L'archeologia delle pratiche funerarie. America Meridionale - Le aree, le sepolture, i corredi e i riti funerari
Le aree e le sepolture: premessa di Peter Kaulicke
Con l'arrivo degli Spagnoli venne costituendosi un vasto corpus di informazioni sulle pratiche funerarie e sull'ideologia relativa alla morte. Sebbene non esista una sintesi analitica di questo abbondante materiale attraverso cui sia possibile identificare possibili modelli di distribuzione, molte di queste pratiche sembrano presentarsi in forma dispersa e/o condivisa su estese regioni. Nelle Ande, in particolare in Colombia e in Perù, la presenza di metallo (soprattutto oro) nelle aree funerarie preispaniche portò a una loro sistematica distruzione e a un saccheggio generalizzato che prosegue ancora in tempi recenti, ad esempio nei siti di Malagana in Colombia (1992) e di Sipán (1987), La Mina (1989) e Loma Macanche (1993) in Perù. Nell'affanno di sopprimere le religioni autoctone, tra il XVI e il XVIII secolo gli extirpadores de idolatrías distrussero anche corpi mummificati e oggetti connessi con il culto dei morti. A partire dal XVIII secolo vennero intrapresi studi più sistematici, con descrizioni dei materiali recuperati nelle aree funerarie, che formavano parte delle collezioni dei musei europei e più tardi di quelli sudamericani. Alcune pratiche funerarie perdurarono in epoca coloniale e in certe aree sussistono a tutt'oggi, come attestato da relazioni di viaggio e da fonti etnografiche. Lo studio archeologico in senso moderno iniziò solo agli inizi del Novecento, anche se i risultati degli scavi in aree funerarie vengono pubblicati solo parzialmente, non essendo generalmente esaminata la totalità dell'area e rivolgendosi scarsa attenzione ai dati antropologici e al materiale non ceramico. Solo nell'ultimo ventennio del XX secolo è stata prodotta una documentazione più completa. Questo breve quadro storico rende parzialmente conto delle ragioni per le quali, nonostante l'importanza attribuita alla ceramica funeraria per la formulazione di cronologie regionali, l'analisi di aree sepolcrali specifiche (volta sia a chiarire questioni cronologiche, sia ad interpretare aspetti socioculturali) si limita a considerazioni generali all'interno di sintesi archeologiche globali.
Le aree. Definizione
Le aree sepolcrali sono costituite da spazi naturali o artificiali che delimitano strutture funerarie relazionate tra loro per forma, dimensioni, orientamento e contenuto; ciò implica un'occupazione prolungata da parte di gruppi sociali che si autodefiniscono mediante questi complessi. Generalmente le strutture sono sotterranee, in forma di fosse allungate e poco profonde o di pozzi quadrangolari o circolari di profondità maggiore, a seconda che si tratti di una sepoltura primaria (interramento di corpi interi) o secondaria (reinterramento). Evidenze di aree funerarie sono state identificate in tutti gli odierni Stati dell'America Meridionale e sono datate dagli inizi dell'Olocene fino alla Conquista, perdurando in alcuni casi anche nelle epoche successive.
L'evoluzione delle aree funerarie dall'Olocene antico al XVI sec. d.C.
Le evidenze di resti umani del Pleistocene sono ancora dubbie, mentre per l'Olocene antico (Arcaico Antico) sono state identificate aree funerarie sia nelle zone altoandine, sia sul litorale o nelle aree pianeggianti (Lauricocha e Paiján in Perù, Santana do Riacho in Brasile), costituite essenzialmente da gruppi di individui di entrambi i sessi (adulti e bambini) collocati in posizione flessa sulla spalla destra o sinistra all'interno di ripari rocciosi o, nelle zone di pianura, di accampamenti stagionali. Normalmente si tratta di gruppi ridotti, da meno di 10 individui fino a 40 (Santana do Riacho, dove è però attestato un prolungato periodo di occupazione funeraria). Nell'Olocene Medio (Arcaico Medio) le aree funerarie divennero considerevolmente più numerose e diversificate. I defunti continuarono ad essere interrati in ripari rocciosi, come ad esempio a Tequendama, in Colombia (5000-4000 a.C., 21 individui in posizione flessa e forse seduta) o a Telarmachay, in Perù, e in aree costiere (chiocciolai, o sambaqui, del Brasile). A Las Vegas (OGSE-80, costa del Guayas, Ecuador) sono state individuate 200 sepolture, sia primarie che secondarie o in associazione, datate tra il 6250 e il 4600 a.C. I corpi in connessione sono in posizione flessa, con le mani dinanzi al volto; alcuni individui hanno un corredo di cucchiai e collane di conchiglie marine e a volte sono associati a "pacchetti" di ossa in contesto secondario, così come a grandi concentrazioni circolari di resti ossei appartenenti a individui di entrambi i sessi, adulti e bambini. In alcuni villaggi del litorale peruviano risalenti allo stesso periodo, quali La Paloma e Chilca, i defunti erano collocati, avvolti in stuoie, all'interno di capanne. Nell'Alto Zaña sono state rinvenute ossa frammentate con tagli intenzionali, interpretate come evidenze di probabili pratiche antropofagiche; alcune sepolture di crani individuate ad Ayacucho suggeriscono l'esistenza di un concetto di "reliquia" come parte dell'idea di ancestralità. La tradizione Chinchorro, sviluppatasi nella costa settentrionale del Cile e diffusasi fino all'estremo sud del Perù, si caratterizza per complesse pratiche di mummificazione artificiale e per la collocazione delle mummie in gruppi.
Sulla costa del Brasile e fino all'Uruguay sono stati identificati chiocciolai contenenti numerose sepolture di individui in posizione flessa, accompagnati da oggetti litici geometrici (manufatti simili sono stati rinvenuti sulla costa cilena) e zoomorfi. A partire dal 3000 a.C. apparvero insediamenti più vasti con architettura monumentale, si affermarono le pratiche orticole e in buona parte dell'area settentrionale del continente iniziò la produzione ceramica. Le aree funerarie si ampliarono, formando nuclei ai margini degli insediamenti e tendendo ad essere totalmente isolate entro settori formalizzati. Dovettero esistere regole più chiare che nei periodi precedenti sull'orientamento e sulla postura dei defunti; gli oggetti associati suggeriscono una differenziazione dei ruoli in base al genere. Pozzi con fardos (involti funerari), in cui gli individui erano posti in posizione seduta, a volte con numerosi indumenti, anche d'oro, apparvero nella prima metà del I millennio a.C. nelle Ande Settentrionali e Centrali. Nello stesso periodo venne affermandosi la sepoltura in urne, che iniziò a essere predominante in tutto il settore orientale dell'America Meridionale, sebbene essa venisse praticata anche nelle Ande Settentrionali e Centrali (in Perù apparve per la prima volta associata alla cultura Salinar della costa settentrionale a partire dal II sec. a.C., perdurando fino al Periodo Inca).
L'impiego del termine "urna" non è comunque corretto, dal momento che frequentemente si tratta di sepolture primarie in grandi recipienti, di ossa complete o incomplete (secondarie, da precedenti sepolture) e di ossa bruciate e ceneri (cremazione) in altri di minori dimensioni. Dovrebbe essere definito come urna solo il recipiente contenente resti cremati, mentre nei rimanenti casi è preferibile impiegare il termine pithos. Frequentemente, soprattutto nei periodi tardi, tali recipienti accoglievano i resti di vari individui (fino a 25 in un'urna di Ayalán, Ecuador), sia completi, sia incompleti (primari o secondari). Le aree funerarie, o campi di urne, presentano dimensioni e forme diverse in un'area molto estesa, il cui centro è l'Amazzonia; ciò ha permesso la loro differenziazione per regioni e orizzonti. I recipienti adottano spesso le forme del corpo umano (figure sedute, coperchi con volti o figure complete o parziali, rappresentazioni modellate, dipinte o excise); in altri casi sono semplici, simili a quelli usati per la preparazione di bevande fermentate. I più spettacolari appartengono all'Orizzonte Policromo (Marajoara alla foce del Rio delle Amazzoni e Guarita del Medio Rio delle Amazzoni, entrambi in Brasile, Caimito nell'Alto Rio delle Amazzoni in Perù, Napo in Ecuador e Araracuara in Colombia) o all'Orizzonte Inciso e Punteggiato (Santarém e Itacoatiara in Brasile, Sangay in Ecuador, Camoruco, Arauquín e Valencia in Venezuela) e sono frequentemente associati a grandi insediamenti con monticoli.
