L'architettura: caratteri e modelli. Mesoamerica
di Mario Sartor
Le espressioni architettoniche più antiche risalgono agli Olmechi (Periodo Preclassico) e si manifestano con le forme essenziali di La Venta, San Lorenzo e Tres Zapotes. Si tratta di forme volumetriche semplici, realizzate con terra di riporto, pietrame e adobes, destinate a spiccare al di sopra di un territorio poco movimentato e costituite essenzialmente da basamenti e terrazze per strutture templari e da edifici residenziali realizzati con materiali deperibili. L'apparente semplicità dell'architettura monumentale deriva dall'applicazione di pochi, ma fondamentali principi costruttivi. Due componenti elementari vanno considerate preliminarmente: la capanna e la piattaforma. La capanna, struttura semplice armata su un'ossatura lignea con tetto a due spioventi e palizzata o su cinta muraria ricoperta con travatura lignea a due spioventi, costituisce l'unità fondamentale, in unione con la piattaforma che la sostiene. I complessi residenziali associavano varie capanne disposte a quadrilatero od organizzate in senso geometrico, elevate su una piattaforma, definendo una piazzola centrale e recingendo con un muretto a secco l'eventuale lato privo di costruzioni. Con questo presupposto quasi inalterato si organizzò l'architettura monumentale, sia per uso cerimoniale, sia per uso abitativo e rappresentativo. Due strutture in particolare possono rivendicare un primato nel contesto architettonico: la prima è la Piramide di Cuicuilco, nella Valle di Messico, l'altra è la Piramide E 7 Sub di Uaxactún, nel Petén. Esse rappresentano, per la loro appartenenza al Preclassico, per le dimensioni e per la presenza di tratti peculiari, la fase costruttiva più antica e la biforcazione di elaborazioni caratterizzanti due sfere culturali, quella più lineare messicana e quella più complessa Maya. A Cuicuilco sorse la prima grande piramide troncoconica a gradoni, forma non tra le più consuete nel contesto mesoamericano e sempre, anche posteriormente, connotata da una pertinenza sacrale e arcaicizzante. Uaxactún offre invece il primo esempio di piramide quadrangolare a gradoni, con scalinate sui quattro lati sino alla piattaforma superiore. La struttura piramidale assunse dimensioni diverse e formalmente si piegò verso soluzioni di notevole complessità. Da essa non va disgiunto un secondo importante elemento strutturale: il tempio o il sacello. Il complesso piramide-tempio è apprezzabile a livello archeologico quasi esclusivamente in area Maya e Maya-tolteca. Le imponenti masse murarie ne fanno un blocco alquanto compatto, in cui lo spazio interno si articola in una o più celle sullo stesso asse (templi di Tikal) o presenta più vani di accesso sulla fronte, quasi a costituire un pronao (Tempio delle Iscrizioni e Tempio del Sole a Palenque, Castillo di Chichén Itzá). Peculiare fu senza dubbio la soluzione adottata a Palenque, che coinvolge basamento e tempio in un'unità inscindibile, in quanto il complesso del Tempio delle Iscrizioni fu concepito con funzione sepolcrale. Le strutture a palazzo, la cui tipologia architettonica implica funzioni residenziali, sono diffuse nell'area mesoamericana in modo abbastanza uniforme. Esse comportano l'utilizzo di alcuni elementi strutturali essenziali: 1) una piattaforma unificante; 2) cortili interni o piazzole; 3) una trabeazione lignea o megalitica; 4) supporti murari rappresentati da pilastri o colonne; 5) volta a mensola o copertura a terrazza con impiego di trabeazione lignea. I palazzi Maya sono caratterizzati da ampie linee orizzontali; molti di essi hanno una sola serie di locali non comunicanti, disposti l'uno accanto all'altro nel senso dell'asse maggiore, aperti sulla stessa facciata preceduta da una gradinata che si estende su tutto il fronte. Frequente è tuttavia la tipologia in cui le stanze sono disposte su due file, praticabili da una sola facciata, o con la variante di un muro dorsale centrale, che divide longitudinalmente l'edificio, consentendo il disporsi di locali (in una o varie file) che si aprono sulle due facciate del palazzo. L'articolazione spaziale dei palazzi Maya di Tikal implica l'uso di dislivelli artificiali o naturali per consentire una disposizione a crescere, con apparente effetto di più piani, sebbene di fatto ogni struttura appoggi sul nucleo solido della spalla, costituita dal muro posteriore dell'edificio sottostante o dalla massa della piattaforma. Tale criterio, sia pure diversificato nella concezione piramidale, venne applicato anche ad Edzná, Sayil, Becán. La complessità in pianta del Palacio di Palenque è dovuta alla diversità dei livelli di disposizione dei singoli blocchi e all'articolazione intorno a cortili interni. Ad Uxmal, il Quadrilatero delle Monache organizza su quattro edifici sequenze di camere di diversa dimensione e diversamente distribuite, raggiungendo una certa complessità di combinazioni. Nel cosiddetto Palazzo del Governatore di Uxmal le estremità, concepite come due ali di edificio raccordate, si aprono simmetricamente su due locali, disposti perpendicolarmente agli altri, verso il lato più corto. Ciò accade ancora nell'edificio noto come Akabtzib di Chichén Itzá e a Nakúm, una delle strutture compatte più grandi. Nelle aree Chenes, Río Bec e Puuc, il compromesso tra struttura a palazzo e struttura piramidale derivava dalla perdita del valore denotativo della piramide e dall'assunzione da parte della medesima di un mero valore strutturale di supporto, e consentiva le soluzioni a più piani di Edzná o di Sayil, che si articolano come gradoni sovrapposti con teorie di stanze. La colonna o il pilastro permettono aperture inconsuete o scansioni più rapide di vuoti sulla facciata. A Chacmultún (Yucatán, Messico) la costruzione deve la sua singolarità non solo all'impiego delle colonne, ma anche ai quattro piani articolati su ampie terrazze sovrapposte che formano spianate a diversi livelli: ciò consente un edificio a metà strada tra il palazzo e il complesso non dissimile dalle acropoli della tradizione Maya. Le colonne davano la possibilità di supplire ai limiti posti dalle dimensioni relative degli architravi di pietra: tale innovazione strutturale permetteva esiti esteticamente non indifferenti e una stabilità pari alle masse murarie compatte. Per le strutture a palazzo dell'area altiplanica, l'uso delle colonne e dei pilastri consentì soluzioni più articolate, quali quelle offerte da Teotihuacan nel cosiddetto Palazzo di Quetzalpapalotl, con le sue corti interne su cui si affacciano portici sostenuti da pilastri e sale ipostile simili a quelle del complesso del Gruppo Viking. Gli altipiani del Messico e l'area d'influenza delle culture che vi gravitarono non furono toccati dall'invenzione della volta a mensola: se ciò fu un limite sul piano della spettacolarità monumentale più che su quello delle soluzioni e delle opzioni offerte, non vincolò comunque l'uso degli spazi chiusi con problemi strutturali. La trabeazione lignea consentiva la libertà di rendere meno vincolata l'articolazione dell'edificio e permetteva un rapporto dialettico tra le parti. Le soluzioni avanzate a Mitla e a Yagul, in cui vengono impiegati sia pilastri che colonne in complessi disposti attorno a cortili interni, lasciano trasparire un compromesso tra gli spazi interni e lo spazio circoscritto, ma aperto, di corti e piazzole, comprimendo in profondità i locali interni. Il grande complesso di Tula che avvolge il Tempio di Tlahuizcalpantecuhtli rappresenta un tipo nuovo di struttura architettonica che si riconnette con il culto e con i nuovi aspetti di una società che privilegiava le consorterie religioso-militari. Si hanno sequenze di sale ipostile di grandi dimensioni e un vestibolo che introduce alla piramide- tempio, anch'esso ipostilo. Non sono richieste soluzioni tecniche particolari, ma semplici riorganizzazioni spaziali in cui si mette alla prova la capacità compositiva e distributiva dell'architetto, non l'ingegneria costruttiva. La novità invece si registra nelle analoghe strutture di Chichén Itzá, come il Colonnato Nord. Mai fino ad allora erano state utilizzate colonne per sostenere la volta a mensola e pertanto mai erano servite allo scopo di ottenere spazi interni più ampi di quelli consentiti dalla costruzione Maya tradizionale, che erano quelli di una campata il cui rapporto con la massa muraria non si estendeva oltre il valore di 1:2,5. L'impiego delle colonne (con un dado quadrato o abaco come capitello, simile a quello utilizzato a Sayil ed Edzná) come supporto strutturale su cui poggiavano architravi di legno consentì di realizzare volte parallele e permise un'ampia circolazione interna, per di più ottenendo luce dalla facciata aperta.
