L'archeologia delle pratiche funerarie. Estremo Oriente
Nei siti riferibili alla cultura antico neolitica Cishan-Peiligang (6500-5000 a.C.) l'area cimiteriale, con sepolture singole in semplici fosse rettangolari, appare già chiaramente distinta da quella residenziale; nelle necropoli della media valle del Fiume Giallo gli inumati sono prevalentemente orientati verso sud, mentre in altre aree, ad esempio nella valle del Fiume Wei, si segnala l'orientamento ad est. Nelle facies neolitiche della Cina meridionale, ad esempio nel sito di Guilin (Prov. di Guangxi), sono stati riscontrati, invece, resti di sepolture in grotte calcaree naturali che suggerirebbero una diversificazione nelle pratiche sepolcrali forse determinata dalle caratteristiche geologiche locali. L'organizzazione sociale dei villaggi neolitici in clan e gruppi unilineari di consanguinei si rivela nella configurazione delle aree sepolcrali. Nell'ambito della cultura Yangshao (5500- 3000 a.C.), che interessò l'ampia area delle attuali province di Hebei, Shanxi, Ningxia, Mongolia Interna meridionale, Shaanxi, Gansu, Qinghai, Hubei occidentale, le aree funerarie sono sempre separate da quelle residenziali, spesso cinte da fossati. A Banpo (Xi'an, Prov. di Shaanxi), ad esempio, sono state rinvenute oltre 130 sepolture in fossa intenzionalmente disposte a gruppi; si tratta di tombe singole, ma anche doppie e quadruple, appartenenti ad individui adulti il cui corpo è disteso in posizione dorsale; gli infanti erano sepolti, all'interno di vasi di ceramica, vicino alle abitazioni o fra le tombe degli adulti. La medesima tipologia sepolcrale si nota nella maggior parte delle necropoli Yangshao, dove sono attestate tombe singole e multiple sia primarie, con individui in posizione supina, sia secondarie con le ossa disposte ordinatamente o casualmente ammassate (in alcuni casi parte degli arti è stata rimossa e conservata in urna); comune è la presenza di un corredo funebre, di norma deposto sui piedi, costituito da vasellame, utensili d'uso quotidiano e oggetti di ornamento personale. Un elemento strutturale, che risulta comune all'architettura funebre Yangshao e a quella di altre coeve culture neolitiche, come ad esempio la cultura Dawenkou (ca. 4500-2500 a.C.) del basso corso del Fiume Giallo (Prov. di Shandong e Prov. di Jiangsu settentrionale), è la presenza di una più o meno stretta piattaforma perimetrale di terra (ercengtai) utilizzata per la disposizione del corredo funerario e realizzata o costruendo con ciottoli e frammenti di argilla cotta uno stretto bancone perimetrale sul fondo della fossa o utilizzando lo spazio di risulta derivato dallo scavo di un piccolo vano rettangolare destinato a contenere il defunto. In ambito Dawenkou, le necropoli della fase antica (ca. 4500-3500 a.C.), come a Wangyin e Liulin, sono caratterizzate da fosse disposte con regolarità, mentre i poveri corredi sono distinti secondo il sesso del defunto. In diverse aree cimiteriali della fase media (ca. 3500-2900 a.C.), tra cui quelle dei livelli antichi e medi di Dawenkou, dei livelli basali di Chengzi e di Xixiahou e il livello superiore di Dadunzi (Prov. di Shandong), sono stati portati alla luce gruppi di tombe a fossa rettangolare, la maggior parte singole con il defunto in posizione supina e con corredi di composizione standardizzata; vi sono però anche tombe con due (maschio-femmina adulti) o tre individui (coppia di adulti e un giovane). I defunti sono generalmente orientati a est o a nord-est. Per le tombe più ricche si segnala l'uso di sarcofagi fatti con assi o tronchi di legno, in alcuni casi posti all'interno di una camera sepolcrale realizzata con tronchi di diversa grandezza, e della piattaforma ercengtai ove erano deposti particolarmente ricchi corredi funerari. Nella fase tarda (ca. 2900-2500 a.C.), infine, ad un incremento della differenza tra tombe ricche e povere, come nel livello necropolare tardo di Dawenkou, Xixiahou e Chengzi, si accompagna una disposizione più casuale delle fosse di sepoltura e, particolarmente a Chengzi, si nota una separazione tra tombe di diversa ricchezza. Nelle regioni del Nord-Ovest, alla cultura Hongshan (ca. 4500-2500 a.C.; valle del fiume Liao e del Taling, alteterre della Mongolia interna e del Liaoning) sono riferibili una serie di necropoli collinari formate da più o meno vasti monticoli sepolcrali coperti da pietrame e contenenti sepolture (sia primarie che secondarie) e, nel sito di Niuheliang, altari in pietra. A Hutougou presso Fuxin (Prov. di Liaoning), ad esempio, è stato messo in luce un monticolo di terra delimitato da un recinto irregolare (diam.13,5 m) costruito con rocce e pietrisco sotto il quale si sono rinvenuti frammenti di ceramica dipinta e, lungo il lato esterno, 11 cilindri di ceramica dipinta, forse originariamente interrati come rinforzo di quella sezione del recinto o per scopo rituale. In questo contesto sono venute alla luce 2 tombe, una al centro del monticolo e una all'esterno, entrambe costruite con lastre di pietra disposte a formare vani a pianta rettangolare. Quella esterna (sepoltura n. 3) era suddivisa in 5 camere, 4 con una sepoltura singola e una forse contenente 2 individui. In entrambe le tombe, il corredo funebre consisteva di manufatti rituali di giada, per lo più zoomorfi. In generale, i monticoli delle necropoli collinari Hongshan hanno una struttura rituale articolata in diversi tipi di tomba (grandi sepolture al centro del monticolo, sepolture a scalini, comuni e di accompagnamento) che si distinguono per forma e dimensione, per la struttura ipogea o non ipogea, per la presenza o assenza di determinati elementi di corredo quali i manufatti rituali di giada e di ceramica; tali differenze sembrano riflettere una struttura sociale già in fase di gerarchizzazione. Nella regione intorno al lago Taihu (basso Yangtze) è da riconoscere l'area di distribuzione di comunità neolitiche risicoltrici, archeologicamente riferibili alla cultura Majiabang (ca. 5500/5000-3800 a.C.). Nel sito eponimo è stata messa in luce un'area sepolcrale, a ovest e nord-ovest dell'insediamento, formata da semplici e disperse sepolture singole, dove i defunti erano deposti proni e con il capo orientato verso il Nord. Con la successiva fase culturale nella regione del Taihu, la cultura di Songze (ca. 4000-3000 a.C.), la tipologia sepolcrale presenta sostanziali differenziazioni rispetto ai precedenti tipi Majiabang. Le sepolture, infatti, sono spesso disposte in file regolari, gli inumati giacciono in posizione supina, orientati verso sud/sud-est e sono accompagnati da corredi numericamente e qualitativamente differenziati che evidenziano l'insorgere di posizioni di status all'interno delle comunità. Diversi elementi nella tipologia ceramica e nella ritualità funeraria suggeriscono contatti sia verso nord con la cultura Dawenkou, sia verso ovest con la cultura Daxi (ca. 5000-3000 a.C.) del lago Dongding (medio Yangtze). Tra il 4000 e il 3000 a.C. le evidenze archeologiche relative alle culture neolitiche della Cina cominciano a manifestare una crescente comunanza di elementi culturali che indicano, secondo K.C. Chang, il crearsi di una "sfera di interazione culturale" da cui sarebbe emerso il nucleo costitutivo della civiltà cinese storica. Tra le culture cinesi del III millennio a.C. archeologicamente meglio conosciute vi è la cultura Longshan della media e bassa valle del Fiume Giallo (ca. 3000-2000 a.C.). Le necropoli Longshan sono situate generalmente vicino all'abitato; a Chengziyai (Prov. di Shandong) le tombe, tutte individuali in fosse rettangolari con i defunti orientati a sud-est, si possono suddividere in quattro classi principali: di grandi dimensioni con ampia piattaforma superiore, camera funeraria di legno e ricco corredo; più piccole dotate di bara lignea; ancora più piccole e semplici senza bara e con pochi arredi e, infine, semplici fosse appena sufficienti a contenere il corpo, prive di sarcofago e di corredo. Queste sepolture sono concentrate in tre aree distinte del cimitero e ogni gruppo comprende tutte le quattro classi, ma del tipo più ricco solo cinque sepolture sono state riscontrate all'interno dei tre gruppi. Secondo quando sostiene Chang, saremmo di fronte ad uno dei più antichi esempi di modello necropolare associato ad un lignaggio stratificato. Le sepolture riferibili alla cultura Liangzhu (ca. 3300-2200 a.C.) del basso Yangtze, pur non presentando sostanziali differenze rispetto a quelle della precedente cultura Songze dal punto di vista della disposizione dei defunti, non soltanto si segnalano per le significative innovazioni nella composizione e ricchezza del corredo funerario, che indicano un cambiamento nell'orizzonte simbolico e rituale con la diffusione di particolari manufatti rituali di giada e la probabile presenza di sacrifici umani, ma, soprattutto, mostrano, come quelle della cultura Hongshan, di far parte di un sistema cultuale che prevede una certa monumentalità delle aree funerarie. A Fanshan (contea di Yuhang, Prov. di Zhejiang) è stato messo in luce un monticolo artificiale di circa 3000 m² nella cui porzione meridionale sono state scavate 11 tombe a fossa allineate su due file presso una piattaforma rituale in terra battuta. Una struttura simile è stata rinvenuta nel non distante sito di Yaoshan; anche qui sono state scavate 11 tombe a fossa disposte su 2 file nella porzione sud di una piattaforma di 400 m² su un monticolo artificiale in terra interpretabile come un altare. Quest'ultimo sarebbe da ritenere tra i prototipi degli altari su terrazza artificiale di epoca storica. Nella transizione tra età neolitica e prima età del Bronzo è da inquadrare il sito di Taosi (distr. di Linfen, Prov. di Shanxi), databile alla fine del III millennio a.C., in cui è stata messa in luce un'estesa necropoli di diverse migliaia di tombe ‒ indice anche di un'area densamente popolata e di una continuità nell'occupazione del territorio ‒ che si distinguono per dimensioni e composizione dei corredi. Si tratta di fosse singole, con i defunti orientati a sud-est, distribuite in due o più gruppi e suddivisibili in tre classi dimensionali: grandi, medie e piccole. Le fosse più grandi, con ogni probabilità riservate all'élite, appartengono a individui maschi deposti in sarcofagi lignei cosparsi di cinabro con corredi di varia composizione, comprendenti dai 100 ai 200 manufatti. Lo schema prevalente prevede una grande tomba associata a due medie contenenti resti scheletrici di individui di sesso femminile, facendo ipotizzare che tali gruppi di tre sepolture possano essere riferiti ad un capo lignaggio accompagnato dalle sue consorti. Di poco posteriore a Taosi è il sito di Erlitou (contea di Yanshi, Prov. di Henan; ca. 1900-1500 a.C.) le cui quattro fasi stratigrafiche si pongono fra la fine della cultura Longshan e la più antica fase Shang di Erligang (Zhengzhou); molti studiosi, per lo più cinesi, vorrebbero attribuire almeno due di tali fasi (fasi II-III) alla prima delle dinastie della Cina, la dinastia Xia (secc. XXI-XVI a.C.). Poco si è scavato dei livelli necropolari di Erlitou, ma dai dati disponibili si evince chiaramente, nelle sepolture delle fasi II e III, una dicotomia tra sepolture in fosse, con o senza ercengtai, fornite di ricchi e sofisticati corredi, talvolta entro sarcofago ligneo con tracce di cinabro, e sepolture prive di corredo, la maggior parte delle quali, o in strettissime fosse rettangolari, o in fosse circolari o in fosse amorfe, presentano individui che erano stati sepolti, spesso in posizione prona e scomposta, alcuni forse ancora vivi, come vittime di sacrifici rituali. Le proporzioni e l'abbondanza del corredo funerario delle tombe più ricche, in ogni caso, non sono che una pallida anticipazione della complessità rituale e della scala monumentale delle tombe reali di Yin, ultima capitale (secc. XIII-XI a.C.) della dinastia Shang (secc. XVI-XI a.C.). A Yin (Anyang, Prov. di Henan) si è portato alla luce un nucleo "urbano" formato da strutture palaziali e da una vasta necropoli, generalmente riconosciuta come il cimitero del clan reale; fuori da questo nucleo, ma ancora parte dell'area della capitale, sono state individuate aree cimiteriali e residenziali, con una commistione fra resti domestici e funerari, riservate ai membri dell'aristocrazia e alla popolazione agricola. Il cimitero reale, presso la località di Xibeigang, si compone di 11 tombe monumentali, divise in un gruppo occidentale (7 tombe) e uno orientale (4 tombe), e più di un migliaio di sepolture minori, sia sacrificali sia di accompagnamento, per la maggior parte associate al gruppo orientale. Le tombe reali sono costituite da grandi fosse, orientate sull'asse nord-sud, a pianta quadrangolare fornita di lunghe rampe d'accesso su due o quattro lati. La tomba 1001, ad esempio, a pianta cruciforme, è costituita da una fossa troncopiramidale profonda 10 m e larga, all'imboccatura, 19 m da nord a sud e 14 m da est ad ovest. Se le 11 tombe monumentali di Xibeigang siano o meno da attribuire agli 11 re Shang che regnarono a Yin e se la divisione in due gruppi rappresenti effettivamente i due segmenti di discendenza del clan reale Shang, sono problemi che aspettano una definitiva conferma; ciò che è certo è che quel tipo di sepoltura (fossa monumentale con rampe) e quella organizzazione dell'area funeraria (tomba principale, tombe di accompagnamento e sepolture sacrificali) furono presi a modello da alcune delle coeve aristocrazie regionali ‒ ad esempio la grande tomba di Sufutun a Yidu (Prov. di Shandong) ‒ e dalla maggior parte dei clan aristocratici dei successivi periodi fino alle soglie dell'era volgare. Nella necropoli di Zhangjiapo presso Xi'an (Prov. di Shaanxi), ad esempio, appartenente ai membri di un ramo cadetto della casa reale della dinastia dei Zhou Occidentali (ca. 1050-770 a.C.), le sepolture principali, di capi-lignaggio, sono circondate da sepolture minori, verosimilmente di membri eminenti della famiglia. Generalmente le tombe di rango superiore presentano due rampe d'accesso che conducono alla camera sepolcrale, mentre quelle di rango inferiore ne sono prive. Le fosse, di regola, sono rettangolari e contengono una camera sepolcrale di legno in cui era deposto il sarcofago con il corpo del defunto; nella maggior parte dei casi permane l'uso della piattaforma in terra, ercengtai, per la deposizione del corredo funebre. Un importante elemento che si riflette nella struttura delle aree funerarie di epoca Zhou Occidentali ‒ sebbene la necropoli reale non sia stata ancora individuata ‒ riguarda il sistema e la struttura di lignaggio dell'aristocrazia Zhou, basata sulla divisione tra il gruppo dominante, stanziato nella capitale (guo ren, "uomini della città"), e le popolazioni dominate, disperse negli insediamenti rurali (ye ren, "uomini dei campi"). Elemento fondamentale di tale struttura era il sistema di solidarietà politica e parentale dell'aristocrazia, noto come zong fa, costituito da un ramo principale di discendenza (da zong, "grande ramo"), al cui interno avveniva la trasmissione del potere regale, e i rami cadetti (xiao zong, "i piccoli rami") i cui appartenenti da una parte accedevano a posizioni di potere sempre meno importanti man mano che aumentava la loro distanza dal ramo principale, dall'altra restavano legati al ramo di origine da precisi obblighi di "vassallaggio" rituale e politico. Tale sistema di lignaggio è ben riflesso, ad esempio, nella stessa necropoli di Zhangjiapo dove sono state messe in luce 53 tombe di adulti, 17 tombe di bambini e 4 sepolture sacrificali di carri e cavalli disposte