L'archeologia delle pratiche funerarie. Oceania
Lungo la valle del fiume Murray (Australia sud-orientale) si concentrano i più importanti cimiteri aborigeni, tra cui Kow Swamp, Coobol Creek e Roonka; molti altri continuano ad affiorare per l'erosione causata dai venti e dal pascolo degli animali. Il maggiore di questi, identificato nell'estremità sud della duna del Lago Victoria, conterrebbe circa 10.000 sepolture; sfortunatamente i gravi danni prodotti dalla conversione del lago in un bacino d'irrigazione ne hanno compromesso lo studio. Gli scavi di Kow Swamp (Victoria), diretti da A.G. Thorne tra il 1968 e il 1972, riportarono in luce le ossa frammentarie di oltre 40 individui (uomini, donne, giovani, neonati) deposti in fosse nel letto di un lago prosciugato agli inizi dell'Olocene. Ad eccezione di un caso, le salme furono adagiate sul lato sinistro, con gli arti inferiori ripiegati. Le datazioni disponibili collocano l'utilizzo della necropoli tra 13.000 e 9500 anni fa. La morfologia robusta dei crani di Kow Swamp, riscontrata anche in altri fossili pleistocenici scoperti nella valle del Murray e a Cossack, ha dato origine ad accesi dibattiti sulla presunta esistenza in Australia di due rami evolutivi: una tesi oggi abbandonata dalla maggioranza degli specialisti. Roonka Flat è l'unico sito cimiteriale ad essere stato indagato in maniera sistematica per circa un decennio. Le ricerche coordinate da G. Pretty hanno consentito di rinvenire 216 tombe contenenti resti scheletrici completi e frammentari, in cattivo stato di conservazione. Il periodo d'utilizzo del sepolcreto ebbe inizio 7000 anni fa circa e terminò nel XIX sec. d.C. Un consistente incremento delle sepolture si registra intorno a 4000 anni fa, sebbene il 90% di queste sia databile, come per altri contesti, a partire da 2000 anni fa. Sulla costa sud-orientale del Queensland, la necropoli di Broadbeach fu in uso dal 610 d.C. circa alle fasi storiche. Le 140 sepolture rinvenute appartenevano probabilmente a un unico gruppo tribale stabilitosi nell'area. Gran parte dei resti umani era raccolta in involti di corteccia o di pelli animali o, più raramente, era stata deposta entro fosse. Si ipotizza che le inumazioni contenessero le salme di individui dei quali si attendeva la completa decomposizione prima di dare loro una nuova e definitiva sepoltura. Per quanto concerne i gruppi austronesiani Lapita, è nota un'unica area funeraria che è stata identificata nell'isola di Watom, nell'Arcipelago di Bismarck. Le indagini condotte da R.C. Green e da D. Anson hanno messo in luce le spoglie di otto adulti e di un neonato adagiati in fosse adiacenti di scarsa profondità. La presenza nell'area di scavo di un allineamento di pietre e di alcuni buchi di palo potrebbe indurre ad ipotizzare che i corpi fossero stati interrati sotto un'abitazione. Il complesso funerario è datato tra il V e il I sec. a.C., vale a dire oltre un millennio dopo l'inizio delle sequenze Lapita in questa regione. Gli studi di J. Garanger a Efate (Vanuatu centrali) hanno portato alla scoperta di uno dei più celebri sepolcreti del Pacifico, nel quale, secondo le tradizioni locali, fu sepolto un capo leggendario di nome Roy Mata. La sua tomba, scoperta in un isolotto (Retoka) al largo di Efate, era segnalata dalla presenza di due grandi ortostati. Ai piedi della salma giaceva una giovane donna, sul lato sinistro una coppia e su quello destro un uomo, mentre resti ossei disarticolati, attribuiti a un individuo deceduto tempo prima, sono affiorati tra gli arti inferiori di Roy Mata. Erano questi probabilmente i suoi parenti più stretti o i suoi servitori più fedeli. L'area