La differenziazione costruttiva tra le popolazioni Maya e quelle degli altipiani si può spiegare meglio con il riferimento a particolari consuetudini che con una peculiare percezione estetica. I Maya raggiunsero traguardi ingegneristici notevoli per la spettacolarità dei risultati formali con l'invenzione della cosiddetta "volta Maya" (o volta a mensola), che consentiva di ricoprire spazi esigui con opera muraria e volta ad ogiva. Presso le culture degli altipiani, alla spinta ascensionale conseguita attraverso masse compatte, come le piramidi di Teotihuacan o Cholula, di Tenayuca o Tenochtitlan, non fece seguito un'uguale spinta nell'architettura a palazzo. Al contrario, la linea orizzontale, sia pure quasi sempre dispiegandosi al di sopra di terrazze, privilegiò criteri abitativi più agevoli, senza rinunciare a un'ostentazione che si fondò prevalentemente sulla complessità e sull'ampiezza delle superfici. In certo modo, la disposizione a palazzo del tipo teotihuacano e il retaggio architettonico della tradizione Maya trovarono un ideale punto d'incontro nell'area yucateca sia in epoca Maya, nella tarda fioritura di quella regione, sia in epoca Maya-tolteca, con nuovi riverberi sull'altopiano messicano con Tula e Tenochtitlan. Sul piano tecnico, certi limiti continuarono ad esistere a tutte le latitudini e con i diversi sistemi. Nessuna cultura riuscì a mettere a punto una struttura a palazzo a più piani. Ciò che appare nella struttura a palazzo dell'Acropoli di Tikal come una sovrapposizione di piani è di fatto una giustapposizione di corpi di fabbrica in cui si verifica un supporto scalare, mentre nessun corpo di fabbrica si sovrappone effettivamente a quello sottostante, bensì si appoggia con un muro. Tale illusione di corpi sovrapposti si evidenzia ancor meglio nei palazzi a piramide, dove teorie di ambienti si dispongono in modo scalare sui gradoni di un corpo di fabbrica simile ad una piramide: è quanto accade a Edzná, Sayil, Uxmal (Quadrilatero delle Monache, struttura settentrionale). Altre strutture della tradizione precolombiana ripercorrono le tappe dello sviluppo orizzontale, come nel caso dei cd. calmecac (collegi religiosi). Un esempio è dato dall'edificio di Calixtlahuaca, in cui numerose piccole camere sono disposte intorno a un cortile terrazzato a diversi livelli. Sul fronte delle strutture istituzionali e religiose vanno posti anche gli sferisteri, la cui forma elementare consiste in due scarpate simmetriche e parallele che racchiudono un corridoio piano dove si disponevano i giocatori. La zona in cui si incontravano le due squadre ha la forma di una doppia T; ai lati delle scarpate due anelli o dischi di pietra simmetrici costituivano il bersaglio da colpire. Gli sferisteri furono diffusi in varie epoche e presso molte culture, da quella olmeca a quella Maya, alla zapoteca di Monte Albán, a Xochicalco, El Tajín, Tula e Tenochtitlan. Gli estremi della complessità monumentale sono ravvisabili forse a Copán e Chichén Itzá, dove le strutture semplici degli sferisteri sono coniugate con strutture templari e con altre complementari, comunque da connettersi con aspetti cultuali, come d'altra parte il gioco stesso. Con il termine di osservatorio è stata classificata la struttura di pianta quadrata denominata Torre di Palenque (fine VIII sec.), che si erge all'interno del Palacio e da cui si domina gran parte dell'area circostante. A Chichén Itzá la struttura cilindrica del complesso noto come Caracol (fine IX sec.) si erge su una piattaforma quadrangolare, a sua volta poggiante su un'altra piattaforma più ampia. La torre è formata da due anelli concentrici coperti con volta a mensola e da un corpo cilindrico in cui si sviluppa una scala a chiocciola, per mezzo della quale si accede al piano superiore munito di feritoie per traguardi astronomici. Sul piano delle strutture architettoniche vanno considerati anche i cosiddetti "archi di trionfo" di Kabah e Labná; il termine è improprio, dato che nulla fa pensare a una funzione suntuaria. Si tratta nel primo caso di una struttura isolata, semplice corpo di fabbrica che si apre al centro con una volta a mensola, a cavallo di un sacbé (cammino sopraelevato rettilineo); ad essa si può attribuire il significato di limite o passaggio tra area sacra e area profana. Nel caso di Labná, l'arco a volta Maya, coronato di fastigio e decorato come tutto il complesso circostante, funge da raccordo tra due corpi di fabbrica senza implicazioni utilitarie, allo stesso modo in cui a Uxmal due archi raccordavano il corpo centrale del Palazzo del Governatore con le sue ali o un arco consentiva l'accesso ufficiale, attraverso l'edificio meridionale, al Quadrilatero delle Monache. Altre strutture erano presenti su ampi territori in epoca precolombiana: si tratta di bagni a vapore (temazcal ), piccole costruzioni a volta destinate ad usi pratici e rituali. Le strutture circolari sono palesemente di uso cultuale, che si tratti del tipo noto come Tempio di Ehecatl (recinto sacro di Tenochtitlan), oppure di corpi cilindrici addossati a piattaforme rettangolari o a gradinate (Cempoala e Calixtlahuaca), apparentemente connessi pure con Ehecatl, dio del vento.
In generale:
R. Wauchope, House-Mounds of Uaxactun, Guatemala, Washington 1934; O.G. Ricketson Jr. - E.B. Ricketson, Uaxactun, Guatemala, Group E, 1926-1931, Washington 1937; R. Wauchope, Modern Maya Houses, Washington 1938; G.C. Vaillant, La civiltà azteca, Torino 1957 (trad. it.); I. Marquina, Arquitectura prehispánica, México 1964; I. Bernal, Architecture in Oaxaca after the End of Monte Alban, in HMAI, III, pp. 837- 48; A. Ledyard Smith, Architecture of the Guatemalan Highlands, ibid., pp. 76-94; C.R. Margain, Sobre sistemas y materiales de construcción en Teoti- huacán, in Teotihuacán. Onceava mesa redonda: el Valle de Teotihuacán y su contorno, México 1966, pp. 157-211; Id., Pre-Columbian Architecture of Central Mexico, in HMAI, X, pp. 45-91; P. Gendrop - D. Hayden, Architettura mesoamericana, Milano 1973 (trad. it.); R. Millon, Teotihuacan: City, State and Civilization, in J.A. Sabloff (ed.), Archaeology, Austin 1981, pp. 198- 243; G. Kubler, The Art and Architecture of Ancient America, Harmondsworth 1984; E. Matos Moctezuma, The Great Temple of Tenochtitlan, in ScientAm, 251, 2 (1984), pp. 80-89; S.G. Morley - G.W. Brainerd - R.J. Sharer, I Maya, Roma 1984 (trad. it.).
Aspetti strutturali:
L. Roys, The Engineering Knowledge of the Maya, Washington 1934; K. Ruppert, The Mercado, Chichen Itza, Yucatan, Mexico, Washington 1943; T. Proskouriakoff, An Album of Maya Architecture, Washington 1946; E. Shook - A.V. Kidder, Mound E-III-3, Kaminaljuyu, Washington 1952; A. Ruz Lhuiller, La pirámide-tumba de Palenque, in CuadAm, 74 (1954), pp. 141-59; G. Kubler, Chichén Itzá y Tula, in EstCultMaya, 1 (1961), pp. 47-80; H. Stierlin, Mexique ancien, Fribourg 1964; J.R. Acosta, Preclassic and Classic Architecture of Oaxaca, in HMAI, III, pp. 814-36; G.R. Willey et al., Prehistoric Maya Settlements in the Belize Valley, in PPeabodyMuseum, 54 (1965); G.R. Willey, An Introduction to American Archaeology, I, Englewood Cliffs 1966; E.W. Palm, La representación de la ciudad precolombina en el siglo XVI. Realidad americana y concepto ideal, in BAcSanFernando, 49 (1979), pp. 123-38; H.E.D. Pollock, Architecture of the Maya Lowlands, in HMAI, II, pp. 378- 440; A.L. Smith, Architecture of the Guatemalan Highlands, ibid., pp. 76- 94; M. Sartor, La città e la conquista, Roma - Reggio Calabria 1981; G. Díaz - A. Rodgers (edd.), The Codex Borgia, New York 1993.
di Mario Sartor
La Mesoamerica è caratterizzata da un sofisticato uso dei diversi materiali da costruzione disponibili nell'intera area. Nel Periodo Preclassico, sugli altipiani guatemaltechi i terrapieni furono riempiti di terra di riporto, argilla, sabbia e roccia, a cui veniva aggiunta erba come legante. Nel Messico centrale, a Cuicuilco, i gradoni delle piattaforme piramidali erano costruiti con argilla compressa, poi ricoperta di pietra grezza e infine di calce impermeabilizzante. Il legname giocò un ruolo importante nella costruzione sia di pareti sia di architravi, di coperture con travi e intonaco o stoppie e di coperture di tombe. I codici testimoniano che negli altipiani centrali il tetto dei templi era ligneo, ricoperto di fibre vegetali. Nelle basseterre Maya si utilizzò il legname per costruire capanne ed edifici cerimoniali, coperti di erbe secche. L'argilla fu normalmente mescolata con pietrame vario, sia come materiale di riempimento sia con funzione di malta; essa veniva inoltre utilizzata per intonacare le pareti lignee. Laddove, come nel Tabasco, la pietra da costruzione mancava, vennero impiegati mattoni cotti e conchiglie. La pietra calcarea, disponibile in gran parte dei bassopiani, fu tuttavia il materiale più intensamente sfruttato per un'edilizia di qualità, dato che si offriva al taglio abbastanza agevolmente. Oltre ad essa furono utilizzate altre pietre, come il tufo, l'arenaria, l'ardesia e la dolomite. La calce, la cui produzione e il cui uso sono testimoniati dalla fine del Preclassico, incrementò in maniera decisiva le potenzialità costruttive. Data la scarsità di sabbia si utilizzava come legante il sascab, un cemento naturale ottenuto da pietrame tenero. Importanza pari al calcare ebbero negli altipiani il tepetate e il tezontle, pietre vulcaniche leggere e impermeabili che furono impiegate sia come corpo murario che come rivestimento. Ma di fatto ogni tipo di pietra locale fu all'occorrenza utilizzato per realizzare elementi architettonici quali modanature, mensole e rivestimenti. L'uso dovunque abbondante del legno, che negli altipiani centrali trovava un impiego particolare nei tetti piatti peculiari dell'area, si estendeva anche agli elementi strutturali come nucleo per colonne, pilastri, montanti, architravi, poi ricoperti di intonaco, conglomerato o stucco.