in 6 gruppi nettamente delimitati. All'interno di ciascun gruppo le sepolture erano disposte su 2 file parallele separate da una tomba ad esse ortogonale così da formare una sorta di U. Si ritiene che la disposizione delle 6 sezioni a Zhangjiapo possa riflettere le suddivisioni di una singola linea familiare. Una struttura simile è stata osservata nella necropoli di Doujitai, come anche nelle necropoli dei principali Stati "feudali" Zhou. Nel cimitero dei duchi di Wei a Xincun (Qunxian, Prov. di Henan), ad esempio, sono state rinvenute 8 tombe monumentali, 29 tombe di media grandezza, 28 di piccole dimensioni, 2 fosse sacrificali con carri e cavalli e 12 fosse con soli cavalli. Anche in questo caso vi è una regolarità nella disposizione delle sepolture in gruppi, ciascuno dominato da una delle 8 grandi tombe, disposte su l'asse est-ovest, a cui si aggregavano sepolture minori e fosse sacrificali. Uno dei dati più importanti che proviene da necropoli non aristocratiche, come alcune aree cimiteriali messe in luce a Baoji e a Xi'an (Prov. di Shaanxi), è la tendenza delle sepolture a formare gruppi aggregati vicini o intorno a quella che sembra essere la sepoltura principale. Tale dato evidenzierebbe che la struttura di discendenza stratificata, sostanzialmente rimasta nella società cinese fino a tempi moderni, era praticata anche dai livelli sociali non aristocratici. Nell'ampio orizzonte cronologico e culturale dell'epoca della dinastia dei Zhou Orientali (770-221 a.C.), tradizionalmente divisa nel periodo Primavere e Autunni (770-476 a.C.) e Stati Combattenti (475-221 a.C.), le tipologie sepolcrali divengono più articolate e diversificate, ma mantengono basilarmente inalterato il modello rituale Zhou cui si è accennato. Esemplificative delle innovazioni occorse in quest'epoca nella valle dello Yangtze sono le necropoli riferibili allo stato, o regno, di Chu rinvenute nei siti di Jiudian, Wangshan, Shazhong, Yutaishan e Mashan, tutti nell'area di Jiangling, dove sorgeva l'antica capitale Chu, e riferibili all'intero arco cronologico tra l'VIII-VII sec. a.C. e il III sec. a.C. A Jiudian (Prov. di Hubei), ad esempio, sono state individuate tombe di diversa tipologia: 22 tombe a grande fossa, o a pozzo (3-4 × 1,4-2 m), con rampa di accesso alla camera funeraria costruita con travi di legno e ripartita in tre vani, uno per il sarcofago, singolo o doppio, e due per il corredo; almeno in un caso, la tomba M104, la struttura ipogea era parzialmente coperta da un tumulo in terra battuta; 299 tombe a fossa (2,9-3,5 × 1,1-1,9 m) con o senza rampa di accesso e nicchia per il corredo scavata sulla parete corrispondente alla testa del defunto, camera funeraria di legno e sarcofago; 230 tombe a fossa (2,2-2,5 × 0,6-0,8 m), spesso con una o 2 nicchie sulla parete, prive di camera funeraria di legno e per lo più con sarcofago, in 4 casi posto in un vano laterale scavato sul fondo della fossa; 27 tombe a fossa di dimensioni simili alle precedenti, ma prive di corredo funerario e, per la maggior parte, di sarcofago. Tra i dati più interessanti che emergono dallo scavo della necropoli di Jiudian, composta da tombe appartenenti alla bassa aristocrazia, vi è non soltanto la conferma che le tombe erano disposte a gruppi delimitati in funzione dell'appartenenza ad un determinato lignaggio, ma anche che, con la crisi politica del regno di Chu sul finire dell'epoca Stati Combattenti, il sistema dei vincoli aristocratici di lignaggio entra parimenti in crisi: aumentano, infatti, le tombe familiari nucleari rappresentate dalle sepolture di sole coppie maritali. Altro elemento di notevole interesse è dato dalla varietà tipologica delle tombe che evidenzia il cosmopolitismo degli "Stati feudali". Delle tombe messe in luce a Jiudian, più di 10 presentano una commistione di elementi culturali/rituali Chu con elementi tipici delle culture di Yue, Qin e Ba, oppure, al contrario, Qin con elementi Chu. Una classica sepoltura Chu è rappresentata, invece, dalla tomba n. 1 di Mashan (Jiangling, Prov. di Hubei) in cui fu sepolta una signora di circa 40-45 anni di età, in un anno imprecisato del IV sec. a.C.; la tomba è nota soprattutto per le straordinarie vesti, di seta e garza di seta, ricamate, ancora conservate al momento dello scavo. Si tratta di una fossa a pianta rettangolare, con rampa di accesso, contenente una camera funeraria (2,89 × 1,49 m; alt. 1,06 m) fatta di massicce travi lignee e disposta sull'asse est-ovest. La camera era suddivisa in tre vani: il più ampio per il sarcofago in cui giaceva il corpo della defunta avvolto in diversi sudari di seta ricamata, uno più stretto, laterale al sarcofago, per una parte del corredo (per lo più vasi e stoviglie di lacca), e il terzo, più largo e ampio quanto la larghezza del sarcofago, contenente la parte restante del corredo. Ancora nella sfera d'influenza culturale Chu, la tomba del Marchese Yi di Zeng a Suixian (Leigudun, Prov. di Hubei), morto nel 433 a.C., presenta una struttura più articolata con il grande sarcofago esterno suddiviso in quattro vani che sembra imitino simbolicamente una struttura abitativa: al centro la sala per il deposito del vasellame rituale come simbolo della sala di ricevimento, ad est la camera sepolcrale che simboleggia l'appartamento privato, ad ovest la sala che ospita le sepolture delle ancelle che simboleggia gli appartamenti più interni dell'abitazione. La distribuzione del corredo funerario nei diversi ambienti contribuisce a suggerire la corrispondenza con le aree della residenza del marchese in vita; si tratta quindi di uno dei più antichi esempi di un modello funerario caratterizzato dalla volontà di ricreare in una tomba una struttura palaziale, anticipando le tipologie funerarie sviluppatesi all'epoca della dinastia degli Han (206 a.C. - 220 d.C.). Una diversa tipologia sepolcrale è quella che si evidenzia nelle coeve sepolture riconducibili allo Stato di Qin, nella fase anteriore alla fondazione dell'impero, rinvenute in diverse necropoli tra l'odierna città di Baoji (media valle del Fiume Wei, Prov. di Shaanxi) e l'area ai confini fra Gansu e Shaanxi. A Lijiazhuang (Longxian, Prov. di Shaanxi) alcune sepolture, di rango nobiliare, si configurano come tombe a fossa (o a pozzo) contenenti un sarcofago (guan) sovrastato da un ambiente pavimentato con assi lignee che assume funzione di camera o sarcofago esterno (guo) per la deposizione del corredo e delle vittime sacrificali. Tale disposizione è esemplificativa delle deroghe alla ritualità Zhou che caratterizza la tipologia sepolcrale degli "Stati feudali" dell'epoca Stati Combattenti. Nel caso delle tombe Qin, tale struttura, pur rispettosa di alcuni elementi rituali fondamentali (come nel numero di sarcofagi guo e guan o in alcuni elementi del corredo spettanti ai diversi gradi nobiliari), si arricchisce di elementi diversi: ad esempio le nicchie scavate sulle pareti della fossa di sepoltura per contenere parte del corredo o le vittime sacrificali, attestate a Baqidun e Gaozhuang nella necropoli di Yongcheng (Fengxian, Prov. Di Shaanxi), datate agli anni immediatamente precedenti al momento in cui la località divenne capitale dei Qin dal 677 al 424 a.C. Nelle tombe a pozzo con pianta rettangolare di questo periodo, la diversificazione gerarchica all'interno della classe dei guerrieri, tipica della società Qin, si manifesta attraverso alcuni elementi quali il numero di sarcofagi, la presenza della piattaforma perimetrale in terra, ercengtai, la ricchezza del corredo funerario e le nicchie laterali per le vittime sacrificali. Nella necropoli del clan ducale Qin presso Yongcheng, posteriore al 677, sono state individuate 43 grandi sepolture distribuite all'interno di 10 recinti su una superficie delimitata da un muro in terra battuta. In base alla pianta si distinguono 5 tipi di tomba: fosse rettangolari con rampa d'accesso sui due lati corti, fosse con rampa d'accesso centrale su un solo lato, fosse con rampa molto corta su un solo lato, fosse con rampa stretta in posizione eccentrica su un solo lato, fosse prive di rampe. Ogni gruppo appare dominato da una o più tombe monumentali a doppia rampa, alcune delle quali sovrastate da resti di strutture riservate al culto del defunto. Nel medio e tardo periodo degli Stati Combattenti le tombe a fossa (o a pozzo) troncopiramidale con pianta rettangolare sono affiancate da sepolture destinate a personaggi d'alto rango costituite da un'ampia camera funeraria scavata su uno dei lati di un profondo pozzo d'accesso; sulla struttura ipogea si innalza poi un grande tumulo in terra battuta secondo un modello dal quale si svilupperà l'architettura funeraria dall'epoca della dinastia Han in poi. Il modello di necropoli rappresentato, ad esempio, da uno dei cimiteri dei re Qin a Lintong, con tombe principali a pianta cruciforme fornite di rampe d'accesso, centinaia di sepolture di accompagnamento e piattaforme in terra battuta per gli edifici di culto, disposti lungo una strada pavimentata a ciottoli fluviali, culmina nella struttura planimetrica del monumentale mausoleo (ca. 56 km²) del primo imperatore della Cina, Qin Shihuangdi, ad est di Xianyang, le cui strutture ‒ all'interno di un'area delimitata da una doppia cinta muraria ‒ sono dislocate, sulla base di principi geomantici, tra il monte Li e il Fiume Wei. Il fulcro dell'intero complesso è il sepolcro imperiale coperto da un tumulo in origine alto 150 m (oggi 50 m) in posizione leggermente eccentrica nel più interno dei diversi recinti dove erano situati anche i templi per i culti ancestrali. Intorno, per un raggio di 15 km, sono distribuite le fosse sacrificali di accompagnamento che definiscono e riproducono il mondo terreno e oltremondano del primo imperatore, con le stalle, il terreno di caccia, le sepolture delle concubine e dei membri del clan reale e, infine, a 1,5 km ad est del tumulo ancora inviolato, le tre grandi strutture ipogee contenenti le statue dell'esercito di terracotta. Inizialmente dominate dai modelli sepolcrali prevalenti nella tarda epoca Stati Combattenti e in quella della dinastia Qin, le aree funerarie dell'epoca della dinastia Han, pur restando, di norma, organizzate sulla base di aggregazioni di tipo familiare, in particolare nel caso delle necropoli reali e aristocratiche, videro il progressivo sviluppo di un tipo di sepoltura atto a soddisfare sia l'esigenza rituale di fornire al defunto un ambiente quanto più possibile vicino ad una vera e propria dimora sotterranea, sia quella di dare risalto ai culti riservati al defunto per mezzo di strutture esterne alla sepoltura. Nell'architettura funeraria gli aspetti rituali, oltre che nella localizzazione ottimale della sepoltura scelta in base ai principi della geomanzia, ovvero in luoghi la cui fisiografia denunciava un'armonica circolazione dei principi o essenze Yin e Yang, si riflettono sia nella composizione dei corredi funerari e nelle decorazioni tombali dove si riconosce con chiarezza l'apparato simbolico del taoismo (in cui convergono, anche, tratti della Scuola dei Cinque Elementi, di quella Yin e Yang e, tra il I sec. a.C. e il I sec. d.C., del buddhismo), sia nella tradizionale tripartizione dello spazio interno della tomba (vestibolo/sala delle udienze, camera funeraria/appartamenti privati, ripostigli/appartamenti di servizio), in qualche modo legato, anche, ai dettami dell'etica confuciana. Quest'ultima si esprime pienamente nelle strutture a vista nei pressi della sepoltura, quali il tempio (miao) o l'aula votiva (ci), in cui il defunto era onorato e ricordato dalla discendenza, e le stele (que), in pietra o laterizio, poste di fronte o ai lati dell'ingresso al tumulo funerario, recanti iscrizioni celebrative del trapassato, in particolare il suo cursus honorum. La tomba di Liu Sheng, principe Jin del regno di Zhongshan (morto nel 113 a.C.), e quella della sua consorte Dou Wan, scavate nella roccia su un fianco del monte Lingshan presso Mancheng (Prov. di Hebei), esemplificano almeno due degli elementi che caratterizzano la tipologia funeraria dell'aristocrazia Han: da una parte lo stretto rapporto tra dislocazione della sepoltura e geomanzia, in questo caso espresso sia dall'aver realizzato la dimora eterna nelle viscere stesse della terra, e in particolare in quelle di una montagna, ove maggiormente si ritenevano concentrate forze e influssi positivi, sia dalle "vesti" fatte di tessere di giada, pietra positiva per antonomasia, in grado di preservare il corpo del defunto dalla corruzione della carne; dall'altra la ripartizione simbolica dello spazio interno della tomba, in questo caso della caverna. Nella tomba di Liu Sheng, un cunicolo sbarrato da un muro introduce ad un lungo corridoio con due estese e basse nicchie laterali: a destra una vasta tipologia di vasellame a simbolo delle cucine e dispense, a sinistra, carri e cavalli a simboleggiare le stalle. Il corridoio conduce ad una grande stanza centrale che evoca la sala cerimoniale o di ricevimento; al di là di questa è la camera funeraria, simbolo degli appartamenti privati, rivestita di lastre di pietra e suddivisa in tre vani, di cui uno per gli arredi più sontuosi e i due sarcofagi lignei contenenti il corpo racchiuso nella veste di giada, uno che sembra essere uno studiolo o stanza privata e, infine, un vano adibito a stanza da bagno e spazio per gli inservienti, rappresentati da statuine di pietra. Per quanto concerne l'organizzazione delle aree funerarie di epoca Han Occidentali (206 a.C. - 23 d.C.), come ricordato prima, il modello prevalente è quello delle necropoli familiari osservato per la tarda epoca Stati Combattenti. Nel caso dell'aristocrazia tale modello era costituito dalla tomba del capofamiglia affiancata da quella della consorte principale e spesso dalle sepolture di spose minori, concubine, figli e affini, come si osserva, ad esempio, per le tre monumentali tombe a fossa rinvenute a Mawangdui presso Changsha (Prov. di Hunan), da riferire al Marchese di Dai, a sua moglie e uno dei figli, o per le due grandi tombe "a galleria", una del re Xiao di Liang, l'altra della sua prima sposa Li Hou, scavate sul fianco del monte Baoan presso Yongcheng (Prov. di Henan), facenti parte della necropoli della famiglia reale di Liang, ramo laterale della famiglia imperiale Han. Nel caso della tomba n. 1 di Mawangdui, o tomba della Marchesa di Dai (morta intorno al 168 a.C.), la fossa di sepoltura, profonda 16 m, presenta quattro gradoni digradanti verso il fondo dove si accedeva da una rampa sul lato nord e dove era posta la camera funeraria di legno (7,6 × 6,7 m) con il sarcofago esterno (guo) (6,73 × 4,81 m, alt. 2,8 m) contenente quattro sarcofagi interni (guan); esternamente la fossa era segnata da un tumulo di una sessantina di metri di diametro. Le due tombe di Baoan, invece, rispecchiano nella struttura interna il tipo di impianto visto per le tombe di Liu Sheng e Dou Wan, ma il corridoio risulta molto più lungo (ca. 90 m nella tomba di Xiao e ca. 210 m in quella di Li Hou) e su di esso si articolano numerosi vani, utilizzati per gli elementi del corredo funebre che, insieme con le iscrizioni presenti sui mattoni di pavimentazione o che foderavano i muri, hanno permesso da una parte di identificare la funzione di ogni vano, dall'altra di verificarne la corrispondenza con la partizione funzionale dell'architettura civile. La centralità rituale del mantenimento dei legami e obblighi di parentela, evidente anche nella necropoli di Liang per la presenza di numerose tombe satellite, si manifesta sia nel caso delle necropoli aristocratiche, sia in quelle da riferire ai funzionari dell'apparato