L'architettura: caratteri e modelli. Mondo egeo
di Nicola Cucuzza
Nell'ambito dell'architettura egea, le differenze fra le esperienze minoiche e quelle micenee sono state rilevate dal momento stesso della scoperta dei resti archeologici delle due civiltà. Questa distinzione spiega perché sostanzialmente manca tuttora una coerente e organica trattazione sull'architettura egea. Inoltre, nel ravvisare una somiglianza fra la planimetria del nucleo principale dei palazzi micenei e quella dei templi greci, l'architettura egea è stata a lungo studiata come semplice prodromo di quella greca. Un maggiore interesse negli studi sull'argomento si è avuto a partire dagli anni Cinquanta in seguito agli studi condotti da J.W. Graham, relativi peraltro quasi esclusivamente al mondo palaziale minoico. Le tecniche edilizie impiegate nell'architettura egea sono state ovviamente condizionate dai materiali disponibili: pietra, argilla e legno. L'uso della pietra squadrata (calcare, arenaria e gesso) aumenta parallelamente con il miglioramento delle tecniche di lavorazione dei metalli, che consentono di ottenere degli strumenti sempre più adatti: i primi scalpelli in bronzo si datano nelle Cicladi al Neolitico finale. L'attività di estrazione di pietra a scopi edilizi è attestata già dalla fine del Bronzo Antico a Creta e solo dal Tardo Elladico (TE) II nel continente greco. Risulta quindi chiaro un legame fra la società palaziale minoico- micenea e lo sfruttamento delle cave, finalizzato ad ottenere una migliore qualità di materiale da costruzione degli edifici. Alcuni dettagli architettonici quali gli architravi potevano essere, negli edifici di maggior pregio sia minoici che micenei, in pietre particolari (ad es., serpentinite) con motivi decorativi a rilievo, quali spirali o rosette. Durante il Neolitico, nella Grecia settentrionale, largamente influenzata dalle culture balcaniche, pali in legno infissi nel terreno costituivano il telaio dei muri: gli spazi fra gli elementi portanti erano colmati con fango e paglia. Già in quello stesso periodo è documentato nell'Egeo l'uso di mattoni crudi in argilla cruda impastata con paglia. Solo a partire dal Bronzo Antico viene usata la pietra nella parte inferiore dei muri. Specie nel Bronzo Medio e Tardo a Creta e nel continente greco è ampiamente utilizzata la tecnica detta half timbered o xylodesià: su uno zoccolo di conci in pietra (spesso, nei palazzi, grandi blocchi di ortostati) erano inserite nella muratura delle travi lignee orizzontali su cui si innestavano dei montanti verticali. Questa particolare tecnica che, certo per influsso minoico, è attestata nel Bronzo Tardo anche nelle Cicladi (Akrotiri a Thera) e nel continente greco, aveva sicuramente lo scopo di rendere la costruzione più elastica e quindi più resistente ai terremoti. Il legno era utilizzato largamente per soglie, porte e travi, oltre che per le colonne (in alcuni casi, documentati a Pilo e Cnosso, con fusti scanalati), caratteristiche dell'architettura minoica fin dall'epoca protopalaziale. In questo caso le basi, al fine di impedire al legno di marcire, erano in pietra, di diversi tipi e dimensioni: le raffigurazioni sugli affreschi mostrano frequentemente colonne con i fusti dipinti in rosso o in nero, rastremati verso il basso. L'uso di colonne nell'architettura micenea viene generalmente ritenuto di influenza minoica. Anche nei pilastri è documentato l'impiego di montanti lignei su una base litica: questo tipo di pilastro è anzi più comune di quello a conci di pietra sovrapposti. Sono attestati paramenti murari a conci squadrati, di solito prospicienti degli spazi aperti: le pareti interne erano infatti normalmente costruite con pietre di minore grandezza. L'impiego di malte particolari non è documentato: nei muri a piccole pietre erano utilizzate malte fangose, mentre in quelli a conci non veniva impiegato alcun legante. Nonostante una sorta di calcestruzzo (astraki) fosse nota a Creta, non ne sembra certo un impiego nella costruzione dei muri: il suo uso pare infatti limitato alla copertura di strutture distrutte (come nel caso del primo palazzo di Festo), al fine di ottenere una solida base di appoggio su cui impostare un nuovo edificio. Negli edifici di maggior pregio le pareti erano spesso ricoperte di intonaci dipinti monocromatici o con motivi figurati; è anche documentato l'uso di rivestimento delle pareti con lastre di gesso. Le finestre, con intelaiatura lignea, sono ritenute una scoperta dell'architettura minoica; ad Akrotiri se ne conservano alcune grazie alla repentina distruzione vulcanica del sito, che ha permesso di conservare talvolta il piano superiore degli edifici. Ampiamente utilizzate erano anche scale e banchine in pietra; anche queste potevano avere zoccoli con decorazioni dipinte. I pavimenti erano generalmente in terra battuta; talvolta, per gli spazi esterni era utilizzata la cosiddetta tarazza, composta da calce e ghiaietta, che costituiva una solida superficie. Sempre in aree esterne erano utilizzati anche lastricati, in genere di piccole pietre. Caratteristici del mondo minoico sono i marciapiedi, che forse avevano carattere cerimoniale. Costituiti da lastre litiche di qualche centimetro rilevate rispetto al piano di calpestio delle aree in cui si trovano (spesso nelle corti occidentali dei palazzi), erano forse impiegati per marcare percorsi processionali. Nelle strutture di maggior pregio, in aree interne, non mancano pavimenti di lastre in pietra (principalmente gesso): in alcuni casi queste erano di forma rettangolare, con gli interstizi colmati da stucco rosso. Sono attestati anche pavimenti dipinti; la documentazione varia da quelli monocromatici in uso prevalentemente nel periodo protopalaziale minoico, a quelli con quadrati riempiti di motivi decorativi, anche zoomorfi, dei vani principali nei palazzi micenei; pavimenti dipinti con composizioni più complesse sono presenti nel palazzo di Cnosso e nel sacello Tardo Minoico III di Haghia Triada. A Tirinto ed a Mallia sono invece i soli esempi finora attestati di una specie di decorazione "a mosaico", con file di ciottolini disposte secondo semplici motivi geometrici (linee che si intersecano) su un fondo in terra battuta. Ben documentati, soprattutto nel mondo minoico, sono i canali: in pietra, dalla sezione nella caratteristica forma ad U, ed in terracotta. Adottati in aree esterne, essi erano impiegati anche nei quartieri palaziali (ad es. quello domestico del palazzo di Cnosso), dove sono attestate anche latrine. Cisterne e fonti con scale di accesso sono documentate a Tylissos e Zakros. Nelle cittadelle micenee particolare cura era prestata al rifornimento idrico, tramite lo scavo in roccia di gallerie di collegamento con le fonti: si ricordano in particolare la Fonte Nord dell'Acropoli di Atene (franata già in epoca micenea), quella Perseia a Micene e la sistemazione presso la città bassa di Tirinto. La perizia acquisita dai Micenei nelle opere idrauliche è ben documentata del resto anche dalle opere di canalizzazione del lago Copaide attorno a Gla e dalla recente scoperta del porto artificiale presso la laguna di Osmanaga a sud di Pilo. I dati finora in nostro possesso invitano a ritenere che la copertura degli edifici fosse piatta nel mondo insulare e minoico: i tetti sarebbero stati quindi a terrazza, con una serie di strati di incannucciata e argilla. Nel continente greco invece l'attestazione di tegole già a partire dall'Antico Elladico II (si pensi alla Casa delle Tegole di Lerna) invita a ritenere più che probabile, anche se non esclusiva, l'esistenza di tetti a spiovente in quel periodo. Dalla fase seguente e fino alla piena epoca micenea, tuttavia, mancano esempi di tegole, anche se la copertura degli edifici, di frequente con pianta absidata, era con ogni probabilità a spiovente. Oltre alle tegole fittili (numerosi esemplari delle quali sono stati rinvenuti a Gla), per le coperture potevano