circostante includeva numerose deposizioni, tra cui gli scheletri di 11 coppie. Numerose altre inumazioni si trovano a nord e a nord-est dei settori scavati; al momento si ignora se queste fossero incluse nell'area sepolcrale o se appartenessero a personalità di rango succedute a Roy Mata. Sia le fonti orali, sia una datazione ottenuta dal collagene di un frammento osseo (685±140 B.P.) fanno risalire la morte di Roy Mata ad epoche anteriori all'eruzione vulcanica di Kuwae. Sempre in Melanesia, va segnalato il sensazionale rinvenimento di un imponente tumulo sepolcrale (8 × 8 m) nell'isola di Taumako (Isole Duff ), abitata da gruppi polinesiani allogeni. Il monumento conteneva le spoglie di 201 individui, la cui tumulazione avvenne in una fase compresa tra il 1530 e il 1700 d.C. circa. Importanti testimonianze sulle antiche fasi culturali della Polinesia centro-orientale provengono dalle aree funerarie di Maupiti (Isole della Società), Hane (Isole Marchesi), Wairau Bar e Washpool (Nuova Zelanda), il cui utilizzo oscilla tra la metà del I millennio e i primi secoli del II millennio d.C. Le sepolture si trovano all'interno o nelle immediate vicinanze degli insediamenti. Vi compaiono deposizioni sia primarie, sia secondarie. I corpi giacevano in differenti posture (distesa prona e supina, flessa o parzialmente flessa); a Washpool è stato rinvenuto uno scheletro in posizione seduta. Non sono state rilevate distinzioni di sesso o di età all'interno di queste aree sepolcrali. A Wairau Bar, sulla costa settentrionale dell'Isola del Sud, le tombe formano piccoli raggruppamenti, che potrebbero riflettere suddivisioni (nuclei familiari) interne alla comunità o l'ampliamento nel tempo dell'area cimiteriale. Nelle necropoli Maori compaiono grandi buchi in cui erano forse alloggiati i pali di piattaforme utilizzate per l'esposizione delle salme prima del loro seppellimento. Va segnalata infine la presenza in alcuni dei complessi menzionati di deposizioni di animali (suini, cani) o di parti dei loro corpi.
I documenti relativi alle prime fasi coloniali dell'Australia descrivono tipologie e rituali funerari estremamente diversificati. In alcune regioni il corpo era essiccato, in parte smembrato o ingerito nel corso di riti antropofagici; altrove prevaleva la cremazione. Si segnala inoltre la deposizione dei resti scheletrici, avvolti in strati di scorza, pelli animali o stuoie, in fosse terragne, dune, tronchi cavi od ossari entro fessure o cavità rocciose. Le indagini archeologiche confermano in gran parte la varietà dei tipi sepolcrali osservati dai primi Europei giunti nel continente, sottolineandone la coesistenza nel medesimo territorio o all'interno di una singola area funeraria. Sepolture isolate sono state identificate nei depositi di molluschi degli insediamenti costieri o nelle dune sabbiose che bordano gli antichi laghi prosciugati dell'Australia sud-orientale. Estesi cimiteri sono localizzati in larga maggioranza lungo la valle del fiume Murray. Nella Melanesia insulare le indagini condotte nei siti pleistocenici di Pamwak e Matenkupkum (Arcipelago di Bismarck) attestano la deposizione di resti ossei all'interno di grotte, di fenditure o su sporgenze rocciose. Tracce di inumazioni e di cremazioni provengono dal sito di Dori a Lasigi (Nuova Irlanda), databile alla prima metà del I millennio a.C. In Nuova Caledonia, ceramiche incise dello stile Plum (I millennio d.C.) vennero utilizzate come urne funerarie. Sepolcreti in grotta iniziarono ad essere utilizzati a Nissan (Isole Salomone) a partire dal XIV sec. d.C., nella fase culturale Malasang. Nel Sud dell'arcipelago (Bougainville), allineamenti