amministrativo (civile e militare) dell'impero, sia, infine, nella necropoli in cui, sotto tumuli monumentali, riposano gli 11 sovrani della dinastia degli Han Occidentali accompagnati dalle tombe delle rispettive spose, dei principi ereditari prematuramente morti (o fatti morire), di concubine, fratelli e sorelle. Degli 11 tumuli imperiali presso la capitale Chang'an (od. Xi'an, Prov. di Shaanxi), 9 sono allineati ‒ da est a ovest (IV imperatore, I, II, X, VIII, XI, IX, VI, V) ‒ sul terrazzo fluviale della sponda sinistra del Weishui, a nord della città, 2 (III e VII) sono invece su colline pedemontane della catena dei Qinling a sud-est di Chang'an. L'ordine degli 11 tumuli, da quello più orientale del IV imperatore Han, Jing Di (157-141 a.C.) a quello più occidentale di Wu Di (141-87 a.C.), sembrerebbe casuale; in realtà, l'ordine di successione ha una spiegazione, come suggeriscono documenti storici e letterari, nel meccanismo rituale noto come zhao mu. Tale meccanismo, che secondo le fonti sarebbe stato adottato già dai sovrani Zhou, si riferisce, in prima istanza, al sistema gerarchico in base al quale avveniva la costruzione dei templi dedicati al culto del sovrano defunto; l'adozione di tale sistema regolatorio, da una parte evidenzia il fatto che tali templi erano edificati a distanza breve l'uno dall'altro, e quindi facevano parte di complessi unitari (familiari o di lignaggio), dall'altra testimonia la divisione del lignaggio in due rami, quello zhao (luce) e quello mu (obbedienza), il primo riferito al membro della generazione più anziana, e quindi più onorevole e per questo di diritto rivolto verso sud (luce), il secondo pertinente al membro della generazione più giovane, legata alla prima da vincolo di obbedienza, cui spettava di rivolgersi al primo con il volto rivolto a nord. Secondo questa pratica rituale, il tempio del fondatore di un lignaggio agiva come punto centrale intorno al quale erano organizzati quelli dei suoi discendenti secondo il grado generazionale, a sinistra quelli di generazioni di numero pari, a destra quelli di generazioni dispari. Tuttavia, a causa di una generale limitazione imposta, anche per ragioni di disponibilità di spazio, al numero dei templi che potevano essere correttamente gestiti e mantenuti, con il passare del tempo, il tempio più antico, fatta eccezione per quello del fondatore, era smantellato, permettendo così l'erezione di un nuovo tempio per un discendente morto da poco. In tale occasione il simbolo materiale del sovrano defunto il cui tempio era stato distrutto, la tavoletta lignea zhu recante i nomi del sovrano, era rimosso e onorevolmente sepolto nelle vicinanze o trasferito nel tempio del suo predecessore. Il sistema zhao mu è, però, riferibile anche alle sepolture solo con la dinastia degli Han, poiché solo da tale dinastia i templi per il culto del defunto furono associati al sito della tomba. Ritornando all'ordine delle sepolture degli imperatori Han Occidentali, si può asserire, considerando che il titolo non fu sempre trasferito di padre in figlio, ma anche tra membri o della stessa generazione o non appartenenti alla stessa linea di discendenza, che esso era regolato ritualmente da un preciso codice basato sul mantenimento delle corrette relazioni di parentela e dei corretti rapporti rituali tra una generazione e l'altra. Per quanto concerne le strutture esterne alle sepolture imperiali, nessuna fino ad oggi oggetto di scavi archeologici, sappiamo che erano costituite da edifici e giardini circondati da una doppia cinta muraria in terra battuta; l'insieme di sepoltura e strutture esterne costituiva il ling (o ling yuan che possiamo rendere come "mausoleo") per la cui gestione e amministrazione era fondato uno o più villaggi, spesso sovrintesi da un magistrato (ling) specificamente nominato. Delle strutture esterne, ognuna con una precisa funzione rituale, le principali, come testimoniano le fonti storiche, erano: miao (tempio del defunto), qin (camera del riposo) e bian dian (appartamenti laterali). Si trattava di edifici di legno con pavimentazione di laterizio alzati su piattaforme di terra battuta e coperti da tetti a tegole, spesso recanti il nome del mausoleo di cui gli edifici erano parte; sono queste tegole, rilevate nel corso di numerose ricognizioni di superficie e scarse indagini stratigrafiche che, insieme con altre evidenze epigrafiche, hanno permesso di riconoscere con esattezza l'appartenenza e la sequenza degli 11 tumuli imperiali e delle decine di tumuli minori che costituiscono la necropoli della dinastia degli Han Occidentali. Le indagini archeologiche per chiarire la consistenza e le planimetrie delle strutture a vista dei mausolei imperiali sono ancora in corso, ma gli scavi effettuati presso il mausoleo del re Xiao di Liang a Baoshan hanno permesso di delineare le piante pressoché complete degli edifici rituali e di servizio annessi alla sepoltura. Il mausoleo di Xiao, circondato da un muro di terra di 900 m (nord-sud) × 750 m (est-ovest), consiste di tre elementi principali: la tomba esternamente coperta da alberi e piante da fiore, il giardino sacrificale con gli edifici di culto, le residenze dei funzionari preposti ai riti e al mantenimento delle strutture. Gli edifici di culto, a nordest della tomba-giardino, formano un complesso a pianta rettangolare (110 × 66 m) con una sequenza di cortili e padiglioni in tutto simile ad una ricca residenza dell'epoca. Preceduta da una corte murata per la sosta di carri e cavalli, una porta sul lato sud introduce alla wai chao o corte esterna con un vasto cortile (30 × 18,6 m), il ting o zhong ting, antistante il padiglione principale dell'intero complesso, il qin dian o sala del riposo (22,2 × 16,4 m) ‒ corrispondente alla sala delle udienze nell'architettura civile ‒, dove si svolgevano le principali attività cultuali (giornaliere, mensili, stagionali, annuali) consistenti, principalmente, in offerte di cibo alla tavoletta simbolo del defunto, e in cortei in cui le vesti, il cappello e altri oggetti rituali del sovrano erano portati in processione. Oltre il qin dian, che occupa l'intera porzione nord del complesso, è il bian dian o padiglione laterale (corrispondente agli appartamenti e giardini privati dell'architettura civile), formato da un padiglione ‒ chiamato tang, o padiglione ufficiale ‒ ripartito in cinque vani e aperto a sud su un cortile centrale; alle spalle del tang è una serie di sei stanze contigue, dette shi (stanze private). Sul lato est del bian dian si trova il dong fang, o casa orientale, in realtà una cucina. Altri vani di servizio si aprono, infine, sul lato sud del cortile del bian dian, il cui nome e la cui funzione, però, non sono stati ricostruiti. L'intero complesso, internamente circondato da un portico, era servito, infine, da un sistema di drenaggio e trasporto delle acque tramite tubature in cotto. Il mausoleo del re Xiao di Liang, dunque, può essere considerato come esemplificativo della struttura e organizzazione delle aree funerarie aristocratiche e imperiali, se si eccettuano alcune differenze minori dovute alla gerarchia nobiliare, non soltanto in Cina nelle epoche successive a quella Han, ma anche di quelle regioni dell'Asia dove maggiormente si esercitò l'influenza della civiltà cinese. Successivamente alla dinastia degli Han Occidentali, la maggiore innovazione nella struttura delle aree funerarie sarà l'ipertrofica crescita, verificatasi tra l'epoca della dinastia degli Han Orientali (25-220 d.C.) e l'epoca delle dinastie del Sud e del Nord (420-589 d.C.), del viale d'accesso all'area del mausoleo; tale viale noto come sheng dao (via dello spirito) si arricchisce, lungo tutta la sua lunghezza, di coppie di statue, per lo più di pietra, che raffigurano personificazioni di spiriti guardiani, animali di buon auspicio e esseri apotropaici a segnare il progressivo passaggio in uno spazio "sacro" e monumentale. Anche la reiterazione delle tipologie architettoniche residenziali, con la canonica tripartizione dello spazio interno della tomba, si ripropone nelle epoche successive alla dinastia degli Han, fino a divenire durante il periodo delle dinastie Liao (907-1125) e Song (960-1279) una vera e propria replica dell'interno di un'abitazione nobiliare con architetture, suppellettili e personaggi fedelmente riprodotti in bassorilievo, come in una sorta di diorama.
Pochi sono i siti di età neolitica, pertinenti alla cultura Chulmun (6000-2000 a.C.), estensivamente scavati ed è difficile, per il momento, stabilire se e come i luoghi e le strutture di seppellimento fossero in relazione all'abitato e quali fossero le tipologie sepolcrali corrispondenti alle varie facies Chulmun, tra loro diversificate, che sono state individuate nelle diverse aree geografiche della penisola. Nel sito di Unggi (Corea nord-orientale), ad esempio, sono state messe in luce 14 tombe di individui adulti di ambo i sessi deposti in posizione dorsale con il capo orientato ad est; i corredi funerari di tali sepolture risultano tutti caratterizzati dalla presenza di semplici manufatti di uso ornamentale (di osso, conchiglia e giada). Un indizio di particolare status sociale del defunto proviene da una sepoltura a fossa circondata da un circolo di pietre nel sito di Hupori (Kyongju) che ha restituito oltre 130 utensili (asce e accette) in pietra levigata disposti in file parallele; del corpo del defunto, orientato a sud-est, erano presenti nella fossa soltanto il cranio, i denti e le ossa lunghe con tracce di ocra rossa su quelle delle gambe. Un ulteriore esempio della diversificazione regionale registrata nelle pratiche di seppellimento è rappresentato dai tre scheletri scoperti in una grotta di Kyodong (Corea centrale), sulle colline che guardano la valle del Fiume Han settentrionale, disposti in posizione distesa con i piedi che convergono verso un focolare centrale; accanto ai tre individui è stato trovato un corredo composto da cinque piccoli vasi di ceramica, punte di freccia di varie misure in scisto, cinque accette in pietra polita, tre lunghe asce piatte, un grano di collana tubolare e un pezzo di quarzo non lavorato. Nel tardo Neolitico, intorno al 2000 a.C., i sostanziali mutamenti intervenuti nell'assetto sociale e verosimilmente in quello etnico della Corea si manifestano con la diffusione di un nuovo stile ceramico, quello della ceramica polita (Mumun), che si accompagna alla comparsa di strutture monumentali di pietra, i koindol o chisokmyo (termini solitamente tradotti come dolmen), di sepolture in giare fittili e in ciste di pietra spesso associate ai koindol. Tali particolari strutture megalitiche, fatte di grossi massi e lastre grezze, sono attestate in tutta la penisola con oltre 100.000 esemplari classificati in tre principali tipi: uno settentrionale, due meridionali. Lo stile settentrionale prevede quattro lastre verticali disposte a formare le pareti di un cubo, sormontate da una larga pietra orizzontale (fino a 300 t di peso) che sporge ai lati. Pochi sono i dolmen di questo tipo chiaramente associati a sepolture; secondo quanto sostenuto da alcuni l'assenza di evidenze mortuarie, inequivocabili nel caso di un dolmen di questo tipo scavato in Manciuria, sarebbe da attribuire ad episodi di saccheggio; è anche probabile, però, che tali strutture siano da interpretare come segnacoli territoriali o monumenti commemorativi. Dei due stili meridionali, il primo consiste in una grande lastra sostenuta da cumuli di piccoli massi, il secondo in una larga lastra di pietra senza alcun sostegno posta a copertura di una cista. I dolmen meridionali sono generalmente raggruppati in file regolari, diritte o curve, e sono associati a sepolture a cista o, più raramente, in giara. Questa schematica suddivisione, però, non rispecchia una rigida distribuzione geografica, in quanto le tre tipologie sono attestate su tutto il territorio coreano e spesso coesistono come, ad esempio, a Naedongni sulla costa occidentale o a Kumgangni, vicino a Yangyang, sulla costa orientale. Nel Sud come nel Nord, dove i dolmen sono sia singoli sia a gruppi che possono arrivare ad una dozzina, essi sono localizzati lungo le rive di corsi d'acqua e, nel caso di quelli indagati presso Hwangsongni, nella zona della diga di Ch'ungju (Corea centrale), sono state rinvenute sepolture a cista associate ad offerte animali (bovino, cervo e maiale) che mostrano una ritualità simile a quella delle coeve tombe a cista del Liaoning. In alcune aree, sia nel Nord che nel Sud, i koindol sono collegati gli uni agli altri da pavimenti in pietra come nei complessi rinvenuti a Chonjindong e a Kuksongdong nel Nord-Ovest, datati intorno al 2000 a.C. In generale, la cronologia dei koindol e delle sepolture, quando presenti, ad essi associate (un dolmen può a volte sormontare due o più tombe), non è sempre univoca; si ritiene che i dolmen meridionali, ad esempio, siano più tardi di quelli settentrionali per la loro frequente associazione con frammenti di bronzo (introdotto in Corea intorno al 1000 a.C.), ma alcuni koindol rinvenuti a Changchonni, nel Sud-Ovest, sono in tutto simili ai tipi settentrionali, ritenuti più antichi. Sembra evidente, quindi, che la tipologia dei dolmen sia legata a concezioni di tipo rituale tramandate attraverso molte generazioni ed è ragionevole pensare che il loro uso sia stato legato alle esigenze rituali delle nascenti aristocrazie regionali, sia come segnacolo di sepolture elitarie sia come segno di delimitazione territoriale da parte di determinati gruppi di discendenza, o che infine essi potrebbero avere svolto, soprattutto nei periodi più tardi (metà del I millennio a.C.), quando l'esistenza di conflitti di territorialità è ben attestata, ambedue le funzioni. In ogni caso, associata o meno ai koindol, la forma di seppellimento più comune nella Corea del II millennio a.C. e della prima metà del successivo è quella a cista, consistente in una fossa, rettangolare o leggermente trapezoidale, variamente foderata da lastre di pietra; costante è, però, la foderatura delle pareti con lastre poste a coltello e parzialmente sovrapposte le une alle altre. Le sepolture sono generalmente singole, raramente se ne riscontrano di doppie che consistono in una grande cista (ca. 2 × 0,25 m) affiancata da una più piccola (ca. 0,6 × 0,25 m); in questi casi l'ipotesi corrente è che possa trattarsi di una madre con il figlio o di una coppia con i resti di chi è deceduto anteriormente ricomposti nella cista più piccola. Si segnala anche la presenza di sepolture di infanti in piccole giare associate alle sepolture a cista e di gruppi di sepolture, forse familiari, particolarmente in associazione ai dolmen. Purtroppo, per la natura acida dei suoli podzolici coreani, difficilmente si sono conservati resti scheletrici per la determinazione del sesso o dell'età dei defunti, utili per studi di tipo demografico e antropologico. Le dimensioni delle ciste, comunque, fanno supporre il seppellimento di individui adulti in posizione distesa, come si evince dai pochi ritrovamenti scheletrici, quali quelli messi in luce a Hwangsongni (Chungchong), consistenti in individui sepolti in posizione distesa e supina. Per quanto riguarda la composizione dei corredi funerari, sebbene le sepolture a cista siano state per larga parte depredate, è attestato l'uso di elementi di ornamento, quali i grani di collana tubolari e quelli "a virgola" ( gokok) di pietra, associati ad armi rituali di pietra levigata, e a vasellame di ceramica rossa brunita. Notevoli sono, però, le varianti regionali e cronologiche: nelle tombe a cista del Nord- Est (valle del Tumen), che sono