essere utilizzate anche lastre litiche: in questo caso erano ovviamente preferiti gli scisti. Mancano purtroppo dei dati più precisi per Creta nel Tardo Minoico III, quando cioè è attestata nell'isola una presenza di elementi micenei: al momento non si è quindi in grado di dire se in quel periodo nell'isola fossero in uso delle tegole. Un valido aiuto nelle proposte di ricostruzione degli edifici viene, come detto, dalle raffigurazioni pittoriche; a queste si affiancano quelle sui sigilli ed i vasi in pietra. Di grande importanza è anche la documentazione offerta dai numerosi modellini, forse a carattere rituale, fra i quali è celebre un esemplare da Archanes; del tutto particolare è inoltre il cosiddetto "mosaico della città" da Cnosso, di epoca protopalaziale, con la riproduzione in faïence delle facciate di diverse case. Viene comunemente ammessa l'esistenza di unità di misura di lunghezza, adoperate almeno nella costruzione degli edifici di maggior prestigio. Mentre in ambito miceneo il problema è stato sostanzialmente solo accennato, in quello minoico sono stati invece effettuati diversi tentativi per rintracciarne il valore. Si è ipotizzato che a Creta fosse in uso un "piede" di 0,3036 m (Graham 1960); è sembrato che tale possibilità trovasse conferma dalle dimensioni del palazzo di Zakros, portato alla luce dopo che il valore del piede minoico era già stato determinato dallo studioso canadese. Tuttavia indagini condotte più recentemente mettono in dubbio la lunghezza proposta per tale unità di misura. È stato infatti ipotizzato da D. Preziosi (1983) di rintracciare piuttosto nell'isola, su influenza egizia, l'uso contemporaneo di due differenti sistemi, che porterebbero all'esistenza di due piedi di diverso valore (0,28 m ca. e 0,34 m ca.). Secondo lo studioso la barra lignea di misurazione scoperta nel villaggio egiziano di Illahun, sorto durante i lavori di costruzione della piramide del faraone Sesostri II, dove alcuni indizi lasciano ipotizzare la presenza di Minoici, sarebbe anzi un pratico sistema di equivalenza dal sistema egizio a quello minoico. Il problema di rintracciare le unità di lunghezza è complicato dall'utilizzazione, ormai comprovata, di disegni architettonici modulari o geometrici. Essi risultano attestati già in età protopalaziale a Mallia, dove la pianta del Quartier Mu è stata progettata facendo uso della sezione aurea. Argomento di indagine è anche quello relativo all'esistenza di veri e propri architetti durante l'età del Bronzo. Nei documenti in lineare B non si trova alcuna menzione di essi; la loro presenza è tuttavia resa certa dalla complessità degli edifici palaziali tanto a Creta che nel continente greco, oltre che dalle opere di ingegneria idraulica. Un indizio di una complessa organizzazione dei cantieri può essere visto nei cosiddetti masons' marks, simboli di vario genere (doppia ascia, tridente, stella, spiga, ecc.) incisi su conci squadrati e rinvenuti in gran numero nei palazzi ed anche negli edifici di stile palaziale minoico; essi potrebbero infatti essere i simboli distintivi di diverse squadre di operai. L'interpretazione di tali segni (uno dei quali è stato trovato inciso nella cava di Ta Skaria presso Palaikastro) non è però univoca ed anzi una delle interpretazioni prevalenti, ammettendo che il loro significato sia rimasto inalterato nel tempo, è quella magico-religiosa: essi sarebbero ubicati in luoghi determinati della costruzione. Tali simboli sono una caratteristica quasi esclusiva di Creta: al di fuori dell'isola sono stati trovati in scarso numero nel continente greco (quasi sempre in tombe) e nel centro minoicizzato di Akrotiri (Xeste 3 e 4). Anche a Creta del resto il loro uso non oltrepassa nel tempo i limiti della civiltà palaziale: il loro numero si riduce infatti drasticamente dopo il Tardo Minoico IB. Un influsso esercitato dall'architettura egea, segnatamente micenea, si crede di ravvisare in edifici situati in altre regioni: ad esempio a Tell Abu Hawam, sulla costa siro-palestinese, una casa sarebbe di tipologia egea. In Sicilia i regolari edifici di Thapsos ed il cosiddetto anaktoron di Pantalica sarebbero estranei alla cultura architettonica locale, rivelando un'ispirazione progettuale egea.
L'architettura egea è caratterizzata, in alcuni dei maggiori siti noti, sia a Creta (Cnosso, Festo, Mallia e Zakros) che nel continente greco (Micene, Tirinto, Pilo e Tebe), dalla presenza di edifici che, per le dimensioni, le particolarità architettoniche e le funzioni che vi si espletavano (residenziale, manifatturiera, di immagazzinamento, amministrativa e religiosa), vengono modernamente definiti "palazzi". Bisogna però tenere presente che la denominazione di tali strutture è comunque del tutto moderna; in particolare a Creta, da un punto di vista funzionale, le differenze fra i palazzi e alcuni edifici, quali ad esempio le cosiddette "ville", possono essere molto lievi o addirittura inesistenti. Va inoltre rilevato che i palazzi minoici e quelli micenei appartengono a tradizioni architettoniche ed a periodi cronologici differenti fra loro. Si deve infine considerare che di essi ci è conservato lo stato relativo alla loro ultima fase di vita; ciò comporta delle difficoltà interpretative per quanto attiene agli esempi più antichi. Infatti per ciò che riguarda Creta è possibile definire una cronologia per la costruzione dei primi edifici definibili come palazzi, ma non determinarne con esattezza la pianta a causa del sovrapporsi delle strutture più recenti. Per la Grecia continentale il problema è ancora più complesso: non si è in grado di stabilire con certezza da quando la società elladica possa definirsi palatina e come fossero strutturati i più antichi edifici principali. Per comodità di esposizione si cerca quindi di inquadrare in questa sede i palazzi fra le esperienze architettoniche note distinguendo Creta dal resto del mondo egeo. A Creta le semplici strutture del Neolitico a pianta rettangolare (la capanna circolare prepalaziale di Festo è finora un unicum) sono seguite, nel periodo successivo, da edifici di maggiore complessità, ben attestati nella parte orientale dell'isola. A Vasilikì la Casa Rossa (Antico Minoico IIB) prospetta su una corte lastricata; essa è costituita da numerosi ambienti, come la Casa Ovest di poco successiva. Ad Haghia Fotià un vasto complesso rivela già l'esistenza di corridoi e di un cortile interno; in questo la struttura anticipa le caratteristiche dei successivi palazzi. Questi ultimi sono documentati nell'isola a partire dal Medio Minoico (MM) IB. La loro comparsa è spiegabile solo alla luce delle contemporanee civiltà orientali, che certo influenzarono profondamente anche nel campo architettonico le popolazioni minoiche. I Primi Palazzi di Creta, distrutti da un sisma alla fine del MM IIB, vennero ricostruiti per essere definitivamente rasi al suolo alla fine del Tardo Minoico (TM) IB, ad eccezione di quello di Cnosso: quest'ultimo, divenuto sede di un wanaka miceneo, continuò ad essere utilizzato almeno fino agli inizi del TM IIIA2. I palazzi minoici, a più piani, si articolano attorno ad una corte centrale di forma rettangolare con orientamento nord-sud ed almeno un lato colonnato e prospettano su un cortile a occidente. L'accesso ai palazzi avveniva da più lati attraverso passaggi che conducevano direttamente nel cortile centrale. Alcuni di questi accessi erano monumentali: a Cnosso il cosiddetto "corridoio delle processioni" con un'intera processione affrescata alle pareti; nel secondo palazzo di Festo il grandioso propileo colonnato che si apre sul cortile occidentale con un sapiente alternarsi di spazi coperti e scoperti; a Mallia l'ingresso meridionale accuratamente pavimentato con lastre in pietra. Attorno alla corte centrale si sviluppano i vari quartieri che ospitavano le diverse attività svolte nel palazzo. Di particolare importanza erano gli ambienti disposti lungo il lato