La tendenza a collocare i defunti entro recipienti antropomorfi si osserva anche nelle Ande Centrali, con fardos di tela provvisti di teste posticce (costa centrale del Perù, 600-1300 d.C.) o statue antropomorfe, dette anche "sarcofagi", di argilla dipinta (dip. di Amazonas, Perù, probabilmente dei secc. XI-XIII d.C.). Negli ultimi secoli prima dell'arrivo degli Spagnoli si osserva anche la tendenza al riutilizzo sia dei fardos, sia delle strutture funerarie, cosa che implicava la loro riapertura. A tutt'oggi non sono stati adeguatamente analizzati aspetti quali l'organizzazione interna delle aree funerarie e la loro estensione, soprattutto a causa di problemi nella documentazione, che impedisce l'applicazione della stratigrafia orizzontale (analisi della ripartizione spaziale di elementi per la loro conversione in sequenza di contesti). In casi meglio documentati, come per la cultura Moche della costa settentrionale del Perù (300-800 d.C.), si osserva la tendenza a una serie di pratiche connesse con la posizione sociale e con l'ubicazione spaziale dell'area. A Pacatnamú si evidenzia un'espansione lineare da est a ovest, con circa 60 individui in posizione distesa entro fosse rettangolari. È stata rilevata l'applicazione di un rigido modello di orientamento in "coppie" di contesti, frequentemente sovrapposti in gruppi, che implicava la rimozione delle ossa degli individui precedentemente sepolti. In un'area vicina, nei pressi di strutture architettoniche monumentali, si ubica un altro settore in cui gli individui erano collocati sia in fosse, sia in deposizioni multiple entro camere a pozzo. I defunti, per la maggior parte di sesso maschile (nell'area descritta sembra trattarsi di un'intera popolazione), erano accompagnati da un numero maggiore di oggetti di migliore qualità e inoltre da ossa addizionali, appartenenti ad altri individui, che corrispondono in buona parte a quelle mancanti nella prima area. Potrebbe essersi trattato di popolazioni "donatrici" di ossa affinché altri gruppi si trasformassero in antenati. Ciò implica anche che dovettero esistere aree "specializzate" per adulti di sesso maschile e settori riservati ai bambini, impiegati frequentemente come "offerte". Vi sono infine gruppi di contesti interrelazionati in prossimità di uno principale, come attestano la forma e le dimensioni della struttura e la quantità e qualità degli oggetti associati che vi sono stati rinvenuti. L'ubicazione delle aree è connessa anche con il paesaggio naturale e culturale.
Nelle Ande Centrali, a partire dal Periodo Formativo (1500-200 a.C.), esse si concentrarono sul litorale, nelle località in cui i monti si avvicinavano alla spiaggia (Morro Eten, Lambayeque, costa settentrionale del Perù), su monti terrazzati (Morro di Arica, Cile; Warikayan, Paracas, costa meridionale del Perù), nei pressi di strutture cerimoniali (Huaca de la Luna, Pacatnamú e Batán Grande, costa settentrionale del Perù; Cahuachi, costa meridionale del Perù) e su vestigia architettoniche abbandonate (a partire dall'Arcaico Finale, siti di Asia, costa centrale del Perù, e Jequetepeque, costa settentrionale del Perù).
Le tipologie sepolcrali
I tentativi di elaborazione di tipologie sepolcrali prodotti a tutt'oggi in ambito sudamericano sono molto scarsi, anche a livello regionale. Ciò è dovuto a diverse ragioni: un elevato grado di saccheggi (huaquería), documentazione carente sui contesti scavati (basata a volte su informazioni prodotte dagli stessi saccheggiatori), scarsità di contesti associati, approcci analitici diversificati e approcci cronologici frequentemente basati su seriazioni stilistiche, in assenza di solidi riscontri archeologici. Questo complesso di limitazioni ostacola un approccio tipologico, che pure sarebbe di grande utilità. Di conseguenza, ci si concentrerà qui su un'area geografica più ristretta, quella delle Ande Centrali, e ci si limiterà alla presentazione generale del tema. Le forme principali delle strutture funerarie in quest'area sono: 1) le fosse, nella loro forma più semplice cavità poco profonde dal perimetro rettangolare, ovoidale allungato o ellittico, le cui dimensioni si adattano a un corpo umano in posizione distesa o flessa; 2) i pozzi dal perimetro circolare o quadrato, di una profondità notevolmente maggiore rispetto a quella del diametro della loro imboccatura. Queste forme sono compatibili con un trattamento primario dei corpi, sebbene i pozzi possano anche contenere individui in deposizioni secondarie, urne, ciste, ecc. La loro presenza, documentata in tutta la preistoria della regione, perdurò fino alle fasi successive all'arrivo degli Spagnoli; entrambe coesistettero o confluirono all'interno di altre forme. Allo stesso modo, esistono tipi più complessi che risultano da una combinazione di differenti elementi costruttivi, in particolare pozzi con camera. Qui di seguito saranno descritti brevemente i diversi tipi nel loro contesto spazio-temporale e si tratterà delle torri funerarie, caratteristiche della sierra.
Durante il Periodo Arcaico (ca. 10.000-1500 a.C.) prevalsero le fosse; nel corso dell'Arcaico Medio (6500-3000 a.C.) della costa centrale del Perù esse erano ubicate sotto capanne intenzionalmente demolite, a formare una copertura su cui erano solitamente collocate pietre da macina. Nella sierra e sulla costa settentrionale nel corso dell'Arcaico Finale (2000- 1500 a.C.) gli interni quadrangolari con focolare centrale delle strutture cerimoniali potevano essere trasformati in cripte mediante la sovrapposizione di un edificio, chiuso intenzionalmente con un tetto (La Galgada, dip. di Ancash, Perù). Questi ambienti hanno pareti intonacate e possono essere considerati come esempi precoci delle camere funerarie che sarebbero divenute una tipologia ricorrente durante i periodi successivi. Anche le fosse semplici potevano divenire vere camere funerarie mediante l'ampliamento delle loro dimensioni, il rivestimento delle pareti con pietre o adobes e la positura di una copertura, normalmente di tronchi di albero. Un antico esempio risalente al Periodo Formativo (1500- 200 a.C.) è costituito da una camera, purtroppo saccheggiata, identificata a Cerro Corbacho (valle dello Zaña, costa settentrionale del Perù), le cui pareti erano decorate da rilievi policromi. Un'altra tipologia, rappresentata da un corto pozzo cilindrico con piccola camera laterale chiusa da un muro di pietra, è stata rilevata sia sulla costa settentrionale del Perù (Cupisnique) che a Kuntur Wasi (sierra di Cajamarca) e si data al VII sec. a.C. In questo sito, tali camere a pozzo sono ricavate entro piattaforme funerarie, all'interno di un vasto complesso cerimoniale con architettura monumentale. Esistono anche pozzi relativamente profondi, con copertura, destinati ad ospitare fardos funerari verticali. Questa tipologia fu molto diffusa, soprattutto sulla costa meridionale del Perù. Durante il Periodo degli Sviluppi Regionali (200 a.C. - 600 d.C.), le pareti delle fosse vennero rivestite da placche litiche, trasformandosi in una sorta di protosarcofagi (cultura Salinar, ca. 200 a.C. - 200 d.C.), apparentemente derivati dal Formativo e attestati anche nella cultura Gallinazo (coeva a Salinar, ma protrattasi fino ad esserlo anche alla cultura Moche).
