L'Arsenale: i quattro direttivi
Sul finire del XIV secolo, all'indomani dell'ultimo conflitto dichiarato veneto-genovese, la guerra di Chioggia e di Tenedo, l'organizzazione del lavoro all'interno dell'Arsenale di Venezia, ovvero, per meglio dire, l'organizzazione stessa del cantiere di Stato veneziano, si presenta nettamente definita e accuratamente preordinata nelle sue strutture portanti: relativamente semplice e schematica quanto all'impianto costitutivo e di base, di chiara matrice bizantina (1), e al tempo stesso sufficientemente duttile ed elastica quanto all'ordito normativo intessuto dagli organi di governo preposti alla direzione e all'amministrazione dell'insediamento produttivo più importante di tutto 1'Occidente (2).
Nel corso del XV secolo, tuttavia, siffatta organizzazione tende ad assumere, in rapida progressione, forme sempre più complesse e articolate, rivelandosi nondimeno perfettamente in grado di poter recepire e assimilare senza eccessive conseguenze negative tutte quelle innovazioni, tanto di carattere tecnico quanto piuttosto di natura strutturale, che consentiranno al cantiere pubblico di corrispondere al meglio alle esigenze della flotta e più in generale all'aumentata domanda di protezione navale (3).
Furono anche - e, forse, soprattutto - una nuova e più razionale organizzazione di tutte le attività concentrate all'interno della struttura cantieristica, una più sicura e al tempo stesso più rigorosa suddivisione di funzioni, di competenze, di responsabilità, di incarichi, di mansioni, unitamente al più deciso controllo politico esercitato dal pregadi, e non solo gli straordinari interventi di ampliamento e di ristrutturazione edilizia dell'intero complesso cantieristico deliberati dallo stesso pregadi con la parte del 20 maggio 1473 (4), e in gran parte realizzati nella prima metà del secolo successivo (5), dopo la conclusione delle guerre d'Italia, a permettere all'Arsenale di dare adeguata risposta, con un eccezionale incremento della capacità produttiva, all'ineludibile necessità della Repubblica adriatica di mantenere una flotta militare, in esercizio e di riserva, dalle dimensioni per l'addietro affatto sconosciute (6).
Quel che è certo, in ogni caso, è che l'Arsenale di Venezia, da semplice somma aritmetica di attività artigianali concorrenti al medesimo fine (7) e per volontà politica concentrate in uno spazio produttivo unitario e circoscritto (8), quale si rivela essere il cantiere di Stato ancora alla fine del Trecento, si venne progressivamente trasformando nel corso del XV secolo, sino ad assumere, verso la fine dello stesso secolo, i tratti inconfondibili di un vero e proprio insediamento industriale, anzi del primo grande insediamento industriale del mondo occidentale in età moderna.
Lo strumento privilegiato mediante il quale fu portata felicemente ad effetto questa progressiva, e non sempre indolore, trasformazione può essere senz'altro individuato nelle molteplici iniziative tenacemente perseguite durante tutto il Quattrocento, seppure tra continui ripensamenti e malcelate contraddizioni, dal pregadi, in primo luogo, dai patroni, e poi anche dai provveditori, all'Arsenal (9), in via subordinata, tese ad assestare su basi meno empiriche ed estemporanee la gestione e la valorizzazione delle risorse umane variamente impiegate in Arsenale.
Così, ad esempio, il maestro-artigiano ancora agli esordi del XV secolo è, tutto sommato, assolutamente libero di scegliere se lavorare nel cantiere di Stato ovvero accettare un'offerta d'impiego meglio remunerato in qualche cantiere privato, ed è pertanto depositario di un potere contrattuale e di una libertà d'azione non di poco conto (10)). Agli inizi del XVI secolo lo stesso si trova invece sottoposto a tutta una serie di obblighi, di limitazioni e, quel che più conta, rigidamente inserito in una scala retributiva gerarchica e meritocratica (11), e retrocesso a semplice lavoratore dipendente, privo della benché minima autonomia e rigorosamente tutto vincolato alla disciplina e agli standards produttivi disposti dai quadri direttivi e dagli organi dirigenti politici e amministrativi e dell'Arsenale (12).
Nel volgere di un secolo le posizioni si sono del tutto capovolte, pur nel mutato rapporto tra il prodotto globale del cantiere di Stato e la domanda/offerta di manodopera specializzata e generica. Non è più, infatti, il maestro-artigiano che nelle ricorrenti fasi di stagnazione produttiva degli squeri privati si reca, di propria iniziativa (13), a lavorare in Arsenale, è bensì la direzione di quest'ultimo che recluta, a giornata e secondo prefissati criteri di turnazione, le maestranze di cui ha bisogno (14).
Verso la fine del XIV secolo, nel contesto dell'organizzazione del lavoro all'interno dell'Arsenale che, come si è già avuto modo di dire, si presenta nettamente definita e accuratamente preordinata nelle sue strutture portanti, si registra altresì come comunemente accettata la rigorosa separazione tra i ruoli direttivi, tanto tecnici quanto amministrativo-contabili, e le restanti maestranze impiegate prevalentemente in attività manuali, sia specializzate che generiche, e di fatica. Questa separazione, gerarchica, retributiva e funzionale, è da ritenersi compiutamente portata ad effetto intorno alla metà del secolo, ancorché sicuramente avviata per grandi linee almeno da qualche decennio (15).
Intorno al 1360, infatti, le fonti attestano a sufficienza l'esistenza in Arsenale di un'élite professionale costituita dal proto dei marangoni e dal proto dei calafati (16), investita di funzioni direttive nel settore di specifica competenza, responsabile delle maestranze adibite alle singole lavorazioni (marangoni (17) e calafati) e titolare di un regime retributivo nettamente privilegiato rispetto alle maestranze ordinarie (18). La presenza di un "protomaestro", e in particolare di un proto magister marangonorum, all'interno dell'Arsenale, con compiti anche di supporto nei confronti dei patroni, e sottoposto a speciali limitazioni, è tuttavia documentata già a far tempo dal febbraio del 1302 (19). Al proto dei marangoni e a quello dei calafati si devono aggiungere, in quanto titolari anch'essi di funzioni direttive e di precise responsabilità per il personale loro assegnato, il proto degli alboranti e il proto dei remeri (20). Ascrivibili ancora alla categoria dei quadri direttivi, e titolari di competenze che potevano spaziare dal versante amministrativo a quello tecnico, l'ammiraglio e il masser. In ambito esclusivamente amministrativo-contabile operavano invece gli scrivani (21).
L'attenzione alle diverse tipologie monetarie utilizzate per il computo delle retribuzioni delle maestranze dell'Arsenale si rivela di estrema importanza anche ai fini di una migliore comprensione della dinamica salariale che si registra tra la fine del XIV secolo e i primi decenni del XVI all'interno del più grande insediamento produttivo dell'età preindustriale. Agli inizi del '400 la retribuzione annua dei patroni, dell'ammiraglio, del proto dei marangoni e di quello dei calafati viene fissata in 100 ducati d'oro, ai quali deve essere tuttavia aggiunto il valore, non trascurabile, della casa, concessa in uso gratuito, del vino, della legna da ardere, e altre minime utilità. Negli stessi anni la retribuzione giornaliera dei marangoni viene determinata in 6 denari grossi per ogni giorno di lavoro, corrispondenti a 24 soldi di denari piccoli, tenuto conto del rapporto di parità 1:24 intercorrente tra "grossi" e "piccoli ", ampiamente documentato per il periodo in esame. Considerando che in un anno medio le giornate lavorative potevano arrivare anche a 280 (22), un marangon che avesse lavorato con assiduità e continuità, anche solo in Arsenale, avrebbe facilmente raggiunto i 70 ducati all'anno; se poi si pone mente al fatto che, come si è visto, i marangoni avevano spesso occasione di lavorare fuori della Casa in quanto meglio retribuiti, se ne ricava che la retribuzione media degli stessi poteva facilmente sfiorare se non pareggiare quella di un proto dell'Arsenale, legato invece al suo ruolo di funzionario pubblico al servizio esclusivo dello Stato. Nei primi decenni del '500 il salario annuale del proto dei marangoni viene aumentato a zio ducati d'oro, mentre quello dei marangoni meglio pagati rimane stabilmente fermo a 24 soldi di denari piccoli al giorno, e quello minimo non supera mai il limite dei 6 soldi; tuttavia, il differenziale retributivo tra le due diverse figure professionali aumenta ben più di quanto l'espressione puramente nominale del salario attribuito lasci intravvedere. Infatti, mentre per i proti la retribuzione continua ad essere calcolata in ducati d'oro, indipendentemente dalla fattispecie monetaria effettivamente corrisposta, per i marangoni i valori sono espressi non più in denari grossi bensì in soldi di denari piccoli, e proprio quando la parità tra il "piccolo" e il "grosso" si è ormai assestata a 62 "piccoli" per i "grosso". Ne consegue che, mentre i proti, anche a parità di retribuzione nominale rispetto al secolo precedente, conservano pressoché inalterato il potere d'acquisto dei loro stipendi, i marangoni perdono nel corso di un secolo circa un quarto della paga effettiva. Non solo: mentre agli inizi del '400 i marangoni hanno praticamente la certezza di trovare lavoro tutti i giorni utili dell'anno, in Arsenale ovvero in qualche altro cantiere privato, già dalla seconda metà inoltrata dello stesso secolo la possibilità di lavorare continuativamente nella Casa risulta gravemente limitata dall'obbligo, imposto dal legislatore, di rispettare la turnazione per ruodolo e i relativi periodi di contumacia, e proprio quando l'offerta di lavoro da parte della cantieristica privata appare notevolmente contratta (23).
Proti, ammiraglio, masser e scrivani vengono definiti dalle fonti coeve "salariati nostri Arsenatus", quasi a sottolineare il rapporto di dipendenza organica delle stesse figure professionali dall'Arsenale, diversamente da tutte le altre, legate al cantiere solamente dal lavoro offerto loro di giorno in giorno e dalla corrispondente retribuzione (24).