occidentale del cortile centrale; si trattava di vani di rappresentanza e di culto: nel palazzo di Cnosso in questo punto era sistemata la sala del trono. Altri ambienti di rappresentanza ed i quartieri propriamente domestici erano disposti sia a nord che a est del cortile centrale. Si ritiene che una sala per banchetti prospettasse al primo piano sul lato settentrionale della corte centrale. Nell'ala occidentale del palazzo erano ubicati anche i magazzini principali, generalmente una serie di vani sviluppati nel senso della lunghezza, affiancati e disimpegnati da un corridoio. Con ogni probabilità una funzione di immagazzinamento era assolta anche dalle costruzioni circolari con diametro superiore ai 4 m (cd. koulourai) nel cortile occidentale: a Mallia otto di tali siloi (cinque dei quali con pilastro centrale per reggere la copertura) sono ordinatamente disposti all'interno di un ambiente dello stesso palazzo, accessibile però dall'esterno, dalla corte occidentale. Scale di diversa grandezza permettevano di raggiungere i diversi piani. Nei palazzi sono adottate alcune particolarità planimetriche e tecniche ritenute proprie di uno stile architettonico detto "palaziale", anche se esse sono riscontrabili pure in altri tipi di edifici. Si tratta, ad esempio, dei cosiddetti "bacini lustrali" e della sequenza di vani a costituire quello che viene definito megaron "alla cretese", secondo una terminologia ormai in disuso. I bacini lustrali sono dei vani di forma quadrata raggiungibili per mezzo di una scala, con il pavimento ad una quota sensibilmente più bassa rispetto a quella degli ambienti circostanti. Rivestiti spesso alle pareti da lastre di gesso, non sono connessi a canali: erano di uso specifico ignoto, ma certo a carattere cerimoniale. I megara alla cretese sono invece dei vani che presentano su due o tre lati l'uso dei cosiddetti polythyra. Con quest'ultimo termine si indica la serie di porte (anche quattro) utilizzate lungo una parete: i pilastri fra le varie porte, con basi in pietra (di frequente gesso) lavorate in modo caratteristico (a T semplice o doppia), assolvevano la funzione portante dell'intero muro. Alcune aperture al di sopra degli architravi delle porte consentivano l'aerazione della stanza interna, che poteva essere illuminata in modo differente a seconda che le porte fossero aperte o chiuse. Di solito tramite i polythyra si passava infatti dal vano interno ad un portico che bordava un'area aperta, un cortile od un semplice pozzo di luce. Questo sistema, formato dalla sequenza pozzo di luce-colonnato-vano interno (Minoan Hall ), costituisce la cellula-base dell'architettura palaziale minoica. Particolare cura era data alla decorazione delle pareti, in qualche caso rivestite con lastre di alabastro, più di frequente intonacate e dipinte talvolta con scene figurate (alcune delle quali ancora ben conservate, specie a Cnosso e ad Akrotiri); come già detto, anche i pavimenti erano in qualche caso intonacati, più comunemente lastricati con gesso alabastrino già da epoca prepalaziale. Altra caratteristica dell'architettura palaziale minoica è l'uso dei conci in pietra squadrata: questi vengono utilizzati come ortostati già nella fronte occidentale del primo palazzo di Festo. Le loro dimensioni possono essere anche eccezionali, come nel prospetto settentrionale dell'Edificio T di Kommos, del Tardo Minoico I. Queste caratteristiche architettoniche, riscontrabili nei quattro palazzi di Cnosso, Festo (con monumentali resti protopalaziali), Mallia e Zakros, sono in parte presenti anche in altre strutture di minori dimensioni portate alla luce a Gournià, Galatas, Petràs ed in particolare a Kommos (Edificio T): anche queste strutture avevano una canonica corte centrale, sebbene di differente estensione; si ipotizza l'esistenza di un palazzo al di sotto dell'abitato moderno di Chania. L'architettura palaziale minoica è attestata anche al di fuori di Creta: oltre ad Akrotiri di Thera si segnalano gli edifici portati alla luce a Trianda di Rodi e al Serraglio di Coo. Inoltre, come detto, alcune particolarità furono certamente copiate nell'architettura micenea: il vano principale del palazzo di Tirinto, ad esempio, si apre sul portico con un polythyron di schietto stile minoico. Con la fine del Tardo Minoico IB l'architettura palaziale minoica scompare: si avvertono adesso delle influenze continentali, micenee, evidenti in particolare nella predilezione per planimetrie megaroidi. Una presenza micenea già dal Tardo Minoico II è del resto sicuramente attestata nell'isola dalle tavolette in lineare B del palazzo di Cnosso. Ad Haghia Triada, il sito dove si conserva il maggior numero di strutture monumentali del Tardo Minoico III, un edificio dalla semplice planimetria rettangolare del tutto estranea alla cultura architettonica minoica, il Megaron ABCD, viene costruito sulle rovine della Villa Reale. Nel vicino sito portuale di Kommos un'altra enorme struttura quadrangolare, l'Edificio P, a sua volta si sovrappone alle rovine del più antico Edificio T, da tempo almeno in parte abbandonato. La grandiosa costruzione, con sei gallerie uguali e parallele aperte a ovest verso il mare, è stata interpretata come un arsenale provvisto di rampe di alaggio. Nei due casi citati è evidente la predilezione per planimetrie meglio inquadrabili nell'architettura micenea piuttosto che in quella minoica. Nello stesso periodo, la Casa He di Gournià ha una pianta identica alle coeve abitazioni micenee. Nel corso dello stesso periodo negli abitati appaiono i primi veri e propri edifici destinati ad attività di culto, prima espletate nei palazzi e nelle ville. Infatti l'architettura propriamente religiosa nella Creta minoica si limita ai cosiddetti "santuari delle vette", definizione che discende dalla loro caratteristica collocazione topografica; in voga specie nel periodo protopalaziale, essi sono circondati da mura e non seguono delle disposizioni planimetriche e tecniche specifiche. Di grande interesse è in particolare il santuario di Anemospilia, datato al Medio Minoico III, che è costituito da tre vani giustapposti, disimpegnati da un ambiente ortogonale ad essi ed aperto all'esterno. È dunque solo nel Tardo Minoico III che si può parlare di edifici specificamente destinati al culto all'interno degli abitati: essi sono costituiti in genere da un vano quadrato, spesso con banchina, preceduto o meno da un vestibolo (Haghia Triada, Gournià, Gazi). Gli edifici di culto vennero talvolta ricavati nelle rovine dei palazzi ormai in disuso, come l'Edificio Obliquo di Mallia ed il Santuario delle Doppie Asce di Cnosso. Anche la stoà si sviluppa, soprattutto durante il Tardo Minoico III. È evidente come questo tipo di edificio derivi dai colonnati, largamente utilizzati nell'architettura dei palazzi ed in aree immediatamente esterne ad essi già in epoca protopalaziale, come la stoà del cortile occidentale superiore a Festo. Ad Haghia Triada, dove è presente anche in epoca neopalaziale (Stoà 10), la stoà appare nel Tardo Minoico IIIA come edificio indipendente. A tale periodo infatti, oltre la Stoà FG si data anche quella, monumentale, cosiddetta "dell'agorà", su due piani, con un portico di pilastri alternati a colonne ed una serie di otto magazzini: la disposizione planimetrica sembra preludere alle analoghe strutture di epoca storica. Una connessione di questo tipo di edifici con attività religiose viene suggerito, oltre che dalla Stoà FG di Haghia Triada, da quella di Tylissos, aperta su un cortile con evidenti resti di cerimonie cultuali. Nella Grecia peninsulare edifici con pianta a megaron sono presenti in Tessaglia già dal Neolitico (Sesklo, Dimini). La pianta detta "a megaron", secondo una terminologia da alcuni criticata (Darcque-Treuil 1990), è quella degli edifici costituiti da due o più vani collocati lungo un medesimo asse. La disposizione planimetrica a megaron, presente nelle culture egee a partire dal Neolitico