Nella cultura Moche (200-700 d.C.) si può percepire un livello maggiore di complessità, che è stato possibile apprezzare attraverso recenti ricerche sulla costa settentrionale. Perdurarono le fosse, che mostrano un perimetro marcatamente rettangolare, dal momento che esse erano destinate a contenere bare a forma di parallelepipedo e alcuni oggetti ai lati. Le camere rivelano uno sviluppo interessante, nel quale si osservano alcuni mutamenti sincronici e diacronici. Nella loro versione più antica (IV sec. d.C. ca.) esse erano rettangolari e relativamente grandi. Come esempio si può citare il sito di La Mina, nella valle del Jequetepeque, dove venne scavata una camera di 3,12 m di lunghezza, 2,12 m di larghezza, 2,12 m di altezza sul fondo di un pozzo a 5 m dal livello della superficie attuale. La camera ha un'armatura di 10 pali di carrubo (Prosopis pallida) all'interno di una struttura di pareti con adobes di forma parallelepipeda. Questi pali sostengono travi su cui era stata collocata una copertura di canne e argilla, chiusa con file di adobes. Notevoli sono le pitture murali di questo ambiente, che mostrano stringenti affinità con quelle di centri cerimoniali della stessa cultura ubicati nelle valli più meridionali (Chicama e Moche). Nella stessa valle vennero scavate altre camere, apparentemente simili, ma di dimensioni più piccole. Nel sito non ancora pubblicato di Dos Cabezas esse potrebbero corrispondere a una piattaforma funeraria e desta interesse il fatto che sono accompagnate da repositori minori, come le camere coperte da tronchi di carrubo. Tali repositori normalmente non contengono corpi umani, bensì oggetti di prestigio. La semplice camera del Vecchio Signore di Sipán, di cui si parlerà in seguito, forma probabilmente parte di questo complesso, allo stesso modo di altre camere e piattaforme funerarie (come probabilmente Loma Negra, dip. di Piura, estremo nord del Perù).
Mutamenti sostanziali avvennero durante le fasi tarde del Periodo Moche Medio (V sec. d.C.). Nelle regioni settentrionali apparvero grandi camere con nicchie (due in ogni parete laterale, una in quella principale) alla base di grandi pozzi, coperti da 17 travi di carrubo nel caso della tomba 1 di Sipán (6,6 × 6,7 m). In corrispondenza con la superficie della piattaforma funeraria si trova un ambiente semisotterraneo rettangolare con copertura di tronchi di carrubo (1,8 × 2,9 m) in cui erano stati deposti una grande quantità di ceramica, resti ossei, oggetti di rame, ecc. Questo tipo di camere è documentato in vari esempi nelle ultime fasi della piattaforma funeraria di Sipán. Più a sud esistono camere simili nelle valli del Chicama (complesso El Brujo) e del Moche (Huaca de la Luna). Nel complesso El Brujo è stata registrata un'interessante transizione tra i tipi antichi e quelli successivi. Nella sua forma originale una camera misurava 3,26 × 2,16 m e 1,5 m di larghezza e presentava resti di un pavimento di tavole di legno; le pareti intonacate recavano motivi policromi di personaggi antropomorfi armati di mazza e scudo. La camera venne riutilizzata coprendo le pareti originarie con file di adobes su cui furono realizzate piccole nicchie con falsa volta. Tutto venne poi coperto con tronchi di carrubo, altro materiale vegetale e fango. In questo sito esistono inoltre camere con nicchie all'interno di piattaforme realizzate, come a Sipán, con adobes che recano marchi. Il tetto, invece, è a doppio spiovente, costruito con strati di adobes sostenuti da un tronco in direzione nord-sud.
Questa tipologia relativamente tarda potrebbe essere tipica della zona di Chicama-Moche, dal momento che essa è stata identificata anche nella Huaca de la Luna. Nelle fasi finali della cultura Moche (Moche V) apparve un altro tipo di camera, costruita con pareti di adobes, anch'essa ubicata nel fondo di un profondo pozzo. Tali ambienti hanno dimensioni relativamente grandi (5 × 3,5 m), presentano un gran numero di nicchie (tra 10 e 16) e a volte una suddivisione interna. Coperti da tronchi di carrubo, essi destano interesse per la costruzione poco accurata, se comparata con quella degli esempi precedenti. A tutt'oggi tale tipo è stato identificato solo nella valle del Jequetepeque. Nella valle del Jequetepeque apparve nello stesso periodo anche un'altra tipologia, quella dei pozzi con camera laterale. Essi consistono in una sorta di dotto verticale integrato alla base da una camera laterale allungata e chiusa, in cui il defunto giace in posizione distesa. La camera è separata dal pozzo di accesso mediante un muro di adobes. Tale modello, risalente al Moche Medio (corrispondente al Moche IV delle regioni meridionali), perdurò nel Moche Recente. Variano le sue dimensioni, dal momento che essa può presentarsi come una sorta di cripta, come a Pacatnamú. Questo modello sembra derivare dalle strutture con pozzo e camera laterale del Formativo, una forma intermedia che appare notevolmente simile agli esempi tardi, corrispondente a Salinar-Gallinazo (La Bomba, Jequetepeque).
Un altro tipo, apparentemente indipendente, è quello che caratterizza i contesti Vicús (Piura, estremo nord del Perù). Qui i pozzi sono molto profondi (fino a 15 m), con una camera il cui profilo si presenta simile a quello di una bottiglia. Nella sierra settentrionale sono state identificate camere con nicchie situate al di sotto di tumuli, corrispondenti allo stile Recuay (Katak, dip. di Ancash), con pareti di pietre che probabilmente erano intonacate. Camere simili, coeve a quelle di stile Moche, sono presenti anche sulla costa meridionale (stile Nazca). Nel sito di La Muña (valle del Palpa) sono state individuate camere all'interno di piattaforme funerarie; una di esse si ubica sul fondo di un pozzo (diam. 4,5 m; prof. 5,5 m). Venne costruita una struttura quadrangolare (2,1 × 2,5 m, alt. 1,8 m) in adobes con due piccole nicchie. Il tetto è formato da 12 tronchi di huarango (Prosopis juliflora) su cui venne applicato uno spesso strato di fango e pietre. In questo caso è stata rinvenuta la piattaforma corrispondente sopra il pozzo, che recava costruzioni. Nello stesso sito vi sono anche pozzi ovali o rettangolari con una piccola camera laterale, dal tetto di tronchi di huarango e pacae (Inga feuillei), stuoie e uno strato di fango. Sulla sommità del tetto, anch'esso rivestito di fango, si creava una sorta di anticamera. Sulla costa centrale, durante l'Orizzonte Medio (600-1000 d.C. ca.), la posizione distesa venne progressivamente sostituita da quella flessa seduta e questo mutamento trova riscontro nelle strutture.
Accanto alle fosse apparvero anche pozzi e pozzi con camera laterale. La base di quest'ultima è più bassa rispetto a quella del fondo del pozzo. È probabile che queste strutture derivino da tipi molto simili, largamente diffusi nel Periodo degli Sviluppi Regionali (Tablada de Lurín, ecc.). Nel corso dell'Orizzonte Medio apparvero pozzi più profondi, con camera laterale più bassa in una serie di varianti, a volte con un piccolo ambiente addizionale nell'imboccatura. Queste strutture generalmente sono associate allo stile Teatino. Piccole camere rettangolari allungate con copertura vegetale, provviste di una sorta di anticamera, risalgono invece alla fine dell'Orizzonte Medio. Sulla costa settentrionale perdurarono le fosse. Verso la fine dell'Orizzonte Medio apparvero grandi pozzi verticali con nicchie laterali alla base, caratteristici della cultura Sicán; uno di essi, nel sito di La Poma (Lambayeque), ha perimetro quadrangolare (lungh. 3 m, prof. 12 m) e nella sua base si trovano sei nicchie, una delle quali di dimensioni maggiori e a pianta quadrangolare. La sua funzione è simile a quella dei repositori Moche, così come le nicchie ricordano quelle delle camere Moche.