In Mesoamerica l'edilizia assunse di volta in volta le tecniche più appropriate per l'impiego delle risorse locali. Partendo da principi costruttivi comuni, nel Preclassico si evidenziano sistemi relativamente semplificati di costruzioni dei terrapieni e delle piattaforme piramidali. I materiali di riempimento venivano costipati e rivestiti da muri di contenimento grezzi, a loro volta rifiniti con strati di adobes, in area Maya, o con lastre di pietra, come ad esempio a Cuicuilco, su cui si stendeva uno strato di calce impermeabilizzante. Venne in uso, a partire dal Periodo Classico, il sistema di consolidamento delle masse nelle piattaforme attraverso muri grezzi di pietrame o pietra in lastre e legante di argilla o di calce, disposti ad intervalli e destinati a contenere le forti spinte dei vari corpi di fabbrica sovrapposti, quando non a costituire anche le fondamenta delle strutture templari o a palazzo. La pratica di costruire sopra una struttura precedente con un rivestimento globale costituiva da sola un sistema di stabilità per la struttura successiva. Le modanature, realizzate con qualità diverse di pietra a seconda delle aree, dovettero la propria stabilità alla precisione di esecuzione e di messa in opera, ma anche al fatto che le lastre di pietra utilizzate venivano incassate profondamente nella massa muraria. Nella maggioranza dei casi, uno strato di calce o di stucco ricopriva le superfici; fa eccezione l'area dello Yucatán nota per gli stili Puuc, Chenes e Río Bec, dove la messa in opera a mosaico di pezzi lavorati a terra in modo particolarmente accurato non richiedeva ulteriori interventi. Ciò che contraddistingue l'area Maya dall'area degli altipiani è soprattutto la diversa concezione degli spazi interni, del loro uso e pertanto della loro copertura. Il sofisticato impiego di materiali particolarmente resistenti e compatti e di ottimi leganti, quali la calce, consentiva in ambedue le aree l'edificazione di strutture complesse. La soluzione Maya tuttavia privilegiò, elaborandola accuratamente, la copertura cosiddetta "a volta", termine improprio per designare una copertura formalmente simile a quella ad ogiva, ma di fatto possibile non per il gioco di spinte e controspinte, ma per la tenacia del materiale utilizzato, che consentiva un aggetto progressivo dallo strapiombo del muro portante, pari alla metà dello spazio da coprire. La conseguenza dell'esiguità dello spazio coperto rappresenta il limite tecnico del sistema. Negli altipiani centrali, a partire dal Periodo Classico di Teotihuacan, le soluzioni prospettate implicano una più esigua massa muraria e un'ampia superficie coperta. Il sistema impiegato per la copertura è a tetto piatto e pertanto il peso si scarica dalle travi lignee ai muri perimetrali e ai pilastri. Per dare resistenza e corpo ai pilastri va annoverato, oltre che l'impiego di pezzi considerevoli di roccia rozzamente squadrata o comunque sapientemente disposta, anche l'uso di pali verticali, soli o a fascio, immersi in un resistente conglomerato (quasi si fossero utilizzate casseforme), destinati a costituire un supporto agile, resistente e di scarso ingombro. Il tetto, conseguentemente, si articolava con sistemi di travi e travetti, tepetate o altre lastre di pietra, una cappa di conglomerato e infine uno strato di stucco levigato.
L. Roys, The Engineering Knowledge of the Maya, Washington 1934, pp. 31-105; J.B. Griffin (ed.), Archaeology of the Eastern United States, Chicago 1952; G.R. Willey, An Introduction to American Archaeology, I, Englewood Cliffs 1966; C.R. Margain, Pre-Columbian Architecture of Central Mexico, in HMAI, X, pp. 45-91; H.E. Pollock, Architecture of the Maya Lowlands, ibid., II, pp. 378-440; A.L. Smith, Architecture of the Guatemalan Highlands, ibid., pp. 76-94.
di Mario Sartor
L'efficacia e la relativa semplicità della decorazione pittorica sulle masse murarie, realizzata a tempera o a fresco, vennero sperimentate fin dagli inizi del Periodo Classico; escludendo le decorazioni applicate agli stucchi e alla pietra tagliata, prive di autonomia figurativa, meritano attenzione quelle sulle pareti, con una funzione estetica probabilmente consapevole, connessa con il ruolo dell'edificio. Nel sistema a tempera, i colori, di origine minerale, venivano mescolati con sostanze agglutinanti e applicati su uno spesso strato di argilla asciutta; nell'affresco i colori erano mescolati con acqua e applicati su un intonaco di calce e sabbia ancora fresco. A Teotihuacan l'uso della pittura murale nei secoli anteriori all'VIII è ampiamente attestato. Di particolare rilievo sono le pitture del Tempio dell'Agricoltura e quelle di Teopanacazco, Atetelco, Tepantitla, Tetitla e Zacuala. La decorazione era presente nelle corti e nei portici, oltre che sui muri interni dei vani. L'ordito ornamentale a forma di reticolo complesso, come fosse un tessuto dipinto a meandri geometrici e a fasce, caratterizzava i murali delle pareti del portico di Atetelco, imbrigliando figure ieratiche riccamente acconciate, maschere o animali come il coyote. In generale, a Teotihuacan prevalse il carattere fondamentalmente religioso e liturgico, in sintonia con le direttive di un'élite di sacerdotisovrani. Ma non mancano scene narrative che rappresentano, come a Tepantitla, il Tlalocan, dove si aggirano figure umane di diversi colori e in diverse attitudini in mezzo a fiori, pietre, alberi e fiumi. Fu soprattutto un'arte simbolica; anche in una dominanza di elementi della natura, sono sempre presenti le immagini di dei e di grandi sacerdoti con gli elementi convenzionali che li connettono con le divinità. Tula in epoca postclassica aveva assunto parzialmente tale eredità, ma le sue pitture murali sono state distrutte dal fuoco e compromesse dall'uso di materiali scadenti. I dipinti murali di Cacaxtla offrono uno spaccato importante in merito alla funzione decorativa della pittura. Si manifesta una varietà di stili, espressione di diverse aree e culture. I murali del portico richiamano lo stile di Bonampak dello stesso periodo, con cornici di stile teotihuacano e glifi come quelli di Xochicalco e Monte Albán. La pittura, decorativa e narrativa allo stesso tempo, è tra le più complesse, con otto colori e l'intervento di vari artisti che elaborarono uno stile eclettico. Malinalco, dove pure fu preminente la decorazione lapidea, presenta tracce di affreschi murali in una delle strutture (Gruppo III), eseguiti su uno strato di stucco; altre pitture sono state rilevate a Tizapán, Ecatepec e Tlatelolco. In epoca zapoteca, la decorazione murale fu applicata intorno al 600 d.C., con la tecnica a fresco secco su un fondo di stucco, nelle tombe scavate nelle strutture di Monte Albán. Nelle tombe 104 e 105 vennero dipinte scene processionali con figure di profilo che conducono a una composizione sul muro di fondo; glifi, maschere e figure umane affollano i restanti muri. Il mondo mixteco espresse a Mitla decorazioni pittoriche databili intorno al 1000 d.C., di particolare interesse nei gruppi Arroyo e Iglesia, in cui sono presenti elementi stilistici strettamente connessi con l'arte azteca di Malinalco del XVI secolo, rappresentando cacciatori armati di atlatl e con la faccia dipinta con i segni del dio della caccia, Mixcoatl. Altri affreschi nei medesimi gruppi di edifici sembrano legarsi per temi e convenzioni ai codici mixtechi di quest'area. In area Maya furono impiegati l'intonaco colorato nelle superfici esterne e la pittura murale negli interni. Tra le poche sopravvivenze dell'epoca classica, Uaxactún sembra avere un primato, con pitture che risalgono al 600 d.C. circa. Nella Struttura B XIII compaiono figure umane policrome che si articolano in tre scene animate, rappresentanti un incontro colloquiale, persone sedute in una casa e una teoria di danzatori preceduti da un suonatore di tamburo. Circa due secoli più tardi, nel Tempio I di Bonampak compare una scena analoga, anche se adattata agli ambienti interni, a volta. La disposizione delle figure è simile a quella delle stele, ma la tematica si complica con scene di un sovrano penitente con la sua famiglia e scene di battaglia. Chichén Itzá e Tulum (Yucatán settentrionale) e Santa Rita Corozal (Belize) rappresentano altri esempi di decorazione parietale. Il Tempio dei Guerrieri di Chichén Itzá aveva le superfici del basamento dipinte con figure di uomini e di animali in sequenza processionale, simile a quella dei pannelli scolpiti della piattaforma, con una funzione affine alla decorazione scultorea. All'interno del tempio si snodano murali che rappresentano paesaggi e una scena di battaglia con prigionieri. Il tema della guerra domina sulle pareti nel Tempio dei Giaguari, connesso con il grande sferisterio. Nel Tempio degli Affreschi di Tulum e sul muro di un terrapieno di Santa Rita Corozal le pitture rappresentano scene cerimoniali e mitologiche ed esprimono la più estrema e tarda influenza della cultura mixteca.