Proprio in ragione del particolare status giuridico di cui godono, i quattro proti principali, l'ammiraglio, il masser e gli scrivani percepiscono mensilmente un salario computato su base annua e stabilito dal pregadi o dal collegio (25); tutti gli altri dipendenti della Casa sono invece pagati a fine settimana su base giornaliera, e solamente per i giorni in cui hanno effettivamente lavorato e sono stati appuntati come presenti in cantiere (26). Quale fosse la fattispecie monetaria effettivamente erogata è tuttavia un interrogativo destinato a rimanere senza alcuna risposta realistica, proprio per l'assoluta mancanza di documenti al riguardo; nondimeno, almeno per i proti e i salariati, è pur sempre possibile supporre che una parte della retribuzione venisse realmente pagata in moneta pregiata, tenuto conto soprattutto della cadenza mensile dei pagamenti, e che il resto fosse contato in valuta divisionale, di limitato potere d'acquisto ma fondamentale per sopperire alle esigenze quotidiane.
Ai proti e agli altri salariati, oltre alla retribuzione in "contanti" viene corrisposta, come si è detto, anche una retribuzione in "natura" costituita principalmente dall'uso gratuito di una casa di proprietà dell'Arsenale (27), dalla somministrazione, quotidiana ovvero settimanale, di una determinata quantità di vino (28), e dalla facoltà di servirsi per le necessità familiari di una prefissata misura di legna, costituita dagli scarti (stelle) del legname da costruzione.
A fronte dei privilegi goduti rispetto alle rimanenti maestranze, e diversamente dalle stesse, i salariati dell'Arsenale non possono abbandonare, neppure temporaneamente, la Casa per accettare lavoro in qualche cantiere privato (29) e neppure, almeno a far tempo dalla metà del XV secolo, possono imbarcarsi sulle galere a seguito di questa o di quella muda - imbarco che avrebbe di certo consentito loro di lucrare utili maggiori - o per mettersi al servizio della flotta militare, quando richiesti da qualche carica marittima. L'unica eccezione consentita in questo senso riguarda la possibilità di accompagnare il capitanio generale da mar, quando e se eletto (30).
Nell'ambito dei quadri direttivi un posto di assoluto rilievo spetta senza dubbio alcuno all'ammiraglio (31), la figura professionale a più stretto contatto con gli organi politici responsabili dell'Arsenale (32), tanto per le funzioni espletate quanto per la posizione gerarchica occupata (33), la cui presenza nei ruoli dell'Arsenale è documentata almeno a partire dal 1376 (34); in precedenza le fonti nominano, con funzioni pressoché analoghe, alquanto genericamente un soprastante (35). L'entità stessa della retribuzione corrisposta all'ammiraglio, fissata in 100/120 ducati d'oro per tutto il secolo XV ed elevata a 130 ducati d'oro nei primi decenni del secolo successivo (36), e solo di poco inferiore a quella prevista per i patroni, conferma sostanzialmente il rango di vertice del funzionario (37).
L'ampiezza, e più ancora la generalità delle funzioni espletate, facevano dell'ammiraglio la figura professionale di raccordo e di trasmissione tra la volontà politico-amministrativa della magistratura di volta in volta competente e il lavoro dei proti incaricati di tradurre operativamente gli ordini ricevuti (38). Le competenze di cui era caricato, anche quelle più particolari e quelle determinate in ordine a specifiche esigenze del momento, erano comunque tali da spaziare dai settori più squisitamente tecnici a quelli più rigorosamente amministrativi, anche se la separazione tra le due aree professionali non sempre si rivela così netta e definita come pure le esemplificazioni al riguardo lascerebbero supporre. E proprio lo stesso compito di sovrintendere alla costruzione e alla riparazione di tutto il naviglio all'interno del cantiere di Stato, sulla scorta degli ordini impartiti al riguardo dai patroni, se da un lato sembra presupporre il sicuro possesso da parte dell'ammiraglio di un bagaglio di conoscenze tecniche affine a quello del proto dei marangoni e del proto dei calafati (39), dall'altro autorizza a ritenere di non minore importanza la capacità organizzativa e amministrativa in genere di cui pure questi doveva essere necessariamente fornito.
Che gran parte degli ammiragli dell'Arsenale fossero soggetti particolarmente esperti in materia marittima, almeno fino ai primi decenni del XVI secolo, appare ampiamente documentato dalle poche fonti disponibili al riguardo. Basilio Negro, eletto ammiraglio il 1° febbraio 1436 (40), in precedenza aveva ricoperto più volte l'incarico di ammiraglio, di comito, e di uomo del consiglio (41) delle galere di Fiandra, di Alessandria e di Beirut (42), ed era anche stato ammiraglio del capitanio generale da mar Pietro Loredan (43) e del capitanio del Golfo Stefano Contarini (44). Indubitabili quindi le sue conoscenze navali, maturate sul campo, ma altrettanto indubitabili le sue attitudini al
comando e la capacità di espletare funzioni direttive di tutto rilievo. Bartolomeo Bontempo veniva eletto ammiraglio dell'Arsenale il 3 settembre 1446 (45) nonostante solo da pochi giorni avesse ottenuto l'ambito incarico di ammiraglio delle galere di Beirut e fosse ormai prossimo alla partenza (46). Per consentirgli di effettuare il viaggio i patroni all'Arsenal gli concessero una licenza temporanea fino al rientro a Venezia. Il 1 ° gennaio 1447 il Bontempo, ritornato da Beirut, poteva così iniziare il suo ufficio all'Arsenale e conservarlo fino alla morte, avvenuta nel marzo del 1459 (47). Antonio Zaccaria, ammiraglio dell'Arsenale negli anni '60 del XV secolo, non era del tutto digiuno di ingegneria idraulica se nel 1469, con notevole soddisfazione delle autorità veneziane, era riuscito a recuperare una nave affondata di fronte a San Marco (48). Andrea di Viviano, eletto ammiraglio dell'Arsenale il 3 febbraio 1514 dal consiglio dei dieci (49), proprio in conseguenza della sua riconosciuta capacità in materia marittima (5°), ma anche, e forse più, in considerazione della fedeltà e della dedizione dimostrata alla causa veneziana in ogni occasione in cui era stato messo alla prova, era stato in precedenza patron di nave e patron di galera bastarda e nel 1508 aveva perso un braccio durante l'assedio di Trieste (51). Sembra pertanto indiscutibile che tra i titoli di merito che gli aspiranti all'incarico di ammiraglio potevano vantare, l'aver maturato lunghi anni di navigazione dovesse costituire un requisito preferenziale; tuttavia appare altrettanto certo che nell'ambito degli elementi di valutazione un ruolo non secondario veniva svolto dall'attitudine al comando e dalla capacità organizzativa che il futuro ammiraglio riusciva a dimostrare di possedere. Dato il rango dell'incarico rivestito, l'ammiraglio dell'Arsenale doveva in ogni caso godere dello status sociale di cittadino originario (52).
Oltre ad essere incaricato di sovrintendere alla costruzione e alla riparazione di tutto il naviglio all'interno dell'Arsenale, proprio al fine di far rispettare gli ordini impartiti in tal senso dal potere politico (53), l'ammiraglio era il responsabile dei rifornimenti e della gestione di tutte le scorte del materiale necessario alla costruzione e all'armamento, dalle varie tipologie di legname al cordame.
Anche se non direttamente coinvolto nell'amministrazione del personale, organizzato piuttosto per isole produttive e dipendente gerarchicamente dai singoli proti, soprastanti e capimastri, l'ammiraglio finiva, inoltre, con l'essere il punto di riferimento, tanto per gli organi politici quanto per i responsabili tecnici dei singoli settori operativi, nell'utilizzazione al meglio di tutte le risorse umane che gravitavano attorno all'Arsenale (54).
A partire dal secondo decennio del XVI secolo l'ammiraglio venne pure incaricato di effettuare, avvalendosi anche della collaborazione di due proti, la stima di tutto il naviglio veneto, tanto militare quanto civile (55). E qualche decennio più tardi venne pure gravato dell'incombenza di sottoporre a revisione generale tutte le galere che ritornavano a svernare in Arsenale, e di farne predisporre la relativa manutenzione, al fine di assicurare una migliore conservazione tanto degli scafi quanto dei fornimenti relativi (56).
La nomina dell'ammiraglio veniva fatta dai patroni all'Arsenal, tuttavia per l'assegnazione definitiva dell'incarico si rendeva necessaria l'approvazione del collegio (57). È ipotizzabile che i patroni tenessero conto delle capacità più propriamente tecniche degli aspiranti, all'interno di una rosa sufficientemente ampia di possibili candidati, e che il collegio si riservasse invece un giudizio di natura politica e valutasse i requisiti giuridici di colui che era stato prescelto dai patroni. Una volta eletto l'ammiraglio conservava l'incarico a vita o finché era in grado di prestare utilmente la propria opera, a meno che non vi rinunciasse spontaneamente per intraprendere altre e più remunerative attività (58).
Decisamente più contenute, e sostanzialmente di minor peso nell'ambito dell'organizzazione generale dell'Arsenale, le competenze del masser (59), figura professionale che torna opportuno inserire nelle strutture amministrative del cantiere di Stato piuttosto che in quelle tecniche. Della ridotta importanza del masser, senz'altro di secondo piano ma ascrivibile pur sempre al rango dei funzionari direttivi del cantiere di Stato (60), testimonia ampiamente anche la retribuzione più modesta rispetto a quella attribuita all'ammiraglio, ai quattro proti principali e agli scrivani. Il salario del masser, infatti, fissato in 50 ducati alla fine del XIV secolo, rimase costantemente fermo per tutto il XV a 62 ducati (61).
Come gli altri salariati dell'Arsenale anche il masser godeva dell'uso di una casa pubblica per propria abitazione, certamente più modesta rispetto a quella assegnata all'ammiraglio o allo scrivan grande, ma pur sempre di discreto valore. In aggiunta riceveva 32 quarte di vino all'anno (62) e una quantità di legna da ardere sufficiente alle esigenze della sua famiglia.