Un altro tipo è costituito da una sorta di piramide rovesciata, con base quadrata (15 m di lato, prof. 12 m) scavata nell'arena compatta mediante strumenti di rame. La "piramide" di La Poma risulta particolarmente interessante in quanto essa è quasi interamente rivestita da tele di cotone, dipinte e incollate su lamine di tumbaga: una decorazione che può essere considerata una singolare evoluzione della tradizione pittorica murale Moche. Infine vi è un altro tipo di pozzo nel cui fondo si trova una sorta di piattaforma con pozzi per deposizioni multiple che circondano la struttura principale; questa tipologia potrebbe rappresentare una versione "sotterranea" delle piattaforme funerarie che sarebbero successivamente comparse a Chanchan. Sulla sierra vennero costruiti vasti complessi architettonici in cui si ubicavano strutture funerarie. A Huari (Ayacucho, sierra centro-meridionale), considerata la capitale del primo impero andino, sono state identificate camere formate da lastre di pietra accuratamente lavorate, poste all'interno di ambienti sotterranei chiusi da strutture a pianta generalmente rettangolare con apparati murari piuttosto variati, talora di ottima fattura. Tali camere possono avere diversi piani, come accade anche in un altro settore dello stesso sito, dove si trova un complesso di circa 20 pozzi rettangolari a mo' di piattaforma funeraria; tale sistema era collegato con un sistema verticale di pozzo, camere e pozzo leggermente conico, con rivestimento di pietra e muri profondi 6 m che attraversano tre piani sotterranei. Un complesso abbastanza simile, sebbene un poco più semplice, con lo stesso tipo di pozzo centrale, è stato scavato a Batan Urqu, in prossimità del Cuzco.
Una tipologia apparentemente nuova è rappresentata da nicchie funerarie entro muri di circonvallazione che si associano alle strutture più complesse. I profondi pozzi presenti nelle necropoli di molti siti della costa dell'estremo Sud del Perù e nell'area circum- Titicaca appaiono come forme tipo più elaborate dei pozzi con copertura di lastre di pietra. Entrambe le varianti perdurarono fino all'epoca Inca. Le piattaforme funerarie più complesse del periodo pre-Inca sono quelle di Chanchan, la capitale del regno di Chimor (nei pressi di Trujillo) conquistato dagli Inca. Costruite in tapia o adobes, esse formano parte delle nove ciudadelas (vasti recinti rettangolari) che compongono il sito e sono conchiuse entro recinti rettangolari con atrio dotato di muraglia, con un complicato sistema di accesso alla piattaforma elevata, sulla quale si trova una serie di camere rettangolari ordinate intorno a una camera centrale a forma di T. I recinti misurano da 52 × 34 m a 190 × 90 m (da 1800 a 17.000 m²); le piattaforme oscillano tra 27 × 27 m e 150 × 80 m, con altezze tra 3,5 e oltre 12 m. Le camere hanno differenti forme e il loro numero varia da 15 a oltre 100 per piattaforma. La complessità di queste strutture suggerisce che i recinti che compongono le ciudadelas siano stati, anziché depositi o luoghi di abitazione, grandi templi per gli antenati.
Una trattazione a parte meritano le torri funerarie, molto diffuse in tutta l'area centro-andina. Frequentemente esse sono definite chullpa e considerate vestigia di un'etnia in particolare, gli Aymara dell'area circum-Titicaca. Sia la denominazione, sia l'attribuzione etnica e cronologica non sono corrette. Le torri più antiche, che possono formare complessi anche di 15 strutture, risalgono al Formativo (Medio?) e sono ubicate nella valle del Jequetepeque. Si tratta di elevate strutture a pianta circolare (diam. 2-12 m), con un atrio o corridoio frontale leggermente elevato; le loro spesse pareti, di pietre con riempimento di terra, sono intonacate. Generalmente all'interno di tali strutture si trovava un pozzo di forma irregolare, riempito in successivi interventi. Più elaborate sono le strutture della sierra di Cajamarca (Chota), costruite su piattaforme, a pianta rettangolare (3,5-4,5 m × 2-2,5 m) e a quattro piani, ciascuno provvisto di un'entrata (alt. totale 7-8 m). Alcune sono decorate da rilievi che rivelano forti influssi Moche (probabilmente Moche Antico) e per tale ragione potrebbero essere coeve alle costruzioni funerarie della costa settentrionale. Durante l'Orizzonte Medio vennero edificati vasti complessi, in particolare nella zona del Callejón de Huaylas (dip. di Ancash), rappresentati da edifici rettangolari su piattaforme sovrapposte, come nel caso di Wilkawaín, nei pressi di Huaraz. Qui, sopra una terrazza con muri di circonvallazione, si trova una piattaforma rettangolare (54 × 35 m) su cui si erge un edificio (15,6 × 10,7 m, alt. 9,25 m) articolato su tre piani, ciascuno dei quali dotato di un ingresso su un lato differente. Nella facciata settentrionale della terrazza basale si osservano grandi nicchie. Ciascun piano ha sette ambienti interni, tre corridoi e quattro camere rettangolari. Il tetto piano possiede una cornice e potrebbe essere stato decorato da cabezas-clavas (tenoni litici) feliniche. Altri edifici simili sono stati identificati nel sito di Honcopampa, nella stessa regione. Alcuni elementi inducono a ritenere che queste strutture, presenti in numerosissimi siti, siano rappresentative di una tradizione ampiamente diffusa nella sierra settentrionale, le cui forme più antiche sarebbero costituite dagli edifici di Chota sopra citati.
Lo studio poco avanzato di queste strutture, l'enorme quantità di siti e di edifici presenti in ciascun sito, le caratteristiche della loro ubicazione e la scarsità di ricerche non permettono ancora di specificare le varianti regionali e diacroniche di questo importante complesso di evidenze, che potrebbe forse corrispondere a gruppi etnici distinti, così come alla presenza di un trattamento differenziato dei defunti in base al loro status sociale. Nel periodo immediatamente precedente agli Inca e nel corso dell'epoca Inca queste strutture si moltiplicarono, diversificandosi e diffondendosi dalle Ande Settentrionali fino al Cile e dalla selva amazzonica fino all'Argentina sud-occidentale. Sebbene le loro forme mostrino forti affinità (da quelle cilindriche a quelle coniche o quadrangolari, fino a quelle rettangolari con accesso di dimensioni ridotte), esse differiscono per dimensioni, materiali e tecniche di costruzione (pietre molto rozze, pietre accuratamente lavorate, fango), decorazione e particolari architettonici. Questi edifici vennero eretti su piattaforme in luoghi elevati, in penisole o su alti ripari rocciosi. La loro distribuzione spaziale potrebbe corrispondere a quella delle etnie conosciute al momento della Conquista.
Un esempio "classico" di chullpa è rappresentato da quelle del sito di Sillustani, nei pressi di Juliaca (dip. di Puno, Perù), che per la loro eccellente tecnica muraria sono state attribuite agli Inca. I tipi più elaborati hanno pianta circolare, leggermente svasata nella parte superiore, e mostrano una sorta di "cinturone" e tetto arrotondato. All'interno si trovano una struttura di pietra più rozza e uno spazio relativamente ridotto con tetto a forma di falsa volta. Questa tipologia e altre simili, documentate in molti siti dell'altipiano, evocano una forma fallica. Nella sierra centrale (Canta, Atavillos Bajo, prov. di Lima) le torri hanno forma quadrangolare, tetto piano con cornici e un'altezza di 5-6 m (ma che può raggiungere anche i 10 m); apparentemente esse erano dipinte. Al loro interno, cui si accede mediante una piccola entrata, si trova un ambiente con falsa volta e nicchie a vari livelli. Un altro accesso laterale conduce a un ambiente più piccolo con un condotto d'aria. Le camere funerarie si ubicano sotto il pavimento e in un piccolo edificio addossato alla struttura principale. Questo sistema sotterraneo assume quasi l'aspetto di un ipogeo a vari piani. Un altro tipo presenta pianta circolare e un'unica sala priva di nicchie, con una colonna centrale. In questo caso le camere funerarie si trovano al di sotto di spazi dove venivano sacrificati lama, sotto il pavimento interno della struttura. Anche queste strutture possono avere diversi livelli al di sotto di quello principale, come accade anche in caverne naturali modificate all'interno, che ospitano costruzioni funerarie su diversi piani. In base alla ceramica associata, tali costruzioni potrebbero essere state edificate a partire dagli inizi dell'Orizzonte Medio (Nievería), perdurando ancora in epoca Inca, ciò che implica un lasso cronologico di circa 900 anni. Sfortunatamente gli studi in merito si basano su dati generici degli anni Venti e Trenta del Novecento, e dunque non è possibile delineare una tipologia adeguata di queste costruzioni.
