colta e arte popolare in Sardegna, in E. Acquaro (ed.), Alle soglie della classicità. Il Mediterraneo tra tradizione e innovazione, II, Pisa 1996, pp. 579-90; Id., Ex voto come fine, ex voto come mezzo, in RStFen, 25 (1997), pp. 69-77; Id., Osservazioni sugli ex voto medici, in RendLinc (c.s.).