I confini tra struttura architettonica ed elementi decorativi sono spesso difficili da stabilire. Un ruolo determinante ebbe a partire dal Preclassico l'uso di diversi materiali, tra cui lo stucco o il conglomerato modellato, con cui si realizzarono maschere, non essenziali a livello strutturale, ma imprescindibili per dare significato alla costruzione. Grandi mascheroni di stucco individuavano una parte cospicua dei templi Maya anche a Tikal, Altún Ha, Piedras Negras, Palenque. Del resto, decorazioni scultoree di stucco si ritrovano pure ai bordi delle scalinate delle piramidi, così come sulla crestería (fastigio) che sormontava in alcuni casi il tetto dei templi, sugli spioventi dei tetti "mansardati" degli edifici di Palenque e nelle strutture dello Stato messicano del Quintana Roo. Risposta adeguata alle necessità figurative con un materiale facile da maneggiare, la decorazione di stucco implicava un minore impiego di manodopera rispetto a quella in pietra. A Tikal (templi III e IV) anche la trabeazione lignea fu intagliata per la glorificazione dei sovrani. L'abilità tecnica nella realizzazione di tali opere era volta a esprimere complesse realtà cultuali e politico- sociali. Teotihuacan aveva dimostrato nei pilastri del Palazzo di Quetzalpapalotl ciò che era possibile realizzare nella decorazione di elementi strutturali, con la messa in opera di blocchi di pietra su cui erano rappresentati motivi geometrici e animali stilizzati; sul tetto correva la cornice a merloni scalari che ne ha reso tipico il profilo. Il Tempio di Quetzalcoatl si era imposto con la sua decorazione dei tableros (pannelli verticali), costituita da sculture di teste di serpente alternate a "farfalle di ossidiana", mentre sui taludes (scarpate) si snodavano serpenti e conchiglie marine. La stessa Tikal, a dimostrazione dei legami che la vincolavano a Teotihuacan tra il III e l'VIII sec. d.C., possiede alcuni basamenti con decorazioni di pietra simili, costituite da maschere stilizzate probabilmente del dio della pioggia. Stele e altari, a Tikal come a Piedras Negras, recano rappresentazioni figurative e simboliche, solitamente in rilievo basso o stiacciato, contornate da bande di glifi scolpiti che assumono anche un valore di decorazione epigrafica. Ugualmente, a Yaxchilán (Edificio 23) e a Palenque (Tempio della Croce Foliata), architravi e lapidi raggiungono una raffinata qualità di esecuzione. A Palenque, inoltre, alcune sculture su pietra sembrano forzare con una torsione dei corpi scolpiti la fondamentale frontalità di osservazione che caratterizza quasi tutta la scultura Maya. Notevole abilità venne dimostrata anche nella decorazione scultorea di Copán. In particolare, il denso computo matematico e storico che istoria la famosa Scalinata dei Geroglifici ha pure un preciso significato decorativo di carattere epigrafico, che trasforma totalmente da un punto di vista visuale la gradinata. Nello sferisterio, nella Scalinata dei Giaguari, nella Struttura 22 e altrove, maschere ed esseri terio-antropomorfi scolpiti in altorilievo si integrano nelle rispettive strutture insieme ad altri elementi scultorei, come le grandi teste di ara del campo da gioco. La Struttura 22 presentava inoltre sulla facciata un grande mascherone a forma di fauci di serpente che contornava l'accesso al tempio, continuando poi come movimentato fregio compreso tra modanature nella parte superiore della parete e scendendo lungo gli angoli. Il motivo del serpente con le fauci aperte si ritrova al lato opposto dell'area Maya, nella regione nota come Chenes e Río Bec, ad identificare due degli stili architettonici della fioritura Maya yucateca. Oltre a Xpuhil, anche Chicanná (Edificio II), Hormiguero, Becán, Hochob, Dzibilnocach e Santa Rosa Xtampack portarono all'estremo le potenzialità decorative partendo dal tema del mascherone, complicato di volute e geometrismi in cui la greca non costituisce un elemento isolato, bensì è funzionale all'intera rappresentazione. Il fenomeno nuovo è che la decorazione di pietra, lavorata a terra e montata come un mosaico, invadeva tutta la superficie, con un horror vacui vissuto con particolare intensità, come nella Piramide dell'Indovino di Uxmal, nel Codz Poop di Kabah e in alcuni edifici di Chichén Itzá. L'architettura, che strutturalmente si era rinnovata con l'uso di colonne e di pilastri, concedeva sul piano decorativo quel movimento e quella distensione che sembrano il risultato concomitante dell'uso di un nucleo di pietrisco rivestito di sottili pietre squadrate. Modanature di diversa foggia scandiscono orizzontalmente l'andamento delle pareti sobriamente lisce nella parte inferiore e movimentate nella parte superiore da una decorazione ottenuta con pannellature che imitano un graticcio, una palizzata, una maschera stilizzata, greche scalari o pannelli di serpenti bicefali che si alternano ad altri motivi. Labná, Sayil, il Quadrilatero delle Monache di Uxmal e l'Osservatorio di Chichén Itzá esprimono una vasta gamma combinatoria che scaturiva dal recupero del principio strutturale dell'architettura arricchita di nuovi elementi, quali eleganti modanature, e dall'impiego in funzione decorativa di elementi stilizzati. Analogamente, sul finire del X sec. d.C., in area mixteca, il cosiddetto Palazzo delle Colonne di Mitla esprime in modo esemplare ciò che la pietra scolpita e lavorata "in serie" con 14 varianti di greca poteva dare. Prima del 1200 d.C., durante il Postclassico, a Tula e a Chichén Itzá si servirono della decorazione architettonica come ornamento parietale. Nel coatepantli (muro decorato con serpenti) e nella parete della Piramide Nord di Tula si susseguono felini, uccelli e mostri mitologici, in una policromia che sottolinea le forme del bassorilievo. Nello tzompantli (struttura per l'esposizione dei crani) di Chichén Itzá corrono teorie di teschi, mentre sulle superfici delle piattaforme i pannelli si distribuiscono con simmetria e con variazioni tematiche; anche i pilastri e le colonne assumono un ruolo strutturale e ornamentale allo stesso tempo per quella scultura a bassissimo rilievo che li caratterizza. Il tema sacrificale e quello rituale che si svolgono sulla scarpata del grande sferisterio prospiciente il Tempio dei Giaguari di Chichén Itzá avevano avuto antecedenti in due grandi pannelli scolpiti in uno sferisterio di El Tajín intorno al 900 d.C. A El Tajín si enfatizzano nei tableros le decorazioni a greca scalonata ottenute con l'uso di lastre di pietra squadrate. Si annodano allo stesso filo concettuale il coatepantli di Tenayuca, lunga teoria di serpenti scolpiti che recingono la grande piramide, e gli edifici di Malinalco, scavati nella roccia, in cui struttura e decorazione scultorea sono praticamente inscindibili, come dimostrano le fauci mostruose dell'ingresso o i sedili a forma di animale dell'interno.
E.H. Morris - J. Charlot - A.A. Morris, The Temple of the Warriors at Chichen Itza, Washington 1931; A. Caso, Tenayuca, in Tenayuca. Estudio arqueológico de la pirámide de este lugar, México 1935, pp. 293-308; O.G. Ricketson Jr. - E.B. Ricketson, Uaxactun, Guatemala, Group E, 1926- 1931, Washington 1937; A. Caso, El paraiso terrenal en Teotihuacán, in CuadAm, 6 (1942), pp. 127-36; T. Proskouriakoff, Classic Maya Sculpture, Washington 1950; M. Covarrubias, Indian Art of Mexico and Central America, New York 1957; A. Caso, Sculpture and Mural Painting of Oaxaca, in HMAI, III, pp. 849-71; Id., Dioses y signos teotihuacanos, in Teotihuacán. Onceava Mesa Redonda. El Valle de Teotihuacán y su contorno, México 1966, pp. 249-79; H.E.D. Pollock, Architecture of the Maya Lowlands, in HMAI, II, pp. 378-440; H.B. Nicholson, Major Sculpture in Pre-Hispanic Central Mexico, ibid., X, pp. 93-134; A. Villagra Caleti, Mural Painting in Central Mexico, ibid., pp. 135-54; A.G. Miller, The Mural Painting of Teotihuacan, Washington 1973; E. Pasztory, The Murals of Tepantitla, Teotihuacan, New York 1974; S.G. Morley - G.W. Brainerd - R.J. Sharer, I Maya, Roma 1984 (trad. it.); D. McVicker, The Mayanized Mexicans, in AmAnt, 50, 1 (1985), pp. 82-101; M.E. Miller, The Murals at Bonampak, Princeton 1986; W.L. Schele - M.E. Miller, The Blood of Kings. Dynasty and Ritual in Maya Art, New York 1986; M.E. Miller, L'arte della Mesoamerica. Olmechi, Maya, Aztechi, Milano 1988 (trad. it.).