Strutture complesse sono state individuate anche nella sierra centro- settentrionale di Tantamayo (dip. di Huánuco), dove vi sono grandi torri collegate a muraglie di circonvallazione (anch'esse con nicchie funerarie) cui si accede dall'interno dell'insediamento. Sono rettangolari (largh. 2-3 m, lungh. 8-12 m, alt. fino a 12 m) e si articolano su tre, quattro o cinque piani; esistono anche torri più piccole, da due a tre piani. Come gli altri edifici descritti, esse hanno tetto di lastre di pietra con interni a falsa volta. Scavi limitati segnalano la presenza di spazi quadrangolari e di un sistema di canali associati alle torri. La presenza di canali sembra un elemento ricorrente in molte strutture funerarie della sierra, a partire dal Periodo Formativo, sebbene la documentazione al riguardo sia estremamente carente. In definitiva, parrebbe dunque che certe tipologie funerarie fondamentali abbiano avuto nell'area centroandina una tradizione lunga e ininterrotta. A partire dall'Arcaico Finale comparvero camere inserite all'interno di strutture cerimoniali, le quali si vennero trasformando in piattaforme funerarie. Tali piattaforme comprendevano generalmente camere rettangolari con tetto e pozzo e formavano parte di più vasti complessi a carattere cerimoniale. Quanto alle strutture ubicate sulla sommità delle piattaforme, non si hanno ancora sufficienti informazioni. Piattaforme parrebbero anche essere state connesse con le torri funerarie che, risalenti al Formativo, a partire dall'Orizzonte Medio vennero diversificandosi in svariate tipologie, talora anche molto complesse.
Bibliografia
Per le aree:
B.J. Meggers - C. Evans, Archaeological Investigations at the Mouth of the Amazon, Washington (D.C.) 1957.
F. Engel, A Preceramic Settlement on the Central Coast of Peru: Asia, Unit 1, in TransAmPhilosSoc, 3 (1963).
A. Cardich, Lauricocha, Fundamentos para una prehistoria en los Andes Centrales, in ActaPraehistA, 1 (1964-66), pp. 3-171.
C. Evans - B.J. Meggers, Archaeological Investigations on the Rio Napo, Eastern Ecuador, Washington 1968.
G. Correal Urrego - T. van der Hammen, Investigaciones arqueológicas en los abrigos rocosos del Tequendama, Bogotá 1977.
C.B. Donnan - C.J. Mackey, Ancient Burial Practices in the Moche Valley, Peru, Austin - London 1978;
A. Prous, Fouilles du grand abri de Santana do Riacho (M.G.), Brézil, in JSocAmer, 67 (1979-80), pp. 163-83.
J.C. Tello - T. Mejía Xesspe, Paracas. Segunda parte. Cavernas y Necrópolis, Lima 1979.
D.E. Beynon - M.I. Siegel, Ancient Human Remains from Central Peru, in AmAnt, 1 (1981), pp. 167-78.
M. Julien - D. Lavallée - M. Dietz, Les sépultures préhistoriques de Telarmachay, in BIFEtAnd, 10 (1981), pp. 85-100.
P. Kaulicke, Gräber von Ancon, Peru, München 1983.
J. Quilter, Life and Death at Paloma. Society and Mortuary Practices in a Preceramic Peruvian Village, Iowa City 1985.
A. Prous, L'archéologie en Brézil. 300 siècles d'occupation humaine, in Anthropologie, 90 (1986), pp. 207-306.
F. Kauffmann et al., Andes amazónicos: sitios intervenidos por la Expedición Antisuyo/86, in Arqueológicas, 20 (1989).
A.C. Roosevelt, Moundbuilders of the Amazon: Geophysical Archaeology on Marajó Island, Brazil, San Diego 1991.
C. Elera - J. Pinilla, Rites funéraires à Puémape pendant la Période Formative, in DossAParis, 2 (1992), pp. 16-21.
P. Kaulicke, Moche, Vicús-Moche y el Mochica Temprano, in BIFEtAnd, 21 (1992), pp. 153-303,
T.D. Dillehay (ed.), Tombs for the Living: Andean Mortuary Practices, Washington 1995.
I. Shimada, Cultura Sicán. Dios, riqueza y poder en la costa norte del Perú, Lima 1995.
J.P. Chaumeil, Entre la memoria y el olvido. Observaciones sobre ritos funerarios en las tierras bajas de América del Sur, in BAUnCatPerú, 1 (1997), pp. 207-32.
C.B. Donnan - D. McClelland, Moche Burials from Pacatnamu, in C.B. Donnan - G.A. Cock (edd.), The Pacatnamu Papers, II, Los Angeles 1997, pp. 17-187.
P. Kaulicke, Contextos funerarios de Ancón. Esbozo de una síntesis analítica, Lima 1997.
P. Kaulicke (ed.), La muerte en el antiguo Perú. Contextos y conceptos funerarios: una introducción, in BAUnCatPerú, 1 (1997), pp. 7-54.
V. Standen, Temprana complejidad funeraria de la cultura Chinchorro (norte de Chile), in LatAmAnt, 2 (1997), pp. 134-56.
Per le tipologie:
J. Hyslop, Chulpas of the Lupaca Zone of the Peruvian High Plateau, in JFieldA, 2 (1977), pp. 149-70.
E. Bonnier, Las ruinas de Tantamayo. Vestigios de una ocupación tardía (Provincia de Huamalies, Departamento de Huánuco), in BLima, 14 (1981), pp. 38-53.
G.W. Conrad, The Burial Platforms of Chan Chan: Some Social and Political Implications, in M.E. Moseley - K.C. Day (edd.), Chan Chan: Andean Desert City, Albuquerque 1982, pp. 87-117.
R. Ravines, Arqueología del valle medio de Jequetepeque, Proyecto de Rescate Arqueológico Jequetepeque, Lima 1982.
E. González - E. Bragayrac Davila, El área ceremonial en la ciudad de Wari: una hipótesis, Ayacucho 1983.
P. Kaulicke, Gräber von Ancon, Peru, München 1983; T. Grieder et al., La Galgada, Peru. A Preceramic Culture in Transition, Austin 1988.
P. Kaulicke, Moche, Vicús-Moche y el Mochica Temprano, in BIFEtAnd, 21 (1992), pp. 153-303.
Id., Los orígenes de la civilización andina. Arqueología del Perú, in J.A. del Busto (ed.), Historia general del Perú, I, Lima 1994.
S. Uceda - E. Mujica (edd.), Moche: Propuestas y perspectivas. Actas del Primer Coloquio sobre la cultura Moche, Lima 1994.
Y. Onuki (ed.), Kuntur Wasi y Cerro Blanco. Dos sitios del Formativo en el norte del Perú, Tokyo 1995.
I. Shimada, Cultura Sicán. Dios, riqueza y poder en la costa norte del Perú, Lima 1995.
W.H. Isbell, Mummies and Mortuary Monuments. A Postprocessual Prehistory of Central Andean Social Organization, Austin 1997.
P. Kaulicke, Contextos funerarios de Ancón. Esbozo de una síntesis analítica, Lima 1997.
Y. Seki, Excavaciones en el sitio La Bomba, valle medio de Jequetepeque, Cajamarca, in BAUnCatPerú, 1 (1997), pp. 115-36.
J. Zapata, Arquitectura y contextos funerarios Wari en Batan Urqu, Cuzco, ibid., pp. 165-206.
W. Alva Alva, Sipán. Descubrimiento e investigación, Lima 1998.
R. Franco - C. Gálvez - S. Vásquez, Tumbas de cámara Moche en la plataforma superior de la Huaca Cao Viejo, Complejo El Brujo, Programa Arqueológico Complejo El Brujo, in Boletín, 1 (1999), pp. 5-54.