fino a tutta l'età del Bronzo, si trova riproposta in modo monumentale nella parte principale dei palazzi micenei: data la sua somiglianza con la pianta dei più tardi templi in antis, essa ha da subito attirato l'attenzione degli studiosi. Già a Troia I il circuito murario racchiude alcuni megara; a Poliochni, nell'isola di Lemno, le mura del Periodo Azzurro sono contemporanee a due grandi edifici, finora senza confronti coevi nell'Egeo: si tratta di un edificio con doppia gradinata lungo i muri perimetrali, certamente destinato a riunioni (cd. bouleuterion) e di una grossa costruzione rettangolare interpretata come granaio. Una funzione analoga è stata ipotizzata per una grande struttura dell'Antico Elladico (AE) a pianta circolare rinvenuta al di sotto dei livelli micenei della cittadella di Tirinto: sul suo elevato, certamente in mattoni crudi, si possono soltanto avanzare delle ipotesi. Meglio nota è la tipologia delle cosiddette "case a corridoio", tipiche dell'AE II, ritenute le progenitrici dei più tardi palazzi micenei. In esse si trova infatti il corridoio e l'articolazione su due piani, caratteristiche riscontrabili negli edifici più tardi. Le case a pianta absidata, proprie del Medio Elladico, sopravvivono anche durante il periodo palaziale, per tornare ad essere prevalenti nel momento successivo. Pochi elementi sono disponibili per i palazzi della fase protopalaziale micenea (Tardo Elladico I-IIIA1). Una funzione palaziale viene accordata, per un periodo così antico, agli edifici del Menelaion presso Sparta (Mansion 1 e 2, del Tardo Elladico IIB-IIIA1) ed alla Unit IV-4A di Nichoria in Messenia, del Tardo Elladico IIIA1 (le fasi più antiche 4B e C si datano già al Tardo Elladico II). In questi casi si tratta di edifici caratterizzati dalla disposizione degli ambienti lungo un medesimo asse. La particolarità rispetto alle coeve abitazioni è costituita dalla grandezza più che da altre peculiarità tecniche o di ornamento: va comunque menzionata a Nichoria la presenza di un focolare centrale e di un bacino fittile nell'ambiente più grande. Non ha avuto finora conferme l'ipotesi relativa all'esistenza di un palazzo con corte centrale di tipo minoico al di sotto del palazzo di Pilo. Sulla base dell'evidenza archeologica di Micene, Tirinto e Pilo relativa al loro momento di distruzione, i palazzi micenei sono definibili come edifici contraddistinti dalla presenza di un megaron reale di pianta canonica oltre che di uno più piccolo, entrambi aperti su cortili di forma quasi quadrata, in genere posti all'interno di cittadelle fortificate; essi sono caratterizzati inoltre dall'uso della pietra squadrata e dell'intonaco dipinto. I palazzi erano inoltre sede di un wanax, come attesta la documentazione in lineare B. La principale caratteristica architettonica dei palazzi micenei è quindi la disposizione dei tre ambienti che costituiscono il megaron reale. Da un colonnato aperto su un cortile, si passava ad un vestibolo che dava quindi accesso al vano principale: questo aveva un focolare circolare al centro circondato da quattro colonne disposte a quadrato attorno ad esso. La collocazione delle colonne permette di ipotizzare l'esistenza di un lucernario al di sopra di esse. Questo stesso sistema si trova nella Casa delle Colonne di Mouriatada in un vano troppo piccolo per accordargli una funzione palaziale. Nei palazzi il pavimento dell'ambiente con le quattro colonne era dipinto; contro la parete alla destra di chi entrava, al centro, era il trono: a Tirinto esso era su una specie di baldacchino con zoccolo in serpentinite con decorazione scolpita. Le pareti erano dipinte con scene figurate e, almeno a Pilo, la decorazione pittorica si estendeva anche al bordo del focolare. Il complesso dei tre ambienti in questione si apre su una corte tramite un breve colonnato a due colonne. Il cortile, di forma quasi quadrata, era preceduto da un ingresso, un vero e proprio propylon. Da questo spazio aperto si accedeva, oltre che alla sala del trono, anche ad un secondo megaron, detto impropriamente "della regina", forse destinato al lawagetas. A Pilo l'ambiente 46, con affreschi figurati alle pareti, aveva anch'esso al centro un focolare di forma circolare. Nell'architettura palaziale micenea sono largamente impiegati i corridoi, mentre meno frequente che nel mondo minoico appare l'uso di colonne. I cortili e le aree scoperte in genere sono di dimensioni ridotte, specie se comparate al mondo minoico: questa caratteristica dipende certo dal carattere marcatamente difensivo dei principali centri micenei. Le cittadelle, veri palazzi fortificati, sono costituite da diversi edifici strutturalmente indipendenti ma funzionalmente connessi. L'esistenza di un palazzo, sicura a Tebe, è ritenuta probabile ad Orchomenos; almeno di carattere palaziale sono inoltre le strutture portate alla luce all'interno delle cittadelle di Gla e di Midea. La diffusione di modelli architettonici micenei in aree esterne al Peloponneso nel Tardo Elladico III è ravvisabile oltre che a Creta, anche nelle Cicladi, come attesta il cosiddetto megaron di Phylakopi. Con la scomparsa delle società palaziali, tanto a Creta che nella Grecia peninsulare, cade in disuso anche l'architettura palaziale. Le soluzioni planimetriche si semplificano e sembra di cogliere un impoverimento anche sul piano tecnico. Gli edifici di maggior prestigio nei due siti principali quali Nichoria e Lefkandì (con più probabilità una casa invece che un heroon) mostrano una lunga pianta absidata, di tradizione elladica, con tetto stramineo a spioventi sorretto da pali lignei. Di grande interesse sarebbe comprendere con certezza cronologia e funzione dell'Edificio T di Tirinto, sovrapposto al megaron palaziale. In ogni caso dopo il Tardo Elladico IIIB non pare documentato l'uso di pietra da costruzione cavata appositamente. Un discorso a parte meritano le fortificazioni. A Creta, per i periodi più remoti la documentazione si limita sostanzialmente al muro provvisto di torri che circonda l'insediamento prepalaziale di Haghia Fotià, nella collina di Kuphotà, di probabile ispirazione cicladica, e ad una torre posta a controllo dell'accesso al primo palazzo di Mallia. Il cosiddetto "muraglione a denti" di Haghia Triada, di epoca neopalaziale, rimane al momento isolato nel panorama cretese. Nel Tardo Minoico IIIB la fortificazione e l'edificio megaroide di Kastrokephala, come il muro in tecnica ciclopica di Petràs, mostrano le già discusse influenze micenee a Creta. Di gran lunga più consistente è invece l'evidenza offerta al riguardo dalle Cicladi e dal continente greco dove sono da ricordare le cinte murarie neolitiche di Sesklo e Dimini in Tessaglia. Nelle isole sono infatti presenti circuiti di mura, anche doppi, già nel Bronzo Antico e Medio: celebri quelli di Chalandriani a Syros, Haghios Andreas a Siphnos come anche dell'insediamento di Kolonna ad Egina. Le fortificazioni del sito di Skarkos a Ios si conservano per oltre 3 m di altezza. Le mura, costruite a secco, erano difese da torri; le case dei villaggi vi si addossavano. Anche nell'Egeo settentrionale e orientale fin dalle prime fasi dell'età del Bronzo sono attestati circuiti murari che cingono gli insediamenti. Si tratta con ogni probabilità di fortificazioni piuttosto che di semplici terrazzamenti, in accordo del resto con quanto si riscontra in specie anche nelle Cicladi: oltre Poliochni e Troia vanno ricordati Thermi di Lesbo e Limantepe sulla costa anatolica. Centri fortificati sono noti per quel periodo anche nel Peloponneso: il sito di Lerna, in Argolide, presenta nell'Antico Elladico III una fortificazione con torri quadrangolari. Alcuni insediamenti cinti da muri di difesa sono inoltre attestati nel Medio Elladico (come, fra gli altri, Malthi Dorion). I sistemi difensivi dell'età del Bronzo egea meglio noti sono tuttavia principalmente quelli di epoca micenea di Micene, Tirinto, Midea, Gla e Atene.