La presenza del masser nei ruoli dell'Arsenale appare ampiamente documentata a partire dagli ultimi decenni del XIV secolo (63), tuttavia si ha motivo di ritenere che siffatta figura professionale fosse già stata attivata in precedenza, e proprio nell'ambito di quella progressiva specializzazione delle competenze espletate dal personale utilizzato nel cantiere di Stato di cui si è già avuto modo di trattare.
Il masser era principalmente incaricato della gestione del magazzino delle armi e delle munizioni, dal momento in cui queste venivano acquisite fino alla distribuzione alle varie galere ovvero alla spedizione ai corpi militari delle città suddite, tanto dello Stato da terra quanto di quello da mar, con l'obbligo di provvedere a tutte le scritturazioni relative. Anche le assegnazioni ai vari richiedenti, pubblici e privati,
di legname di proprietà dell'Arsenale rientravano nelle competenze del masser. Per tutto il XV secolo, inoltre, furono sottoposti al controllo del masser il proto incaricato della fabbricazione delle corazze e quello addetto alle balestre, nonché le maestranze
che lavoravano alla fusione dei cannoni, alla raffinazione delle polveri da sparo e alla realizzazione delle altre armi, da taglio e da fuoco, che avveniva nelle officine dell'Arsenale (64). A partire dal 1525 il masser venne altresì incaricato della gestione di tutte le spedizioni di armi, munizioni, vettovagliamenti e quant'altro necessario allo Stato da mar (65).
Anche il masser veniva eletto dai patroni all'Arsenal. All'elezione durante i primi decenni del XV secolo intervenivano anche i capi di quarantia e i consiglieri ducali, successivamente la competenza venne affidata esclusivamente ai patroni, senza alcun bisogno di ulteriori approvazioni (66). La carica era conservata in vita, fino alla morte ovvero fino alla più completa inabilità lavorativa (67).
Il supporto amministrativo dell'Arsenale, almeno fino ai primissimi decenni del XVI secolo, ove si voglia escludere il masser per la specificità delle mansioni espletate, era tuttavia costituito essenzialmente dagli scrivani. La denominazione, alquanto riduttiva, non rende giustizia al ruolo effettivamente esercitato da questa figura professionale, dal momento che rientrava nelle competenze degli scrivani soprattutto la tenuta dei vari registri contabili che costituivano la struttura portante dell'intera amministrazione dell'Arsenale (68). Fino al luglio del 1367 quattro erano gli scrivani in servizio in Arsenale; a partire da tale data, per ragioni di economia di esercizio, e forse anche a motivo della contemporanea acquisizione di maggiori competenze di carattere amministrativo da parte del masser, il loro numero venne dapprima ridotto a tre (69), quindi il 17 marzo 1377 a due (70). Solo successivamente, e comunque già nel corso della seconda metà inoltrata del XV secolo (71), in relazione dell'accresciuta mole di lavoro di cui dovette farsi carico il cantiere di Stato, un terzo scrivano venne ad aggiungersi ai due preesistenti (72). Lo scrivano maggiormente esperto nella tenuta delle scritture contabili, e incaricato delle registrazioni sul quaderno grando, chiamato anche scrivan grando, pur nell'estrema semplicità dell'apparato amministrativo dell'Arsenale, mantenne a lungo una posizione di assoluta preminenza nei confronti del collega incaricato delle scritturazioni sul libro giornale (73); solo agli inizi del XVI secolo questi riuscì a raggiungere i vertici della gerarchia professionale all'interno della Casa, e ad affiancare, e in qualche caso superare, almeno nella retribuzione percepita, lo scrivan grando (74).
La retribuzione degli scrivani, tra gli ultimi decenni del XIV secolo e i primi decenni del XVI secolo, variò da un massimo di 120 ducati annui, attribuiti allo scrivan grando, a un minimo di 60 ducati, riservati allo scrivano addetto alla compilazione del çornal (75). In aggiunta al salario vero e proprio gli scrivani, alla pari dell'ammiraglio e del masser, godevano anche delle consuete "utilità" (casa gratuita, vino (76) e legna). La retribuzione era comunque generalmente legata a parametri oggettivi, quali le diverse responsabilità di cui erano caricati i singoli scrivani, il grado rivestito e i compiti aggiuntivi (77), anche se non mancarono i casi di gratificazioni ad personam (78).
Gli scrivani venivano nominati direttamente dai patroni all'Arsenal, che dovevano comunque essere unanimi nella loro scelta; solo in caso di disaccordo tra i patroni era consentito l'intervento del doge, dei consiglieri ducali e dei capi di quarantia (79). Non era comunque richiesta, dopo la nomina, in nessun caso, l'approvazione della quarantia (80). Anche per gli scrivani l'impiego era assicurato a vita, o almeno fintantoché le condizioni di salute lo consentissero. In quest'ultimo caso lo Stato talora interveniva a garantire il sostentamento della famiglia attraverso l'ammissione ai propri servizi di uno dei figli (81).
Ampiamente documentata la mobilità professionale degli scrivani, che in taluni casi rifiutavano l'impiego in Arsenale, in quanto attratti dalle maggiori opportunità di guadagno che offriva la navigazione di linea (82); in altri preferivano, per necessità personali, ovvero per i motivi più disparati, impieghi analoghi ma in altri uffici della Repubblica (83).
Al vertice della gerarchia tecnica dell'Arsenale, sin dai primi anni del secolo XIV, si venne collocando il proto dei marangoni, una figura professionale che per sua stessa natura doveva necessariamente riunire in sé conoscenze tecniche in materia di costruzione navale, capacità organizzative, competenza amministrativa, nonché attaccamento alle istituzioni (84).
In senso stretto, al proto dei marangoni era affidata la responsabilità di sovraintendere, sotto l'aspetto tecnico, all'intero settore delle costruzioni navali all'interno dell'Arsenale, nell'ambito delle direttive impartite dai patroni e in collaborazione con l'ammiraglio. Tale responsabilità si concretizzava, da un punto di vista organizzativo, nella direzione del lavoro dei capimastri, e indirettamente nel controllo di tutte le maestranze, specializzate e generiche, (marangoni e fanti) a questi ultimi affidate. Tutto questo comportava ovviamente un rapporto continuo con gli organi di governo dell'Arsenale, e più in particolare con i patroni, anche se spesso alcuni proti cercarono appoggio e protezione negli esponenti più in vista del patriziato veneziano, proprio al fine di far valere, soprattutto in caso di innovazioni di sostanza, il proprio punto di vista nei confronti di un ambiente naturalmente portato alla conservazione e alla tradizione.
Un esempio concreto di questa ricerca, talvolta esasperata, di appoggi e di raccomandazioni - che spesso si configuravano come vere e proprie prevaricazioni nei confronti delle specifiche competenze dei patroni all'Arsenal - presso i membri più influenti del governo veneziano, non escluso lo stesso doge, al fine di ottenere il consenso necessario a far prevalere le proprie capacità costruttive, lo si può rinvenire nel lungo conflitto, senza esclusione di colpi, che contrappose negli anni Trenta del XV secolo il proto dei marangoni, il veneziano Bernardo di Bernardo (85), e il proto delle galere sottili, il rodiota Nicola Palopano (86).
Nel 1430 il Palopano, chiamato anche Nicola da Rodi o Nicola il Greco, che alla fine del 1424 era stato fatto venire appositamente da Rodi per le doti non comuni dimostrate nella costruzione delle galere sottili da combattimento, e veniva per questo remunerato con l'eccezionale salario di 200 ducati d'oro annui (87), si era lamentato del trattamento ostile cui era fatto oggetto in Arsenale, ispirato con ogni probabilità proprio dal di Bernardo, la cui abilità nella costruzione delle galere da mercato fino a quel momento non era mai stata messa in discussione. Per iniziativa di tre consiglieri, Vito da Canal, Vitale Miani e Antonio Michiel, sebbene la competenza in materia fosse esclusiva dei patroni, il 7 marzo 1430, in pregadi venne approvata - non senza rilevanti voti contrari - una parte con cui si dispose la sua nomina a proto delle galere sottili (incarico inconsueto, tuttavia già in precedenza ricoperto dallo zio Teodoro Baxon (88), meglio conosciuto come "magister Bassanus"), nonostante ci fosse già un proto dei marangoni in servizio in Arsenale, appunto Bernardo di Bernardo. I patroni furono inoltre comandati, sotto pena, di mettergli a disposizione tutto ciò di cui avesse bisogno, in maestranze e in materiali, mentre del necessario riscontro contabile e amministrativo venne appositamente investito uno degli scrivani (89). Il testo della parte lascia chiaramente intuire come tra il Palopano, indubbiamente più esperto e capace nella costruzione delle galere sottili, depositario, comunque, di una tradizione ben altrimenti superiore (90), e le maestranze specializzate e i proti dell'Arsenale, e forse anche i patroni, si fosse sedimentata una pericolosa rivalità - superiore
certo a quella naturale concorrenza tra i singoli costruttori che le autorità veneziane abilmente incoraggiavano e stimolavano (91) - dovuta a contrasti professionali e più ancora al diverso trattamento retributivo corrisposto al rodiota.
Agli inizi dell'estate del 1432, poi, il pregadi deliberò la costruzione di 20 galere, 10 delle quali bastarde e i o bastardelle. L'esperienza maturata da Bernardo di Bernardo nella realizzazione di questa particolare tipologia di galera si era dimostrata vincente, e nonostante l'opposizione dei partigiani del Palopano, il 2 agosto 1432, su proposta dei savi agli ordini Antonio Contarini, Lorenzo Onoradi e Leonardo Venier, il pregadi quasi all'unanimità decretò che l'incarico venisse affidato proprio al di Bernardo e che il Palopano continuasse nella costruzione delle galere sottili, senza interferire con il lavoro del proto dei marangoni (92). Questa volta il conflitto tra i due rivali si risolse a favore del di Bernardo, il quale contava evidentemente ancora consistenti appoggi in seno all'aristocrazia e soprattutto tra le maestranze dell'Arsenale, che forse mal tolleravano la presenza in cantiere, con funzioni di assoluto prestigio, di un greco, ma la partita era ben lungi dall'essere chiusa.