P. Kaulicke, Memoria y muerte en el Perú antiguo, Lima 2000.
I. Pérez, Estructuras megalíticas funerarias en el complejo Huari, in BAUnCatPerú, 4 (2000).
M. Reindel, Ausgrabungen in Los Molinos y La Muña. Ergebnisse der Grabungskampagne 1999 des Archäologischen Projektes Nasca-Palpa, Süd-Peru, in Schweizerisch-Liechtensteinische Stiftung für archäologische Forschungen im Ausland, Jahresbericht 1997, Zürich - Vaduz 2000, pp. 67-95.
I riti funerari di Tom D. Dillehay
Dalle fonti etnostoriche e dalle relazioni etnografiche sulle antiche culture andine si può rilevare che le pratiche funerarie documentate presso molte società delle ultime fasi preispaniche e del periodo storico e presso gli odierni gruppi etnici si relazionano con il culto degli antenati, con la struttura del sistema di parentela, con gli assetti politici e con le divisioni territoriali, con la gestione del potere e con gli investimenti economici effettuati nei riti funerari, nei corredi e nella costruzione delle tombe. Nell'area andina gli antenati (i defunti) ebbero un ruolo tanto centrale nella società da influenzarne la struttura stessa. Il culto degli antenati è un "teatro della struttura sociale", in cui "le decisioni derivanti dall'identificazione del gruppo con un nucleo immutabile, dall'interpretazione delle volontà degli antenati e dalle norme che regolavano l'accesso dei vivi al mondo degli antenati erano cariche di effetti imprevedibili e mutevoli per il gruppo e per gli interessi personali" (F. Salomon).
Non si sa a quanto lontano nel tempo possa essere estesa questa caratterizzazione del mondo andino. Sebbene nelle Ande non siano stati rinvenuti resti scheletrici che possano essere attribuiti con certezza al Pleistocene, per l'arco cronologico compreso tra le fasi iniziali e quelle terminali dell'Arcaico (9000-4000 anni fa ca.) le sepolture sono relativamente comuni. Caratteristiche di questo periodo sono le deposizioni primarie e secondarie e le sepolture singole e multiple, in cui si ritrovano talvolta resti di cremazioni o di corpi mutilati. In alcuni siti le usanze prevedevano che i defunti fossero seppelliti in depressioni poco profonde o in fosse utilizzate come magazzini, situate a pochi metri di distanza dalle abitazioni (elemento dal quale si può presumere che in vita gli inumati ne fossero stati gli occupanti). La mummificazione è la più spettacolare pratica funeraria del Periodo Arcaico: il clima estremamente arido delle coste desertiche del Perù e del Cile ha preservato il passato forse meglio che in qualsiasi altra area del pianeta. In questa regione, gli archeologi cileni hanno riportato alla luce resti umani attribuibili all'evoluta cultura Chinchorro.
Circa 6000 anni fa i gruppi Chinchorro fabbricavano reti di cotone, arponi, ami compositi e altri utensili per lo sfruttamento delle risorse marine. Le loro pratiche funerarie comprendevano la mummificazione intenzionale del defunto e la riesumazione periodica del corpo per processioni rituali. Le differenze riscontrate nei trattamenti funerari di questo periodo indicano che le pratiche di sepoltura rispondevano a comportamenti relativamente formalizzati e che in gran parte delle regioni esse non si erano ancora ristrette a un'unica modalità. Anche in Ecuador e Perù nelle fasi terminali di questo periodo divennero più frequenti le aree cimiteriali organizzate, le sepolture contenenti oggetti di prestigio o almeno le norme relative alla scelta dei luoghi e delle modalità di sepoltura; tali norme segnalano gli inizi di una differenziazione sociale tra i membri delle comunità locali dell'Arcaico Recente. Tuttavia, scarsi indizi di status socioeconomici diversificati si notano nelle tombe di molte delle società che tra 4000 e 2000 anni fa costruirono centri cerimoniali in Ecuador, Bolivia e Perù: in essi non sono state identificate elaborate tombe nobiliari, ad esempio, né evidenze dell'accumulo di beni di prestigio da parte dell'élite. R. Burger ritiene che in questi centri fosse data maggiore importanza all'ideologia religiosa e all'edificazione di imponenti monumenti, piuttosto che alla costruzione di sontuose tombe per la nobiltà. Nonostante la ricchezza espressa talvolta nelle strutture architettoniche e negli oggetti della cultura materiale, l'assenza di sepolture d'élite lascia presumere che in questo tipo di società la religione fosse un elemento predominante.
La sepoltura delle classi dominanti in tombe complesse implica un diverso tipo di relazione tra i vivi e i loro antenati e tra un luogo di sepoltura e l'uso fattone dalla comunità dopo l'inumazione dei defunti. Mentre i gruppi arcaici collocavano il corpo sotto terra e generalmente chiudevano in modo permanente la sepoltura, le strutture a piramide e le chullpa (torri funerarie) comportavano l'ergersi della costruzione sopra il livello del terreno, consentendo il perdurare della sua visibilità, se non dell'accessibilità, dopo il seppellimento. In Colombia, Ecuador, Perù e Bolivia sono state rinvenute alcune tombe a camera a cui si poté certamente accedere per un lungo arco di tempo e che lasciano presumere un consistente investimento di lavoro e riti periodici che ponevano in comunicazione la comunità dei vivi con quella dei defunti. Tali siti vennero utilizzati anche per altri scopi: dopo il loro abbandono, essi furono considerati sia come luoghi sacri in cui i gruppi di epoche successive seppellivano i loro morti, sia come luoghi strategici o santuari per stabilire contatti con gli antenati. Esempi di fastose tombe nobiliari associate a culti ancestrali si rinvengono negli altopiani di San Agustín (Colombia). Da un iniziale raggruppamento di villaggi agricoli, il sito divenne un complesso cerimoniale e funerario.
Dispersi su una vasta area si trovano circa 40 siti con piattaforme residenziali, demarcazioni di terreni, canali di drenaggio e necropoli caratterizzate da tumuli funerari di terra e da imponenti statue di pietra. Tra gli altri chiefdoms andini in cui siano documentati culti degli antenati, architettura monumentale e sepolture dalla complessa struttura vi sono i Tairona e i Chibcha della Colombia, le prime culture agricole di Valdivia, Machalilla e Chorrera delle coste dell'Ecuador, la cultura Chiripa e le culture boliviane del primo periodo Tiwanaku, le culture Alto Ramírez ed El Molle dei territori aridi del Cile, le culture Belén, La Candelaria, El Alamito e altri gruppi dell'Argentina nord-occidentale, oltre a centinaia di società ancora scarsamente note che si svilupparono nei bassopiani tropicali orientali dell'America Meridionale. Tra i rinvenimenti più spettacolari degli ultimi decenni si segnalano alcune complesse tombe Moche e più recenti sepolture Inca. La scoperta di una tomba risalente a 1700 anni fa a Sipán (valle del Lambayeque, costa settentrionale del Perù) ha fornito nuovi importanti dati sullo status della nobiltà locale nella cultura Moche, che dominò su gran parte dei litorali settentrionali del Perù nel I millennio d.C. Poco dopo la scoperta della tomba del cosiddetto Signore di Sipán, altre sepolture nobiliari sono state scavate a Sicán e in altri luoghi. L'investimento lavorativo dei gruppi Moche per la costruzione di tombe e per la produzione di beni di corredo è impressionante e testimonia l'importanza del legame tra i vivi e i signori defunti. Gli oggetti rituali rinvenuti nelle tombe e i fregi dipinti sui muri delle piramidi funerarie documentano il regolare svolgimento di cerimonie durante le quali venivano sacrificati prigionieri di guerra, secondo una pratica che rappresentava un tratto dominante della religione Moche. Una tradizione andina di grande antichità è quella del sacrificio umano.