Per gli edifici di culto propri della società palaziale micenea si è avanzata l'ipotesi, molto controversa, di un influsso esercitato dalle esperienze architettoniche orientali. A Micene il centro di culto, distinto dal vero e proprio palazzo, era costituito da diversi edifici (Casa degli Idoli, Casa degli Affreschi), caratterizzati dalla pianta megaroide con vani annessi: in queste strutture erano presenti banchine e affreschi figurati alle pareti. Un vero e proprio sacello era certamente il contiguo Edificio Γ, con vano interno quadrato ed altare nel vestibolo. A questa stessa tipologia, già riscontrata a Creta nel Tardo Minoico III, può ricondursi un piccolo sacello con vestibolo e vano con banchina e focolare nella cittadella di Tirinto. Il tipo di casa-tempio è documentato anche nelle Cicladi, come attesta il tempio di Haghia Irini a Ceo, utilizzato per un lunghissimo periodo di tempo già dal Bronzo Medio; nello stesso arcipelago anche il santuario di Phylakopi a Milo era costituito da diversi ambienti con banchine e piattaforme.
Nel campo dell'architettura funeraria si segnala nell'Egeo la presenza di tombe costruite, anche di notevoli dimensioni. A Creta, fin da epoca prepalaziale, oltre a tombe formate da piccoli vani, proprie della zona orientale dell'isola (Mochlos, Pachyammos), sono ben attestate nella Messarà tombe circolari, in alcuni casi con annessi quadrangolari (monumentali in specie quelle di Apesokari e Kamilari); questi ultimi erano certamente legati ad esigenze cultuali, ma utilizzati anche per deposizioni funerarie. Le camere circolari erano costruite con grossi blocchi ben allettati tra loro; le pareti curvano verso l'alto, restringendo gradualmente il diametro della base. Non è tuttavia noto se la parte superiore dei muri fosse anch'essa in pietra (come nelle più tarde tholoi micenee) o in materiale più leggero (legno e copertura straminea). La prima ipotesi appare comunque probabile per camere con diametri inferiori ai 7,5 m. Oggetto di indagine è ancora il rapporto con le tombe a volta costruita secondo il sistema trilitico, le ben note tholoi, attestate sul continente greco dal Tardo Elladico I: certo è che queste ultime appaiono dapprima in Messenia, regione in contatto con Creta, ed hanno una camera funeraria a pianta circolare. Ancora a Creta del tutto eccezionale rimane la cosiddetta "tomba del tempio" di Cnosso, con ingresso da un cortile porticato; una sepoltura principesca era forse anche quella a perimetro rettangolare di Chrysolakkos presso Mallia, anch'essa con colonnato su un lato. In Messenia, a Voidokilià, una delle più antiche tholoi micenee finora note compare come sepoltura all'interno di un tumulo. La tholos appare dunque sin dall'inizio legata alla tipologia funeraria elitaria. I tumuli, attestati in Grecia dall'Antico Elladico II (Nidrì di Leucade), contenevano infatti delle sepolture di prestigio di tipi diversi: si tratta di semplici cumuli artificiali di terra, in genere di pianta circolare, talvolta delimitati da un giro di pietre. Un tumulo era di fatto anche il Circolo Funerario A (oltre al B) di Micene, celebre per le tombe a fossa: nel Tardo Elladico IIIB esso venne incluso nelle fortificazioni e fornito di una balaustra che ne delimitava il perimetro. Le tholoi raggiungono spesso dimensioni notevoli: si trattava certamente di tombe principesche, come documenta talvolta anche la decorazione architettonica: il Tesoro di Atreo a Micene (con diametro di 14,5 m) aveva, ad esempio, una facciata con due semicolonne in pietra. Il soffitto del vano annesso al Tesoro dei Mini ad Orchomenos, costituito da due lastre in pietra, presenta un'accurata decorazione a spirali in rilievo. Delle sepolture principesche erano anche le tombe a camera, dal vano funerario di pianta quadrangolare. Tanto le tholoi quanto le tombe a camera sono precedute da un corridoio (dromos) di accesso e costruite con blocchi accuratamente squadrati. Le camere funerarie, di pianta circolare, sono coperte da cupole costruite con conci litici, disposti in filari regolari dal diametro progressivamente decrescente; le camere presentano talvolta un vano quadrangolare annesso (Tesoro di Atreo a Micene, Tesoro dei Mini ad Orchomenos, Tholos A ad Archanes). Nelle tholoi si nota l'adozione di un triangolo di scarico al di sopra dell'architrave della porta di accesso (stomion). Questo tipo di tomba, tipico della civiltà micenea, è attestato dall'Epiro (Parga) fino a Creta; anche se in dimensioni molto ridotte, esso sopravvisse al crollo della società palaziale micenea, sempre secondo il medesimo sistema costruttivo.
In generale:
R. Hägg - N. Marinatos (edd.), The Function of the Minoan Palaces, Stockholm 1987; P. Darcque - R. Treuil (edd.), L'habitat égéen préhistorique. Actes de la Table Ronde Internationale organisée par le CNRS, l'Université de Paris I et l'École Française d'Athènes (Athènes, 23-25 juin 1987), Paris 1990; K. Werner, The Megaron during the Aegean and Anatolian Bronze Age, Jonsered 1993; R. Hägg (ed.), The Function of the "Minoan Villa", Stockholm 1997.
Sulla tecnica:
J.W. Shaw, Minoan Architecture: Materials and Techniques, in ASAtene, 49 (1971) pp. 7-256; A. Guest-Papamanoli, L'emploi de la brique crue dans le domaine égéen à l'époque néolithique et à l'âge du Bronze, in BCH, 102 (1978) pp. 3-24; N.C. Loader, Building in Cyclopean Masonry, Göteborg 1998.
Per le cave:
Bronze Age Quarries and Quarrying Techniques in the Eastern Mediterranean and the Near East, Leuven 1992.
Per raffigurazioni di edifici:
M. Hue, Les représentations architecturales dans la peinture égéenne de l'Âge du Bronze. L'exemple d'Akrotiri (Thera), in Architecture et poésie dans le monde grec, Lyon - Paris 1989, pp. 79-90; I. Schoep, "Home Sweet Home". Some Comments on the So-called House Models from the Prehellenic Aegean, in OpAth, 20 (1994), pp. 189-210.
Creta:
J.W. Graham, The Palaces of Crete, Princeton 1962; B.J. Hayden, Crete in Transition LM IIIA-LM IIIB Architecture. A Preliminary Study, in SMEA, 26 (1987), pp. 199-234; J. Driessen, The Proliferation of Minoan Palatial Architecture Style, 1. Crete, in ActaALov, 28- 29 (1989-90), pp. 3-23; L.A. Hitchcock, Minoan Architecture. A Contextual Analysis, Jonsered 2000.
Per il continente greco:
R. Hägg - D. Konsola (edd.), Early Helladic Architecture and Urbanization, Göteborg 1986; A.J. Mazarakis Ainian, Late Bronze Age Apsidal and Oval Buildings in Greece and Adjacent Areas, in BSA, 84 (1989), pp. 269-88; M. Küpper, Mykenische Architektur, München 1996.
Per l'architettura religiosa:
R. Hägg - N. Marinatos (edd.), Sanctuaries and Cults in the Aegean Bronze Age, Stockholm 1981; G. Albers, Spätmykenische Stadtheiligtümer, Oxford 1994. Per le cittadelle: S. Iakovidis, Late Helladic Citadels on Mainland Greece, Leiden 1983.
Per le Cicladi:
C. Doumas, Notes on Early Cycladic Architecture, in AA, 1972, pp. 199-219; C. Palyvou, Architectural Design at Late Cycladic Akrotiri, in D.A. Hardy (ed.), Thera and the Aegean World, III, 1, London 1990, pp. 44-56.