forse le più antiche e che mostrano una continuità geografica e tipologica con quelle della Cina nord-orientale (culture Xituanshan e Xinkailiu), si sono notate una variazione dell'orientamento dei defunti in funzione della cronologia e la presenza di elementi di bronzo nel corredo delle sepolture più tarde, mentre nel meridione l'orientamento delle sepolture è parallelo a quello delle sponde dei fiumi presso i quali esse si trovano; nel Sud-Est, invece, l'orientamento delle sepolture a cista è normalmente rivolto verso est. La cosiddetta "età del Ferro coreana", a partire da circa il 400 a.C., è caratterizzata dalla costante variabilità delle strutture funerarie tipologicamente distinte in ciste di pietra, semplici fosse prive di rivestimento, fosse rivestite di pietra e segnalate esternamente da tumuli (cairn). Le sepolture in fossa sono distribuite su tutto il territorio coreano, ma una maggiore concentrazione si riscontra nelle regioni del Nord-Ovest. A Taesongni presso Pyongyang, ad esempio, sono state messe in luce 12 tombe a fossa con tracce di rivestimento ligneo; di esse, 8 erano tombe con sarcofago, 5 erano sepolture doppie (probabilmente marito e moglie, di norma il primo ad est la seconda ad ovest) e una era la sepoltura di una sola femmina; nel caso delle sepolture doppie i sarcofagi erano spostati verso un angolo della fossa lasciando uno spazio ad L per la deposizione del corredo. Nel territorio conquistato dall'impero Han (ca. 109 a.C.), ove venne stabilita la commanderia di Lelang, corrispondente alla bassa valle del Taedong intorno all'odierna Pyongyang, il rinvenimento di una vasta necropoli (più di 1500 tombe) effettuato a Namsuri, Sogamni e Chongbaengni ha permesso di ricostruire il graduale passaggio dalle tombe a fossa degli esordi dell'età del Ferro ai tumuli con camere sepolcrali di legno, le più antiche, o di mattoni, le più tarde, dello stesso tipo delle tombe comuni dell'epoca della dinastia degli Han in Cina; con ogni probabilità le tombe a camera coperte da tumulo di terra erano destinate a personaggi d'alto rango facenti parte dell'amministrazione di Lelang. Nella maggior parte dei casi si tratta di sepolture con due sarcofagi, contenenti le spoglie di un uomo e di una donna, associati a sarcofagi secondari (talvolta a dimensione di bambino); l'ipotesi più comune è che si tratti di tombe occupate da nuclei familiari in cui veniva mantenuto agibile un passaggio per deporre di volta in volta i membri della famiglia, o poter periodicamente celebrare i riti legati al culto dei defunti. La struttura-tipo prevede un'articolazione su pianta quadrangolare, con pozzo e corridoio d'accesso, divisa in più ambienti che ospitano da 2 a 3 sarcofagi di legno laccato e vani di servizio per i corredi. Nella vasta necropoli di Lelang (indagata a più riprese a partire dai primi anni Trenta del XX secolo), inoltre, alle tombe a camera con rivestimento di mattoni, paragonabili a quelle di epoca Han Orientali (25-220 d.C.) in Cina, fanno seguito tombe a camera con rivestimento di pietra che potrebbero testimoniare l'avvenuta riconquista della regione da parte di elementi etnopolitici coreani, in particolare Koguryo che ebbe nella Corea centro-settentrionale (regione di Huanren-Jian) la principale area di sviluppo; in questo territorio ben 12.000 tombe a cairn Koguryo sono conosciute, per la maggior parte databili al III sec. d.C. Nella regione nord-orientale, invece, dominano le sepolture a fossa, per lo più caratterizzate dai corredi in cui i manufatti in bronzo prevalgono su quelli di pietra, con una certa preferenza per i finimenti per cavallo, mentre nelle province centrali, ad esempio nel sito di Karakdong dentro Seul, si conoscono, soprattutto, tombe a tumulo che, in qualche caso, coprono più sepolture. A Yangpyongni, nella valle del Fiume Han meridionale, ancora nella Corea centrale, si nota anche una decisa commistione con elementi di tipo Koguryo, anzi in questo sito è stata portata alla luce, entro un circolo di grossi ciottoli, la sepoltura a cairn più grande della Corea (29 × 25 m alla base e 7,2 m di alt.). Si tratta di una sepoltura di infante, orientato verso est, i cui resti ossei mostravano tracce evidenti di combustione intenzionale. Nelle regioni della Corea meridionale e sud-occidentale si nota, nella seconda metà del I millennio a.C., una persistenza dei modelli più antichi con sepolture a cista e in giara. Nel cimitero di Sinchangni (Cholla settentrionale), ad esempio, sono state messe in luce 53 sepolture in giara, la maggior parte formate da 2 grossi vasi uniti per l'imboccatura e una eccezionalmente costituita da una giara con il fondo fratturato in modo da essere unita per la bocca e per il fondo a 2 altre giare, formando così un sarcofago più grande degli altri che, per le loro dimensioni, denunciano un'utilizzazione per infanti o adolescenti. Di notevole interesse, per i possibili collegamenti con coevi modelli sepolcrali che interessano l'isola di Kyushu nell'arcipelago giapponese, risulta il rinvenimento a Wauri nella valle del Yongsan, di una necropoli costituita da diversi tumuli posti a copertura di gruppi di sepolture in giara. In generale la distribuzione delle sepolture in giara, prevalente, nel Sud-Ovest, potrebbe accordarsi con l'ipotesi di flussi migratori ‒ iniziatisi nel corso del I millennio a.C. ‒ provenienti dalla Cina nord-occidentale e diretti verso le isole del Giappone attraverso la Corea. A partire dal II sec. a.C., anche nel Sud-Ovest, diviene prevalente la tomba a fossa, con camera funeraria di legno, segnalata esternamente da un tumulo in terra. Una eccezionale varietà tipologica si osserva nella Corea sud-orientale: le sepolture in giara ‒ del tipo a una, a due e a tre giare collegate ‒ sono prevalenti nei chiocciolai costieri, come ad esempio quello di Kimae, dove l'uso di giare Mumun sembra testimoniare che questo tipo di interramento possa datare a partire dal tardo Neolitico; nel Kyongju alle sepolture a fossa (ca. I-II sec. d.C.) del sito di Choyangdong seguono quelle caratterizzate da una sepoltura sacrificale di cavallo e singolari strutture a forma di camino (ca. I-III sec. d.C.) rinvenute a Michu, mentre a Kujongdong è stata messa in luce una sepoltura, scavata sul fianco di una collina, costituita da una fossa quadrata contenente due sarcofagi lignei di diversa misura (8 × 1,3 m e 6 × 1,3 m). Non manca, infine, la coesistenza di sepolture a fossa, in giara e a cista, come nel sito di Nuk Do (Samchonpo), databile verosimilmente tra il I sec. a.C. e il I sec. d.C. Le evidenze archeologiche più antiche associate al regno di Koguryo (37 a.C.? - 668 d.C.) interessano le vicinanze dell'odierna città di Jian, sul versante cinese del fiume Yalu, dove sono state portate alla luce molte strutture sepolcrali facenti parte delle aree di seppellimento intorno alla capitale Koguryo. Dopo l'iniziale uso delle sepolture a cairn, diventano caratteristiche del periodo di fioritura del regno, tra il III e il V sec. d.C., le tombe a camera, costruite in blocchi litici squadrati, su basamenti quadrangolari di pietra a forma di piramide a gradoni secondo un modello probabilmente correlato alle tombe quadrate del Liaoning e associato all'élite dominante. L'archeologia di Koguryo, infatti, indica una società stratificata con una potente classe dominante in grado di mobilitare una considerevole forza lavoro per la realizzazione di opere pubbliche e complessi funerari. La più imponente piramide di pietra (ca. 75 × 75 m alla base), che per alcuni sarebbe da identificare con la sepoltura del re Kwanggaeto (regnante dal 391 al 413), è conosciuta come Tomba del Generale e comprende, agli angoli del recinto sepolcrale, quattro tombe ausiliarie a dolmen secondo uno schema che, anche per la complessità di realizzazione, rimanda ad un'affermazione di potere. Tombe più tarde consistono in tumuli emisferici che sormontano strutture interne in pietra con variazioni, o nel tipo di camera funeraria o nel profilo esterno del tumulo, da ricollegarsi allo status sociale del defunto. La tomba n. 1 della necropoli di Jian, nota come Tomba dei Danzatori, è un esempio significativo di sepoltura a tumulo di terra battuta su camera sepolcrale singola di pietra decorata da cicli pittorici su intonaco a calce. Esemplificativa delle sepolture a tumulo del V secolo è la tomba n. 12, in cui un corridoio dà accesso ad un vano che, per mezzo di un passaggio fiancheggiato da due colonne, si collega alla camera funeraria, avendo ambedue gli ambienti il soffitto a lastre incorbellate; la tomba, come evidenziato dalla pianta, già risente fortemente dell'influsso di modelli cinesi. Questi ultimi si fanno ancora più evidenti nelle tombe riferibili alle fasi finali della necropoli; in generale le tombe a camera su basamento piramidale sono caratterizzate da decorazioni pittoriche che illustrano, il più delle volte, scene con avvenimenti rituali o ufficiali associate ad elementi simbolici delle direzioni cardinali, forse di ambiente taoista, a cui si affiancano, nelle tombe più tarde, elementi di derivazione buddhista; caratteristico è anche l'uso, nell'esecuzione delle pitture, di foglia d'oro e pietre preziose. Nel 427 d.C. la capitale del regno fu trasferita nelle vicinanze dell'odierna Pyongyang, dove le ricerche hanno portato alla scoperta di un palazzo reale, una fortezza e grandi tombe aggregate in gruppi distinti. Le 15 tombe rinvenute vicino a Chinpari, a sud-est di Pyongyang, sono tutte costituite da tumuli a base quadrata e hanno l'ingresso rivolto verso sud con un corridoio in pietra che conduce alla camera sepolcrale chiusa da una porta di pietra su cardini. Del regno di Paekche (18 a.C.? - 638 d.C.), dopo le distruzioni e i saccheggi operati dalle armate congiunte dei Tang e di Silla nel 638, ben poco è rimasto; sufficienti dati, però, hanno permesso di evidenziare come, per le sepolture nella valle del Fiume Han, si tratti principalmente di strutture piramidali a gradoni di chiara ascendenza Koguryo, piuttosto variate nella tipologia della camera funeraria. Una notevole diversificazione delle strutture sepolcrali ‒ quali sepolture in giara, tombe di pietra sotto tumuli, di mattoni e a cremazione ‒ è stata notata anche nelle necropoli della Corea meridionale, una diversità che è, forse, dovuta alla coesistenza di diversi gruppi etnici. Di notevole interesse è il rinvenimento di molte necropoli costituite da tumuli sulla cui sommità erano interrate sepolture in giara del tipo a due o a tre elementi. La forma del seppellimento, come anche il profilo dei tumuli, quadrangolari o "a buco di serratura", rimandano a modelli noti per l'arcipelago giapponese; parimenti di notevole importanza è la dimostrazione che l'uso di tali sepolture in giara non era appannaggio di livelli sociali bassi: in una sepoltura in giara a Sichonni, ad esempio, è stata rinvenuta una corona di bronzo dorato e un paio di scarpe funebri di bronzo. Questi elementi, di elevato rango, compaiono anche in tombe a camera di pietra, ad esempio ad Ipchomni presso Iksan. Eccezionale è stata la scoperta a Kongju della inviolata tomba del re Munyong, morto nel 523, e della consorte che lo seguì tre anni più tardi. La messe degli ornamenti facenti parte del corredo ‒ tra cui le corone d'oro e le scarpe funebri di bronzo ‒ rivela, da una parte, una certa somiglianza stilistica con la più nota gioielleria del contemporaneo regno di Silla, dall'altra una certa originalità rituale e simbolica associata ad elementi che confermano i rapporti avuti dal regno di Paekche con le coeve dinastie cinesi meridionali. Degli ultimi re di Paekche, infine, è stata localizzata la necropoli sul fianco di una collina vicino alla città di Puyo, ma si tratta di tombe totalmente depredate. L'archeologia della confederazione di "città-stato" della media e bassa valle del fiume Naktong, nota come Kaya, tra il IV e il VI sec. d.C., consiste principalmente di cimiteri con tombe a fossa prive di tumuli, generalmente scavate sui fianchi di colline. Per la maggior parte, a pianta rettangolare o ovale, sono orientate a sud-ovest con la testa dei defunti rivolta ad est; non sono state trovate tracce di sarcofagi, ma la conformazione delle fosse suggerisce che i corpi fossero disposti in posizione distesa. Non mancano, però, sempre localizzate sui fianchi collinari, tombe a tumulo consistenti in una lunga fossa rettangolare rivestita in pietra e coperta da un grosso cairn a sua volta ricoperto da un sottile strato di terra. Secondo gli archeologi coreani vi sarebbero state due o tre fasi di sviluppo: la prima, a partire dal 300 circa, avrebbe visto la comparsa delle tombe a tumulo con grandi fosse foderate di pietra; da queste si sarebbero in seguito sviluppate le varianti con fossa ausiliaria per la deposizione del corredo, per arrivare alle tombe con camera funeraria a blocchi di pietra tra il 450 e il 570. Tale variazione tipologica sarebbe da mettere in relazione con le esigenze rituali dell'aristocrazia della confederazione Kaya, formata da guerrieri a cavallo, che proprio tra il 450 e il 550 conobbe la sua massima potenza. Contrariamente a quanto avvenuto per Paekche, le sepolture del regno di Silla (57 a.C.? - 668 d.C.), fiorito nelle regioni del Sud-Ovest, ci sono pervenute, per la maggior parte, inviolate; tali tombe consistono, infatti, in fosse ipogee o strutture di legno innalzate in superficie, interamente inglobate in cumuli di massi e ciottoli ricoperti con massicci tumuli di terra. Almeno 155 tombe dell'aristocrazia Silla sono state scavate nella città di Kyongju, con i loro tesori rimasti intatti nei secoli, altri gruppi di tombe a tumulo, sono stati rinvenuti lungo il fiume Naktong e i suoi tributari, nella valle del Fiume Han, sulla costa orientale e nell'isola di Ullung. Le tombe n. 19 e n. 20 della necropoli di Inwangdong (Kyongju) includono 10 sepolture sotto ciascun tumulo, facendo pensare a complessi sepolcrali familiari, ben diversi da quelli rinvenuti, ad esempio, nella necropoli Kaya di Koryong (presso l'antica capitale Taekaya), dove invece la presenza di diversi individui sotto lo stesso tumulo sembra doversi interpretare come evidenza di sacrifici umani. Nella necropoli della famiglia Kim a Hwangnamdong (Kyongju), la tomba n. 98 esemplifica la centralità dei vincoli familiari nell'impianto della necropoli: la tomba è, infatti, formata da due tumuli per metà sovrapposti a formare un'unica struttura; nella metà sud è stata messa in luce la sepoltura di un ricco personaggio, di alto rango militare, forse uno dei re Silla del IV secolo, come testimoniato oltre che dalla corona d'oro indossata dal defunto, da una fossa per il corredo contenente armi di ferro, dalla presenza di una giovane vittima sacrificale di sesso femminile scompostamente disposta fuori della camera funeraria e da finimenti e da una sella per cavallo interrati sulla sommità dei due tumuli. Di essi, quello nord, di poco posteriore al primo, copriva i resti di una ricca signora, sepolta in una camera lignea, che, come suggerito da una cintura di metallo recante l'iscrizione in caratteri cinesi "cintura della nostra signora", sembra essere la moglie del personaggio nella tomba meridionale. L'organizzazione in necropoli familiari, strutturate in sepolture singole o aggregate in gruppi, verosimilmente di lignaggio, o disposte all'interno dello stesso tumulo, sembra essere, in generale, una costante delle necropoli dei diversi regni coreani finché la diffusione del buddhismo, promuovendo la pratica della cremazione, non iniziò a determinare l'abbandono progressivo delle tradizionali strutture funerarie.