circolari od ovali di pietre sembrano essere associati a cremazioni. Maggiore sarebbe in queste isole la varietà delle tipologie sepolcrali e dei rituali funerari nei secoli che precedono la colonizzazione europea. Merita di essere ricordato per il periodo tra il 1050 e il 1350 d.C. l'uso di urne in terracotta collocate in strutture lapidee, nelle quali venivano custoditi i resti di individui cremati, un costume introdotto secondo J. Terrell da isole più meridionali (Shortland). In Polinesia e in Micronesia, monumentali mausolei furono innalzati per i membri delle aristocrazie insulari. Negli antichi centri di Leluh (Kosrae) e di Nan Madol (Pohnpei), nelle Isole Caroline, le salme delle stirpi egemoni erano tumulate in cripte ricavate all'interno di grandiose tombe in muratura, edificate con filari sovrapposti di blocchi prismatici di basalto. Nelle Tonga (Polinesia occidentale) tumuli rettangolari (langi ) rivestiti con lastroni calcarei o con blocchi corallini avrebbero ospitato le spoglie della nobiltà indigena, tra cui i componenti della dinastia regnante del Tui Tonga. I rivestimenti lapidei sono assenti nelle strutture sepolcrali ( faitoka) destinate a nobili e a capi di rango inferiore; la popolazione comune sarebbe stata seppellita in terrapieni circolari di dimensioni minori. L'edificazione dei monumenti funerari delle Tonga risale a fasi preistoriche recenti (II millennio d.C.) e si protrae fino ad epoche successive al contatto con gli Europei. Indagini archeologiche sono state condotte nell'isola di Tongatapu e in quelle più remote di Niuatoputapu e Uvea, assorbite dall'espansione dei chiefdoms dell'arcipelago. Nell'isola di Uvea il grandioso tumulo di Petania, di età protostorica, conteneva i resti di almeno 150 individui deposti intorno ad un ambiente delimitato da lastroni di roccia corallina. Si presume che la maggioranza dei resti scheletrici appartenesse a individui sacrificati in onore del dignitario cui era destinato l'ambiente centrale. L'articolazione della società hawaiana è riflessa dalla grande varietà delle pratiche e delle tipologie funerarie, gran parte delle quali condivise da molti gruppi polinesiani. I ceti nobiliari e sacerdotali erano seppelliti di frequente all'interno o nelle vicinanze degli altari (piattaforme) edificati nei templi, secondo un'usanza riscontrata in altri arcipelaghi della regione, in particolare nelle Isole Marchesi e nell'Isola di Pasqua. Talvolta le ossa di personaggi d'alto rango pare fossero custodite in reliquiari antropomorfi. Comuni erano le deposizioni singole o collettive in grotte, condotti lavici o fenditure rocciose. In un condotto di lava a Kalahuipuaa (Hawaii) furono rinvenute le spoglie di 30 individui, soprattutto adulti di entrambi i sessi, appartenenti con probabilità a una famiglia estesa o al medesimo lignaggio. Alcuni giacevano all'interno dello scafo di una piroga, mentre altri in avvallamenti del pavimento di roccia lavica. Sepolture sono state scoperte anche in terrazze e piattaforme lapidee isolate o in tumuli di terra disseminati sul territorio insulare. Sono attestate inoltre fosse sepolcrali scavate sotto le abitazioni; una pratica osservata sin dalle antiche fasi del popolamento della Polinesia. In un caso investigato nella valle di Halawa (Molokai) la dimora sarebbe stata abbandonata dopo il rito funerario. Nella tarda preistoria della Nuova Zelanda, dal 1500 d.C. circa, iniziarono ad essere prodotte urne funerarie scolpite nel legno, in cui si riconosce di sovente una figura femminile, identificata con la divinità Maori dell'oltretomba (Hine-Nui-Te-Po) o con una dea lunare delle tribù del Nord (Hina).