Per la metrologia e i disegni progettuali:
J.W. Graham, The Minoan Unit of Length and Minoan Palace Planning, in AJA, 64 (1960), pp. 335-41; J.F. Cherry, Putting the Best Foot Forward, in Antiquity, 57 (1983) pp. 52-56; D. Preziosi, Minoan Architectural Design, Berlin 1983; Le dessin d'architecture dans les sociétés antiques, Strasbourg 1985. Per l'architettura funeraria: O. Pelon, Tholoi, tumuli et cercles funéraires, Paris 1976; W.G. Cavanagh - R.R. Laxton, The Structural Mechanics of the Mycenaean Tholos Tomb, in BSA, 76 (1981), pp. 109-40; B. Santillo Frizell - R. Santillo, The Construction and Structural Behaviour of the Mycenaean Tholos Tomb, in OpAth, 15 (1984), pp. 45-52; J.S. Soles, The Prepalatial Cemeteries at Mochlos and Gournia and the House Tomb of Bronze Age Crete, in Hesperia, Suppl. 24 (1992); P. Belli, Architecture as Craftsmanship: LM III Tholoi and their Builders, in TEXNH. Aegaeum, 16 (1997), pp. 251-61.
di Pietro Militello
Le abitazioni del Neolitico greco sono costruite seguendo tradizioni molto semplici. La tecnica costruttiva più antica è quella con intelaiatura di pali e rivestimento di argilla compressa ( pisé) che continua nella Grecia settentrionale fino all'inizio del Neolitico tardo, mentre nella Grecia centrale è presto sostituita dall'impiego di un basamento lapideo di 5-6 filari e di un elevato in mattoni crudi; mattoni cotti si ritrovano solo nel livello IX del Neolitico di Cnosso. Il pavimento è per lo più in terra battuta, spesso con ciottoli; il tetto, sostenuto da pali, può essere sia piatto sia a doppio spiovente. L'impianto planimetrico è per lo più a pianta quadrangolare, raramente subcircolare. Lo spazio interno è frequentemente limitato ad un solo vano, talora articolato internamente da partizioni leggere; più rare le case di due o tre vani. Forme particolari sono l'edificio costituito da uno o due vani assiali preceduti da un portico (megaron), che appare nel Neolitico medio a Sesklo e si diffonde nel Neolitico tardo, e la casa del tipo detto Tsanglì (dal nome del sito della Tessaglia dove è stata identificata) costituita da un solo, ampio vano a pianta subquadrata con coppie di contrafforti interni per ogni lato, di incerta destinazione (sostegno del tetto o di un pavimento sopraelevato). In generale, è evidente nell'abitazione neolitica l'assenza di spazi specializzati: il riposo, la preparazione e la consumazione del cibo e l'immagazzinamento erano concentrati nello stesso ambiente, quando non si svolgevano all'aria aperta. Una documentazione complementare a quella architettonica è costituita dai modellini fittili di case. Quelli di Cheronea, Krannon, Myrrini (Neolitico medio) hanno un solo vano, ingresso (uno per lato nel modellino di Krannon), foro superiore per la fuoriuscita del fumo. Quello di Platia Magoula Zarkou raffigura invece la ripartizione interna di una casa a pianta rettangolare con forno, macina, letto e cinque abitanti, schematicamente raffigurati, appartenenti verosimilmente a tre generazioni diverse. Diversa la tradizione abitativa a Cipro. L'insediamento preceramico di Kirokitia (Neolitico IA) era costituito da case con fondazioni di pietra (spesse 1-2 m) ed elevato di crudo, a pianta circolare, con diametro medio di 6 m, con le pareti inclinate verso l'interno ed un opaion (apertura) nel soffitto; le strutture interne comprendevano probabilmente un focolare e una sorta di ammezzato accessibile mediante scale; talvolta all'abitazione principale si affiancavano annessi circolari più piccoli. A Sotira (Neolitico II) le abitazioni presentano piante circolari, ellittiche, subrettangolari. A Kalavassos, nello stesso periodo, e ad Erimi, nel Calcolitico, le case sono in parte scavate nella roccia, hanno un elevato con intelaiatura lignea rivestita di argilla e il tetto sostenuto da un palo centrale.
La maggiore complessità delle società del Bronzo si riflette in una grande ricchezza di tipologie abitative spesso influenzate dalle esperienze dei palazzi. Tale ricchezza corrisponde sia a varianti cronologiche e regionali, sia ad articolazioni interne ai gruppi umani, con esperienze architettoniche intermedie tra la casa privata strettamente intesa e il palazzo. La casa ad un solo vano si ritrova prevalentemente nelle Cicladi, mentre altrove predominano le abitazioni a due o tre vani, ma non mancano strutture più complesse che obbediscono alle nuove esigenze, quali l'immagazzinamento e il controllo di grandi quantità di derrate, la necessità di spazi lavorativi, la distinzione tra cucina e sale da banchetto e l'eventuale disponibilità di piccoli sacelli domestici. L'uso della pietra e del mattone crudo rimane la soluzione tecnica più frequente e si diffonde anche nelle regioni settentrionali. A Creta e più tardi nel mondo miceneo l'architettura aulica ricorre all'uso di conci squadrati e ortostati, che presuppone una complessa organizzazione del lavoro, e di travi in legno in funzione antisismica. Diventa sempre più comune il rivestimento di intonaco alle pareti e anche ai pavimenti; questi possono essere in terra battuta, intonacati o lastricati in modo più o meno regolare; raro è un tipo di decorazione a mosaico di ciottoli bianchi secondo disegni lineari. Il progressivo ingrandirsi delle abitazioni e l'eleganza della decorazione rispondono sia ad un incremento delle funzioni, sia ad un possibile aumento dei potenziali abitanti (con spazi forse destinati alla servitù), sia infine ad una mutata concezione dello spazio abitativo, visto non più solo come riparo, ma anche come luogo da destinare ad attività sociali e di soggiorno. Un'idea dell'aspetto esterno delle case dell'età del Bronzo ci è fornita dalle rappresentazioni del cosiddetto "mosaico della città" di Cnosso e dalle pitture, specie quelle cicladiche (Kea, West House di Thera), in cui appaiono facciate a più piani, policrome, movimentate dal disegno delle travi, fornite di finestre e talvolta di merlature. Non mancano i modellini fittili, come quello di Archanes (Creta) o del Menelaion (Sparta). Nella Grecia settentrionale l'architettura domestica continua ad utilizzare, quasi senza cambiamenti per tutto il periodo, argilla su struttura portante di travi (Anghista, Dikili Tash, Assiros); la pianta è spesso absidata (Rachmani, Edificio Q; Kastrì di Taso; Dikili Tash). A Kastanàs i mattoni crudi sono introdotti, per influsso miceneo, a partire dal Tardo Elladico I-II (Kastanàs III). Nella Grecia centro-meridionale, nell'Antico Elladico II, la nascita di agglomerati urbani porta allo sviluppo di gruppi di abitazioni raccolti in isolati: ad Egina sono noti quartieri costituiti per lo più da tre unità abitative, ciascuna formata da tre vani disposti assialmente. A Poliochni di Lemno e Thermi di Lesbo, strade ad andamento curvilineo dividevano gruppi di abitazioni allungate, di duetre vani ciascuna, con mura in comune spesso non perfettamente rettilinee. Tra le abitazioni indipendenti il tipo più frequente è la casa a tre vani disposti in sequenza (Casa E di Haghios Kosmas, Casa del Tintore e Casa dei Pithoi di Egina) o a blocco (Casa L di Eutresis, Casa dei Pithoi di Zygouries). La tipologia edilizia più caratteristica dell'Antico Elladico è quella della cosiddetta "casa a corridoio", nota da esemplari di Lerna, Egina, Tebe, Akovitika, forse Zygouries. Si tratta di edifici di grandi dimensioni, forse di destinazione pubblica, la cui caratteristica comune è la presenza di corridoi di lunghezza variabile, disposti lungo i lati; a questo dato planimetrico si aggiungono le notevoli dimensioni, la Casa delle Tegole di Lerna raggiunge i 25 m, e la presenza di un secondo piano, verosimilmente provvisto di un loggiato. Dal punto di vista tecnico sono da sottolineare l'uso di mattoni disposti nella tecnica cosiddetta "a lisca di pesce" e l'impiego di tegole di terracotta o di pietra. Dal punto di vista funzionale sono evidenti l'ampio spazio destinato all'immagazzinamento e la presenza di grandi ambienti adibiti forse a riunioni; non è chiara la funzione del secondo piano. Le distruzioni che alla fine dell'Antico Elladico II e poi del III si verificano nel continente portano ad un generale impoverimento della cultura materiale nel Medio Elladico. Le planimetrie abitative si possono ricondurre a due modelli: il megaron e la casa absidata, entrambi tripartiti con vestibolo, vano principale e ambiente posteriore spesso adibito a magazzino (abitati di Lerna, Eutresis, Thermos). Le dimensioni medie si aggirano intorno alla