di Claude-François Baudez
Se tanto si è tardato a parlare di urbanesimo precolombiano in Mesoamerica, ciò è dovuto al fatto che la generale assenza di abitati agglutinati e la scarsa visibilità delle strutture domestiche hanno indotto a ritenere che solo una popolazione ridotta avesse occupato in forma permanente i centri cerimoniali, aumentando temporaneamente in occasione di lavori collettivi, cerimonie, pellegrinaggi o mercati. In realtà, dalle ricerche sul campo è emerso che tutti i grandi centri mesoamericani furono vere città, o almeno assolsero funzioni urbane. La struttura dell'abitato è in effetti più frequentemente dispersa; una vera concentrazione si ebbe solo nella Valle di Messico con la città di Teotihuacan (I-VIII sec. d.C.) e successivamente con quella di Tenochtitlan (XIV-XV sec. d.C.). Il modello opposto è quello delle città Maya, dove una popolazione dispersa gravitava intorno a uno o a diversi centri civico-cerimoniali. Esistono forme intermedie tra questi due estremi, come nella valle di Oaxaca. È stato stimato che, nella fase di apogeo, la popolazione di Teotihuacan superò i 100.000 abitanti. A partire dal 250 d.C. vennero edificati complessi residenziali con materiali durevoli; la maggior parte di tali complessi fu occupata stabilmente fino alla caduta della città, nell'VIII sec. d.C. Nel sito si contano oltre 2000 complessi residenziali composti da appartamenti multifamiliari a un solo piano e costruiti secondo un modello pianificato. La maggior parte dei complessi scavati possiede almeno una corte principale verso cui si aprono uno o più templi. Il tempio più importante si trova generalmente sul lato orientale della corte, con la facciata rivolta a ovest. Nel quartiere di Xolalpan il complesso è costituito da numerose corti circondate da ambienti disposti intorno a una piazza centrale seminterrata, al centro della quale si trova un altare. L'abitato potrebbe essere stato molto più concentrato a Tlamimilolpa, dove su una superficie di 3500 m² sono agglomerati 176 ambienti, 21 corti, 5 corti più vaste e numerosi viali. I muri, di pietre non lavorate commesse con argilla, sono rinforzati da pali di legno che sostengono le travi di tetti piani. In certi casi sembrerebbe che gli abitanti di uno stesso complesso siano appartenuti alla medesima corporazione e abbiano partecipato agli stessi culti. Vi sono inoltre alcuni gruppi di complessi in cui si praticavano le stesse attività artigianali (officine di lavorazione dell'ossidiana o laboratori ceramici). In tali complessi ‒ dalle funzioni chiaramente residenziali, come attesta la presenza di cucine ‒ sono stati rinvenuti pochi oggetti di prestigio; nonostante ciò, gli appartamenti erano per la maggior parte non solo abitabili, ma a volte particolarmente raffinati, a giudicare dalla qualità delle pitture murali che si sono conservate. Sebbene non esistano due città Maya con pianta identica, esse obbedivano a un modello generale di dispersione in numerosi complessi di edifici monumentali (che potrebbero corrispondere ai principali lignaggi), in alcuni casi con un gruppo più importante, detto Gruppo Principale, forse il nucleo civico- cerimoniale sotto la diretta autorità reale. In diversi siti sono state identificate e scavate semplici capanne con muri di malta di argilla e paglia e tetti di paglia, dalla pianta rettangolare od ovale e a uno o due ambienti, collocati su una bassa piattaforma; le residenze più complesse sono riconoscibili per la presenza di numerosi edifici attorno a una corte, costruiti con materiali deperibili tranne che per la base dei muri, di pietre. Vi sono inoltre abitazioni interamente costruite con materiali durevoli, in alcuni casi a vari piani, con volta aggettante e comprendenti diversi ambienti. Grandi panche di muratura servivano sia da letto che da seggio, mentre punti di aggancio nei muri permettevano di fissarvi paramenti, con una funzione sia ornamentale che di protezione dalle correnti d'aria e da sguardi indiscreti. Se alcuni edifici possono essere a pieno titolo definiti "palazzi", si avverte oggi che si è abusato di questo termine per designare ogni struttura imponente che non fosse ascrivibile alla categoria di "tempio". Attualmente il Palacio di Palenque è interpretato più come un complesso di edifici utilizzati per celebrare riti (di ascesa al trono, di fertilità, di impetrazione della pioggia) e di strutture amministrative, che come un'unità residenziale. Il "palazzo reale" di Copán non è stato identificato e questo senza dubbio perché un tale concetto non esisteva presso i Maya, i quali attestavano il loro potere in modi diversi che attraverso la sontuosità delle abitazioni. Il caso di Monte Albán si colloca in posizione intermedia tra Teotihuacan e il modello Maya. Costruito intorno al 500 a.C. su numerose colline, il sito ha come sola area pianeggiante la Gran Plaza. Il resto della città, la cui popolazione nel momento di apogeo viene stimata tra 15.000 e 30.000 abitanti, occupava le terrazze distribuite sui declivi. Su un totale di 2073 terrazze individuate, 2006 sono state identificate come residenziali. Di queste ultime, 37 terrazze ospitavano 63 abitazioni dell'élite che occupavano una superficie media di 2473,3 m²; le restanti 2895 abitazioni coprivano un'area di 311,9 m². Si apprezzano qui differenze molto marcate, sia per la bassa proporzione élite-massa che per le dimensioni rispettive delle strutture domestiche.
R. Millón, Urbanization at Teotihuacan, Mexico: the Teotihuacan Map, I, Austin - London 1973; R.E. Blanton, Monte Albán: Settlement Patterns at the Ancient Zapotec Capital, New York - San Francisco - London 1978; R.J. Sharer, The Ancient Maya, Stanford 1994⁵; E. Pasztory, Teotihuacan. An Experiment in Living, Norman - London 1997.
di Claude-François Baudez
In Mesoamerica, i governanti o l'élite raramente manifestarono il proprio potere attraverso il lusso o la monumentalità delle abitazioni; esso era più spesso attestato da imponenti edifici riccamente decorati, che esaltavano la potenza militare del sovrano, dell'élite, della città e dello Stato attraverso immagini di nemici sottomessi, di prigionieri o di vittime sacrificali. Talvolta, però, il potere era indirettamente espresso dalla monumentalità degli edifici amministrativi e dall'urbanesimo. La pianta del centro civico-religioso di alcune città rivela la mobilitazione di mezzi considerevoli, in termini di materie prime e di manodopera, da parte di un numero ristretto di individui. Per la loro imponente massa, i grandi templi-piramide I e V della città Maya di Tikal furono allo stesso tempo monumenti al culto dinastico e monumenti di potere. A Palenque il re Pacal (615-683) fece costruire un intero complesso architettonico comprendente sotterranei e un edificio di superficie (Casa E) per celebrare la sua ascesa al trono, concettualizzata come il sorgere del Sole. Dopo una sosta nelle sale sotterranee e oscure che rappresentavano l'Inframondo, il sovrano percorreva un tunnel che conduceva a pochi gradini che gli permettevano di apparire da una botola nella Casa E, dove si svolgevano i riti di incoronazione. Tali riti avevano termine presso la porta di nord-est dell'edificio, dove il re appariva incorniciato da un'immagine del Sole. Lo stesso Pacal, o il suo successore, fece costruire un complesso politico- militare composto dalle case A e C del Palacio. L'accesso alla Casa A avveniva da est; la porta era incorniciata da quattro pilastri con una decorazione modellata in stucco che rappresentava il sovrano stante e armato, con membri della famiglia o prigionieri ai suoi piedi. Attraversando l'edificio, ci si trovava dinanzi alla corte nord-est: la scalinata che vi discendeva era fiancheggiata da enormi lastre scolpite con personaggi inginocchiati in atteggiamento di sottomissione. Dopo aver attraversato la corte, si giungeva davanti alla scalinata che conduceva alla Casa C; sulle alzate dei gradini era scolpita un'iscrizione con le gesta del sovrano. Da entrambi i lati, su una serie di piccoli pannelli, erano rappresentati personaggi sottomessi, accompagnati da brevi iscrizioni che riportavano il loro nome e la cattura. La Struttura 26 di Copán, o Scalinata dei Geroglifici, venne eretta dal re Scoiattolo (749-763) a gloria della sua dinastia. Questo tempiopiramide è l'immagine della regalità trionfante: sui gradini della scalinata, scolpiti da una lunga iscrizione geroglifica che riporta oltre due secoli di storia, le statue dei cinque predecessori del re sono assise a intervalli regolari, mentre un sesto sovrano è in piedi sulla sommità, dinanzi al tempio. I re, carichi di armi e di simboli, sono ritratti come grandi guerrieri e sacrificatori. I cadaveri dei capi nemici sono scolpiti qua e là sui gradini, ai loro piedi. La Casa B di Toniná è un piccolo tempio decorato da bassorilievi di nemici incatenati. Nello stesso sito, così come a Dos Pilas e a Tamarindito, si ritrova il tema della scalinata con le alzate dei gradini decorate a bassorilievo dalle immagini dei nemici catturati, con le braccia legate e con simboli di prigionia. Chiunque avesse salito la scalinata avrebbe dunque calpestato il nemico. I capi politici e militari della valle di Oaxaca iniziarono molto presto a celebrare i loro successi militari ritraendo nemici uccisi e mutilati. Il Monumento 3 (600-500 a.C.) di San José Mogote è una lastra scolpita in bassorilievo con la rappresentazione di un cadavere dalle membra disarticolate e dal petto coperto di volute che simboleggiano fiotti di sangue. Tra le gambe del personaggio appare il suo nome calendariale, "1 Terremoto". Un poco più tardi, durante il periodo Ia (500-300 a.C.), le vittorie militari di Monte Albán vennero illustrate da oltre 300 pietre incise con le rappresentazioni di nemici massacrati, incorporate in uno dei muri dell'Edificio L. Per lungo tempo denominati danzantes ("danzatori") a causa della posizione "disordinata" delle loro membra, questi personaggi nudi, con gli occhi chiusi e la bocca semiaperta, recano spesso tracce di mutilazioni genitali. Una ventina di pietre riporta un breve testo (da due a sei geroglifici) che indicherebbe il nome della vittima e la sua sconfitta. Tra il 150 a.C. e il 150 d.C. venne costruito a Monte Albán l'Edificio J, a forma di punta di freccia e decorato da circa 50 pietre scolpite con un segno per "collina" (un locativo) che sormonta una testa umana rovesciata (simbolo della sconfitta), accompagnato dal pittogramma del sito conquistato ("il luogo del coniglio", "il luogo del tagliatore di pietre", "il luogo del fumo", ecc.). Secondo J. Marcus, questo complesso di conquiste potrebbe segnalare i confini dello Stato zapoteco in quel periodo. Un ulteriore passo nell'esibizionismo macabro è segnato dallo tzompantli dei Toltechi e degli Aztechi del Periodo Postclassico (XI-XVI sec. d.C.). Si tratta di una struttura di legno, talvolta riprodotta, come a Chichén Itzá e a Tenochtitlan, mediante una piattaforma di pietre scolpite. Tale struttura, che mostrava su diverse file i crani dei prigionieri sacrificati, perforati e infilzati su pali, era l'ostentazione della pietà, così come della potenza militare del popolo e dei suoi dirigenti. L'architettura del potere non consiste solo in costruzioni colossali dominate dall'immagine regale, o in immagini di prigionieri umiliati. Certe realizzazioni urbanistiche su grande scala in campo politico-religioso sono espressioni di potere immediatamente percettibili da tutti, sia nativi sia stranieri, nella misura in cui testimoniano l'impiego di mezzi considerevoli mobilitati grazie alla volontà di un solo individuo o di un numero ridotto di persone. Nella valle di Oaxaca, la Gran Plaza di Monte Albán venne costruita durante il periodo Monte Albán II (150 a.C. - 200 d.C.) sulla sommità di una montagna livellata attraverso operazioni di terrazzamento effettuate su una superficie di 300 × 200 m. La piazza venne delimitata sui quattro lati da costruzioni e rivestita di stucco. Tra le strutture edificate lungo i lati maggiori del rettangolo, vi erano alcuni templi a due ambienti che in alcuni casi si fronteggiavano. A nord era ubicata una vasta acropoli di 250 m di lato, con probabili funzioni governative: un'ampia scala conduceva a una sala ipostila che precedeva una corte seminterrata, profonda 4 m e con 50 m di lato. Al di là della corte, alcuni edifici residenziali sembrano essere stati di accesso strettamente riservato; soprattutto a nord-est, una piccola corte limitata da tre edifici, la meno accessibile della città, era probabilmente riservata alla famiglia reale. Sul lato sud della piazza, una piattaforma più piccola rispetto a quella del lato nord, con una scalinata relativamente stretta e dall'accesso riservato, conduceva a quello che fu certamente un tempio. Una piazza principale comparabile, ma di dimensioni più modeste, venne costruita nello stesso periodo a San José Mogote: la struttura è somigliante, con una vasta scalinata, portico e corte seminterrata. La poderosità delle prime città Maya, quali Nakbé o El Mirador, rivela che i primi Stati fecero ricorso all'architettura monumentale come attestazione del proprio potere. A nord di Tikal, le vaste piattaforme di Nakbé, alte fino a 45 m, vennero costruite per la maggior parte durante il Periodo Preclassico Medio, tra il 1000 e il 450 a.C. A 13 km di distanza, le prime costruzioni di El Mirador sono datate a questo stesso periodo, anche se le piramidi principali risalgono a quello successivo. Il gruppo La Danta di El Mirador misura 70 m di altezza, la Piramide 43 di Lamanai 33 m, quella di Cerros 22 m, quella del Mundo Perdido di Tikal oltre 20 m e 80 m alla base, ecc. Teotihuacan, la più grande città precolombiana non solo della Mesoamerica ma di tutto il continente americano, venne costruita fin dalle prime fasi (II-I sec. a.C.) secondo una pianta prestabilita. La città era suddivisa in quadranti dal Viale dei Morti lungo l'asse nord-sud e dalle strade Est e Ovest in senso perpendicolare. A nord del crocevia venne progettato e costruito, senza dubbio nel II sec. d.C., il centro amministrativo, religioso e commerciale dell'antica città costituito dalla Ciudadela, un grande quadrilatero formato da edifici amministrativi eretti su piattaforme, a eccezione del lato est, dove si trova la Piramide del Serpente Piumato. L'offerta per la fondazione di questo tempio-piramide, la cui decorazione rappresenta il cosmo, consiste in un sacrificio di 150 vittime umane. A ovest della Ciudadela, il Grande Complesso (Great Compound) è una vasta e bassa piattaforma che si ritiene dovesse ospitare un mercato.