E proprio nel savio agli ordini Leonardo Venier è possibile individuare uno dei probabili protettori del di Bernardo. Il 4 giugno 1437, in pregadi, su proposta del doge Francesco Foscari, venne approvata, non senza consistenti opposizioni, una parte, nettamente favorevole al proto greco, che dispose che la costruzione di tutte le galere future, e pure di quelle già impostate nei rispettivi cantieri, tanto grosse quanto sottili, e di qualsiasi misura, avvenisse secondo il sesto (93) del Palopano (94). Lo scontro, proposto dai savi agli ordini Lorenzo Loredan e Leonardo Venier, senz'altro più vantaggioso per Bernardo di Bernardo, in quanto indirizzato a ripartire gli incarichi in maniera più equilibrata tra i due rivali, non ottenne i necessari consensi (95). Il Palopano aveva ormai definitivamente vinto la propria guerra personale con il di Bernardo e con lui aveva vinto anche la tradizione costruttiva di matrice greca, e non solo limitatamente alle galere sottili (96). Per di più il 15 luglio dello stesso anno Bernardo di Bernardo venne privato della carica ed espulso definitivamente dall'Arsenale (97). Solo la morte, improvvisa (98), più ancora del suo essere straniero e non cittadino né suddito veneziano, impedì al Palopano di essere promosso al rango di proto dei marangoni, come forse egli si attendeva. Infatti il successore del di Bernardo, Marco Biondo, venne nominato solo dopo la morte di Nicola Palopano (99).
Il testo della parte approvata il 4 giugno 1437, piuttosto nella premessa che nel dispositivo, gravemente offensivo della dignità e del prestigio dei capimastri e dei proti veneziani dell'Arsenale, dovette suscitare indubbiamente parecchi malumori nell'ambito della classe dirigente veneziana. Veniva infatti pesantemente messa in stato d'accusa, prima ancora che la capacità costruttiva delle maestranze locali ("[...] galie facte per alios magistros seu prothomagistros nichil valent vel modicum [...]"), l'intera tradizione indigena dell'Arsenale veneziano, che pure, almeno nella realizzazione delle galere grosse aveva sempre offerto ottime prove. Per questo, nello scontro tra i due proti, e più ancora nella contrapposizione tra i due schieramenti ai quali gli stessi si appoggiavano, è possibile cogliere un'eco più diffusa di quella rivalità che doveva necessariamente serpeggiare tra i partigiani della scuola di tradizione greca e quelli della scuola veneziana. Va osservato a questo proposito come la scelta del pregadi di ricorrere al Baxon (100) e, qualche anno dopo, al nipote Palopano per la realizzazione delle galere sottili signifi casse di fatto la netta superiorità dei prodotti della loro scuola (101), più vicini agli esemplari di già esperimentata efficienza di quanto non lo fossero le galere costruite dai maestri veneziani, interessati piuttosto all'ampliamento delle misure delle stesse galere sottili che non alla fedeltà ai modelli che pure avevano dato buona prova di sé (102). È possibile ipotizzare altresì che i proti veneziani riuscissero ad esprimere al meglio le loro capacità proprio nella realizzazione delle galere grosse, da mercato, alle quali non si richiedevano sostanzialmente quelle doti di velocità, di agilità e di buona manovrabilità che si ricercavano in quelle da combattimento, essendosi ormai discostati troppo - appunto perché stimolati, anche concettualmente, dalla ricerca di continue soluzioni innovative - da quel delicato equilibrio di misure e di proporzioni che garantiva la piena efficienza in battaglia della galera sottile (103). Di qui la volontà ripetutamente manifestata dal pregadi di uniformare la costruzione di tutte le galere sottili secondo i canoni prima del Baxon, poi del Palopano (104). Di qui ancora la volontà, sempre del pregadi, di tenere nettamente separate la costruzione delle galere sottili e quella delle galere grosse, affidando la direzione dei rispettivi cantieri a due distinti proti, il proto delle galere sottili e il proto dei marangoni (105).
Questa dicotomia, che, ove fosse durata a lungo, avrebbe potuto arrecare guasti irreparabili all'efficiente organizzazione dell'Arsenale, cessò, ironia della sorte, proprio con il figlio di Nicola Palopano, Giorgio. Questi, cresciuto alla scuola del padre, ebbe soprattutto il merito di realizzare la fusione ideale tra la tradizione greca, ovviamente assimilata dal quotidiano contatto con gli insegnamenti paterni, e quella veneziana, assimilata attraverso la frequentazione delle maestranze veneziane (106). Neppure per lui, tuttavia, i rapporti con gli altri costruttori dell'Arsenale furono sempre facili, almeno agli esordi della sua carriera. Come già il padre, anche egli ebbe però sempre l'appoggio del pregadi, che non gli lesinò protezione e aiuti finanziari, e che anche per lui riservò un ruolo tutto particolare, quello di prothomagister galearum, nonostante vi fosse già in servizio un proto dei marangoni, scelto dai patroni all'Arsenal, e l'eccezionale retribuzione di 20o ducati d'oro annui (107). A differenza del padre, tuttavia, Giorgio Palopano si applicò in modo particolare alla costruzione delle galere da mercato (108), guadagnandosi sin dalle prime prove (109) concreti riconoscimenti di stima e di apprezzamento per il lavoro svolto, come attestano a sufficienza numerose parti approvate in pregadi (110) e più ancora i continui incarichi affidatigli (111). E l'appoggio del pregadi si rivelò determinante soprattutto per la sua nomina a proto dei marangoni, avvenuta il 3 luglio 1442 (112), dopo che fin dal febbraio dello stesso anno, forse proprio per poter decidere con piena cognizione di causa sui meriti e le capacità del costruttore, lo stesso pregadi aveva iniziato a raccogliere su di lui ogni possibile informazione (113).
Con la nomina a proto dei marangoni Giorgio Palopano riunì nella sua persona i due principali incarichi direttivi nel settore delle costruzioni navali all'interno del cantiere di Stato, uno dei quali per circa mezzo secolo appannaggio della sua famiglia, e mise così fine a una contrapposizione di uomini, strutture, scuole costruttive e di pensiero che ormai non aveva più alcun significato. Nella scelta, operata dal pregadi, che grazie anche all'apporto dei provveditori all'Arsenal aveva ormai assunto il pieno controllo dell'Arsenale (114), e non dai patroni, non furono, comunque, del tutto assenti anche ragioni di carattere più propriamente economico (115).
Quando Giorgio Palopano lasciò il servizio, nel luglio del 1453 (116), la fusione tra la tradizione greca e quella veneziana si era ormai del tutto completata e, come osservato da F.C. Lane, i costruttori veneziani non avevano ormai più nulla da apprendere dai colleghi greci, anche se ad impedire la migrazione verso Venezia di questi ultimi, per l'addietro continua e rilevante, intervenne irreparabilmente la caduta di Costantinopoli e la crescente importanza attribuita dagli Ottomani alla politica marittima e al potenziamento della flotta (117). Dopo il Palopano tutti i successivi proti dei marangoni furono dei Veneziani (118).
Veri e propri tecnici della costruzione navale, e in particolare della costruzione delle galere, i proti dei marangoni, non diversamente dai capi d'opera o maestri d'ascia, erano portatori di un sapere, di una tecnologia, trasmessi di generazione in generazione e affinati direttamente sul campo, o per meglio dire in cantiere, aggiornati attraverso l'esperienza quotidiana, e dei quali erano al tempo stesso i più gelosi custodi e i più efficaci diffusori.
La formazione dei proti dei marangoni era essenzialmente di tipo pratico, assimilata giorno dopo giorno, fin dal momento dell'ingresso in Arsenale, attorno ai dodici anni (119), quali fanti del padre o di un altro maestro, attraverso un lungo apprendistato mediante il quale si impadronivano dei segreti dell'arte (120). Ovviamente non tutti i capimastri avevano la possibilità di diventare proto dei marangoni, dal momento che uno solo di essi, e non necessariamente quello che veniva riconosciuto come il migliore tra i costruttori del momento, poteva accedere al massimo grado della gerarchia, proprio perché il candidato ideale doveva possedere anche capacità organizzative, competenza amministrativa, e soprattutto doveva tornare gradito alle maestranze che gli sarebbero state sottoposte e riscuotere la fiducia incondizionata dei patroni e del pregadi. Unica infatti, come si è già visto, era la figura professionale di proto dei marangoni, nonostante la qualificazione, ma in questo caso intesa in senso del tutto generico, di proto fosse alquanto ricorrente. Di siffatta ambiguità - in taluni casi intenzionale erano sostanzialmente responsabili tanto gli organi di governo dell'Arsenale e della stessa Repubblica (121), quanto la struttura corporativa entro la quale trovava rigida organizzazione la società artigianale veneziana e a maggior ragione quella legata al settore delle costruzioni navali.