decina di metri. Il tipo absidato, che appare già nell'Antico Elladico II (Tirinto, Korakou), sembra essere soppiantato, col tempo, da quello rettangolare. Rimangono isolate alcune planimetrie "aberranti", come le case ovali di Tirinto in Argolide, Orchomenos di Beozia, Rini in Tessaglia. Non mancano, anche se sono rare, piante più articolate, come quella della Casa del Mercante di Eutresis, con singolari bacini in argilla intonacati, interpretati come contenitori per derrate o come forni. Alle case indipendenti si affiancano, in alcuni nuclei urbani, quelle raggruppate in isolati del tutto irregolari (come ad Asine, Nichoria, Orchomenos), o addossate al muro di fortificazione, come a Malthi. Sullo scorcio del XVII sec. a.C., lo sviluppo della civiltà micenea e la conseguente nascita di una struttura palaziale creano una ampia gamma di soluzioni architettoniche che è difficile suddividere tipologicamente. Le classificazioni (Mylonas-Shear 1969; Darcque 1980; Hiesel 1990) si basano inevitabilmente sulla planimetria e, sia pure con qualche differenza, concordano nel distinguere diversi tipi: quello, poco diffuso, a mura curvilinee (Thermos, Tris Langadas), quello ad un solo vano (ad es., a Krisa, Casa E; a Nichoria, Casa IV-9; a Tirinto, vano O, Edificio III; a Eutresis, Casa B), quello a più vani su un unico asse (Mouriatada, Edificio W di Tirinto), quello con portico anteriore (ad es., le case S e T di Haghios Kosmas, o le case H, L e O di Korakou), quello a pianta complessa. In quest'ultimo gruppo, con vani disposti lungo assi differenti, rientrano ad esempio le Panayia Houses di Micene, la Casa 49 di Tirinto o quella P di Korakou. Un tipo peculiare di pianta è quella cosiddetta "a corridoio" a cui appartengono molti dei più importanti esempi di architettura privata micenea: il cosiddetto potter's workshop di Zygouries, il Megaron B di Mouriatada, la West House di Micene. Il corridoio che dà il nome al tipo costituisce l'unico accesso, facilmente controllabile, alla casa e immette su due unità distinte disposte ai lati: quella residenziale, formata dalla tipica sequenza di due o tre vani assiali, e quella destinata ad usi pratici, costituita da più vani variamente disposti. Nel caso del continente, il rapporto tra casa e palazzo è posto soprattutto dal complesso definito tradizionalmente come megaron e costituito da portico, vestibolo, sala principale con focolare centrale e sostegni per il tetto, spesso un vano posteriore. Questo complesso che forma il nucleo dei palazzi di Pilo, Micene e Tirinto, è stato spesso considerato il prototipo o la monumentalizzazione dell'architettura domestica micenea. Tuttavia, nella sua forma canonica appena descritta non si ritrova in nessuna struttura privata, dove ricorre o la successione porticoatrio, o quella vestibolo-atrio, e dove il focolare non è necessariamente collocato al centro.
Creta - Come il continente, anche la società minoica del Bronzo Antico presenta diverse tipologie. Le abitazioni hanno pareti rettilinee (del tutto isolata la capanna circolare subneolitica di Festo), anche se la pianta può essere irregolarmente quadrangolare o triangolare (Debla). Ad Haghia Triada, le case del quartiere prepalaziale, a pianta rettangolare, presentano un sostegno interno a Π che si ritrova anche a Myrtos e in epoca posteriore; un recesso absidato annesso ad uno degli ambienti era destinato forse ad area di lavoro. Tra gli edifici isolati la struttura più imponente è sicuramente quella del cosiddetto "palazzo" di Vasilikì: una struttura a L, con cortile lastricato, elevato in mattoni crudi ed intelaiatura di travi verticali e orizzontali, ricoperto di intonaco. Tra gli ambienti sono stati riconosciuti aree residenziali, annessi, persino un pozzo, ma la valutazione di questo complesso (forse appartenente a periodi diversi) è tuttora dubbia. I villaggi prepalaziali (Trypiti, Myrtos) sono del tipo agglutinante, con disposizione più regolare a Trypiti, dove le singole case all'interno degli isolati hanno mura distinte, apparentemente più caotica a Myrtos. Qui, circa novanta vani di forma irregolare, qualche volta triangolare o trapezoidale, sono disposti senza ordine sulla collina di Fournì Korif ì. È stato possibile distinguere le diverse unità abitative: lo spazio interno è articolato secondo un percorso spezzato che assicura l'isolamento dall'esterno; il vano più ampio assolveva funzioni molteplici, da dispensa a area lavorativa, vani più piccoli fungevano da magazzini, mentre l'ambiente verosimilmente dedicato al riposo era discosto dall'ingresso e decorato con intonaco alle pareti. Proprio l'uso del rivestimento dipinto o l'impiego di incensieri attestano la ricerca di una migliore qualità della vita. La nascita dei palazzi cretesi nel Minoico Medio IB, preceduta o meno da uno stadio preparatorio rappresentato da edifici come la citata casa di Vasilikì o la più tarda Casa Ovale di Chamaezi e l'edificio di Haghia Fotià, ha come conseguenza la formazione di una classe dominante legata al potere centrale, le cui abitazioni si distinguono per l'ampiezza e la qualità dei reperti. L'aumento della documentazione è compensato da una maggiore uniformità dovuta al ruolo egemone del palazzo anche nel campo architettonico. È dai palazzi che parte l'impiego di ortostati, conci, canali di drenaggio e servizi igienici e sono i quartieri residenziali palatini a proporre innovative soluzioni architettoniche, tecniche e decorative, che vengono progressivamente adottate nelle case dei ceti più eminenti. Per i Primi Palazzi, i gruppi di case attorno a Festo e Mallia forniscono un buon esempio di questa classe di abitazioni: ampi vani centrali, destinati verosimilmente ad ambienti di rappresentanza sono accessibili direttamente dall'esterno o mediante un corridoio, e sono circondati da stanze più piccole adibite a cucina o dispense. Alcuni vani sono provvisti di focolari circolari di terracotta, spesso decorati, di banchine e di nicchie nel muro destinate ad armadi. Gli ambienti di riposo dovevano essere collocati ai piani superiori, la cui esistenza è assicurata dai vani scala. Le case di Mallia, come quelle del Quartier Mu, sono regolarmente provviste di magazzini seminterrati. Per i Secondi Palazzi, è stata proposta (McEnroe 1984) una suddivisione delle case private in tre tipi distinti, soprattutto in base all'adozione o meno di modelli aulici. L'abitazione di primo tipo (le case A e C di Tylissos, le case Da e Za di Mallia, molte case di Cnosso) attesta infatti la netta separazione di magazzini e quartieri abitativi e l'adozione del megaron minoico. Nel secondo tipo, invece (Achladia; Mallia, Casa Zb; Zakros, case B e G), i magazzini e l'area residenziale sono chiusi entro lo stesso perimetro e raramente si trova il megaron. Infine il terzo tipo, molto più numeroso, presenta semplici ambienti rettangolari con un vestibolo, una sala centrale più grande, stanze più piccole adibite a magazzini e laboratori; ad esso appartengono per lo più le case dei centri urbani, come Gournià e Palaikastro. I tre tipi, nei quali è quasi sempre attestato un primo piano, differiscono anche per le dimensioni medie (fino a 170 m² il terzo, da 170 a 450 il secondo e il primo), i materiali impiegati (pietre squadrate nei tipi 2 e 3, sbozzate nel tipo 1), la decorazione parietale e pavimentale. Infine per un gruppo di grandi edifici, come la Unexplored Mansion ed il Little Palace di Cnosso, o la Villa Reale di Haghia Triada, si pone il problema di una loro eventuale destinazione politica che li inquadrerebbe nell'ambito più dell'architettura palaziale che di quella domestica. L'architettura domestica del Tardo Minoico III rivela un cambiamento abbastanza profondo (Hayden 1987). Scompaiono le grandi case dei tipi definiti da McEnroe 1 e 2, ma anche il tipo McEnroe 3 è poco rappresentato (McEnroe 1984). La tecnica costruttiva è decisamente povera ed usa materiali locali; viene meno la tradizione degli scalpellini medio- e tardominoici. Si diffondono le abitazioni ad un solo vano e soprattutto quelle a due o tre vani disposti lungo un asse (Kephala Kondrou, Gournià, Tylissos, Chania). Meno numerosi i casi di più vani irregolarmente raggruppati assieme, che troviamo a Festo, Kommos, Mallia. I rinvenimenti attestano una minore specializzazione degli ambienti che adempiono a più funzioni, frequenti i focolari, per lo più rettangolari, a Chania anche circolari; nella tradizione cretese rimane la disposizione disassata delle porte.