M. Greene Robertson, The Sculpture of Palenque. The Late Buildings of the Palace, III, Princeton 1985; R. Sharer, The Ancient Maya, Stanford 1994⁵; J. Marcus - K.V. Flannery, Zapotec Civilization. How Urban Society Evolved in Mexico's Oaxaca Valley, London 1996; E. Pasztory, Teotihuacan. An Experiment in Living, Norman - London 1997.
di Claude-François Baudez
Nel corso di circa 4000 anni, per rendere omaggio alle potenze che governavano l'Universo, le civiltà mesoamericane edificarono piattaforme, piramidi, edifici e piazze, scavarono tunnel e costruirono labirinti; attraverso riti, danze, sacrifici, processioni e offerte, essi arrivarono a trattare con il mondo soprannaturale e ad ottenere un mondo terreno ordinato, non sottomesso ai capricci degli dei. In Mesoamerica dovettero esistere divinità, ma non così spesso e non così presto come si crede. Dei con uno o più nomi, una storia, un ambito proprio, esigenze e gusti particolari possono essere apparsi dagli inizi della nostra era nel Messico centrale, ma tardarono più di un millennio a manifestarsi nella Mesoamerica meridionale, in particolare tra i Maya. Presso questi ultimi e fino al XIII secolo, la religione fu essenzialmente un complesso di credenze cosmologiche e cosmogoniche, una raccolta di miti dai numerosi personaggi, un mondo di spiriti e messaggeri delle grandi potenze dell'Universo, che gli uomini dovevano conciliarsi attraverso riti il cui scopo era innanzitutto quello di instaurare l'ordine e fare arretrare il caos. Il sovrano era l'individuo responsabile della relazione con il mondo soprannaturale e assolveva il ruolo di sommo sacerdote. Si deve attendere il XVI secolo e la Conquista per poter disporre delle testimonianze di conquistadores e missionari sulle religioni mesoamericane, in particolare su quella azteca. Per i periodi precedenti occorre fare ricorso all'archeologia e alle discipline connesse, quali l'iconografia e l'epigrafia. Ad eccezione di quello Maya, i sistemi di scrittura mesoamericani, molto rudimentali, forniscono scarse informazioni su questo argomento; le iscrizioni Maya sono più eloquenti, ma rimangono il più delle volte incomprensibili. I dati sull'architettura religiosa sono quelli più numerosi. Lo studio congiunto dell'architettura e della scultura ha costituito la più cospicua fonte documentaria sulla religione e sulla destinazione religiosa di alcuni spazi. Con fonti di ineguale valore, una storia accidentata, civiltà e religioni diverse, ci si deve attendere un mosaico di forme architettoniche diverse nel tempo e nello spazio: per evitare di stilare un noioso catalogo delle diversità, si tratteranno qui i grandi temi dell'architettura religiosa mesoamericana attraverso le loro forme specifiche. Alcune forme architettoniche possono appartenere a numerosi ambiti: così un'imponente piramide sormontata da un tempio dinastico e contenente una tomba è al tempo stesso un monumento religioso (culto dinastico), un monumento funerario e un monumento di potere (attestazione della potenza di una dinastia o città attraverso una costruzione monumentale). Un edificio in cui venivano praticati ed esibiti sacrifici umani è certamente di carattere religioso ma, nella misura in cui le vittime sono anche prigionieri di guerra, è anche un luogo di potere: guerra e sacrificio sono dunque indissolubilmente legati. L'architettura domestica comprende talvolta uno spazio riservato al culto o alle sepolture famigliari; in questo caso, alle valenze domestiche si vengono ad aggiungere quelle religiose e funerarie. I popoli mesoamericani hanno frequentemente applicato il concetto di un'architettura microcosmica, in cui la pianta di una città o di un villaggio, di un gruppo di spazi o di edifici, o di un solo spazio o edificio rappresentano l'immagine di tutto o di una parte dell'Universo. Per planimetria, orientamento e disposizione delle costruzioni del suo centro cerimoniale, la città olmeca di La Venta (Messico) è certamente un'immagine cosmologica, anche se essa non è stata a tutt'oggi compresa. Teotihuacan, nella Valle di Messico, è divisa da due assi perpendicolari (uno dei quali è costituito dall'impressionante Viale dei Morti) che la dividono in quadranti: questa pianta, definitasi molto presto e poco dopo la fondazione della città, agli inizi della nostra era, attesta la volontà di rendere conto sul territorio delle quattro direzioni della Terra. Alcuni siti Maya, come Copán o Dzibilchaltun, hanno una pianta a croce che obbedisce allo stesso concetto: analoga alla struttura dell'Universo, essa veniva utilizzata come percorso. Così la manipolazione del microcosmo aveva come obiettivo quello di agire sul macrocosmo. In occasione del termine dei katun, o periodi di 20 tun (formati da 360 giorni), i Maya di Tikal costruirono durante il Periodo Classico complessi architettonici a forma di croce orientata. Ciascuno di essi comprendeva quattro edifici intorno a una piazza rettangolare o quadrangolare: a nord, un recinto conteneva una stele scolpita, in cui era ritratto il sovrano mentre compiva un rito di divinazione per l'avvento del nuovo ciclo, e un altare associato; ad est e ad ovest, cioè lungo l'asse del corso solare, si ergeva una piramide a quattro gradoni (forma che riproduceva il segno della fine del periodo), priva di costruzioni sulla sommità. Un edificio a pianta rettangolare provvisto di nove porte, che rappresenta gli inferi, si trovava a sud, direzione dell'Inframondo; mentre la direzione opposta, dove si trovavano il recinto e la stele, era quella del cielo, residenza degli antenati presso cui il re cercava legittimità e protezione. È molto probabile che questo complesso abbia costituito un microcosmo che il sovrano o i suoi delegati percorrevano, in deambulazione rituale, per riassumere il corso del tempo. Era questo un mezzo per assicurare il buon ordine universale prima di accedere ad un nuovo periodo dalle pericolose incertezze. Il Gruppo della Croce di Palenque comprende tre templi su piramide, disposti ad altezze diverse intorno a una piazza aperta a sud. Esso rappresenta un percorso cosmico a tre "stazioni", ciascuna definita da un orientamento, da un'altezza relativa e da un ambiente specifico. Il Tempio della Croce, la prima stazione del percorso, rappresenta il cielo, la dimora degli antenati, il luogo di origine del mondo soprannaturale e di quello umano. Si discende poi nel mondo sotterraneo, luogo del passaggio del Sole notturno, simboleggiato dal giaguaro, signore della guerra e dei sacrifici. L'ultima stazione, nel Tempio della Croce Foliata, rappresenta la rinascita nel mondo umido e fertile dei livelli superiori dell'Universo; si assiste allora al trionfo delle forze vitali. Questo percorso cosmico si presta a molte letture: può contemporaneamente essere interpretato come corso del Sole, come successione di "patroni" soprannaturali nelle principali regioni dell'Universo, come cammino rituale, come ciclo reale costellato dai grandi accadimenti del regno del sovrano e come ciclo agricolo. La ricchezza di significati del Gruppo della Croce risiede in questi diversi aspetti e nelle corrispondenze che i differenti cicli trovano tra loro. Gli sferisteri, o campi per il gioco della pelota, fanno parte degli spazi a carattere religioso perché presso molte civiltà mesoamericane tale pratica fu in primo luogo un rito, sebbene non siano da sottovalutare i suoi aspetti ludici e spettacolari. Due squadre di giocatori si rilanciavano una grande e pesante palla di caucciù servendosi unicamente delle anche e dei gomiti, senza utilizzare né piedi, né mani. Il campo adibito a quest'uso, dalla pianta e dal profilo variabili a seconda dei periodi e dei luoghi, comprendeva una corsia da gioco limitata ai due lati da piattaforme rettangolari; le estremità del terreno potevano essere aperte o chiuse. Le sculture associate alle strutture architettoniche degli sferisteri, soprattutto quelle che alludono ai sacrifici umani praticati in occasione del gioco, come i pannelli del campo di El Tajín (Veracruz), testimoniano l'importanza rituale di tale pratica. Essa è confermata dalla presenza, un po' ovunque in Mesoamerica, di oggetti quali i "gioghi" e le asce, utilizzati nei riti che accompagnavano il gioco sulla Costa del Golfo di Messico. Alcuni terreni erano stati concepiti come microcosmi: così nel campo di Copán il livello della corsia, con i tre marcadores (elementi che segnavano i limiti dell'area da gioco) in cui appare il simbolo del Sole notturno, rappresentava l'Inframondo, mentre le alte scarpate (taludes) simboleggiavano il livello celeste con le teste di ara, simboli del Sole diurno. In questo contesto, la palla rappresentava il Sole che, alzandosi e tramontando nel corso del gioco, compiva il suo ciclo, archetipo dell'alternanza dei contrari che ritmava l'Universo. Le sculture dei tre marcadores esprimevano il passaggio dalla morte alla vita, dall'oscurità alla luce, dalla sterilità alla fertilità, compiuto attraverso il trionfo delle forze della vita, rappresentate dal re, su quelle della morte, incarnate da un signore degli inferi. La piramide a gradoni fu in Mesoamerica