La scelta del proto dei marangoni veniva effettuata, entro una rosa sufficientemente ampia di possibili candidati (solitamente almeno tre), dai patroni all'Arsenal all'unanimità. Se l'unanimità non veniva raggiunta interveniva ad effettuare la scelta un collegio costituito dal doge, dai consiglieri ducali, dai capi di quarantia e dagli stessi patroni (122). Tuttavia, non mancarono i casi, soprattutto durante il secolo XV inoltrato, in cui intervenne direttamente il pregadi ad imporre la propria volontà (123). Non sempre, si è detto, il più capace costruttore del momento, quello che godeva della migliore reputazione, riusciva a guadagnare il grado di proto dei marangoni. Fu questo il caso di Giorgio di Giovanni (124) che, pur riconosciuto come il migliore tra tutti, per le capacità tecniche e la perizia già ampiamente dimostrate, dovette cedere l'ambito riconoscimento a Piero Bon solo per ragioni di età (125). Nondimeno il pregadi, quasi per indennizzare, e non solo moralmente, il di Giovanni della mancata nomina, non mancò di attribuirgli a più riprese un trattamento del tutto preferenziale e non del tutto in sintonia con il trattamento di solito riservato a coloro che proti non erano. Nell'aprile del 1455 al di Giovanni venne infatti assegnata, e proprio con parte dello stesso pregadi, la casa che era stata l'abitazione di Pasqualino, proto dei calafati (126); nell'agosto del 1462, precedente mai verificatosi prima, la sua retribuzione venne innalzata a 100 ducati d'oro, trasformata in annua e non più legata alle giornate di effettiva presenza in Arsenale (127); infine nel settembre del 1466, morto ormai Piero Bon, egli ottenne la definitiva consacrazione, anche formale dal momento che sostanzialmente già lo era (128), a proto dei marangoni, con la retribuzione annua di 130 ducati (129).
La durata della carica, come avveniva del resto per gli altri salariati, era a vita (130) o almeno fintantoché il proto era in grado di prestare la propria opera. Non mancarono, tuttavia, i casi in cui il proto venne sollevato dal proprio incarico per aver perso la fiducia degli organi di governo dell'Arsenale.
Si è già fatto cenno alla vicenda che interessò Bernardo di Bernardo. Un altro caso di espulsione fu quello che coinvolse Nicolò Vitturi, cacciato, e di malo modo, dall'Arsenale il 23 febbraio 1489, forse più per una sorta di congiura organizzata ai suoi danni dalla potente famiglia dei Bressan che per reali demeriti (131). In effetti il 23 febbraio 1489 il collegio approvò l'allontanamento del Vitturi e la nomina in suo luogo del Bressan disposta dai patroni all'Arsenal (132). Il minor consiglio, tuttavia, il 5 maggio 1493 Si espresse in tutt'altri termini a favore del Vitturi e, lodandone il fedele impegno in Arsenale e la perizia non comune, dispose che in suo favore venisse previsto un vitalizio di 60 ducati, anche al fine di evitare che il costruttore fosse costretto ad allontanarsi da Venezia (133). Che tra il Vitturi e i Bressan non fosse corso sempre buon sangue è altresì intuibile da una parte, presentata in pregadi il 22 settembre 1498 da Giovanni Dolfin e Pietro Pesaro, savi agli ordini, con il fine di far riammettere proprio il Vitturi in Arsenale con la funzione di proto dei marangoni (134), La parte, tuttavia, non venne approvata. Fu invece approvato lo scontro proposto da Paolo Barbo, savio del consiglio, Leonardo Grimani, savio di Terraferma, e da Bartolomeo Priuli, Marco Molin e Marino Bembo, gli altri tre savi agli ordini, che disponeva di differire qualsiasi decisione in proposito per poter sentire anche il parere dei provveditori all'Arsenal, che dovevano essere eletti di lì a poco (135). Il tentativo di restituire al Vitturi l'incarico, non ebbe, comunque, alcun seguito in quanto non venne più proposta in pregadi alcuna parte in tal senso.
La retribuzione dei proti dei marangoni fu sempre una delle più elevate tra quelle spettanti ai salariati dell'Arsenale. Fissata già negli ultimi decenni del XIV secolo in 100 ducati d'oro all'anno, raggiunse i 110 agli esordi del XVI. Tuttavia, in taluni casi, i patroni, in relazione alle capacità individuali e alla fama guadagnata, accordarono ai singoli proti salari anche maggiori, che raggiunsero, come nel caso di Nicola e di Giorgio Palopano, i 200 ducati annui. Non mancarono inoltre i premi e gli incentivi concessi di volta in volta dagli stessi patroni o dal pregadi (136). Integravano la retribuzione l'uso gratuito di una casa di un certo prestigio e le consuete razioni di vino e di legna da ardere.
Accanto al proto dei marangoni l'altra figura professionale di vertice in ambito tecnico era costituita senz'altro dal proto dei calafati (137). L'esistenza di proto maistri de calafadi all'interno dell'Arsenale è documentata almeno a far tempo dal 1361, anche se la stessa fonte che ne attesta la presenza autorizza a ritenere che l'attivazione dell'incarico abbia avuto luogo in un momento senz'altro più remoto (138).
Al proto dei calafati era affidata essenzialmente la responsabilità di guidare, coordinare e sorvegliare il lavoro delle squadre di calafati, tanto da fizer (o figgier) quanto da maio (o maglio) (139). In ordine a tali compiti al proto dei calafati veniva richiesto il possesso di un bagaglio tecnico di base che per certi aspetti poteva apparire sostanzialmente affine a quello di cui doveva esser fornito pure il proto dei marangoni - anche se, per forza di cose, il livello di specializzazione di quest'ultimo nel settore di specifica applicazione risultava assolutamente superiore - oltre ovviamente a una particolare competenza nella propria arte. La preparazione necessaria veniva acquisita, giorno dopo giorno, fin dal momento dell'ingresso in Arsenale, attorno ai dodici anni (140), e talora anche in uno dei tanti squeri privati disseminati lungo le rive del Canal Grande, e affinata attraverso un lungo apprendistato che doveva permettere al calafato di impadronirsi dei segreti del mestiere.
Una componente non minore dell'addestramento professionale del futuro proto dei calafati era rappresentata, inoltre, dall'esperienza diretta dei viaggi per mare in uno dei molti convogli organizzati di galere, con funzioni dapprima di semplice calafato di bordo, quindi di ammiraglio, di homo del consiglio, di comito. Ampiamente documentata dalle fonti coeve questa forma di addestramento acquisito in navigazione, tanto nel campo di specifica competenza professionale, quanto nel più ampio e generale settore organizzativo e amministrativo, benevolmente tollerata (141), quando non addirittura incoraggiata, dagli organi di governo dell'Arsenale, anche nei confronti di chi magari aveva già raggiunto il grado di proto (142).
Si segnala, in questo contesto, il caso particolare di Pasqualino di Nicolò. Eletto proto dei calafati il 10 settembre 1439 (143) mentre rivestiva la carica di "armirario de l'armada de l'Adexe, chapetanio el spectabel homo miser Steffano Contarini" (114),
soltanto il 10 dicembre dell'anno successivo il di Nicolò era in grado di assumere servizio in Arsenale. Nondimeno, ai primi di marzo del 1441 lo stesso concorreva favorevolmente in collegio all'incarico di ammiraglio delle due galere delle Acque Morte (145), avendo ottenuto dalla signoria l'autorizzazione ad assentarsi dall'Arsenale per dieci anni, onde poter navigare a suo piacimento, alla condizione di lasciare in suo luogo un sostituto di gradimento dei patroni (146). In aggiunta il 17 marzo 1444 il pregadi, confermandogli il privilegio, tenuto conto dei suoi meriti e della qualità del servizio prestato come proto, gli concedeva l'uso gratuito dell'abitazione e la facoltà di rientrare in Arsenale alla morte del proto che ne aveva preso il posto (147). In effetti, Pasqualino di Nicolò trascorse gran parte del decennio successivo al 1444 in continua navigazione. Venne successivamente eletto più volte ammiraglio delle galere di Romània, di Fiandra, di Beirut, delle Acque Morte e rivestì pure l'incarico di ammiraglio della flotta allestita per la spedizione contro i Catalani, e posta sotto il comando del capitanio generale da mar Alvise Loredan (148). Morto il 14 aprile 1455 Antonio Mozo, che lo aveva sostituito nell'incarico (149), Pasqualino di Nicolò riprendeva immediatamente possesso della propria carica (150), conservandola probabilmente fino alla morte, anche se il 30 luglio del 1464 veniva autorizzato dalla signoria a prendere nuovamente il mare, quale ammiraglio del doge Cristoforo Moro nella flotta che si stava armando contro i Turchi (151).
Oltre ad Antonio Mozo e a Pasqualino di Nicolò anche altri proti dei calafati in attività nel XV secolo e nei primi decenni del XVI rivestirono incarichi direttivi sulle galere veneziane. Vinci Manega, nominato proto sicuramente prima del 24 giugno 1474, il 31 dicembre 1478 venne eletto patron di una delle due galere che dovevano essere inviate a Scutari (152). Battista Volpe, proto dei calafati almeno fino al 4 febbraio 1501, era stato in precedenza ammiraglio delle galere di Beirut, e successivamente uomo del consiglio delle galere di Alessandria, e ancora ammiraglio delle galere di Beirut (153). Francesco Barba, eletto proto il 17 marzo 1501 in sostituzione di Battista Volpe, aveva navigato anni prima quale ufficiale sulle galere di Romània e del trafego; era stato anche comito sulle galere del trafego e di Barbaria, e ancora paron zurado di una delle navi armate dallo Stato ad levandos strathiotos; la sua nomina a proto dei calafati avvenne, inoltre, mentre era ammiraglio delle galere di Alessandria (154). Da ultimo, Pietro Polato venne eletto proto quando era in navigazione sulle galere di Barbaria (155).
Uno solo dei maestri calafati - come avveniva del resto per i marangoni - e non necessariamente il più capace tra quelli in servizio al momento, poteva accedere al vertice della gerarchia, proprio perché il candidato ideale doveva dimostrare di possedere anche capacità organizzative, competenza amministrativa, attitudine al comando, e soprattutto doveva tornare gradito alle maestranze e riscuotere la fiducia incondizionata dei patroni e del pregadi. Unica infatti era la figura professionale di proto dei calafati. La scelta veniva effettuata secondo le consuete modalità, entro una rosa sufficientemente ampia di possibili candidati (almeno tre), dai patroni all'Arsenal all'unanimità. Se l'unanimità non veniva raggiunta interveniva, anche in questo caso, il collegio costituito dal doge, dai consiglieri ducali, dai capi di quarantia e dagli stessi patroni. La carica era rivestita a vita, ovvero fino a che le condizioni di salute del proto lo consentissero (156). Non mancarono tuttavia i casi in cui il proto dei calafati venne privato dell'incarico a ragione del proprio comportamento e più ancora a motivo dell'incuria e della scarsa diligenza dimostrate nell'espletamento del servizio. Nel settembre del 1439 Antonio Mozo fu infatti espulso dall'Arsenale dai patroni a causa del comportamento tenuto nei confronti di uno degli stessi patroni (157). Il 4 febbraio 1501 fu invece privato della carica Battista Volpe per la palese negligenza più volte dimostrata nel verificare il lavoro dei propri sottoposti (158).