Sepolture sacrificali Inca e piattaforme cerimoniali sono state scoperte da J. Rheinhard in isole e montagne localizzate in aree tra loro molto distanti, come l'Ecuador e il Cile. I sacrifici umani offerti alle divinità della montagna potrebbero avere consentito agli Inca di approfondire lo stretto legame tra vivi e morti e tra popolazione, riti ufficiali e paesaggio andino. I corpi, in ottimo stato di conservazione, delle vittime sacrificate rinvenuti sui picchi innevati e i resti umani mummificati appartenenti alla più antica cultura Chinchorro rivestono importanza anche per altri motivi: l'interesse degli studiosi si concentra sull'analisi dei tessuti umani, al fine di determinare la presenza di agenti patogeni. Si possiedono dati anche sul trattamento funerario riservato agli individui comuni: come i loro antenati dell'Arcaico, essi erano seppelliti in fosse scavate sotto il pavimento delle abitazioni o in necropoli comunitarie di città e villaggi. La maggioranza degli studi archeologici sulle usanze funerarie si è comunque concentrata sulle sepolture nobiliari e sulle modalità mediante cui queste pratiche mantenevano o sviluppavano particolari linee di autorità e di eredità tra i vivi e i defunti.
bibliografia
A. Beorchia Nigris, El enigma de los santuarios indígenas de alta montaña, in RCentrInvAAltaMont, 5 (1985).
A. Acosta, La extirpación de idolatría en el Perú: origen y desarrollo de las Campanas, in RevAnd, 9 (1987), pp. 171-95.
R. Burger, Chavín and the Origins of Andean Civilizations, London 1992.
T. Eugene, South America, in Wonders of the Ancient World: National Geographic Atlas of Archaeology, Washington 1994.
T.D. Dillehay (ed.), Tombs for the Living: Andean Mortuary Practices, Washington 1995, in part. pp. 315-55.
W. Isbell, Mummies and Mortuary Monuments. A Postprocessual Prehistory of Central Andean Social Organization, Austin 1997.
I corredi funerari di Peter Kaulicke
Premessa
A partire dal XVI secolo i contesti funerari sono stati sistematicamente saccheggiati, in primo luogo per l'affanno di impadronirsi degli oggetti di metallo prezioso (soprattutto oro), che venivano fusi immediatamente dopo il loro recupero. Dal XVIII secolo gli interessi antiquari stimolarono anche l'attenzione verso gli altri oggetti, al fine di acquisirli entro collezioni o musei. Solo agli inizi del XX secolo M. Uhle scavò in aree funerarie di diversi Paesi dell'America Meridionale, documentando i contenuti delle strutture individuate e convertendo questi dati in uno schema cronologico ancora oggi essenzialmente corretto. Purtroppo i suoi lavori sono stati solo parzialmente pubblicati e la maggioranza dei materiali rimane inedita. In Perù questa situazione si perpetuò con J.C. Tello e R. Larco Hoyle, i primi archeologi nazionali, che rinvennero centinaia di contesti in diverse aree del Paese, particolarmente sulla costa settentrionale, centrale e meridionale, ma i cui numerosi lavori pubblicati presentano solo informazioni scarse e incomplete. L'influenza di Tello perdura a tutt'oggi nell'archeologia peruviana e i rinvenimenti di Larco Hoyle hanno recentemente trovato conferme grazie a progetti su ampia scala che hanno raccolto insospettate informazioni sulla cultura Moche della costa settentrionale del Perù. Contesti funerari, apparentemente appartenenti alle élites, sono stati identificati a Sipán (Lambayeque), Dos Cabezas, San José de Moro e La Mina (Jequetepeque), Cao Viejo (Chicama) e Huaca de la Luna (Moche). Tali progetti sono proseguiti a Kuntur Wasi (Cajamarca), con contesti di élite del Periodo Formativo, e a Batán Grande (Lambayeque), con imponenti strutture funerarie della cultura Sicán o Lambayeque, erede della cultura Moche. Sebbene non siano state ancora dettagliatamente pubblicate, queste ricerche hanno avuto grande impatto sull'archeologia americana. Comparata con queste fonti di informazione, la ricerca archeologica condotta in altri Paesi sudamericani non ha offerto contributi sostanziali: i Paesi andini (dalla Colombia al Cile) soffrono di una costante depredazione di questo tipo di contesto archeologico e dunque lo stato delle conoscenze è ancora inadeguato. In ragione di quanto esposto, ci si dovrà qui concentrare sulle evidenze provenienti dal Perù.
Caratteristiche principali e loro implicazioni
Un contesto funerario si può suddividere in tre parti: 1) la struttura funeraria; 2) l'individuo interrato; 3) gli oggetti associati. Si intendono come associazioni tutti quegli elementi la cui appartenenza all'individuo e alla struttura è certa, nel senso che essi formano un'unità, a differenza di altri la cui esistenza è circostanziale, come il materiale di riempimento o le evidenze di una successiva riutilizzazione del contesto. L'intenzionalità di tali associazioni si può valutare attraverso il modello di distribuzione delle diverse categorie (ceramica, metallo, ornamenti, armi) in relazione al corpo. In questo senso si devono distinguere i manufatti a diretto contatto con il corpo (ad es., oggetti nelle mani o in bocca, collane od ornamenti auricolari indossati o collocati all'interno di ricettacoli, bare, fardos, urne, ecc.) da altri che ne sono separati (in nicchie, camere laterali, ceste, ecc.). Questa differenziazione è dovuta alla necessità di isolare gli oggetti nel caso di contesti multipli o della presenza di vari individui, che implica un uso prolungato del contesto generale. La loro disposizione spaziale si orienta verso le diverse parti del corpo dell'individuo sepolto. Gli oggetti corrispondono a funzioni definite, connesse con la posizione sociale del o degli individui, con diverse fasi del rito funerario e con idee escatologiche. Pertanto, essi integrano significativamente i dati specifici del contesto generale e, per altri versi, forniscono gli elementi fondamentali per determinare l'ubicazione cronologica.
La quantità e la qualità degli oggetti associati determinano l'interpretabilità dei contesti funerari. Partendo dall'assioma secondo cui un contesto funerario è parte di un rito funerario che inizia addirittura prima della morte fisica, proiettandosi verso un futuro desiderato dall'individuo e dalla società che lo seppellisce, si può supporre che gli oggetti e le loro modalità di collocazione nella struttura e in relazione all'individuo stesso riflettano queste concezioni. In analogia con quanto avviene nella società Inca, tali concezioni sono focalizzate sull'ancestralità e sull'assunzione da parte dell'individuo di una nuova identità, mediante la quale egli può rientrare in contatto con il gruppo umano, favorendolo o punendolo. Questo tipo di ideologia, ancora presente in molte comunità andine e anche presso i gruppi amazzonici, è probabilmente applicabile anche al passato pre-europeo, soprattutto per le élites. Qui di seguito si espongono le categorie principali degli oggetti pertinenti. Nei contesti funerari i recipienti di ceramica sono solitamente gli oggetti più comuni. Tra di essi si distingue la cosiddetta "ceramica funeraria", in ragione del fatto che la sua fabbricazione e il suo uso sono esclusivamente destinati alla collocazione nella struttura funeraria. Effettivamente esistono recipienti la cui funzionalità domestica non è molto evidente, ma la cui decorazione allude chiaramente al tema della morte. Di particolare importanza a questo riguardo sono le bottiglie con ansa a staffa della cultura Moche, che in passato sono state utilizzate per porre le basi di una cronologia stilistica articolata in cinque fasi. Più recentemente i complessi disegni a tratto sottile sono stati interpretati come sequenze narrative di carattere essenzialmente mitico. Sembra che tali sequenze rappresentino una sorta di Libro dei Morti, una guida alla rigenerazione che autorizza la comparazione con una categoria di vasi Maya, le cui rappresentazioni sembrano in relazione con il Popol Vuh. In tali scene è spesso rappresentata anche l'offerta di bevande all'interno di un contesto cerimoniale che sottolinea l'importanza di feste o banchetti dei nobili.