la forma emblematica del potere politico e religioso. Essa appare come la riproduzione di una montagna che permette di dominare la terra avvicinandosi al cielo. Si ignora la destinazione della Piramide del Sole di Teotihuacan, ma si nota che questa colossale massa di terra e pietra fu costruita su grotte parzialmente artificiali; ciò lascia presumere che essa, oltre a possedere la funzione di gigantesco zoccolo, rappresentasse una parte dell'Universo, senza dubbio la Terra. La Scalinata dei Geroglifici della Struttura 26 di Copán è modellata in forma di un gigantesco serpente che stabilisce il legame tra terra e cielo. La Piramide del Serpente Piumato di Teotihuacan (III sec. d.C.) si articola in gradoni, ciascuno dei quali composto di un pannello verticale (tablero) che sormonta una scarpata (talud ). Sui pannelli è scolpito un serpente piumato sul cui corpo è attaccata una maschera, che si relaziona a una creatura simbolica ‒ per analogia con la bipolarità fondamentale (vita/morte, maschile/femminile, secco/umido, ecc.) concettualizzata dai Maya ‒ presumibilmente opposta al serpente. Sulle scarpate un serpente piumato ondeggia in un ambiente marino simboleggiato da conchiglie, riassumendo così la coesistenza dei tre ambiti dell'Universo: il cielo, la terra e il mare. Questa piramide è un microcosmo nella misura in cui essa rappresenta contemporaneamente i tre elementi e un'immagine del pensiero bipolare. La Piramide delle Nicchie (365 in totale) di El Tajín potrebbe anch'essa essere un'immagine che traduce in tre dimensioni il ciclo solare. Le porte di alcuni edifici dello Yucatán rappresentano le fauci spalancate di una maschera dai tratti ofidici. Inoltre, la facciata e gli angoli della costruzione sono generalmente ornati da una profusione delle stesse maschere allineate, frontalmente o di profilo, in basso o in altorilievo. Le maschere sono quelle del mostro terrestre e l'edificio è così assimilato a una grotta e alla terra. I templi apparivano dunque come luoghi sacri ad immagine della grotta che essi rappresentavano ed erano frequentati dal re e/o dalle autorità politiche e religiose della città, a cui tali luoghi conferivano parte del potere.
È difficile valutare l'importanza relativa del culto degli antenati presso le culture mesoamericane. A Teotihuacan non si trovano rappresentazioni di un capo supremo ed è poco probabile che la città sia stata retta da una famiglia dinastica. Gli individui di rango appaiono sempre in gruppi, sia come guerrieri che come sacerdoti. Nelle pitture murali e nell'architettura non si rintracciano dunque evidenze di culti dinastici o di un culto degli antenati. A Monte Albán, città dal solido potere centralizzato, il culto degli antenati si manifesta solo nelle tombe di élite. La situazione è molto diversa presso i Maya del Periodo Classico, le cui città erano governate da re-sacerdoti dai poteri assoluti. I grandi templi di Tikal (templi I-V) del Periodo Classico Recente sono formati da un'elevata piattaforma dai fianchi scoscesi a sostegno di un tempio i cui spessi muri delimitavano due piccoli ambienti in cui non potevano entrare più di dieci persone. Gli architravi di legno erano scolpiti con l'immagine del sovrano, integrata da rappresentazioni cosmiche e di esseri soprannaturali. Una crestería (fastigio) in forma di muro trapezoidale prolungava il tempio in altezza. Due volte più alta di quest'ultimo, essa era il supporto di una decorazione di stucco in cui il sovrano troneggiava su una maschera di mostro terrestre. Ogni sovrano fece costruire il tempio consacrato alla sua memoria, rispettando i monumenti eretti dai predecessori e indicando così che non era che l'ultimo anello della catena dinastica. Ciò che era vero per il lignaggio regnante era senza dubbio vero anche per altri lignaggi nobili: i templi-piramide più modesti distribuiti nei gruppi residenziali delle città Maya vennero certamente eretti a gloria dei capi di lignaggi. A Tikal e in altri siti, alcuni gruppi di edifici di carattere domestico disposti intorno a una corte possiedono sul lato est un oratorio piramidale, non residenziale, che copre alcune sepolture e che fu senza dubbio il centro di culto degli antenati dinastici. Il culto dinastico fu particolarmente importante a Copán. La Struttura 26 è un monumento eretto dal re a gloria della propria dinastia. Il tempio era il santuario della regalità trionfante; seduti a intervalli regolari sui gradini della scalinata si trovano i cinque predecessori del sovrano, mentre un sesto è in piedi davanti al tempio sulla sommità. Questi re, carichi di armi e di simboli del sacrificio, sono ritratti come grandi guerrieri e sacrificatori: i cadaveri di principi nemici sono scolpiti qua e là sui gradini. Il testo scolpito sui gradini, il più lungo a tutt'oggi noto, costituiva un libro di storia che copriva 200 anni di vicende dinastiche della città. Il Tempio 16, al centro del sito, appare come il monumento eretto al fondatore della dinastia copaneca, agli inizi del V sec. d.C. Il nucleo più antico, costruito dai suoi figli, è composto dalla tomba e dal tempio funerario di questo sovrano; i sovrani successivi costruirono nello stesso punto altri templi-piramide che si ricoprono l'un l'altro e l'ultimo involucro è quello eretto dall'ultimo re di Copán alla fine dell'VIII sec. d.C. Ciascuna fase rende omaggio al fondatore, Yax Kuk Mo'o, mediante una decorazione che rappresenta i due uccelli, il quetzal e l'ara, dai quali era derivato il nome del sovrano. Si ha qui un'attestazione della continuità di un culto dinastico durante i tre secoli di esistenza della dinastia. Il Castillo di Chichén Itzá (X-XII sec. d.C.) è un tempio-piramide a quattro gradoni che fu forse un microcosmo costruito come quadro di deambulazione rituale alla fine di un katun. Nel XVI secolo esso era comunque chiamato Tempio di Kukulcán, dal nome dell'eroe leggendario degli Itzá; Mayapán, che dopo il 1250 divenne la città dominante dello Yucatán, costruì una copia del Castillo di Chichén Itzá e la chiamò con il medesimo nome. È dunque probabile che si tratti in entrambi i casi di un tempio dinastico. Nel settore nucleare di Mayapán sono stati identificati 10 templi-piramide (il più famoso dei quali è appunto il Castillo, consacrato alla dinastia reale), integrati da strutture annesse, ciascuno dei quali senza dubbio adibito al culto di uno dei 10 principali lignaggi della città.
È spesso difficile riconoscere i templi consacrati al culto di una divinità. A Teotihuacan pitture a carattere religioso ornano i muri di complessi residenziali, che comprendevano certamente spazi riservati al culto, non fossero altro che corti con un altare centrale. Nel sito sono visibili oltre 20 complessi (spesso costruiti sopra grotte) con una grande piramide centrale fiancheggiata da due piramidi di dimensioni minori che delimitavano una corte quadrangolare. Essi sono certamente edifici religiosi, ma non sono noti né le divinità, né i culti che vi erano associati. E. Pasztory ritiene ‒ ma ciò resta da dimostrare ‒ che due divinità maggiori regnassero su Teotihuacan: una grande dea della terra e delle acque, a cui sarebbe stata consacrata la Piramide del Sole, e un dio del temporale, a cui sarebbe stata dedicata la Piramide della Luna. A Monte Albán, le cui urne funerarie attesterebbero l'esistenza di divinità come Cocijo, dio del fulmine e della pioggia, non è stato comunque possibile identificare templi dedicati a tale divinità. Presso gli Aztechi, il Tempio di Quetzalcoatl-Ehecatl, dio del vento, era una struttura a gradoni di forma circolare (senza dubbio per evocare il turbinio del vento, già simboleggiato dalle ehecailacacózcatl o joyel del viento, Gasteropodi che rappresentavano Ehecatl). In area Maya durante il Classico Terminale si ritrovano edifici circolari che sono stati attribuiti al culto della stessa divinità; Mayapán (1250-1450) possiede due templi circolari che potrebbero anch'essi essere stati consacrati a Quetzalcoatl. Il Templo Mayor di Tenochtitlan, la capitale azteca, si trova all'interno di un recinto cerimoniale in cui erano raggruppati i principali edifici di culto. Sulla sommità della piramide principale si trovavano i templi gemelli di Tlaloc, dio del fulmine e della pioggia, e di Huitzilopochtli, dio guerriero dal carattere solare, patrono dei Mexica. Intorno si ergevano, oltre al tempio circolare di Quetzalcoatl, i templi di Xipe Totec ("Nostro Signore lo Scorticato", dio della vegetazione) e delle dee Chicomecoatl ("Sette Serpente") e Xochiquetzal ("Fiore-Quetzal"), ecc. Ciascuna divinità aveva il suo tempio; altri luoghi di culto o associati a credenze religiose erano lo tzompantli (costruzione in legno per l'esposizione dei crani delle vittime sacrificali), un albero per la festa Xocotlhuetzi, una fonte sacra, una piattaforma per il sacrificio gladiatorio (in cui la vittima, legata a una pietra, doveva affrontare con armi fittizie guerrieri armati), uno sferisterio e altre piattaforme che sostenevano altari e incensieri. Gli scavi nel Templo Mayor, iniziati nel 1978, hanno confermato e integrato i resoconti dei conquistadores.