A partire dal 1501 il proto dei calafati, in considerazione del fatto che un solo responsabile del settore non aveva di fatto la possibilità materiale di seguire e
controllare con la dovuta efficacia il lavoro delle maestranze a lui sottoposte, venne stabilmente affiancato da due sottoproti, uno da maio e l'altro da fizer, ai quali fu accordato il privilegio di poter lavorare con continuità in Arsenale, senza dover rispettare le turnazioni per ruodolo (159).
La retribuzione dei proti dei calafati, a differenza di quella dei proti dei marangoni, rimase costantemente fissata, dagli ultimi decenni del XIV fino ad almeno tutta la prima metà del secolo successivo, in 100 ducati d'oro (160), integrata dall'uso gratuito dell'alloggio e dalle consuete distribuzioni di legna da ardere e di vino.
Decisamente più contenute, e soprattutto meglio circoscritte, le competenze di cui erano investiti il proto degli alboranti e quello dei remeri.
Il proto degli alboranti era incaricato di provvedere alla fabbricazione degli alberi, delle antenne e dei timoni (161) occorrenti al naviglio, di qualsiasi tipo, costruito in Arsenale, dalle galere grosse alle imbarcazioni di servizio più ridotte. Doveva curare inoltre il reperimento e il rifornimento del legname necessario e di tutta la ferramenta occorrente. Rientravano nelle sue competenze anche gli interventi di riparazione di cui avessero bisogno, anche fuori dell'Arsenale, le galere e le altre navi di proprietà pubblica. Al rientro in Arsenale delle galere da mercato ovvero sottili, come pure di qualsiasi altra imbarcazione de ognia raxon de comun, il proto degli alboranti era tenuto a far smontare gli alberi, le antenne e i timoni di queste, e predisporne la manutenzione e gli aggiustamenti opportuni, di modo che tutto fosse sempre a posto e in ordine per qualsiasi esigenza, anche improvvisa (162). Altra attribuzione del proto degli alboranti, e non certamente la meno importante, era quella di sovrintendere, direttamente o per mezzo di propri incaricati, al taglio delle piante necessarie alla fabbricazione degli alberi, delle antenne e dei timoni. Questa attribuzione venne tuttavia devoluta agli inizi del secolo XVI ad una specifica figura professionale, lo stimadore de' legnami (163).
La particolarità delle mansioni espletate dal proto degli alboranti faceva sì che lo stesso godesse di una larga autonomia all'interno dell'Arsenale, dal momento che, per forza di cose, questi poteva disporre, rispetto agli altri proti, di ampi margini di libertà nell'organizzazione della propria attività. In aggiunta egli in qualche modo risultava quasi l'appaltatore di tutta una serie di servizi specifici, ovviamente sempre nell'ambito di direttive ben precise impartite di volta in volta dagli organi di governo dell'Arsenale, per i quali riceveva un regolare compenso, calcolato su base annua, e la rifusione delle spese sostenute, calcolate forfettariamente, tra le quali rientrava anche la retribuzione dei suoi eventuali aiutanti (164).
A fronte di questo specialissimo rapporto di lavoro, ampiamente documentato, e più volte riaffermato, l'obbligo per il proto degli alboranti di espletare la propria attività esclusivamente all'interno dell'Arsenale, di non ricercare e accettare impieghi presso squeri privati, mentre appare significativo il divieto formalmente espresso di conservare proprie botteghe o laboratori artigianali dove esercitare il mestiere di alborante (165). Che prima di assumere il grado e le funzioni di proto gli alboranti lavorassero in proprio o alle dipendenze di qualche squero privato nulla toglie a quanto osservato; anzi, proprio nell'esperienza maturata nei cantieri privati, ovvero nelle loro botteghe di artigiani, i patroni avevano modo di valutare meglio le capacità professionali degli aspiranti proti (166).
La procedura di elezione dei proti degli alboranti, istituiti durante la seconda metà del secolo XIV (167), era in tutto e per tutto eguale a quella degli altri proti dell'Arsenale. La retribuzione era invece sensibilmente inferiore, fissata, almeno per la prima metà del secolo XV, in 60 ducati d'oro, ai quali ne venivano aggiunti altri 30 a copertura forfettaria delle spese che il proto degli alboranti sosteneva in ragione della propria attività e del salario che questi corrispondeva ai suoi fanti, di massima due (168). Durante la seconda metà dello stesso secolo il salario venne portato a 90 ducati d'oro, anche se non è assolutamente chiaro se tale somma comprendesse o meno anche la rifusione delle spese (169). Oltre alla retribuzione propriamente detta, ai proti degli alboranti competeva inoltre l'uso gratuito di un alloggio pubblico e le consuete razioni di vino e di legna da ardere. Non diversamente da tutti gli altri anche i proti degli alboranti conservavano l'incarico a vita; tutti i proti in servizio tra la fine del XIV secolo e l'inizio del XVI, da Francesco Teldi a Matteo Bressan, vennero infatti sostituiti a motivo della loro morte (170).
Al proto dei remeri competeva invece sovrintendere alla costruzione dei remi necessari a tutto il naviglio prodotto in Arsenale, regolare il lavoro delle squadre di remeri, assicurare il rifornimento del legname occorrente e vigilare sulla qualità dello stesso, anche attraverso periodiche ispezioni nei boschi che rappresentavano la principale fonte di approvvigionamento per le esigenze del cantiere di Stato, esigenze che in ogni caso dovevano prevalere su quelle dei costruttori privati (171).
Anche l'istituzione del proto dei remeri è da far risalire alla seconda metà del secolo XIV, comunque in un momento successivo al 1361 (172). Le procedure di scelta erano sostanzialmente le stesse osservate per gli altri proti. La retribuzione dei proti dei remeri, e la circostanza testimonia ampiamente dell'esatta collocazione di questa figura professionale nella scala gerarchica dei salariati dell'Arsenale, si mantenne sostanzialmente intorno ai 50/60 ducati annui, a livelli inferiori pertanto rispetto a quella corrisposta ai proti degli alboranti, almeno fino a tutta la prima metà del secolo XVI (173). Integravano la retribuzione le solite razioni di vino e di legna da ardere e l'uso gratuito dell'alloggio di proprietà dell'Arsenale.
In aggiunta ai quattro proti presi in considerazione, e che unici a buon diritto si possono definire tali, anche altre figure professionali venivano qualificate dalle fonti coeve come proti nella rispettiva specializzazione. In questo contesto vale la pena di ricordare almeno la presenza in Arsenale nel corso del XV secolo e nei primi decenni di quello successivo del proto delle balestre (174) e di un viceproto dei balestrieri (175), del proto delle polveri (176) - definito talora anche proto delle bombarde (177) -, del proto della Tana (178), coadiuvato da un sottoproto (179), del proto dei mureri (180), del proto dei farri (181), del proto delle ancore (182). Tuttavia l'analisi attenta delle attribuzioni di specifica competenza, la considerazione del diverso rapporto intercorrente tra queste figure professionali e gli organi di governo dell'Arsenale rispetto a quello messo in evidenza per i quattro proti principali, e ancora la valutazione non superficiale dei rispettivi parametri retributivi, delle modalità di pagamento del salario, della tipologia della fattispecie monetaria corrisposta, e non solo della pura e semplice quantità di denaro assegnata, della concessione in uso gratuito dell'alloggio pubblico, della distribuzione del vino e della legna da ardere, inducono a ritenere, e con documentato fondamento, che, pur se elevate, altamente specializzate e talora ben retribuite, queste ultime professionalità siano da inserire nell'ambito generale delle maestranze dell'Arsenale piuttosto che nel contesto dei quadri direttivi dello stesso (183).
1. Cf. Ennio Concina, L'Arsenale della Repubblica di Venezia, Milano 1984, p. 17.
2. Cf. Franco Rossi, Le magistrature, in Storia di Venezia, Il Mare, a cura di Alberto Tenenti - Ugo Tucci, Roma 1991, pp. 723-745 (pp. 687-757).
3. Per quanto può riguardare l'organizzazione del lavoro dell'Arsenale di Venezia durante il XVI secolo si rinvia a Frederic C. Lane, Navires et constructeurs à Venise pendant la Renaissance, Paris 1965 (traduzione aggiornata di Venetian Ships and Shipbuilders of the Renaissance, Baltimore 1934), nei confronti del quale questo studio ha maturato ben più di qualche debito isolato. Per il XVII secolo si rinvia a Marcello Forsellini, L'organizzazione economica dell'Arsenale di Venezia nella prima metà del Seicento, "Archivio Veneto", ser. V, 7, 1930, pp. 54-117, e a Robert C. Davis, Shipbuilders of the Venetian Arsenal, Baltimore 1991. Per un'informazione di carattere generale sull'attività produttiva del cantiere di Stato tra il XV e il XVIII secolo, oltre a E. Concina, L'Arsenale della Repubblica di Venezia, già ricordato, si segnalano, nell'ambito di una bibliografia pressoché sterminata, Maurice Aymard, L'Arsenal de Venise: science, expérience et technique dans la construction navale au XVIe siècle, in Atti del Convegno internazionale di studio Giovan Battista Benedetti e il suo tempo, Venezia 1987, pp. 407-418; Id., L'Arsenale e le conoscenze tecnico-marinaresche. Le arti, in AA.VV., Storia della cultura veneta, 3/II, Dal primo Quattrocento al Concilio di Trento, Vicenza 1980, pp. 289-315; Id., Strategie di cantiere, in Storia di Venezia, Il Mare, a cura di Alberto Tenenti - Ugo Tucci, Roma 1991, pp. 259-283; Ennio Concina, La costruzione navale, ibid., pp. 211-258; Gino Luzzatto, Per la storia delle costruzioni navali a Venezia nei secoli XV e XVI, in Scritti storici in onore di Camillo Manfroni, Padova 1925 (riedito in Id., Studi di storia economica veneziana, Padova 1954, pp. 37-57); Ruggero Romano, Aspetti economici degli armamenti navali veneziani nel secolo XVI, "Rivista Storica Italiana", 66, nr. 1, 1954, pp. 39-67.