Dalla duna di Lake Mungo, nei territori occidentali del Nuovo Galles del Sud (Australia sud-orientale), provengono le più antiche testimonianze note di riti di cremazione. Le indagini condotte da J. Bowler nel 1969 portarono alla scoperta dei frammenti ossei carbonizzati di una giovane donna (WLH 1), cremata sulla spiaggia dell'antico lago pleistocenico intorno a 25.000 anni fa. Successivamente i suoi resti scheletrici furono frantumati e deposti in una piccola depressione. Circa 500 m ad est dal ritrovamento di WLH 1 fu identificato nel 1974 un altro scheletro denominato WLH 3 (o Mungo 3), per il quale venne suggerita una datazione tra 28.000 e 32.000 anni fa. Il riempimento sabbioso della tomba conservava abbondanti tracce di ocra portata intenzionalmente in quest'area, non essendovi giacimenti nelle vicinanze. Nel 1999 un'équipe di studiosi guidata da A.G. Thorne ha proposto per Mungo 3 una nuova datazione al 62.000±6000 B.P., la più antica tra quelle finora documentate in Australia. Residui di ocra sono stati rinvenuti anche nelle sepolture di Kow Swamp, nella valle del Murray, insieme a residui di molluschi, manufatti di conchiglia, strumenti di quarzo e ornamenti ricavati dai denti di marsupiali. Eccezionale è stato il ritrovamento a Lake Nitchie (Nuovo Galles del Sud) dello scheletro di un adulto, datato al 6820±200 B.P., adornato con una collana composta da circa 178 denti di diavolo orsino (Sarcophilus harrisii), un marsupiale attualmente presente solo in Tasmania. L'uomo, cosparso con ocra rossa, aveva accanto i resti di un focolare utilizzato probabilmente durante la cerimonia funebre. Tracce di carboni sono state rinvenute anche a Robinvale, in 4 delle 11 tombe scavate, e nei siti cimiteriali della valle del Murray. Gran parte delle sepolture identificate nella valle fluviale risulta priva di oggetti di corredo, ad eccezione di Roonka, dove compaiono ornamenti e collane. La tomba n. 108 di Roonka, databile a un'età imprecisata posteriore a 5500 anni fa, custodiva le spoglie di un adulto e di un bambino, avvolte molto probabilmente in un mantello di pelle. L'indumento era fissato con uno spillone d'osso sotto la spalla sinistra, dove furono trovati anche numerosi arti di animali di piccola taglia, forse appesi a mo' di nappe. Frammenti ossei di uccelli e una doppia fila di incisivi di wallabia erano localizzati rispettivamente sul lato sinistro dell'inumato e sulla sua fronte; tali reperti hanno suggerito la presenza di piume ornamentali sul bordo del mantello e di una benda frontale decorata con denti di marsupiale. Di recente è stata scoperta a nord di Cooma (Nuovo Galles del Sud) una doppia inumazione risalente con probabilità a oltre 6000 anni fa. I resti scheletrici di un adolescente e di una donna anziana erano accompagnati da punte e spatole di osso, mandibole di marsupiali (utilizzate forse come strumenti per incidere), frammenti di ocra e da una collana composta da 327 denti di canguro e wallabia. Le fonti raccolte da J. Garanger nelle Vanuatu centrali descrivono in dettaglio le cerimonie che accompagnarono la sepoltura di Roy Mata. Gli scavi dell'archeologo francese avrebbero successivamente confermato gran parte di queste informazioni, sebbene la loro attendibilità venga oggi messa in discussione. Si narra che la salma fu esposta nei villaggi di Efate e poi traslata nell'isolotto di Retoka. Qui Roy Mata fu sepolto insieme ai suoi consanguinei nel corso di riti e danze accompagnate dal suono di aerofoni di conchiglia; alcuni individui si immolarono spontaneamente, mentre altri furono sacrificati contro la loro volontà. Le posture atipiche delle donne seppellite nei pressi della tomba principesca con i loro compagni, cui afferrano il collo, il braccio o la