Le evidenze archeologiche relative alla struttura e organizzazione delle aree funerarie durante la lunga età neolitica del Giappone, corrispondente alle diverse fasi della cultura Jomon (ca. 12.000-2400 B.P.), sono estremamente scarse; tale carenza è dovuta, principalmente, alla distruzione dei resti ossei operata dai suoli aciduli dell'arcipelago. Nei chiocciolai costieri (kaizuka) del Jomon medio (ca. 4500-3500 B.P.) e tardo (ca. 3000-2400 B.P.), tuttavia, sono state rinvenute sepolture in fosse scavate negli spessi strati di resti di molluschi, principale elemento della dieta alimentare, con individui deposti in posizione fetale o supina; eccezionalmente l'inumazione è segnalata da un circolo di pietre o da una singola grossa pietra posta sul defunto, che in rarissimi casi può essere accompagnato da un vaso deposto presso il cranio. Per gli infanti è, invece, attestato il seppellimento, entro o nei pressi delle capanne, in giare di terracotta poste bocca contro bocca, secondo un modello condiviso con il continente, in particolare con la Corea; il seppellimento in giara, inizialmente di tipo secondario, sarà esteso anche agli adulti nel periodo tardo Jomon e sarà accompagnato dall'uso di semplici corredi funerari che trovano, anch'essi, confronti con pratiche e tipi continentali. La distribuzione omogenea delle fosse di sepoltura, in ogni caso, evidenzia una struttura sociale in cui non emergono particolari posizioni di status o raggruppamenti che lascino pensare al riconoscimento di gruppi familiari distinti. In alcuni casi è attestato, ad esempio nell'area sepolcrale di Yoshigo (Pref. di Aichi), l'uso di sepolture collettive con modalità di seppellimento diversificate essendo gli scheletri in posizione distesa, rannicchiata, supina o prona, senza un apparente criterio unitario salvo l'uso di dipingere le ossa con ocra rossa, probabilmente una pratica correlata con inumazioni secondarie. Nel Giappone settentrionale sono conosciuti numerosi circoli di pietre: il più noto è quello del sito di Manza presso Oyu (Pref. di Akita), formato da due anelli concentrici (quello esterno di 45 m di diam.), ciascuno composto da diversi gruppi di ciottoli fluviali dal profilo circolare o ovale di circa 1 o 2 m di lunghezza, talvolta contrassegnati da un ciottolo in posizione verticale; nel quadrante nord-ovest del circolo esterno è stato rinvenuto un circolo composto da ciottoli radianti da un punto centrale, segnato da un ciottolo infisso verticalmente, che fa pensare ad una sorta di meridiana. Alcuni dei gruppi che compongono i due circoli sono stati scavati e hanno rivelato sotto di essi delle fosse di circa 1 m di lunghezza, 0,5 m di larghezza e una pari profondità, sufficienti per un'inumazione in posizione fetale. Non sono stati rinvenuti, però, resti scheletrici, anche se l'analisi del terreno contenuto in una delle fosse ha rivelato un'alta concentrazione di fosforo che suggerisce la presenza decomposta di materiale osseo. Altre fosse, tuttavia, non hanno dato lo stesso risultato, né si è rilevata la presenza di manufatti al loro interno che potesse far supporre un collegamento a rituali funebri. La possibilità che si tratti di luoghi di sepoltura rimane, in ogni caso, alta e non sfugge, da una parte, il collegamento tipologico con i modelli di sepolture segnate o coperte da gruppi di pietre o ciottoli della Cina nord-orientale, della Siberia sud-orientale e della Corea, dall'altra che tali strutture rappresentino delle sedi rituali tra le più elaborate del periodo Jomon che, per le dimensioni e la complessità di realizzazione, fanno supporre un'impresa collettiva, frutto di una società comunitaria che individuava in tal modo un'area rituale, forse, non soltanto incentrata su pratiche funerarie. Il periodo di diffusione dell'agricoltura e dei metalli, insieme con nuovi elementi etnici, nell'arcipelago giapponese è noto come epoca Yayoi (350 a.C. - 300 d.C.); le fasi di tale diffusione, verosimilmente iniziata intorno alla metà del I millennio a.C., e l'area di provenienza dei nuovi elementi sono stati oggetto di notevole discussione: l'apporto principale, comunque, sembrerebbe essere quello proveniente dalla Corea o attraverso di essa. La contemporaneità di pratiche funerarie ereditate dall'epoca Jomon (soprattutto nella composizione dei corredi funerari) e di origine continentale (soprattutto nelle strutture di seppellimento) caratterizzano i primi secoli del periodo Yayoi fin quasi all'inizio del I sec. d.C. Tra le necropoli più note della fase iniziale Yayoi è quella di Doigahama (Yamaguchi, Honshu meridionale), in cui sono state scavate 175 sepolture divisibili in 4 principali tipi di tomba: sepolture apparentemente prive di fossa (in un caso il rinvenimento di alcuni chiodi di ferro farebbe supporre l'uso di una bara forse lignea), sepolture in cui l'individuo inumato è circondato da grosse pietre o, più spesso, fiancheggiato da coppie di pietre poste ai lati del capo e dei piedi (potrebbe trattarsi di "pesi" usati per tenere una copertura di pelle o stoffa posta sul defunto), sepolture multiple all'interno di fosse foderate o da pietre grezze o da lastre litiche disposte a coltello (simili alle ciste coreane). Va notato, però, che la necropoli di Doigahama potrebbe avere un carattere alquanto speciale; infatti, la maggior parte delle punte di freccia trovate nel sito erano associate agli scheletri degli inumati e molti di essi, soprattutto nel caso delle sepolture multiple, erano accompagnati da singoli crani. Questi due elementi farebbero pensare che possa trattarsi di sepolture (almeno una parte di esse) di individui defunti in conseguenza di episodi di violenza e che alcune, quelle accompagnate da crani privi di corpo, siano da riconoscere come appartenenti ad individui di particolare status sociale. Non è forse casuale che nella necropoli di Doigahama, nella parte che è stata oggetto di scavo (ca. 420 m²), non sono rappresentate le sepolture in giare (kamekan), una più grande e una più piccola, a copertura della prima, unite per l'imboccatura, che caratterizzano le pratiche funerarie Yayoi. Del periodo medio e tardo Yayoi, infatti, nell'isola di Tsushima prima e poi nel Kyushu settentrionale per arrivare fino ad Honshu settentrionale, si conoscono diverse necropoli, per la maggior parte non distanti dalle aree residenziali, caratterizzate da gruppi di sepolture in giare (interrate in posizione verticale o obliqua), spesso coperte da dolmen tipologicamente simili a quelli della Corea meridionale; nel sito di Mikumo, presso Fukuoka (Honshu settentrionale), gruppi di sepolture di questo tipo costituiscono la maggioranza dei ritrovamenti, ma accanto ad esse sono presenti sepolture a cista costituite da fosse foderate da lastre di pietra (lungh. ca. 1 m, largh. 0,2 m; simili al corrispondente tipo della Corea), per la maggior parte ben distanziate dalle sepolture in giara e, in un caso, con una partizione interna tale da formare i vani di sepoltura per due individui forniti di ricco corredo. Chiare divisioni all'interno della comunità, verosimilmente su base di affinità di lignaggio, con individui in particolare posizione di status, sono ravvisabili nelle necropoli del medio Yayoi, come è evidente nella struttura della necropoli di Ama (Honshu centro- occidentale) caratterizzata da gruppi di sepolture all'interno di aree (lungh. ca. 8-9 m) delimitate da una canaletta di circa 2 m di larghezza e 1 m di profondità. In tali "lotti" sono state portate alla luce sepolture di uno, due o più individui, deposti entro sarcofagi, fatti di assi di legno ben squadrate, posti all'interno di semplici fosse rettangolari. Per contrasto, diverse sepolture in giara sono state rinvenute nella stessa necropoli senza, però, un apparente ordine nella loro distribuzione. Nella regione del Kinai, tale forma di seppellimento spazialmente segregato si esprime, con ancor maggiore chiarezza, nelle sepolture (da 5 a più di 15 individui di diverso sesso ed età) raggruppate sulla sommità di tumuli a pianta quadrangolare delimitati da un basso fossato, note come hokeishukubo (tomba quadrangolare con fossato). Nel sito di Uriudo presso Osaka, ad esempio, sulla sommità di un hokei-shukubo (15 × 10 m, alt. 1,2 m) sono state messe in luce 6 sepolture con sarcofago ligneo, una sepoltura a fossa e 6 sepolture in giare. È opinione diffusa fra gli studiosi che le hokei-shukubo, spesso a gruppi da 10 a 30 tumuli nei pressi degli abitati, rappresentino tombe familiari destinate all'inumazione di più segmenti dello stesso lignaggio. Nelle medesime aree sepolcrali si rinvengono anche altri tipi di sepolture, prevalentemente in fosse prive di tumulo, o individuali o raggruppate su base verosimilmente familiare, in aree separate rispetto alle tombe a tumulo recintate. La diversa tipologia sepolcrale associata alla struttura delle aree funerarie, che prevede la distinzione tra poche sepolture in zone fisicamente e ritualmente delimitate e molte in raggruppamenti più promiscui o dispersi, evidenzia chiaramente non soltanto la presenza di ranghi distinti e privilegiati all'interno della comunità, ma anche la tendenza di quei gruppi a condividere un'ideologia del potere che si esprime, anche, nelle forme di seppellimento e nella composizione dei corredi funerari. Non v'è dubbio che la struttura delle necropoli, in particolare del periodo tardo Yayoi, rifletta le fasi finali di un processo di crescita della complessità sociale verso esiti di tipo prestatale, con la formazione di aristocrazie regionali che avevano la loro ragion d'essere nel controllo e ridistribuzione delle risorse alimentari che si erano determinati con la diffusione delle nuove tecniche di coltivazione del riso in vasca che avevano permesso una crescita demografica ed economica mai, fino allora, conosciuta nell'arcipelago. Agli esordi del tardo Yayoi, nella seconda metà del I sec. d.C., permangono i cimiteri comuni, ma, da questi ultimi chiaramente distinte, tombe con ampi tumuli, costruiti sulla sommità di colline naturali, denunciano una cosciente divisione tra aristocrazia e gente comune. A Tatetsuki, presso Kurashiki (Pref. di Okayama), ad esempio, sulla cima di una bassa collina prospiciente la piana alluvionale di Yabe, è stato rinvenuto un tumulo artificiale (diam. 43 m, alt. 4-5 m, con due avancorpi in terra, di 15 m ca., a nord-est e a sud-ovest) sulla cui sommità, in posizione centrale, era un'ampia fossa rettangolare (9 × 5,5 m, prof. 1,8 m) che conservava i resti di una camera funeraria di legno (3,5 × 1,5 m) per un sarcofago, ugualmente ligneo, di 2 m di lunghezza di cui fu rinvenuta solo l'impronta data dalla polvere rossa originariamente cosparsa al suo interno. La composizione del ricco corredo e la quantità di forza lavoro investita nella realizzazione della tomba denunciano l'appartenenza del defunto ad un'aristocrazia che si rappresenta, anche, nel possesso di elementi simbolici del potere (in larga parte condivisi con le aristocrazie della Corea), quali il pendente "a virgola" (magatama in giapponese, gokok in coreano) di giadeite, lo specchio di bronzo e la spada di ferro. Una notevole complessità rituale, sintomo di una sofisticata liturgia funeraria, è testimoniata, poi, dalle evidenze di azioni successive all'inumazione: la camera funeraria era, infatti, sigillata da uno strato di terra coperto da un acciottolato sul quale sono state rinvenute statuine femminili di ceramica, grani di collana cilindrici e magatama di terracotta, diversi tipi di vasellame (verosimilmente prototipo delle sculture rituali haniwa poste sui kofun) e una grossa pietra decorata da incisioni curvilinee. Sul pendio del tumulo, poi, si susseguono due circoli di pietre infisse verticalmente, alternati ad una striscia pavimentata a ciottoli fluviali, mentre in due diverse aree erano localizzate due sepolture a fossa con sarcofagi privi di corredo. Numerose tombe di simile concezione, con tumuli o a pianta quadrangolare o circolare, sono state scavate nella regione di Setouchi, mentre lungo le coste del Mar del Giappone i tumuli sono a pianta quadrangolare caratterizzata da appendici rettangolari che fuoriescono per diversi metri dagli angoli del tumulo stesso.N el Kanto, la sepoltura n. 4 di Goudo (Pref. di Chiba), consistente in un tumulo monumentale di forma circolare (diam. ca. 30 m) circondato da un fossato interrotto da una larga rampa rialzata che restringendosi porta alla sommità del tumulo stesso, lascia già intuire la forma dei grandi tumuli circolari con avancorpo trapezoidale del tipo "a toppa di serratura" (in giapponese zenpo-koen, ovvero "davanti quadrato-dietro tondo") del periodo detto appunto Kofun (Antichi Tumuli; 300-700 d.C.). Tali monumentali sepolture, che caratterizzano il paesaggio delle piane fluviali, in particolare quelle tra le odierne città di Kyoto, Nara e Osaka, in cui i chiefdoms Yayoi videro per primi la loro trasformazione in vere e proprie strutture di tipo statale da parte di una nuova aristocrazia, decisamente guerriera, conobbero diverse fasi di sviluppo e di diffusione nell'arcipelago fino alla fine del VII sec. d.C. Nei pressi di Nara uno dei più antichi kofun è quello di Tsubai Otsukayama che ancora mantiene alcuni elementi del profilo originario della collina da cui esso prese forma evidenziando la monumentalità di tali strutture sepolcrali e l'enorme investimento di forza lavoro necessario al loro ottenimento. Il kofun consiste di un tumulo a pianta circolare ottenuto sfruttando una collina naturale; la terra rimossa dai fianchi fu accumulata sia sulla sommità della collina, che fu rialzata di 5 m, sia sul lato orientale per modificare una piccola spianata naturale e formare così l'alto terrazzamento che costituisce l'avancorpo trapezoidale; alla base del tumulo zenpo-koen sono stati rinvenuti diversi tratti del fossato perimetrale. La struttura, che anche al momento della sua ultimazione doveva assecondare la morfologia naturale del luogo, pur non presentando limiti netti, misura circa 185 m di lunghezza e, nella sua porzione a pianta circolare, circa 75 m di larghezza. Al centro di quest'ultima, era scavata la fossa contente la camera funeraria (4,9 × 1,1 m, alt. 3 m) foderata da corsi di lastre di pietra, privi di malta, su uno strato intermedio di ciottoli; sulla sommità della camera erano infine poste alcune lastre a formare una sorta di tetto piano. All'interno della camera funeraria sono stati rinvenuti i resti di un sarcofago ligneo e, allineati lungo le pareti, numerosi manufatti di corredo: armi, i resti di un'armatura a piastre di ferro, utensili per la lavorazione del legno, qualche attrezzo da pesca e 30 specchi di bronzo, tutti dello stesso tipo, importati dalla Cina e databili entro la seconda metà del III secolo. Altra caratteristica dei kofun più antichi, come ad esempio quello di Koganezuka a sud di Osaka, è l'uso di cilindri di terracotta rossastra (haji), noti come haniwa, posti sulla sommità del tumulo posteriore e lungo i bordi di quello anteriore a delimitare lo spazio rituale della struttura sepolcrale. A partire dal tardo IV sec. d.C. all'aumento delle dimensioni dei tumuli, dell'avancorpo e degli ampi fossati perimetrali concentrici, aventi scopo difensivo e rituale, corrisponde l'uso di elaborati sarcofagi scavati nella pietra o costruiti con massicce lastre di pietra o, più raramente, di ceramica; la struttura dei kofun del V secolo, il periodo dei tumuli zenpo-koen non più costruiti sulla sommità di colline ma nelle piane aperte, mostra, inoltre, una perfezione architettonica che denuncia l'uso sicuro di un'unità di calcolo lineare, lo shaku coreano (ca. 30 cm). Esemplificative della monumentalità dei tumuli del tipo zenpo-koen del V secolo e dell'uso dello shaku sono le tombe dei "sovrani" della dinastia detta Naniwa, dall'antico nome della regione di Osaka: quella del primo daiō o ōkimi Naniwa, Ōjin che secondo la tradizione regnò dal 400 d.C., troneggia con l'attuale lunghezza di 430 m (originariamente 1800 shaku) presso Abikino (Osaka) senza però raggiungere la maestosità del tumulo del suo successore Nintoku (ca. metà V sec.), presso Sakai (Osaka), che, con una lunghezza in origine di ben 2000 shaku, copre un'area di circa 40 ha, circondato da tre fossati. Non v'è dubbio che i tumuli monumentali, spesso accompagnati da sepolture dello stesso tipo ma di dimensioni leggermente ridotte, siano da riconoscere come le tombe dei primi sovrani (daiō o ōkimi, grandi capi) accompagnate da quelle dei livelli più alti dell'aristocrazia dei "regni", tra i quali Yamato fu il più potente, noti anche dalle coeve fonti cinesi; tuttavia, la correlazione tra "sovrani" e tombe per i quali quegli eccezionali tumuli furono costruiti non sempre è sicura, in assenza di documenti scritti fino alla fine del VII secolo. Agli stretti rapporti, non sempre pacifici, intrattenuti dalle compagini politiche protostatali giapponesi del V secolo con i coevi "regni" coreani, è da mettere in relazione la diffusione di una nuova aristocrazia di cavalieri, d'origine coreana, responsabile di diverse innovazioni sia nel campo dell'ideologia sia dell'economia; dalla fusione di questa nuova aristocrazia con gli ujigami (capi dei clan) dei "regni" del primo periodo Kofun capeggiati dal daiō di Yamato ‒ che dall'inizio del VII secolo avrebbero assunto il titolo di tennō ("imperatore") con il regno della "imperatrice" Suiko ‒, sarebbe emersa la struttura sociale e politica del Giappone antico. Le innovazioni nella struttura sociale del VI secolo si riflettono anche nella tipologia sepolcrale; da una parte, infatti, le camere funerarie a fossa verticale sono sostituite da strutture in pietra con corridoio e una o due camere (una per il sarcofago, l'altra per il corredo), dall'altra, a partire dalla fine del VI secolo, la forma e le dimensioni del tumulo si contraggono: scompare l'alta piattaforma anteriore e il tumulo diventa, prima, una cupola su un basamento quadrangolare e poi, dalla metà del VII secolo, ottagonale e di esclusivo uso del tennō di Yamato, verosimilmente come ultimo, in ordine di tempo, segno di distinzione rispetto alle altre famiglie aristocratiche. Sulla sommità del kofun di Udozuka (ancora del tipo "a toppa", ca. metà VI sec.), nella valle di un piccolo tributario del fiume Yamato, a sud di Nara, ad esempio è stato messo in luce uno dei primi esempi di tomba fornita di un corridoio (lungh. 8,3 m, largh. 2,7 m, alt. 2 m) costruito con massi squadrati di pietra (lunghi fino a 3 m) che dalla parte posteriore del tumulo conduce ad un'ampia camera funeraria (6 × 2,7 m, alt. 4,3 m) con pavimento di lastre di pietra, pareti formate da tre corsi di massi appena sbozzati sui quali poggiano due gigantesche lastre di copertura. In questo nuovo modello sepolcrale l'interno della camera funeraria, spesso decorata da cicli pittorici policromi forse di ispirazione sciamanica, mantiene l'uso dei massicci sarcofagi di pietra e preponderante è la presenza nel corredo funerario di specchi di bronzo prodotti localmente, di armi di ferro, di finimenti per cavallo di bronzo dorato e di vasellame rituale di ceramica grigia Sue, importata da Silla o fatta localmente da artigiani coreani immigrati (Suetsukuribe), mentre esternamente, come per il periodo precedente, il tumulo è contrassegnato dalla disposizione rituale di decine di haniwa figurati. L'accresciuta gerarchizzazione della società nei secoli VI e VII, infine, insieme col progressivo abbandono dei kofun determinò lo sviluppo di aree sepolcrali, verosimilmente legate a gruppi familiari o professionali (be), scavate in costoni rocciosi che nell'impianto ripetono il modello delle tombe a corridoio, come, ad esempio, le 230 tombe di Yoshimi Hyakketsu scavate su una parete tufacea a Higashi-matsuyama, nella Prefettura di Saitama. Con la Riforma Taika promulgata dall'imperatore Kotoku nel 646 furono, infine, stabilite le leggi suntuarie che regolavano, per ciascuna delle sei classi in cui era divisa la società, i modelli e le dimensioni delle sepolture insieme con la composizione dei corredi funerari; d'altra parte, la diffusione del buddhismo (religione "ufficiale" dal 607, anno di costruzione del tempio Horyuji a Nara) e della pratica della cremazione contribuirono fortemente all'abbandono dell'inumazione, anche se in regioni periferiche, più lontane dal controllo del tennō, il costume continuò fino all'VIII secolo, come testimoniano, ad esempio, alcuni tumuli collinari in zone del Kanto e del Tohoku nel Giappone orientale.