4. "Chavandosse al presente cum summa diligentia l'Arsenal nostro vechio, unde se trazen terren e fango assai, et essendo al tuto necessario, per non esser capaze el dicto Arsenal al gran numero de tante galie nostre, sgrandir quello e far volti in aqua et in terra per poter tegnir quelle al coverto, perché stando discoverte le se guastano e durano pocho et convienze chonzar cum grandissima spexa, e però l'anderà parte che 'l sia commandà ai nostri Patroni de l'Arsenal che fra el muro de l'orto de la Celestia et le Vergene, driedo el dicto nostro Arsenal nuovo, i faci far una pallada de passa 76 longa e larga passa .33. verso Muran, lassando el rio driedo el dicto muro de la Celestia de passa .7., e fazando meter in dicta pallada el fango e terren se chava del dicto Arsenal, sì che ad ogni piacer de la nostra Signoria el se possi seguir ala fabricha over acresimento del dicto Arsenal". A.S.V., Senato, Deliberazioni terra, reg. 7, c. 6v.
5. Cf. E. Concina, L'Arsenale della Repubblica di Venezia, pp. 74-107.
6. Cf. Frederic C. Lane, Storia di Venezia, Torino 1978, p. 417.
7. Cf. E. Concina, L'Arsenale della Repubblica di Venezia, p. 13.
8. "Item videtur quod praedicti Patroni non possint facere aptari galeas, nec aliquid navilium Communis alibi quam in Arsenatu sine verbo domini Duci et eius Consilii". A.S.V., Maggior Consiglio, Libro d'oro delle leggi, reg. 3, c. 20v.
9. Gli interventi del consiglio dei dieci, estremamente rari durante il XV secolo, più frequenti e ripetuti soprattutto nella prima metà del secolo successivo, sono senz'altro da intendersi come un'indebita interferenza cui porrà fine la correzione dello stesso consiglio del 1582.
10. "Che chadaun marangon de nave possa ogni tempo de l'anno andar a lavorar a l'Arsena al so piaxer, e i Patroni nostri de l'Arsena i diti tal marangoni che andarà a lavorar sia tegnudi de rezever e quelli far meter a lavorar, et a queli dar al zorno grossi .6. e ai fanti grosso 1 1/2. Intendando che i diti marangoni vada a l'Arsena a lavorar el principio de la domada [settimana]. Veramente, se infra domada i catasse mazor prexio fuora de la Caxa sia in so libertade de andar de fuora a lavorar come a quelli piaxera". A.S.V., Patroni e Provveditori all'Arsenal, reg. 5 (Capitolare I), c. 93v. La parte, presa in quarantia il 14 dicembre 1407 ma lasciata successivamente cadere in desuetudine, venne riproposta e approvata, nella sua sostanziale identità, in pregadi il 3 marzo 1422: "quod quilibet marangonus navium possit omni tempore anni ire ad laborandum in nostro Arsenatu ad libitum suum". Cf. ivi, Senato, Deliberazioni miste, reg. 54, c. 6.
11. Un riscontro quanto mai illuminante del mutato atteggiamento dello Stato nei confronti dell'organizzazione del lavoro all'interno dell'Arsenale e si tratta a ben vedere di una radicale inversione di tendenza, tale da comportare un più rigoroso controllo sulla spesa, sul numero complessivo delle maestranze e sulla qualità delle prestazioni offerte - si può ritrovare nella parte del pregadi dell' 11 luglio 1504. Con la stessa, a motivo dell'accresciuta spesa mensile, imputabile agli ingaggi irregolari e non sempre necessari e agli aumenti retributivi elargiti ai marangoni da nave dai patroni, in ordine spesso a criteri del tutto discrezionali, vennero infatti revocati proprio gli aumenti di paga concessi nell'ultimo triennio e riportate le retribuzioni all'originaria misura di 24 soldi di denari piccoli al giorno: "Ognun intende de quanta importantia sia al Stato nostro la casa del nostro Arsenal, da la regolation del qual depende gran benefitio a le cosse nostre, et è converso gran disturbo, et perhò essendo sta' da tre anni in qua tanto cresciuti li salari di marangoni che lavorano, che ogni mexe la Signoria nostra paga più del solito lire 834, maxime che a molti de dicti marangoni li vien dadi da soldi .30. fin .42. al zorno, et ulterius toltone molti non servata la forma de li ordeni nostri, adeo che sì per dicte cause come per altre spese superflue che in quello se fano la Signoria nostra fa excessiva spesa cum pocho fructo de le cosse sue. Al che essendo necessario proveder cum diligentia, l'anderà parte che per auctorità de questo Conseglio tutti li crescimenti facti a li soprascripti marangoni da anni tre in qua per le sue zornate siano cassi et reducti ali pagamenti che solevano haver avanti li crescimenti, né per altro modo pagare si possino". Nella medesima parte venne altresì riaffermata l'esclusiva competenza a tale proposito dei savi di Terraferma e dei savi agli ordini, tenuti a "redurse in Arsenal do volte al anno, videlicet el março et septembrio per veder quelli che meriterano crescimenti et chi non". Ivi, Senato, Deliberazioni terra, reg. 15, c. 23.
12. È questa, forse, la chiave di lettura di cui servirsi per dare il giusto valore alla parte del collegio del 31 marzo 1513: "Essendo sta' referto li supperiori mesi al Collegio nostro che i callafadi in la casa nostra dell'Arsenal, per andar a ruodolo non curano far el dover suo [...], l'anderà parte che ditto ruodolo, over alfabeto, sii ritornato come prudentemente deliberarono i mazor nostri, azò che cadauno de quelli fazendo el dover suo possi partizipar del beneffizio de la casa preditta". Ivi, Collegio, Notatorio, reg. 17, c. 42. Con la medesima parte venne inoltre concessa facoltà ai patroni e provveditori di bandire dalla Casa le maestranze non ritenute "sufficienti", ovvero di ridurre loro le paghe giornaliere.
13. "Quod quilibet marangonus navium posset omni tempore anni ire ad laborandum in nostro Arsenatu ad libitum suum". Ivi, Senato, Deliberazioni miste, reg. 54, c. 6.
14. L'estrema povertà dell'archivio dei patroni e provveditori all'Arsenal, così come conservato ai giorni nostri, assolutamente lacunoso per quanto riguarda le scritture relative al XV secolo, non consente di approfondire nel dettaglio tutte le fasi di una vicenda che, per forza di cose, ebbe un riscontro documentario di tutt'altra stratificazione. Il ricorso alle fonti normative (Senato Deliberazioni miste, Deliberazioni terra, Deliberazioni mar, Collegio Notatorio) rende nondimeno possibile la ricostruzione dell'intero processo evolutivo per tratti sommari, anche se, purtroppo, lascia nell'ombra più di un aspetto che meriterebbe ben altra attenzione.
15. Cf. E. Concina, L'Arsenale della Repubblica di Venezia, pp. 48-50.
16. 1361, 8 novembre: "Cun ço sia cossa che per li Paroni de l'Arsena sia stado declarado ala Signoria como da longo tempo in qua he stado uxado de tuor proti maistri de l'aresena, sì de marangoni como de calafadi". A.S.V., Patroni e Provveditori all'Arsenal, reg. 5 (Capitolare I), c. 50; cf. anche ivi, Senato, Deliberazioni miste, reg. 30, c. 34v.
17. Voce dialettale veneziana equivalente a carpentiere, falegname.
18. Per quanto riguarda un particolare privilegio goduto dai proti torna opportuno ricordare come già nel novembre del 1361 il pregadi, nell'intenzione di reprimere i ripetuti abusi che si verificavano in Arsenale e di contenere al tempo stesso le retribuzioni delle maestranze, avesse deliberato che la paga dei fanti (garzoni) dei proti dei marangoni e dei calafati non fosse più calcolata in relazione alle giornate di lavoro effettivamente prestate, e posta a carico dell'Arsenale stesso, nonostante le disposizioni in contrario, ma che venisse detratta direttamente dal salario annuale dei proti. Questi ultimi, infatti, usavano trattenere a loro esclusivo vantaggio una parte della retribuzione giornaliera dei rispettivi fanti, e per questo motivo erano spinti pretestuosamente a "dur li lavorieri in longo et ordenar eciamdio lavorieri no bexogneveli in dano de Comun". Contestualmente la retribuzione dei proti venne aumentata da 5 a 1 o lire di denari grossi all'anno, corrispondenti a 1 oo ducati da 2 soldi di denari grossi l'uno, "arò adoncha che '1 si dia caxun ali prediti maistri, a nui così necessari, de procieder fedelmente e lealmente in li lavorieri del nostro Comun" e fu loro vietato di assumere più di un fante ciascuno. Cf. A.S.V., Patroni e Provveditori all'Arsenal, reg. 5 (Capitolare I), cc. 50-52.
19. 1302, 25 febbraio: "Item videtur omnibus predictis dominis quod senper [sic!] quando debent accipi magistri in Arsenatu quod .IIII. Patronos ad minus debea[n]t esse cum proto magistro ad accipiendum dictos magistros, tam marangonos quam calefatos [...]. Item videtur domino Marino Superantio quod Petrus de Varino, qui est superstante [sic!] in Arsenatu, sive aliquis alius qui esset per tempora loco eius, non possit ire ad aliquod laborerium alicuius specialis hominis aliquo modo vel ingenio salvo si per Comune non laboraretur, quia si deberet ire ipsum oporteret servitia Comunis dimittere, quod esset magnum dannum Comunis, quia aliquando habet magnam quantitatem laboratorum, et ita sit de proto magistro marangonorum". Ivi, Maggior Consiglio, Deliberazioni, reg. 8, Liber Magnus, c. 24v.