Risalta anche la quantità dei vasi di grandi dimensioni, probabilmente contenenti chicha (bevanda fermentata, ottenuta generalmente dal mais): a livello mitico il liquido rappresentava il sangue dei prigionieri sacrificati. Un'altra categoria di ceramiche è costituita da quelle scultoree, che sembrano conformare scene, come nel caso di Sipán, dal momento che esse sono riunite in gruppi (ad es., guerrieri con individui che pregano, prigionieri, ecc.). Infine esistono i cosiddetti "repositori", pozzi associati alle camere funerarie dei contesti più complessi, nei quali venne deposta una quantità ancora maggiore di oggetti; nel caso della tomba 1 di Sipán si tratta di oltre 1000 recipienti fittili. Dal Formativo al Periodo Inca, nei contesti funerari più complessi gli oggetti di metallo sembrano essere stati ancora più apprezzati, dal momento che frequentemente essi appaiono più elaborati e in quantità maggiori rispetto alle ceramiche, le quali nel caso di Sipán e in altri sono di minore qualità. Si tratta in primo luogo di orejeras (ornamenti auricolari), narigueras (ornamenti nasali), copricapi, corone, maschere funerarie, collane, pettorali, braccialetti, tuniche, così come di lingotti posti nella bocca e nelle mani del defunto (nel caso degli individui appartenenti alla società Moche). Essi a volte appaiono in serie, allo stesso modo di armi, sia reali che in miniatura, di emblemi e scettri. Nel caso dei contesti più complessi di Sipán, questi oggetti formano strati al di sopra e al di sotto del defunto, conformando pertanto sequenze. Sembra che tali sequenze siano simili a quelle delle ceramiche pittoriche, elemento che indicherebbe la trasformazione del defunto in antenato divinizzato, giacché divinità appaiono in molti degli oggetti che le accompagnano.
Sia gli oggetti di metallo, sia la ceramica sembrano essere stati prodotti da laboratori specializzati al servizio dell'élite, anche se essi non sono stati a tutt'oggi individuati. Oro, argento, rame e rame dorato lavorati a martellatura, sbalzo e fusione assumono forme estremamente diversificate in un'ampia varietà di oggetti, che dovettero essere specificatamente fabbricati per comporre il corredo funerario. La quantità e qualità del materiale e la sua localizzazione all'interno di sequenze architettoniche permettono di chiarire l'ubicazione cronologica a partire da studi mirati, che consentono anche di porre in relazione molti altri pezzi saccheggiati con un contesto noto. Per problemi di conservazione, altre categorie di manufatti sono meno frequenti, come ad esempio i tessuti, di eccellente qualità nel caso dei contesti multipli dei fardos di Paracas nella costa meridionale del Perù (scavi di Tello), ma poco frequenti nella costa settentrionale, sebbene anche i contesti Moche fossero probabilmente caratterizzati dalla presenza di tessuti molto elaborati, conservati nel caso di Pacatnamú (scavi di H. Ubbelohde-Doering) e in molti altri casi di contesti saccheggiati in località della costa centro-settentrionale. Anche questi tessuti sembrano formare sequenze (ad es., i manti bordati con motivi complessi di Paracas), apparentemente riferite anch'esse alla trasformazione del defunto in antenato. Le variopinte piume di uccelli tropicali generalmente non si sono conservate, ma esse devono avere adornato copricapi, manti e altri oggetti, come i ventagli.
Anche le maschere funerarie in oro, come quelle della cultura Sicán, erano decorate da piume incollate e dipinte. Alcuni uccelli provenivano dalla selva: non si esclude che essi fossero allevati in cattività, così come i tigrillos e altri animali i cui resti sono stati anch'essi rinvenuti in alcuni di questi contesti. Un caso eccezionale è rappresentato dal fardo funerario di un puma (Felis concolor), probabilmente proveniente dal sito di Pachacamac (costa centrale), che subì lo stesso trattamento di un essere umano. Dal Formativo al Periodo Inca per la fabbricazione di collane vennero utilizzate pietre quali la sodalite, la crisocolla e i lapislazzuli, così come conchiglie marine (in particolare Strombus e Spondylus) e ossa di animali. Dai contesti più complessi di Sipán è stato possibile ricostruire collane di eccezionale fattura. Il livello tecnico di questi lavori è sorprendente e dovette richiedere la presenza di gruppi di artigiani specializzati al servizio delle élites. Occorre infine citare la presenza di altri individui all'interno della stessa camera, a loro volta associati a vari oggetti. La relazione tra l'occupante principale e questi individui è difficile da interpretare. In alcuni casi si tratta di persone sacrificate, il cui decesso avvenne subito prima della loro collocazione finale; in altri casi potrebbe trattarsi di individui che accompagnavano il morto dopo un suicidio o un sacrificio rituale, o di persone precedentemente decedute e reinterrate in questo contesto. L'analisi degli oggetti associati potrebbe agevolare l'interpretazione di tali evidenze, così come la definizione del tipo di relazione con l'individuo principale.
La grande quantità di evidenze materiali provenienti dai contesti funerari costituisce una fonte di primaria importanza per chiarire alcuni aspetti del potere politico, delle concezioni escatologiche, dell'organizzazione economica delle "corti", delle relazioni politiche con altre élites e di aspetti come l'etnicità e la territorialità. È infine fondamentale l'identificazione di contesti funerari riferibili a gruppi sociali caratterizzati da minore ricchezza e di contesti privi di offerte; occorrerebbe anche individuare contesti funerari appartenenti ad artigiani (nella zona urbana di Huaca de la Luna, nella valle del Moche, sono state localizzate officine con contesti funerari associati). Attraverso studi più dettagliati sarà possibile chiarire alcuni tratti culturali delle società su cui non esistono fonti scritte.
bibliografia
A. Baessler, Altperuanische Kunst. Beitraege zur Archaeologie des Inca- Reichs, Berlin 1902-1903.
J.C. Tello, Los antiguos cementerios de Nazca, in Proceedings of the Second Pan-American Scientific Congress, I, 1917, pp. 283-91.
Id., Antiguo Perú, Primera Época, Lima 1929.
R. Larco Hoyle, Los Mochicas, I-II, Lima 1938-39.
J.C. Tello, Paracas. Primera parte, Lima 1959.
R. Larco Hoyle, Perú. Archaeologia mundi, Ginebra 1966.
E.B. Dwyer - J.P. Dwyer, The Paracas Cemeteries: Mortuary Patterns in a Peruvian South Coastal Tradition, in E.P. Benson (ed.), Death and Afterlife in Pre- Columbian America, Washington 1975, pp. 145-61.
H. Ubbelohde- Doering, Vorspanische Gräber von Pacatnamú, München 1983.
W. Alva Alva - C.B. Donnan, Tumbas reales de Sipán, Los Angeles 1993.
S. Uceda - E. Mujica (edd.), Moche: Propuestas y perspectivas. Actas del Primer Coloquio sobre la cultura Moche, Lima 1994.
C.B. Donnan - G.A. Cock (edd.), The Pacatnamu Papers, II, Los Angeles 1997.
P. Kaulicke, Contextos funerarios de Ancón. Esbozo de una síntesis analítica, Lima 1997.
P. Kaulicke (ed.), La muerte en el antiguo Perú. Contextos y conceptos funerarios: una introducción, in BAUnCatPerú, 1 (1997), pp. 7-54.
S. Uceda - E. Mujica - R. Morales (edd.), Investigaciones en la Huaca de la Luna 1995, Trujillo 1997.
W. Alva Alva, Sipán. Descubrimiento e investigación, Lima 1998.
P. Kaulicke, Algunas reflexiones sobre la cronología Moche, in S. Dedenbach - C. Arellano - H. Prümers (edd.), 50 años de estudios americanistas en la Universidad de Bonn, Bonn 1998.
Id., La muerte del Inca. Aproximaciones a los ritos funerarios y la escatología Inca, in Actas del IV Congreso Internacional de Etnohistoria (Lima, 23-27 junio 1996), III, Lima 1998, pp. 134-71.
P. Kaulicke (ed.), Max Uhle y el Perú antiguo, Lima 1998.
S. Uceda - E. Mujica - R. Morales (edd.), Investigaciones en la Huaca de la Luna 1996, Trujillo 1998.
C.B. Donnan - D. McClelland, The Burial Theme in Moche Iconography, Washington 1999.
R. Franco - C. Gálvez - S. Vásquez, Tumbas de cámara Moche en la plataforma superior de la Huaca Cao Viejo, Complejo El Brujo, Programa Arqueológico Complejo El Brujo, Boletín, 1 (1999), pp. 5-54.
P. Kaulicke, Muerte y memoria en el Perú antiguo, in El Perú en los albores del siglo XXI, Lima 1999, pp. 89-114.
Id., Memoria y muerte en el Perú antiguo, Lima 2000.