vita, troverebbero una spiegazione in quanto riferito dalle fonti. Pare che gli uomini, prima di essere sepolti, avessero ingerito grandi quantità di kava, una bevanda narcotica proibita al sesso femminile, che procurò loro uno stato di incoscienza. Al contrario, al momento di essere sepolte vive, le donne erano pienamente coscienti e verosimilmente terrorizzate. I ricchi corredi riportati alla luce comprendono per lo più ornamenti ottenuti da gusci di molluschi o da incisivi di suino. Ciascun corredo è formato da un distinto gruppo di oggetti, che secondo Garanger potrebbero rappresentare le insegne dei clan di appartenenza. Le sepolture prive di beni d'accompagno ospitarono forse i corpi delle persone che erano state sacrificate contro la loro volontà. Roy Mata aveva sugli arti superiori 2 fasce composte da grani di conchiglia e 2 bracciali con 12 gusci di Ovula ciascuno. Indossava inoltre una collana e una cintura composta da diversi fili di grani di conchiglie e di denti di Mammiferi (probabilmente incisivi di suini) e Cetacei. Tra i manufatti rinvenuti nella necropoli compaiono inoltre bracciali di Trochus e due singolari pendenti. Il primo, di calcite, riproduce la testa stilizzata di un animale; l'altro, importato probabilmente da arcipelaghi settentrionali, è ricavato da un dente di coccodrillo. Gli individui seppelliti nel tumulo funerario di Namu, a Taumako (Isole Salomone), datato tra il 1530 e il 1700 d.C., avevano come corredo pettorali discoidali, ornamenti nasali, orecchini e vari pendenti di conchiglia (Tridacna, Trochus, Nautilus e altri Gasteropodi). Comuni erano inoltre cinture, bende frontali, collane e cavigliere formate dalla combinazione di piccole conchiglie, elementi d'avorio, denti di Pteropodi, pendenti di Nautilus e Gasteropodi forati. Gran parte di questi ornamenti mostra affinità con i monili descritti dagli etnografi nelle Isole Santa Cruz. Da segnalare inoltre il rinvenimento di due oggetti, forse di madreperla, interpretati come amuleti. Una tomba collettiva scavata ad Aneityum (sud di Efate, Vanuatu) da M. Spriggs e datata al 450-350 B.P. conteneva i resti di un personaggio di rango, cui era stata asportata la testa, forse con lo scopo di tributarle un culto. Rituali analoghi sono documentati dalle fonti orali e dalle ricerche archeologiche svolte in contesti preistorici recenti della Nuova Caledonia. Tali testimonianze attestano sia l'amputazione del capo (che veniva deposto su un altare del clan) agli individui di rango, sia la mummificazione del corpo per affumicamento. Le affinità osservate tra i manufatti affiorati nelle antiche necropoli della Polinesia centro-orientale (Maupiti, Hane, Wairau Bar, Washpool), le cui datazioni oscillano tra il 500 e il 1500 d.C., testimoniano l'origine comune dei gruppi che popolarono i più remoti arcipelaghi del Pacifico. Tra gli oggetti maggiormente ricorrenti vi sono asce litiche di varie fogge, ornamenti d'avorio e strumenti per la pesca, alcuni dei quali lavorati in madreperla. In un settore del sito di Hane (Isole Marchesi) è stata identificata una sepoltura collettiva in cui erano stati ammassati i resti di uomini, donne e bambini. Dalla zona sommitale provengono due crani di giovani Cetacei e un'immagine scolpita nella pietra che potrebbe raffigurare una testa di foca; sono forse indizi di una possibile relazione tra la morte di questi individui e le loro attività in mare. Tra i riti documentati nell'Isola di Pasqua vi è quello della cremazione su bassi tumuli o in fosse delimitate da lastre di roccia, ubicate in genere all'interno dei luoghi di culto (ahu). Tali pratiche, non comuni negli arcipelaghi della Polinesia orientale, pare abbiano una lontana origine (XIII sec. d.C.). Le informazioni raccolte