Le Cicladi - Intermedie tra il continente e Creta, le Cicladi subiscono le influenze dell'uno o dell'altra anche nel campo dell'architettura domestica. Si vedano gli abitati del Cicladico Antico di Kastrì a Syros, di Kynthos a Delo o di Panormos di Nasso, con case a pianta rettangolare o trapezoidale. Più vicine ai modelli evoluti del Bronzo Antico II sono le abitazioni di Haghia Irini di Ceo con vani realizzati interamente in pietra, con architravi, stipiti e soglie sempre in pietra. Durante il Cicladico Medio, documentato dagli insediamenti di Phylakopi di Milo e Haghia Irini di Ceo, si costruiscono abitazioni a perimetro regolare, di due o tre vani, talvolta anche di più, racchiuse da strade; alcune di queste case si ingrandiscono progressivamente fino a raggiungere notevoli dimensioni all'inizio del Cicladico Tardo (Casa A di Haghia Irini, articolata in aree funzionalmente distinte e riccamente decorate). La documentazione più impressionante proviene comunque da Akrotiri di Thera. Il nucleo della città scavato finora appartiene senz'altro alla classe dirigente. I vari blocchi di abitazioni hanno talvolta un perimetro irregolare, condizionato dalle strade, ma sono costruiti mediante una ottima tecnica che fa ampio ricorso a conci regolari, oltre che al mattone crudo. Le abitazioni erano a due o tre piani, provviste di magazzini spesso a pianterreno o seminterrato. L'ingresso avveniva su un vestibolo ed era generalmente affiancato da una finestra, da esso si poteva accedere mediante una scala al piano superiore, destinato alle sale di soggiorno e di rappresentanza, riccamente decorate mediante affreschi e provviste di ampie finestre. Degli ambienti sembrano essere stati destinati ad attività cultuali; non mancano servizi igienici e canali di drenaggio. Molte delle caratteristiche tecniche dell'abitato di Akrotiri provengono da Creta, come il polythyron, il bacino lustrale o la stessa tecnica a conci.
Cipro - Scarsa è la documentazione per il Cipriota Antico (CA) ed il Cipriota Medio (CM). Le case di Alambra (CA III) constano di due vani rettangolari e di un cortiletto delimitato da un muro; quella, molto più tarda, di Kalopsida (CM III) è costituita da dieci vani rettangolari articolati su tre lati attorno ad un cortile centrale. Meglio nota l'architettura domestica del Cipriota Tardo, rivelata principalmente dagli insediamenti urbani di Enkomi, Kition, Kalavassos-Haghios Dimitrios, Pyla-Kokkinokremos, Maa-Palaikastro. Si tratta di abitazioni inserite in un tessuto urbano, la cui pianta presenta spesso i vani articolati su tre lati attorno ad un cortile o su due lati; i vani sono rettangolari o trapezoidali, talvolta del tipo a īwān, e non mancano infrastrutture come bagni, servizi igienici, canali di scarico. A Maa e a Pyla grandi giare all'interno delle abitazioni sopperiscono alla carenza di approvvigionamento idrico.
Nel continente la caduta dei palazzi micenei determina la scomparsa di alcune tipologie auliche, come la cosiddetta "casa a corridoio", e il prevalere delle planimetrie semplici rettangolari con vani assiali con o senza ante. Non si può parlare però di drammatico declino, almeno per il XII sec. a.C., in quanto a Tirinto e Micene le abitazioni sono inserite in un tessuto ancora regolare, e non mancano esempi di case a più vani come quella P di Korakou o quelle di Lefkandi fase 1. Nelle Cicladi appartiene al XII sec. a.C. la grossa costruzione (palazzo) di Koukounariès di Paro, distrutta però violentemente verso il 1150 a.C. e rioccupata da semplici abitazioni. La documentazione è quasi del tutto assente per l'XI e il X sec. a.C. che segna il momento di frattura con l'epoca successiva. A Creta invece è il XII sec. a.C. che avvia una nuova tradizione abitativa: i cosiddetti refugee settlements (Karphì, Kavousi Kastro) sono abitati poveri con abitazioni di uno o due vani agglutinate secondo il tradizionale modello egeo, senza alcun ordine; l'edificio a megaron di Karphì era forse un sacello. A Kavousi l'abitato continua ininterrottamente fino al VII sec. a.C. e il declino della tradizione minoica si avverte nella progressiva assializzazione dei vani rispetto alla disposizione spezzata delle case più antiche.
Caratteri generali:
S. Sinos, Die vorklassischen Hausformen in der Ägäis, Mainz a. Rh. 1971; P. Darcque - R. Treuil (edd.), L'habitat égéen préhistorique. Actes de la Table Ronde Internationale organisée par le CNRS, l'Université de Paris I et l'École Française d'Athènes (Athènes, 23-25 juin 1987), Paris 1990; K. Werner, The Megaron during the Aegean and Anatolian Bronze Age. A Study of Occurrence, Shape, Architectural Adaptation, and Functions, Jonsered 1993.
Per le raffigurazioni architettoniche:
Th. Nörling, Altägäische Architekturbilder,Mainz a. Rh. 1995. Grecia settentrionale: D. Grammenos, Πεϱι των πϱοιστοϱιϰων οιϰιματον στην ανατολιϰη Μαϰηδονια, in Anthropologika, 1 (1980), pp. 15-53.
Grecia centro-meridionale.
Per l'Antico Elladico: R. Hägg - D. Konsola (edd.), Early Helladic Architecture and Urbanization, Göteborg 1986. Per il periodo miceneo: I. Mylonas-Shear, Mycenaean Domestic Architecture, Ann Arbor 1969; P. Darcque, L'architecture domestique mycénienne (PhD Diss.), Paris 1980; G. Hiesel, Späthelladische Hausarchitektur, Mainz a. Rh. 1990.
Cicladi:
C. Doumas, Notes on Early Cycladic Architecture, in AA, 1972, pp. 151-70; C. Palyvou, Architectural Design at LC Akrotiri, in Thera and the Aegean World, III. Proceedings of the 3rd International Congress (Santorini, 3-9 September 1989), I, London 1990, pp. 44-56.
Creta.
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Cipro:
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