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Testimonianze archeologiche relative ad arcaiche elaborazioni rituali connesse con le pratiche di seppellimento sono attestate nel deposito riferibile al Paleolitico superiore della nota Caverna Superiore di Zhoukoudian (Prov. di Hebei), dove resti scheletrici di Homo sapiens presentano tracce di polvere rossa e sono accompagnati da resti combusti di diversi tipi di fauna e monili in denti e conchiglie perforati. Una più evidente espressione rituale del seppellimento, attraverso la disposizione del defunto accompagnato da un corredo funerario, verosimilmente riflesso dell'idea di continuità fra mondo terreno e oltremondano, si manifesta con l'affermarsi delle economie neolitiche, intorno al 7000 a.C. nella Cina settentrionale, e della relativa sedentarietà dei gruppi di protoagricoltori. Nell'ambito della cultura Cishan-Peiligang (6500- 5000 a.C.) sepolture singole in semplici fosse rettangolari, riunite in aree necropolari chiaramente distinte da quelle residenziali, sono accompagnate da corredi costituiti da vasellame ceramico e utensili di pietra e conchiglia deposti lateralmente al defunto. Nel contesto dalla cultura medioneolitica Yangshao (7000- 5000 a.C.) della valle del Fiume Giallo e del Fiume Wei, l'assortimento degli oggetti d'accompagnamento si arricchisce di elementi di ornamento personale (braccialetti, orecchini e spilloni di pietra, ceramica, osso e conchiglia). Il corredo vede parte dei manufatti, verosimilmente quelli appartenuti al defunto, posti in prossimità del corpo, altri distribuiti sulla piattaforma (ercengtai) costruita lungo il perimetro di alcune delle fosse di sepoltura. Nella maggior parte dei casi si tratta di corredi di composizione standardizzata che, talvolta, presentano elementi di specializzazione secondo il sesso del defunto; non mancano però corredi eccezionali. Nella necropoli più antica di Jiangzhai (Prov. di Shaanxi), ad esempio, nella sepoltura n. 7 la giovane di circa 16-17 anni era accompagnata da 8577 vaghi d'osso, 3 di pietra, 2 orecchini di giada, un raschiatoio di pietra e 2 vasi di ceramica rossa; altrettanto ricco il corredo di una donna di 25 anni (sepoltura M 92) con 2400 vaghi d'osso, 16 di conchiglia e 2 orecchini di pietra; anche nella necropoli di Banpo (Prov. di Shaanxi) un corredo particolarmente elaborato è associato ad una bambina di 4-5 anni (M 152) eccezionalmente sepolta in una fossa, foderata con assi di legno, fornita di ercengtai. Fra le pratiche di sepoltura Yangshao, quella delle inumazioni secondarie collettive, attestata soprattutto nella valle del Fiume Wei almeno a partire dalla metà del V millennio a.C., è ben rappresentata nella necropoli di Yuanjunmiao (Prov. di Shaanxi); questo tipo d'inumazione prevedeva la scomposizione rituale degli scheletri che, dopo essere stati lavati e purificati, erano ricomposti o in posizione supina o affastellati uno accanto all'altro. A differenza delle sepolture primarie dove il corredo è specificamente correlato al defunto, in quelle secondarie gli oggetti funerari, deposti sui piedi degli inumati ricomposti, sono più modesti e associati ad un insieme di resti piuttosto che ad un individuo in particolare. A Banpo, come a Beishouling (Prov. di Shaanxi), le sepolture multiple corrispondono a quelle di individui della stessa fascia d'età e, per lo più, dello stesso sesso, in altri siti, come a Yuanjunmiao, i defunti appartengono a diverse classi d'età e a entrambi i sessi. Nell'ambito della cultura Dawenkou (ca. 4500-2500 a.C.) dello Shandong, il sensibile divario delle dimensioni delle tombe e della ricchezza dei corredi funerari ‒ che aumenta progressivamente fra la fase antica, media e tarda ‒ denuncia un processo di differenziazione sociale in atto. Tipico della ritualità funeraria Dawenkou, soprattutto nelle sepolture più ricche della fase media e tarda, è l'uso di fosse di sepoltura provviste di una camera funeraria di tronchi al cui interno erano deposti il sarcofago ligneo e il corredo ‒ parte nel sarcofago stesso, parte sullo ercengtai ‒ formato da vasellame di fine ceramica bianca, oggetti di ornamento personale d'osso e d'avorio, crani o mandibole di maiale, utensili, verosimilmente rituali, ottenuti da zanne di cervo d'acqua (Hydropotes inermis), strumenti di pietra e di osso e carapaci di tartaruga. Un particolare orizzonte simbolico e rituale, che costituirà il substrato della ritualità funeraria di epoca protostorica e storica, sembra prendere forma nel corso del IV-III millennio a.C., manifestandosi nell'ampio ricorso a manufatti di giada, quali le asce perforate cerimoniali che non mostrano tracce d'uso (forse elementi segnaletici di status sociale), associati a sepolture che, per la loro struttura o la composizione del corredo, dobbiamo ritenere riservate a personaggi di particolare rango. Mentre le ceramiche presenti nei corredi funebri spesso sembrano non differire da quelle di uso domestico, forse nella convinzione di una vita oltremondana quale prosecuzione di quella terrena, al contrario, manufatti quali i dischi forati bi e i parallelepipedi con foro cilindrico cong, realizzati con un materiale "incorruttibile" quale la giada, sono stati riscontrati esclusivamente in contesti funerari. La giada non era, infatti, utilizzata solo per utensili rituali, ma anche per ornamenti e figurine a tutto tondo, come quelle rinvenute in contesti funerari della cultura tardoneolitica Hongshan (ca. 3500- 2500 a.C.; valle del fiume Liao e del Taling, alteterre della Mongolia interna e della Prov. di Liaoning) raffiguranti, anche, uccelli rapaci ed esseri zoomorfi di difficile interpretazione, noti come zhulong (drago-maiale). La funzione rituale dei manufatti di giada, in ambito funerario, è evidente in particolari sepolture riferibili agli orizzonti della cultura Liangzhu (ca. 3300-2200 a.C.) del basso Yangtze.N ella tomba a fossa (M3) di un maschio adulto messa in luce a Sidun (Prov. di Jiangsu), dei 120 oggetti di accompagnamento, la cui disposizione ha consentito di ricostruire il rituale della sepoltura, ben 57 sono bi e cong di giada: dapprima furono deposti più di 10 bi sul fondo della fossa insieme con almeno 3 asce perforate, su essi fu quindi acceso un falò; quando il fuoco stava per estinguersi fu deposto il corpo del defunto circondato da cong: 4 sotto i piedi, 27 intorno al corpo, uno sul viso. Un bacile gui di ceramica rossa fu posizionato sulla testa, un vaso hu, un dou su alto piede, un piatto pan, tutti ugualmente di ceramica, al di là dei piedi, mentre giade e utensili di pietra erano distribuiti sul lato destro e sul braccio sinistro del defunto, un'ascia perforata sotto la testa e 2 sotto le gambe; i bi più elaborati furono poi messi sul torace e sull'addome. È noto che nelle successive epoche storiche si credeva che le giade sepolte con il cadavere preservassero dalla decomposizione fisica; è quindi evidente, come per i rinvenimenti di Sidun e in alcuni casi in cui amuleti di giada sono stati rinvenuti nella bocca del defunto, che tale credenza abbia preso forma in età neolitica. La complessità della ritualità funeraria Liangzhu è anche testimoniata dal rinvenimento di non comuni sepolture associate a strutture di terra battuta interpretabili come altari; ad esempio le 11 sepolture disposte su 2 file rinvenute a Yaoshan, presso Yuhang (Prov. di Zhejiang), avevano un doppio sarcofago e tutte erano fornite di un ricco corredo; proprio la composizione dei corredi, in cui figurano prevalentemente strumenti rituali di giada, farebbe ipotizzare una specializzazione rituale degli occupanti, forse divisi secondo il sesso (nella fila nord le femmine, in quella sud i maschi) e con una ricchezza crescente in funzione della prossimità al centro dell'altare. Nel corso del III millennio a.C., nelle necropoli riferibili alla cultura Longshan della valle del Fiume Giallo, generalmente localizzate vicino all'abitato, sono state rinvenute, per la maggior parte, tombe singole e, meno frequenti, sepolture doppie contenenti un maschio e una femmina; a Chengzi (Prov. di Shandong), le tombe sono aggregate in gruppi divisibili in quattro classi di decrescente ricchezza. Tra gli elementi che maggiormente contribuiscono, in tale ambito, alla definizione dei livelli di ricchezza, oltre alla dimensione e la complessità della fossa di sepoltura, vi è la presenza nel corredo funerario di vasellame in finissima ceramica nera verosimilmente prodotto a scopo rituale e in cui è possibile con chiarezza riconoscere i prototipi del vasellame rituale in bronzo del successivo millennio. A partire dal III millennio a.C., inoltre, la prevalenza di calici su alto piede bei, vasi hu e ping di ceramica nera disposti sulla piattaforma ercengtai sembrerebbe suggerire un riferimento al banchetto rituale connesso con i riti di sepoltura. Nei livelli della prima età del Bronzo ad Erlitou (contea di Yanshi, Prov. di Henan; ca. 1900-1500 a.C.), tutti gli elementi della ritualità funeraria d'età neolitica delle diverse culture cui si è fatto cenno sembrano convergere in un unico insieme. Nelle poche sepolture fino ad oggi messe in luce ad Erlitou alcune sono da riferire a personaggi d'alto rango, altre a vittime sacrificali; nel caso delle prime tra gli elementi di corredo compaiono tripodi jue e armi di bronzo, vasellame di ceramica simile ai tipi del millennio precedente, oggetti rituali di giada, detti yazhang (forse derivati da più antichi prototipi di arma) decorati ad incisione con un motivo teriomorfo simile a quello delle giade Liangzhu, monili di giada, pettorali di bronzo e turchese di forma zoomorfa, grani di collana e amuleti, o pendenti, di giada o di turchese. Le proporzioni e la ricchezza del corredo funerario delle tombe più ricche non sono, però, che una pallida anticipazione della complessità rituale e della scala monumentale delle tombe reali di Yin, ultima capitale (XIII-XI sec. a.C.) della dinastia Shang (XVI-XI sec. a.C.). A Yin (Anyang, Prov. di Henan) una vasta necropoli presso la località di Xibeigang, riconosciuta come il cimitero reale Shang, si compone di 11 tombe monumentali a fossa, provviste di 2 o 4 rampe di accesso, divise in un gruppo occidentale (7 tombe) e uno orientale (4 tombe) con un migliaio di sepolture minori, senza eccezioni orientate secondo i punti cardinali. Sul fondo della gigantesca fossa di sepoltura della tomba 1001, ad esempio, sono stati rinvenuti i resti di una camera sepolcrale di legno laccato a pianta quadrata di poco inferiore all'area della fossa; all'interno di tale camera doveva essere posto il sarcofago contenente il corpo del defunto. Nello spazio compreso tra la camera e la rampa meridionale, e lungo le altre 3 rampe, erano distribuiti gli elementi del corredo ‒ ormai per la maggior parte depredato al momento dello scavo ‒ assieme con diverse decine di vittime sacrificali, umane e animali. Nell'unica tomba reale non depredata, in quanto coperta dalla piattaforma di fondazione di una struttura forse dedicata al culto funerario, nota come Tomba di Fu Hao, identificata con una delle consorti del re Shang Wuding (?-1189 a.C.), sono stati rinvenuti, oltre ad altri beni minori, 755 manufatti di giada, 468 oggetti rituali di bronzo (ca. 1500 kg), 6880 conchiglie cauri e un litofono insieme con i resti di almeno 16 vittime sacrificali. Tali rinvenimenti hanno confermato che il sacrificio umano praticato dall'aristocrazia Shang nei riti di accompagnamento al momento della sepoltura e successivamente ad essa era sostanzialmente motivato dal mantenimento dei legami familiari e dalla manifestazione del loro status nella gerarchia del clan. Le vittime sacrificali, infatti, riflettono una chiara gerarchia: ai quattro angoli della camera funeraria sono solitamente deposti individui non smembrati, di norma, provvisti di un'ascia-pugnale ge di bronzo o giada, oppure un solo individuo armato si trova nella fossetta sacrificale yaokeng, posta sotto il pavimento della camera, spesso insieme o sostituito da un cane; diversi individui possono essere collocati, con sarcofago, beni di accompagnamento (tra cui vasi rituali di bronzo) e inservienti, sulla piattaforma ercengtai o sul tetto della camera funeraria; nessuna di tali vittime sacrificali mostra però segni di violenza o coercizione ed è verosimile che siano da riconoscere come membri dell'élite Shang particolarmente vicini, per parentela o funzione, al defunto. A questi seguono, poi, le vittime deposte negli strati di terra battuta del riempimento della fossa, lungo le rampe di accesso e in fosse adiacenti la fossa monumentale; si tratta, prevalentemente, di individui maschi di età compresa tra i 15 e i 35 anni, per lo più smembrati e riuniti in gruppi di numero variabile. Queste vittime sono con ogni probabilità da identificare come prigionieri di guerra o di razzie, forse appartenenti alle popolazioni Qiang, citate nelle ossa oracolari come vittime nei sacrifici agli antenati reali. Nello stesso tempo i rinvenimenti effettuati nella Tomba di Fu Hao hanno anche fornito, per la prima volta, un chiaro quadro della disposizione e dell'assortimento, ritualmente regolati, degli elementi del corredo in strati successivi man mano che si procedeva al riempimento della sepoltura. L'uso del vasellame rituale di bronzo è stato generalmente correlato dagli studiosi a cerimonie di carattere sciamanico, come mezzo di "comunicazione" tra le linee di discendenza e specifici antenati del clan reale, funzionali all'autoaffermazione del clan stesso. Parimenti, nel contesto funerario, sembra che la funzione prevalente dei vasi rituali, decorati da motivi zoomorfi secondo alcuni riconducibili a non interpretabili prototipi neolitici, secondo altri aventi un valore magico-rituale assimilabile allo spirito-guida degli sciamani siberiani, fosse quella di provvedere il defunto, una volta passato da membro vivente del lignaggio ad antenato vivente come spirito, degli strumenti necessari al mantenimento del suo status preminente, indicato, anche, dalla capacità di officiare riti di comunicazione con gli antenati