T. Proskouriakoff, An Album of Classic Maya Architecture, Washington 1946; I. Marquina, Arquitectura prehispánica, México 1964; R. Sharer, The Ancient Maya, Stanford 1994⁵; E. Pasztory, Teotihuacan. An Experiment in Living, Norman - London 1997.
di Claude-François Baudez
Le pratiche funerarie mesoamericane variarono considerevolmente nel corso del tempo e da una civiltà all'altra, così che esse risultano estremamente diversificate. La complessità dell'architettura funeraria è inoltre il riflesso del continuum sociale: anche nello stesso sito l'archeologo può rinvenire le sepolture più diverse, dalla semplice fossa priva di corredo a un complesso di ambienti provvisti di volta o con ricche offerte e sacrifici che accompagnavano il defunto. Generalmente le sepolture non erano raggruppate in cimiteri o in necropoli, ma collocate nel pavimento delle abitazioni o, nel caso di quelle più ricche, nelle piattaforme che sostenevano gli edifici. Presso i Maya del Periodo Classico, la sepoltura in cassa fu la forma più rudimentale di architettura funeraria: i defunti erano deposti in una fossa rettangolare, di lunghezza inferiore a quella di un corpo in posizione distesa e con le pareti rivestite di rozze pietre. La tipologia superiore era molto più ampia: le pareti erano coperte da pietre piane, il pavimento stuccato e la tomba rivestita di lastre che formavano un tetto piano. Tradizionalmente vengono definiti come tombe gli ambienti di dimensioni variabili in cui sia possibile stare in piedi, con pareti in muratura di pietre lavorate, porta laterale e tetto a volta. L'Acropoli Nord di Tikal si presenta come una grande piattaforma di 100 × 80 m su cui poggiano otto templi funerari, disposti simmetricamente e costruiti tutti durante il Classico Antico (300-600 d.C.); essi inglobano edifici preesistenti, alcuni dei quali datati al Preclassico Recente (200 a.C. ca.). Lungo il bordo meridionale dell'acropoli venne successivamente costruita un'elevata piattaforma (sulla quale furono eretti quattro templi le cui scalinate conducevano alla Gran Plaza) e in seguito, a sud-est, fu edificata un'altra piattaforma con tre santuari di dimensioni modeste. L'Acropoli Nord è essenzialmente una necropoli reale, che ospitò le spoglie dei sovrani di Tikal nel corso di quasi cinque secoli. Nel Classico Recente il re Ah Cacau interruppe la tradizione, facendosi seppellire nella Gran Plaza; la sua tomba venne ricoperta dal Tempio I, alto 47 m. Il prospiciente Tempio II potrebbe essere stato edificato in onore della regina, come lascia supporre l'immagine femminile scolpita su uno dei suoi architravi. A Palenque il complesso del Tempio e della Piramide delle Iscrizioni rappresenta il monumento funebre di Pacal, il primo grande re di questa città, morto nel 683 d.C. Prima della scoperta della tomba reale, effettuata nel 1952 dall'archeologo messicano A. Ruz Lhuillier, non si sospettava che le piramidi Maya potessero avere una destinazione funeraria e si riteneva che esse fossero solo basamenti di templi. La piramide, che con la sua massa imponente domina il complesso delle rovine, comprende nove terrazze. Dalla sommità della sua scalinata, rivolta a nord, il visitatore ha una vista eccellente del sito e della pianura. Il tempio, di dimensioni monumentali, possiede cinque porte separate da pilastri con decorazione modellata di stucco. Non resta purtroppo molto delle ornamentazioni del tetto; sui suoi lati inclinati vi erano personaggi (senza dubbio sovrani) seduti su troni a intervalli regolari. L'accesso alla tomba avveniva tramite una scalinata con soffitto a volta il cui punto di inizio, celato sotto una grande lastra, si trovava nell'ambiente centrale sul fondo del tempio. Scendendo dapprima verso ovest fino a un pianerottolo posto alla profondità di 15 m, la scalinata si dirigeva poi verso nord, riprendendo in seguito la sua discesa verso est. Arrivata al di sotto del livello della base della piramide, essa era stata chiusa da un primo muro, poi da un secondo 2 m più lontano. Ceramiche, conchiglie, cinabro e giada erano stati deposti in una cassa tra i due muri. Quindi, in un riempimento di pietre e calce dello spessore di 2 m, erano stati collocati i corpi di sei individui, certamente sacrificati per accompagnare il sovrano nell'aldilà. La porta della cripta era chiusa da un'enorme lastra triangolare; dopo averla rimossa, gli archeologi ebbero accesso a un'ampia sala con soffitto a volta, al cui centro si trovava l'imponente massa del sarcofago. I muri della cripta erano decorati da nove personaggi modellati di stucco, in piedi o seduti, che recavano in una mano uno scettro e nell'altra uno scudo. Si tratta senza dubbio della rappresentazione non personalizzata dei predecessori di Pacal. Il sarcofago, che poggiava su sei supporti rettangolari, conteneva i resti del sovrano, accompagnati da un corredo molto ricco di gioielli di giada (maschere, pendenti, diadema, ornamenti auricolari, collana, pettorale, braccialetti, ornamenti labiali e anelli), simbolo di vita e rinascita. La Struttura 18 di Copán (fine VIII sec. d.C.) è una versione più modesta del Tempio delle Iscrizioni di Palenque, dal momento che il basamento piramidale supera di poco l'altezza di 5 m. Sotto l'ambiente di fondo del tempio vi è una grande anticamera con soffitto a volta e nicchie per le offerte; la cripta, che poteva contenere solo il corpo del defunto, era stata profondamente scavata nell'anticamera. Una piccola scala che poneva in comunicazione il tempio con la cripta era stata chiusa dopo il seppellimento. Un corto viadotto collegava il tempio alla Piramide 16, il monumento eretto a gloria del fondatore della dinastia. Così l'architettura permetteva di collegare simbolicamente la tomba del re Sole Levante con il grande antenato. Nell'Oaxaca l'architettura funeraria ebbe esordi modesti con la sepoltura in cassa, una semplice fossa rettangolare dalle pareti rivestite di pietre e dal tetto piano di lastre. A partire dalla fine del I millennio a.C. l'architettura delle tombe, spesso collocate nel riempimento delle piattaforme, divenne più elaborata: la maggioranza di esse possedeva una facciata e un'entrata laterale. La camera funeraria era a volte preceduta da un'anticamera e nei muri potevano essere presenti nicchie. Accanto al tetto piano si trovava la volta angolare, composta da due lastre inclinate poggiate l'una contro l'altra. I muri potevano essere stuccati e dipinti in policromia. Nel Periodo Classico le tombe vennero più spesso costruite sotto gli edifici che delimitavano una corte, mentre comparvero tombe a pianta cruciforme. Dopo il 500 d.C. l'arte funeraria zapoteca conobbe il suo apogeo, con una decorazione delle facciate mediante pannelli, cornici e sculture; all'interno l'ornamentazione poteva essere molto ricca e comprendere pilastri e architravi scolpiti, oltre che pitture murali. La tomba 5 di Huijazoo (650-800 d.C.), a nord-ovest della città di Oaxaca, è la sepoltura zapoteca più grande e complessa finora identificata. Si ha accesso a questa "casa sotterranea", orientata lungo l'asse nord-sud, mediante una scalinata di nove gradini che parte dal pavimento della corte di un gruppo residenziale. L'entrata era stata chiusa da una lastra del peso di diverse tonnellate. Oltrepassata la soglia, si accedeva a un vestibolo con pianta cruciforme e tetto piano, che conduceva a un'anticamera di grandi dimensioni formata da una corte quadrangolare seminterrata e fiancheggiata da due piccoli ambienti a est e a ovest. Questa anticamera e la cripta avevano volta angolare. Salendo tre gradini si penetrava nella camera funeraria, sul fondo della quale vi era una stele scolpita davanti a una nicchia. Al di sopra della porta della cripta si trova il numero 11 posto sotto un personaggio con un elmo di giaguaro; all'entrata della tomba, una scultura modellata in stucco rappresenta le fauci di un serpente contenenti una testa di uccello e accompagnate dal numero 10. Queste sculture potrebbero rappresentare i nomi calendariali dei nobili sepolti nella tomba. Gli stipiti delle porte e delle nicchie sono scolpiti in bassorilievo e rivestiti di pigmento rosso. Le pitture murali ritraggono divinità, sacerdoti, dignitari, guerrieri e giocatori di pelota. Le decorazioni mostrano riti funerari, simboleggiano la rinascita dopo la morte, citano i nomi degli occupanti della tomba e a volte rintracciano i loro antenati, come mostrano le iscrizioni dipinte sugli architravi. Al pari di altre sepolture zapoteche, questa tomba venne utilizzata come cripta famigliare per molte generazioni: le pitture subirono numerose applicazioni e la stele scolpita è un'integrazione successiva.
W.B.M. Welsh, An Analysis of Classic Lowland Maya Burials, Oxford 1988; A. Miller, The Painted Tombs of Oaxaca, Mexico. Living with the Dead, Cambridge (Mass.) 1995.