dalla studiosa britannica K. Routledge agli inizi del XX secolo riferiscono che il defunto era avvolto in stuoie di corteccia o di giunchi ed esposto nei pressi della sua abitazione. La salma veniva poi trasportata negli ahu e adagiata su una struttura rialzata di pali, fissati in sostegni cilindrici di scorie rosse (pukao) che in origine adornavano le imponenti statue pasquensi (moai). La presenza dei pukao nelle sepolture è attestata in diverse località (Vai Mata, Tautira, Tongariki) e potrebbe costituire un indicatore dello status del defunto. A volte i crani di personaggi di rango erano decorati con immagini sacre incise e dipinte, tra cui un motivo a forma di vulva (komari). L'usanza Maori di essiccare le teste dei defunti risale ai periodi preistorici. In una grotta nel Nord di Canterbury il capo era stato separato dal corpo, essiccato e quindi ricollocato nella posizione originaria. In una piccola grotta a Raupo Bay (penisola di Banks) fu rinvenuta la testa essiccata di una donna di vent'anni ricoperta parzialmente di ocra e associata a ornamenti d'avorio e nefrite e ai frammenti lignei di una scatola decorata da disegni incisi e pitturata di rosso. I rituali funerari nelle Hawaii includevano sia inumazioni, sia deposizioni secondarie e cremazioni. Secondo fonti indigene la cremazione era destinata a coloro che infrangevano determinati tabu. Nelle grotte e nelle cavità laviche utilizzate come sepolcreti si sono conservati indumenti di tapa, stuoie di pandano, ciotole e prore di piroghe. In tombe nobiliari sono state scoperte immagini scolpite, manufatti di legno finemente lavorati e ornamenti di prestigio (lei niho palaoa). Numerosi corredi indicano forse l'attività preminente che il defunto aveva svolto in vita; è il caso ad esempio degli strumentari per la pesca, composti prevalentemente da ami e pesi e dagli utensili impiegati nella loro lavorazione.
Per le aree:
J. Garanger, Archéologie des Nouvelles Hébrides, contribution à la connaissance des îles du centre, Paris 1972; R. Duff, The Moa-hunter Period of Maori Culture, Wellington 1977³; B.F. Leach - H.M. Leach (edd.), Prehistoric Man in Palliser Bay, in NewZealandNatMusB, 21 (1979); R.C. Green - D. Anson - J. Specht, The SAC Burial Ground, Watom Island, Papua New Guinea, in RecAustralianMus, 41 (1989), pp. 215-22; P.V. Kirch, The Lapita Peoples, Oxford 1997; H. Lourandos, Continent of Hunter-gatherers, Cambridge 1997; M. Spriggs, The Island Melanesians, Oxford 1997; D.J. Mulvaney - J. Kamminga, Prehistory of Australia, Sydney 1999.
Per le tipologie sepolcrali:
A. Fox, Carved Maori Burial Chests, Auckland 1983; P.V. Kirch, Feathered Gods and Fishhooks, Honolulu 1985; W.N. Morgan, Prehistoric Architecture in Micronesia, Austin 1988; P.V. Kirch, Monumental Architecture and Power in Polynesian Chiefdoms: a Comparison of Tonga and Hawaii, in WorldA, 2 (1990), pp. 206-22; M. Spriggs, The Island Melanesians, Oxford 1997; D.J. Mulvaney - J. Kamminga, Prehistory of Australia, Sydney 1999; P.V. Kirch, On the Road of the Winds, Berkeley 2000.
Per i riti e i corredi:
J. Garanger, Archéologie des Nouvelles Hébrides, contribution à la connaissance des îles du centre, Paris 1972; P.V. Kirch, Feathered Gods and Fishhooks, Honolulu 1985; J.M. Davidson, The Prehistory of New Zealand, Auckland 1987²; J.M. Davidson - B.F. Leach, Bird-Man Amulets and Tridacna Shell Discs from Taumako, Solomon Islands, in A. Pawley (ed.), Man and A Half, Auckland 1991, pp. 478-83; J.A. Van Tilburg, Easter Island, London 1994; M. Spriggs, The Island Melanesians, Oxford 1997; D.J. Mulvaney - J. Kamminga, Prehistory of Australia, Sydney 1999; A.G. Thorne et al., Australia's Oldest Human Remains: Age of the Lake Mungo 3 Skeleton, in JHumEv, 6 (1999), pp. 591-612.