attraverso lo stesso vasellame rituale che aveva usato in vita. Che non si tratti di vasellame ad esclusivo uso funerario è confermato da evidenti tracce d'uso riscontrate nei diversi tipi di vaso funzionalmente divisi in contenitori per liquidi (acqua e alcol fermentato di cereali), da libagione, da cottura e presentazione del cibo e per abluzioni. Con l'affermarsi della dinastia dei Zhou (1045-771 a.C.), si notano diversi cambiamenti nella composizione dei corredi funerari, i più evidenti dei quali sembrano essere una netta diminuzione degli elementi rituali di giada e, dal periodo del re Mu (956-918), una nuova tipologia del vasellame rituale; è evidente che la natura e la struttura della ritualità, di cui i vasi di bronzo erano stati il principale strumento liturgico, subirono un sostanziale mutamento: la comunicazione con gli antenati reali ‒ effettuata anche attraverso l'uso della scapulimanzia e plastromanzia ‒ da strumento di controllo, gestione e legittimazione del potere esercitato dai membri viventi del lignaggio in epoca Shang, assume con i Zhou, a partire dal regno del re Yih (899/897-873), una funzione più apertamente politica. I vasi rituali, strumento della liturgia dei culti ancestrali, assumono, infatti, una funzione pubblica, simbolo di status e di potere, nell'ambito di cerimonie officiate da "specialisti" rituali che operano in nome e per conto del re o dei membri dell'aristocrazia, questi ultimi legati al primo e tra loro secondo le norme del sistema di solidarietà politica e parentale noto come zongfa. Un nuovo elemento, particolarmente importante, della ritualità Zhou, funeraria e non, è l'uso della musica, esemplificata principalmente da campane di bronzo che, per la loro tipologia, denunciano un'origine nelle culture della Cina meridionale. Parimenti di provenienza meridionale è la tipologia delle giade, note per la loro presenza nei corredi funerari, che iniziano di nuovo ad essere massicciamente usate nel tardo IX secolo e in quello successivo. La tomba 2001 a Shangcunling presso Sanmenxia (Prov. di Henan) ha restituito numerosi elementi di giada utilizzati per la vestizione rituale del defunto: placchette di diverse forme e dimensioni erano cucite su strati di tessuto (forse seta) a formare una maschera funeraria, altre a mezzaluna, montate con vaghi in agata e faïence (forse di origine occidentale), costituivano un pettorale lungo fino alle ginocchia. Il corredo prevedeva anche asce deposte all'altezza del torace, dischi rituali bi vicino ai piedi, cauri di pietra dentro la bocca, grani di giada nelle mani, campane di bronzo e litofoni. In generale, si ha l'impressione che nel medio e tardo periodo della dinastia dei Zhou Occidentali, sia nel cuore del regno sia nei "feudi" periferici, si verifichi una decisa standardizzazione della composizione dei corredi funerari dovuta ad uno stretto controllo centralizzato della ritualità, sebbene con più che notevoli differenze di ricchezza determinate dalla gerarchia nobiliare, con una conseguente canonizzazione della liturgia. Tale canonizzazione della ritualità e delle sue norme non sembra, però, dissolversi con la dissoluzione del potere politico della casata dei Zhou Occidentali e, dall'VIII secolo, con la dinastia dei Zhou Orientali (770-221 a.C.) si osserva anzi un consolidamento dei canoni nei territori di cultura Zhou. L'aderenza a tali canoni sembra diventare il fattore di unità ideologica e culturale di tutte le aristocrazie che nella pratica di quei canoni si riconoscono, pur con numerose varianti regionali verosimilmente dovute alla presenza di elementi rituali autoctoni. Nelle pratiche funerarie delle aristocrazie regionali nei periodi Primavere e Autunni (770-476 a.C.) e Stati Combattenti (475-221 a.C.), infatti, la presenza di vasi rituali di bronzo è canonicamente limitata alla combinazione di vasi del tipo ding, gui, hu, pan e yi. Soprattutto in epoca Stati Combattenti, però, l'aderenza ai canoni della ritualità funeraria più antica è apparentemente offuscata dalle varianti regionali dell'architettura funeraria e dalla variabilità e dalla ricchezza tipologica dei corredi. Tale ricchezza potrebbe essere stata determinata sia dalle innovazioni occorse nelle tecniche di manifattura dei vasi di bronzo (fine VII sec. ca.) ‒ tali da permettere produzioni su scala enormemente più vasta ‒ sia dall'accresciuta ranghizzazione all'interno delle aristocrazie dei regni formatisi sull'eredità Zhou, di norma composti da una commistione di elementi etnici e culturali diversi. Un altro fondamentale elemento che emerge nel corso dell'epoca Stati Combattenti è la cosciente differenziazione tra i riti ancestrali officiati tra i vivi ( jili, riti di buon auspicio), di norma nel tempio ancestrale a favore di divinità protettrici, e quelli officiati presso le sepolture (xionli, riti di malaugurio) a favore dei morti. Parallelamente si nota l'intenzionale classificazione del vasellame rituale in jiqi (vasi rituali) e mingqi (vasi dell'anima) o guiqi (vasi per i fantasmi) che, secondo alcuni studiosi, rifletterebbe un'accresciuta attenzione verso i rituali funerari e verso la composizione dei corredi funebri conseguente allo spostamento della centralità rituale dal tempio ancestrale del ramo principale del lignaggio alla necropoli familiare. Il mutamento dell'atteggiamento verso il mondo dei defunti sarebbe dimostrato sia dalla compilazione di dettagliate norme della ritualità funeraria, sia dalla produzione specializzata di oggetti di accompagnamento (nella letteratura cinese moderna generalmente definiti mingqi) che, soprattutto dopo il V secolo, vengono distinti dagli shengqi (oggetti di uso quotidiano) e dai jiqi (vasi, o oggetti, rituali) che pure entrano a far parte del corredo. Tra gli esempi più antichi e più evidenti dell'uso dei mingqi, come oggetti di sostituzione di jiqi, è la sepoltura (tomba 16) di un membro dell'aristocrazia del regno di Yan messa in luce a Wuyang (Prov. di Hebei). All'interno della sepoltura, disposti lungo la piattaforma ercengtai che circondava il sarcofago, sono stati rinvenuti 135 vasi di ceramica dipinta chiaramente riconoscibili come repliche di originali vasi rituali di bronzo, come anche esatte repliche di originali di bronzo erano le 35 campane pianzhong. Tali campane sono state anche rinvenute, ma come originali jiqi di bronzo, nella sepoltura del signore del piccolo Stato di Zeng, nella bassa valle dello Yangtze, morto nel 433 a.C. In questa tomba è stato, infatti, messo in luce un "carillon" di 65 campane pianzhong accompagnato da 21 musici (sepolti vivi); il corredo comprende anche 54 armi di bronzo, giade, lacche, oggetti di legno e bambù, per un totale di oltre 7000 reperti, tra i quali sarebbe ben difficile distinguere tra mingqi specificatamente eseguiti per la sepoltura e renqi (oggetti per i vivi) appartenuti al defunto. Il contrasto tra i due rinvenimenti dimostra, da una parte, la sopravvivenza degli usi tradizionali nella composizione dei corredi funerari, dall'altra la flessibilità delle norme rituali e del concetto di mingqi, che caratterizzò i 300 anni di transizione verso la formazione dell'impero. Durante questo periodo si assiste anche alla progressiva affermazione di nuovi elementi nella composizione dei corredi funerari, che avranno un posto di preminenza nei rituali dell'epoca imperiale. A Mashan (Prov. di Hubei) nella tomba M1 (IV-III sec. a.C.), il corpo della defunta (all'interno di un sarcofago laccato) indossava un abito funerario con due sopravvesti imbottite su un abito foderato, una gonna sfoderata, un paio di pantaloni imbottiti e una cintura di seta con pendenti in giada e grani di vetro in vita; il corpo così abbigliato era stato, infine, "impacchettato" in diversi strati di seta e garza di seta ricamata legati da otto nastri di seta, quindi coperto da un velo con un ricamo formato da un drago e una fenice. Questo corredo è uno dei migliori esempi di ming yishang (vesti per lo spirito), di cui si parla nei testi rituali, fino ad oggi venuto alla luce. In concomitanza con un generale declino della pratica dei sacrifici umani, l'altro elemento che si affermò progressivamente nel corso dell'epoca Stati Combattenti, quello dei muyong (statuine tombali) o wangtong (servi del morto), avrebbe trovato la sua massima espressione nelle strutture di accompagnamento alla sepoltura del Primo Imperatore della dinastia Qin (221-206 a.C.), presso Lingtong (Xi'an, Prov. di Shaanxi), esemplificate dal ben noto "esercito di terracotta". Il "mausoleo" del Primo Imperatore, inoltre, si conforma, con un grado di complessità e di scala senza precedenti, all'uso, invalso durante l'epoca dei Zhou Orientali come conseguenza dello spostamento dei culti ancestrali dal tempio ubicato entro la città alle sepolture monumentali poste al suo esterno, di fornire la tomba di un segnacolo esterno costituito da un grande tumulo di terra circondato da vasti giardini e luoghi di culto. Questo tipo di struttura, cui era dato un nome seguito dal temine ling (spesso tradotto come giardino-mausoleo o tomba-giardino), fu ereditato dai sovrani della successiva dinastia Han. Il vasto complesso di credenze filosofiche e religiose alla base della ritualità funeraria in epoca Han (206 a.C. - 220 d.C.) è ottimamente documentato nelle evidenze archeologiche e nelle coeve fonti letterarie; fondamento di tale complesso sono, infatti, diversi principi filosofici e religiosi riconducibili alle scuole di pensiero, alle forme di religiosità fiorite, o sistematizzate, tra il V e il IV sec. a.C.: il taoismo, la cosiddetta Scuola dei Cinque Elementi (o delle Cinque Fasi), quella dello Yin-Yang, la Scuola confuciana, quella dei Legisti, nonché le pratiche sincretiche di occultisti, medici e astrologi, e, dopo il II sec. d.C., arrivato dall'Asia Centrale, il buddhismo. In ogni caso, al centro di gran parte di tali posizioni filosofiche o religiose era la convinzione che l'individuo fosse dotato di due anime: la prima, detta hun, emanazione eterea del principio, o essenza, yang, dopo la morte sarebbe migrata vivendo assieme con gli spiriti immortali xian sul Monte Poshan (o nel "Paradiso" della Regina Madre d'Occidente), per i taoisti, o inserendosi nella gerarchia celeste allo stesso livello che il defunto aveva avuto in vita, secondo i confuciani; la seconda anima, po, più materiale, emanazione del principio yin, sarebbe rimasta, o ritornata, nella tomba in forma di spirito gui. La composizione dei corredi funerari dell'epoca degli Han Occidentali (206 a.C. - 23 d.C.) è tutta improntata alla fornitura di ogni possibile bene di cui le due anime avrebbero potuto aver bisogno sia nel percorso ‒ reso periglioso da spiriti e forze negative ‒ che le avrebbe portate dal corpo alla sede definitiva, sia nell'eterno soggiorno una volta raggiunta quest'ultima. Non mancano indicazioni, però, di tentativi volti ad evitare il distacco degli spiriti vitali, almeno dell'anima po, dal corpo attraverso l'uso di amuleti di giada o di altri elementi, per lo più minerali, in qualche modo legati ai concetti della branca alchemica del taoismo. Una traduzione iconografica del viaggio delle anime, ritenuto estremamente traumatico, si rinviene in una delle tre monumentali tombe a fossa scavate a Mawangdui presso Changsha (Prov. di Hunan), da riferire a Li Cang, Marchese di Dai, a sua moglie e a uno dei figli. Sul terzo sarcofago interno della sepoltura della marchesa (morta nel 168 a.C.) si conservava un drappo di seta dipinta che sviluppa un programma iconografico descrittivo del viaggio delle anime della defunta stessa attraverso i tre piani dell'esistenza: terreno, celeste, ctonio. Sul dipinto compare, inoltre, un uso che, prima del suo ritrovamento, era noto solo da riferimenti e composizioni letterarie: alcuni personaggi sembra che parlino con la defunta. È questa la rappresentazione del rito officiato quando si riteneva che il corpo e le anime si separassero per la prima volta; in quel momento si immaginava che il defunto provasse confusione e paura, perciò i familiari tenevano una veglia con un banchetto funebre offerto al defunto e invocazioni rivolte alle anime, ripetute tre volte, affinché queste si trattenessero ancora nella loro sede originaria o, quantomeno, non si sentissero abbandonate dai parenti. Il corpo del defunto era dopo di ciò lavato e unto, abbigliato con le migliori vesti e inumato accompagnato da più o meno preziosi corredi secondo il rango di appartenenza. Dall'epoca della dinastia Han in poi fra i manufatti d'uso funerario si distingue per importanza la tavoletta zhu, che reca inciso il nome del defunto e fornisce dettagli sul suo status. Tra gli elementi di corredo che erano deposti in aiuto delle anime del defunto, una sorta di mappa d'orientamento da usare durante il traumatico viaggio e dipinti del tipo rinvenuto nella tomba della Marchesa di Dai, vanno segnalati gli specchi di bronzo che sembra avessero anche una forte valenza apotropaica. L'uso "apotropaico", appunto, e preservativo della giada risulta chiaramente nei rinvenimenti effettuati nelle tombe del principe Liu Sheng e della moglie Dou Wan (II sec. a.C.) presso Mancheng (Prov. di Hebei), i cui corpi giacevano racchiusi in "sudari" composti da centinaia di tessere di giada: 2000 tessere cucite con oltre 1000 g di filo d'oro nel caso del "sudario" di Liu Sheng. Tanto grande era il dispendio di ricchezze destinate ai corredi funerari e alla costruzione delle tombe nell'epoca degli Han Occidentali da suscitare critici dibattiti nei più alti circoli dei pensatori e dei letterati di corte, finché l'imperatore Wen Di (regnante dal 180 al 157 a.C.) non emanò un codice suntuario per il regolamento di architetture e corredi per ciascun livello della gerarchia sociale dell'impero. I canoni della ritualità funeraria stabiliti nell'epoca Han e le norme di composizione dei corredi funerari non subirono sostanziali cambiamenti nelle età successive, se si eccettua l'introduzione di elementi legati alla religione buddhista e l'adesione, in verità poco entusiastica, alla pratica della cremazione.
I corredi funerari nelle sepolture di età neolitica (6000-2000 a.C.) in Corea non sembrano discostarsi molto dai modelli prevalenti nelle società protoagricole e di cacciatori/pescatori- raccoglitori dell'Asia orientale, formando un elemento di un vasto orizzonte culturale che si evidenzia soprattutto per i modi del seppellimento piuttosto che per le particolarità dei corredi e che abbraccia la Cina nord-orientale, parte della Siberia e l'arcipelago del Giappone. Tra il 2000 e il 500 a.C., periodo in cui si evidenzia un certo grado di specializzazione delle economie locali (agricoltura-pesca-allevamento), e intorno al 900 a.C., quando si data l'inizio della produzione locale del bronzo, le sepolture, in dolmen e ciste di pietra, sono associate ad elementi che riflettono, anche se non in modo inequivocabile, l'economia prevalente in questa o quella regione della penisola, il progresso di processi di formazione di ranghi aristocratici e l'intensificarsi di rapporti economici e politici con le complesse strutture sociopolitiche della Cina. Nei siti del Sud-Ovest è frequente la presenza, nei corredi funerari, di vasellame di ceramica del tipo Mumun caratteristico dell'epoca, mentre in alcuni gruppi di dolmen presso Hwangsongni, nella zona della diga di Ch'ungju (Corea centrale), sono state rinvenute sepolture a cista associate ad offerte animali (bovino, cervo e maiale) da ricondursi probabilmente a sacrifici rituali connessi con la sepoltura; nello stesso sito è poi attestato l'uso di perle tubolari di giada e strumenti di pietra levigata presenti in una sepoltura femminile; nel Nord- Ovest a Chonjindong e a Kuksongdong (ca. 2000 a.C.) assieme con le perle tubolari sono associate punte di freccia e di giavellotto in pietra levigata. Le sepolture a cista, generalmente piuttosto ricche, nella Corea settentrionale sono caratterizzate dalla presenza di cucchiai e bastoni di legno decorati sull'apice da volti antropomorfi intagliati (forse legati a pratiche sciamaniche), di perle tubolari e "a virgola", gokok di pietra, di spade di pietra levigata, che sembrano essere imitazioni di prototipi metallici, e di vasi di ceramica rossa lucidata. La vicinanza, se non l'appartenenza ad un unico orizzonte culturale, tra le culture coreane del I millennio a.C. e quelle della valle del fiume Liao nella Cina nord-orientale è esemplificata, soprattutto, dall'architettura funeraria e dal rinvenimento di particolari elementi di corredo, verosimilmente simboli di status, quali le lunghe punte di alabarda e le spade di bronzo con lama "a parentesi graffa" del tipo Liaoning. L'età del Ferro (400-200 a.C.) è contraddistinta dalla costante variabilità regionale delle strutture funerarie, in cui la composizione dei corredi evidenzia una decisa crescita della complessità sociale, con la comparsa di aristocrazie guerriere che si rappresentano, soprattutto, nel possesso di utensili in ferro (armi e strumenti agricoli), fibbie a gancio di bronzo da cintura e finimenti per cavallo; nelle regioni del Nord-Ovest, però, è evidente la crescente ingerenza degli Stati della Cina nord-orientale (regno di Yan) dell'epoca Stati Combattenti e, poi, dell'impero Qin e Han con sepolture di stile cinese e corredi composti da manufatti di importazione cinese, quali monete di bronzo, lacche, armi, sigilli.U na importante innovazione, presente nella composizione dei corredi delle sepolture di questo periodo di transizione verso forme di organizzazione territoriale e politica di tipo statale, è la presenza di vetri, tra cui un pendente a volto antropomorfo rinvenuto a Choyangdon presso Kyongju (Corea sud-orientale), di produzione occidentale. Manufatti in vetro sembrano essere scarsamente o per nulla rappresentati nei coevi siti archeologici della Cina e, quindi, sarebbero una concreta evidenza di circuiti commerciali lungo vie di scambio settentrionali, o comunque a nord del territorio cinese, che continueranno poi anche in epoca storica. L'archeologia dei Tre Regni (IV-VII sec. d.C.), ovvero Koguryo, Silla e Paekche, è di carattere prevalentemente funerario, con sepolture di tipo monumentale riservate all'élite accompagnate da corredi che forniscono una chiara indicazione sia del compimento dei processi di ranghizzazione interna all'aristocrazia, sia del carattere prevalentemente guerriero dei membri di tali aristocrazie di combattenti a cavallo. Il notevole contrasto fra le grandi e complesse tombe dei Tre Regni e quelle piccole e semplici più antiche indica un sostanziale mutamento nella concezione del potere e nel livello di organizzazione sociale verificatosi dopo il 300 d.C. La capacità di mobilitare una notevole forza lavoro per la realizzazione dei tumuli, la presenza di artigiani specializzati, la metallistica di pregio, funzionale alla manifestazione del potere, contribuiscono a confermare l'avvenuta formazione di vere e proprie strutture statali. Le grandi tombe Koguryo (37 a.C.? - 668 d.C.), scavate nelle vicinanze dell'odierna città cinese di Jian, sono state, per la maggior parte, saccheggiate nell'antichità; poco quindi rimane del loro corredo, ad eccezione di frammentari dipinti parietali che rivelano particolari sullo stile di vita delle classi agiate e, al contempo, descrivono il popolo comune. Celebre la Tomba dei Danzatori (V sec. d.C.) ovvero la tomba n. 1 di Jian, sulle cui pareti sono raffigurati danzatori con abiti tradizionali coreani. I pochi manufatti funerari rimasti includono ornamenti di bronzo dorato e argentato e ceramica invetriata. La stratificazione della società Koguryo si evince quasi esclusivamente dalla maestosità delle tombe e dalle pitture parietali con scene che rappresentano servitori, musicisti, danzatori, guerrieri e nobili. Il regno di Paekche (18 a.C.? - 638 d.C.) fu il più sviluppato e artisticamente evoluto dei Tre Regni. Fra le numerose tombe scavate lungo il Fiume Han, la tomba n. 3 a Sokchondong ha restituito due orecchini d'oro e tre ornamenti, forse parte di una corona, insieme con un vaso di grès con invetriatura ferruginosa di produzione cinese riferibile all'epoca della dinastia dei Jin Orientali (317-420). Nelle sepolture in giara della Corea meridionale i beni funerari sono rari, ma una corona di bronzo dorato e calzature funerarie di bronzo sono state riscontrate a Shinchonni (Naju), a dimostrazione che l'uso di questo tipo di sepolture non era esclusivo di una determinata classe sociale. A Ipchomni (Iksan) una corona di bronzo dorato e scarpe funerarie costituivano gli elementi di una vestizione rituale all'interno di una tomba (500 d.C.) a camera in pietra, parzialmente saccheggiata. Circa 200 tombe, molte depredate, sono state trovate vicino a Wanju; tra queste una conteneva due placche da cintura di bronzo col disegno di un drago a giorno. Eccezionale è stato il rinvenimento, presso Kongju, della sepoltura inviolata del re Muryong: secondo le iscrizioni sulle tavolette funerarie il re morì nel 523 d.C. Il corredo posto all'interno del sepolcro e intorno al sarcofago di legno laccato è particolarmente sontuoso; il re e la sua consorte indossavano una corona d'oro e scarpe di bronzo e avevano la testa adagiata su elaborati cuscini. Il re aveva una cintura d'argento e una spada di ferro; la regina era adornata con gioielli, tra cui braccialetti d'argento che recano un'iscrizione in cinese con il nome dell'artigiano che li eseguì. I gokok di giada e gli orecchini d'oro con pendenti a foglia presenti nel corredo mostrano, poi, una evidente somiglianza con i contemporanei gioielli di Silla, mentre un gruppo di porcellane bianche prodotte nel territorio della Cina meridionale, dominato dalla dinastia Liang (502-557 d.C.), hanno evidenziato i contatti di Paekche con i territori della valle dello Yangtze. Nel corridoio della sepoltura erano deposte due ciotole di bronzo con cucchiai d'oro ritualmente disposti di fronte alle lastre tombali incise e, dietro a queste, era posta una statuina di pietra raffigurante un animale teriomorfo a guardia della tomba; infine, tazze di bronzo erano state collocate davanti ai sarcofagi. Di eccezionale interesse è stato, anche, il rinvenimento di elementi di carattere buddhista, come il motivo del loto su alcuni dei mattoni e un piccolo pendente, forse raffigurante il Buddha, indossato dalla regina; tali elementi rappresentano le uniche attestazioni della presenza del buddhismo a Paekche. L'archeologia della Confederazione di Kaya (42 a.C.? - 532 d.C.) ha restituito principalmente sepolture databili dal IV al VI secolo. I corredi funerari sono dominati dalla ceramica con più rari articoli di ferro e d'osso. Ogni tomba ha almeno un grande vaso su alto piede e una giara con base arrotondata. I manufatti rinvenuti nelle tombe a fossa rivestite di pietra variano da pochi vasi di ceramica a più estesi complessi di beni. Numerosi esempi di armature sono stati trovati recentemente, come nella tomba n. 1 a Paekchonni, insieme con briglie, una faretra con frecce di ferro, vasellame di ceramica, orecchini e una cintura di bronzo dorato. Una tomba a Songsanni, ad ovest del fiume Naktong, include un'armatura di ferro, un cappello di bronzo dorato e orecchini d'oro. La tomba n. 4 a Pokchondong, Pusan (300 d.C.), ha restituito un'armatura a placche di ferro, completa di maglia ed elmetto, un morso di cavallo e armi di ferro tipiche di un'aristocrazia guerriera che deve aver fatto uso di tecniche di combattimento basate sulla cavalleria pesante. Una recente scoperta ha portato alla luce un gruppo di tombe a Taesongdong, Kimhae, con sepolture della metà del IV - inizi del V secolo, tra cui una, forse appartenuta ad un esponente della famiglia reale, contenente una giara di bronzo di tipo "scitico" e vasellame di ceramica grigia disposto in file: 48 in 8 file sopra la testa, 12 in 3 file sotto i piedi. La tomba n. 18, datata alla metà del IV secolo, presenta tracce di pittura rossa intorno al luogo dove giaceva il corpo; alcuni vasi contenevano lische di pesce e semi e due lunghe spade erano disposte accanto al defunto. Il corredo della tomba n. 39 (V sec.), inviolata, era formato da alcune pile di vasellame di terracotta disposte in file alla testa e ai piedi del defunto e, tra gli altri manufatti, 2 specchi di bronzo del periodo Han (evidentemente trasmessi di generazione in generazione come un bene di particolare valore), 16 completi da armatura, spade, faretre, scudi e 241 vasi di ceramica. Contrariamente a quanto avvenuto per Paekche, le sepolture del regno Silla (57 - 668 d.C.), fiorito nelle regioni del Sud-Ovest, ci sono pervenute, per la maggior parte, inviolate; almeno 155 tumuli sepolcrali sono stati censiti nella città di Kyongju. Sepolture del primo periodo di Silla rinvenute a Choyangdong contenevano grani di vetro, forse importati dall'estremo occidente, orecchini d'oro e altri beni di lusso; scheletri di cavalli in fosse rotonde fanno pensare a sacrifici di accompagnamento al defunto. Le grandi tombe regali sono principalmente identificate dai simboli della classe dominante: le corone di lamina d'oro con gokok e le cinture d'oro con pendenti. La tomba n. 155, nota come Tomba del Cavallo Celeste, aveva all'interno della camera funeraria una cassa di legno, posta alla testa del sarcofago, contenente i beni funerari del re sepolto con una corona, una cintura con i pendenti cerimoniali, braccialetti e un anello d'oro in ogni dito. Nella Tomba della Corona d'oro è stata rinvenuta una cintura che include fra i pendenti un pesce d'oro, un contenitore traforato, un gokok, ogni oggetto probabilmente con un proprio significato simbolico di difficile interpretazione. Le calzature di bronzo, previste come accessorio della vestizione funebre, non avevano nessuna funzione pratica, come dimostrerebbero i frammenti d'oro che pendevano dalle suole. Gli orecchini d'oro con pendenti a foggia di foglia, o con gokok, rappresentano una costante nelle sepolture regali, destinati sia agli uomini che alle donne; l'uso del metallo prezioso è un segnale del rango del defunto in quanto in tombe di minor prestigio questi gioielli sono realizzati in bronzo dorato. Sebbene la diffusione del buddhismo si segnali in Corea agli esordi del periodo dei Tre Regni, una pratica quale quella della cremazione si diffonderà soprattutto nel corso del regno Grande Silla o Silla Unificato (668-935 d.C.) quando è attestato il frequente ricorso ad urne cinerarie.
Le evidenze archeologiche relative alla ritualità funeraria nell'arcipelago giapponese durante il lungo periodo neolitico della cultura Jomon (ca. 12.000-2400 B.P.) sono estremamente labili: a volte una pietra sulla testa, sul busto o in prossimità delle spoglie del defunto sembra semplicemente indicare il timore dei vivi dinanzi alla condizione della morte. Nei chiocciolai costieri (kaizuka) del Jomon medio (ca. 4500-3500 B.P.) e tardo (ca. 3500-3000 B.P.), tuttavia, sono state rinvenute sepolture in cui eccezionalmente l'inumazione è segnalata da un circolo di pietre o da una singola grossa pietra posta sul defunto che, in rarissimi casi, può essere accompagnato da un vaso deposto presso il cranio; tracce di ocra rossa rilevate su alcuni resti scheletrici attestano il ricorso a pratiche di inumazione secondaria, soprattutto nella regione del Tohoku, correlate principalmente alla tumulazione dei bambini. È ipotizzabile che al pigmento rosso si attribuissero proprietà magiche in qualche modo collegate all'idea di vita; non a caso la medesima tinta rossa appare frequentemente anche sulle figurine femminili d'argilla, dogu, del Jomon finale (3000-2400 B.P.), sotterrate orizzontalmente e circondate da pietre come se si volesse simulare un'inumazione del tipo riscontrato nei circoli di pietre a Oyu (Pref. di Akita) dove è stata anche rinvenuta una figurina femminile intenzionalmente "mutilata" e sepolta ritualmente a faccia in su secondo una pratica diffusa verso la fine del periodo Jomon. La frequenza di statuine femminili di ceramica, volontariamente fratturate, ha fatto ipotizzare l'osservanza di riti apotropaici da porsi in relazione con le pratiche funerarie. Durante il periodo Yayoi (350 a.C. - 300 d.C.), il graduale passaggio da un'economia di sussistenza basata sulla caccia e raccolta ad una prettamente agricola basata sulla risicoltura ‒ verosimilmente portata da immigrati coreani ‒ insieme con l'uso dei metalli contribuì a diffondere la pratica continentale di seppellire i defunti con un corredo di oggetti personali comprensivo di specchi di bronzo, anelli di giada e granuli di vetro, spesso di manifattura cinese o ispirati a modelli cinesi. Sono state anche rinvenute monete delle zecche imperiali della dinastia Han e specchi, sempre di produzione cinese, fra i quali un esemplare datato da un'iscrizione al 240 d.C. rinvenuto in una sepoltura di Chausuyama (Osaka). Nei corredi funebri non sono state riscontrate né armi né modellini di armi di bronzo di fattura continentale, con l'unica eccezione di coltelli di pietra di tipo coreano. I manufatti di produzione locale consistono in riproduzioni di steatite verdastra di oggetti della più diversa tipologia e materia, a volte spolverati di ocra rossa. Di particolare interesse alcuni bastoni di pietra, usati probabilmente come strumenti sciamanici e associati a tombe d'alto rango, spesso anche riprodotti in materiali quali argilla e legno. In una sepoltura a giara nel sito di Suku- Okamoto (Pref. di Fukuoka), databile al medio o tardo Yayoi, è stato ritrovato un piccolo pendente "a virgola" magatama. Agli esordi del tardo Yayoi, nella sepoltura a tumulo di Tatetsuki (Pref. di Okayama) il defunto giaceva in un sarcofago cosparso di vermiglio; all'altezza della testa erano stati deposti una collana con magatama di giadeite, 17 vaghi cilindrici (kudatama) di diaspro e uno di agata; alla destra del defunto era, poi, una spada di ferro con alcune centinaia di piccoli kudatama di diaspro e grani di vetro. Tra i ciottoli utilizzati per la copertura della tomba sono state recuperate piccole figure femminili di ceramica, magatama e kudatama di argilla, una larga pietra decorata con un'incisione curvilinea e una notevole quantità di ceramiche, giare e ciotole su alto piede, che, secondo l'interpretazione degli studiosi, rappresentano un complesso di oggetti offerti nel corso delle cerimonie funebri successive all'inumazione. L'epoca Kofun (300-700 d.C.) segna l'avvento degli Antichi Tumuli (monumentali) e la diffusione di accessori cultuali in bronzo a cui si accompagna una coroplastica di destinazione funeraria, nota con il nome di haniwa ("anello di argilla"), consistente, inizialmente, in elementi cilindrici fittili che venivano posti a delimitare lo spazio sacro dei tumuli dell'aristocrazia guerriera. Originariamente gli haniwa erano semplici cilindri destinati ad essere infissi in file parallele sulla copertura a spiovente del tumulo in modo da costituire palizzate utili ad ostacolarne l'erosione, come si può vedere nella tomba n. 5 di Uwanabe a nord-ovest di Nara; dal punto di vista simbolico sono stati variamente interpretati come elementi segnaletici o recinzioni della tomba, basi d'appoggio per le offerte o, infine, versioni autoctone giapponesi dei mingqi cinesi sulla base d'indicazioni rinvenute anche in fonti come il Nihon Shoki (Cronache del Giappone, 720 d.C.). I primi soggetti degli haniwa sono modellini di abitazioni; in seguito, lo spostamento dei tumuli, nel secondo periodo Kofun, dalle pendici collinose alle pianure in prossimità delle aree residenziali, promosse una maggiore varietà nelle forme e nei soggetti il cui repertorio comprende cavalli e figure umane. Nella seconda metà del V secolo, le dimensioni dei tumuli diminuiscono e gli haniwa divengono più numerosi con una maggiore concentrazione nella regione del Kinki. Intorno al VI secolo cominciano a prevalere le figure umane, spesso associate con animali quali volatili e cavalli. Rari sono gli haniwa rinvenuti all'interno delle sepolture, spesso decorati con il motivo definito chokkomon costantemente associato con i morti, per cui si suppone che avesse un significato magico-rituale. Tra gli oggetti ritrovati all'interno dei kofun si segnalano anche asce rituali, strumenti da taglio e braccialetti di steatite, come quelli rinvenuti nel tumulo di Ishifudo presso Yawata-machi (Pref. di Kyoto). Molti anche gli ornamenti e i finimenti da cavallo in tombe del tardo Kofun (VI sec. d.C.), ad esempio a Hoonji, (Fukuchiyama, Pref. di Kyoto) e Saitobaru (Pref. di Miyazaki), riproduzioni in ceramica di pietre da inchiostro come quelle rinvenute a Otsukoyama (Sakai, Pref. di Osaka), ornamenti personali, anelli, orecchini d'oro e d'argento, fibbie da cintura e corone, come quella di bronzo dorato della tomba Futagoyama (Pref. di Gumma). A riprova della vocazione guerriera dell'aristocrazia di epoca Kofun è il rinvenimento di due tipi di armature, a piastre tanko e a lamelle keiko, di armi di diversa foggia e spade, come la famosa Spada di Inariyama del kofun omonimo ad Urawa (Pref. di Saitama), che presenta una lunga iscrizione in caratteri cinesi attribuita ad un ancora leggendario sovrano Yuryaku che avrebbe regnato tra il 456 e 479 d.C. Con l'introduzione dalla Corea della ceramica grigia sue si affermò la tipologia di suppellettile specifica per le esigenze del culto e del rituale funebre sia a carattere prettamente cerimoniale (sueki), sia sacrale e celebrativo (iwaibe). La presenza di vasellame è comunque già attestata nella tomba di Chuasuyama, presso Sakurai (Pref. di Nara) dove non sono stati ritrovati haniwa, ma, al loro posto, più di 30 vasi di ceramica rossa (haji) allineati in una fitta formazione rettangolare posta sul tumulo circolare. L'uso di inserire nel corredo funebre grandi quantità di magatama e kudotama di vetro e pietra, come se per addizione si moltiplicasse il potere magico attribuito a questi ornamenti, è ulteriormente attestato, ad esempio, nella Tomba Otani (ca. V sec.) presso Wakayama, dove ne sono stati recuperati a centinaia all'interno del sarcofago insieme ad un elmetto e a finimenti per cavallo. Il ricorrere di questi elementi a virgola e tubolari si registra ancora nelle epoche Asuka (ca. 600-710 d.C.) e Nara (710-794), in un contesto ormai prettamente buddhista, come dimostrato da un ritrovamento all'interno dell'Asuka Dera, uno dei templi più antichi del Giappone. L'introduzione nel 552 (o 538) del buddhismo apre un nuovo capitolo nella storia dell'arredo funerario: da una parte, infatti, le decorazioni murali, almeno dal VI secolo, tendono a sostituire il corredo funebre progressivamente ridotto, dall'altra la diffusione, verso l'VIII sec. d.C., della pratica buddhista della cremazione, spesso associata anche a culti solari quale quello attribuito alla dea Amaterasu progenitrice della dinastia imperiale, muterà il carattere e la composizione dei corredi funerari non più principale simbolo e espressione di posizioni di status.
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