20. Nel linguaggio comune della cantieristica veneziana (e non solo navale) il termine proto, abbreviazione con funzione sostantivale di protomaistro, stava a indicare, con un'oscillazione di significati quanto mai ampia, genericamente il soprastante o responsabile tecnico delle particolari lavorazioni attivate in ogni cantiere. Nel linguaggio giuridico e amministrativo, prima ancora che tecnico, dell'Arsenale il proto, incardinato in una rigida struttura gerarchica, corrispondeva invece a una particolare figura professionale, investita di precise responsabilità gestionali, titolare di funzioni diremo direttive se non proprio dirigenziali anche nei confronti del personale subordinato, depositaria generalmente di uno specifico know-how per il settore di competenza (anche se l'osservazione vale soprattutto per il proto dei marangoni e meno per gli altri), e immediato referente dei patroni e dei provveditori quando non anche del pregadi e degli altri organi di governo della Repubblica. Estremamente illuminante a questo proposito un passo della Relatione dell'Arsenal presentata per il clarissimo signor Zuanne de Priuli savio agl'ordini che, anche se risalente al 30 luglio 1591, a un momento, cioè, della storia dell'Arsenale veneziano escluso per voluta determinazione dall'ambito cronologico di questo lavoro, torna utilissimo alla comprensione di quanto affermato: "Le maestranze dunque dell'Arsenale si dividono sotto a quattro capi principali, cioè in marangoni, in calafadi da maggio et da fizer, in remeri et in arboranti, ogn'uno de quali ha il suo proto particolare, tutt'il restante poi de maestri di legname come sono quelli dalle seghe, quelli dalle taglie et altri, dipendono da qualcheduna di queste quattro parti, et se ben hanno ancora queste il suo soprastante, che ha il nome di proto tuttavia questo nome viene usurpato da loro per la dignità, ma in effetto sono più tosto capi d'opera che proti". Ivi, Collegio, Relazioni, b. 57. Ennio Concina definisce, forse riduttivamente, il proto "sorvegliante e responsabile, principale depositario delle conoscenze, del resto del tutto empiriche, necessarie alla costruzione dell'imbarcazione", e ne ritrova i precedenti illustri "nell'organizzazione del cantiere edilizio bizantino [...] che si articola nelle rispettive sfere di attività del maistor e del protomaistor". E. Concina, L'Arsenale della Repubblica di Venezia, p. 17. Il Lane (in Navires et constructeurs) usa, con una certa imprecisione linguistica senz'altro imputabile alla difficoltà di tradurre efficacemente la voce veneziana "proto" (assolutamente intraducibile nel suo significato giuridico-amministrativo), il termine "contremaîtres" (= capomastro) tanto per indicare i proti dei marangoni e dei calafati dell'Arsenale, in senso proprio, quanto i capimastri dello stesso Arsenale e degli squeri privati: "Mais il y avait bien sûr toujours un groupe de maîtres charpentiers plus habiles que les autres, réputés auprès des armateurs et que l'on recherchait lorsqu'un nouveau navire devait étre construit. Les fils de ces Contremaitres profitaient de la réputation et des conseils de leurs pères et avaient toutes chances de leur succéder". F.C. Lane, Navires et constructeurs à Venise, p. 52. Più oltre nello stesso testo, si riscontra una maggiore proprietà, e non solo linguistica, di significato: "Quatre artisans chefs émergeaient de la masse: ceux qui étaient chargés de diriger les charpentiers, les calafats, la fabrication des mâts et celle des rames. Comme le disait en 1591 l'un des secrétaires de la marine [= savio agli ordini], aucun des autres ne méritait le titre de Contremaître ou Proto; ce n'étaient en fait que des chefs d'équipe ou capi d'opera". Ibid., p. 155. Nell'edizione originale, in lingua inglese, dello stesso lavoro si riscontra nondimeno una maggiore affinità semantica al termine veneziano, tradotto più efficacemente con "Foreman": "Four craft Foremen were outstanding, those of the carpenters, calkers, mast-makers, and oakmakers". Id., Venetian Ships and Shipbuilders, p. 164 e Id., .Navires et constructeurs à Venise, p. 155.
21. Che i salariati dell'Arsenale fossero una categoria assolutamente privilegiata, anche rispetto a tutti gli altri dipendenti dello Stato, è ampiamente documentato dalla parte del collegio del 21 maggio 1456 che dispose la completa immunità dei loro stipendi dalla contribuzione forzosa del quarto del salario di recente approvazione: "Intellecta requisitione seu supplicatione fidelium nostrorum admirati, prothomagistrorum at aliorum officialium Arsenatus, qui conqueruntur quod compelli volunt ad solucionem quarti salariorum suorum vigore partis nove, et quia opera et exercitia sua in Arsenatu potius sunt manifacture, quoniam stant et se exercent in Arsenatu ab una marangona ad aliam cum eorum personis, sicut faciunt alie magistrantie, in omnibus oportunitatibus et aliis rebus que eis committuntur, et audita responsione Gubernatorum introitorum, infrascripti Consiliarii terminaverunt quod dicti officiales, videlicet admiratus et prothomagistri marangonorum, calafatorum, remorum et arborum, ac duo scribe et massarius Arsenatus nostri non subiaceant nec subiacere debeant parti nove circa solutionem quarti salariorum suorum, quam eorum exercitia dici possunt potius opera personalia et manifacture, ut fidelius et promptius servire et se exercere possint in dicto Arsenatu qui est maxime importantie ed Statum nostrum". A.S.V., Collegio, Notatorio, reg. 9, c. 78. Tale privilegio venne ulteriormente ribadito dalla parte del consiglio dei dieci del 9 maggio 1520: "Che attente le rason et cause hora dechiarite, et presertim che lo armiraglio, prothi, do scrivani et masser del Arsenal nostro sonno mercenarii, et esso Arsenal è uno de i .XII. regimenti nostri, sia per autorità de questo Conseio preso et statuido che i dicti armiraglio, prothi, do scrivani et masser del dicto Arsenal non se intendano haver sottozasesto né sottozasen ale parte de le contribution de la mittà del netto". Ivi, Consiglio di dieci, Deliberazioni miste, reg. 43, cc. 144v-145. Inoltre gli scrivani e il masser dell'Arsenale godevano del singolare privilegio di non essere sottoposti per l'ammissione all'impiego all'approvazione in quarantia, come avveniva usualmente per gli scrivani e i masseri delle altre magistrature, sia di San Marco che di Rialto, in quanto tenuti a sottostare esclusivamente al giudizio e al gradimento dei patroni dell'Arsenale, e proprio in virtù della particolare natura dell'Arsenale, considerato "Reggimento" e non "Ufficio": "Per Patronos nostri Arsenatus expositum fuit nostro Dominio quod Capita de XL volunt facere probari in Consilio de XL scribas, massarios et alios officiales Arsenatus sicut probantur scribe, massarii, sansarii et alii officiales Sancti Marci et Rivoalti. De qua innovatione dicti Patroni suique scribe et offitiales conqueruntur cum hoc sit contra omnem consuetudinem hactenus observatam quoniam dicti offitiales numquam probati fuerunt. Nam Arsenatus noster et eius conditiones sunt valde dispares et diferentes a iudicibus et officiis Sancti Marci et Rivoalti. Est enim Arsenatus Regimen et non Officium [...]. Unde infrascripti Consiliarii deliberarunt et terminarunt quod dicti scribe, massarii et alii officiales Arsenatus non debeant probari in Consilio de XL sicut numquam probati fuerunt, sed subiaceant iudicio et discretioni Patronorum Arsenatus sicut hactenus factum est". Ivi, Collegio, Notatorio, reg. 9, c. 183v.
22. Cf ivi, Miscellanea carte non appartenenti ad alcun archivio, b. 2, Informatione delle cose dell'Arsenale.
23. È interessante notare come intorno alla metà del XVI secolo la figura professionale meglio retribuita di tutto l'Arsenale fosse lo scrivan grando, cui spettavano 180 ducati all'anno, più le consuete "utilità", seguivano l'ammiraglio con 150 ducati, lo scrivan al çornal con 145 ducati e il masser con 144 ducati. Nettamente distanziati il proto dei marangoni con 110 ducati, quello dei calafati con 100 ducati, quello dei remeri con g6 ducati e quello degli alboranti con 90 ducati. Cf. ibid., c. iv; Venezia, Museo Correr, Archivio Gradenigo, b. 193; ivi, Archivio Morosini, b. 302; F.C. Lane, Navires et constructeurs à Venise, pp. 153-155. Almeno dal punto di vista retributivo, alla metà del secolo XVI, lo scrivan grando riuscì pertanto a superare nella scala gerarchica l'ammiraglio, mentre il masser colmò quasi del tutto il divario che lo separava ancora qualche decennio prima dallo stesso ammiraglio. Cf. A.S.V., Patroni e Provveditori all'Arsenal, reg. 7 (Capitolare III), c. 18v. Desta una qualche sorpresa, piuttosto, il fatto che le retribuzioni dei quadri direttivi tecnici (proti) siano rimaste sostanzialmente invariate rispetto ai primi decenni del XV secolo. Non del tutto convincente la spiegazione, legata sostanzialmente al gioco della domanda e dell'offerta, che di questa dinamica salariale, anche se rivolta alla prima metà del XVII secolo, offre il Forsellini: "La ragione di questa diversità di trattamento deve forse ricercarsi nel fatto che, ancora nel XVII secolo, saper leggere scrivere e tenere i conti non deve essere stata una cosa molto comune, per cui essendo poca l'offerta di tal genere di lavoro, gli stipendi dovevano naturalmente esser molto elevati". Id., L'organizzazione economica dell'Arsenale, pp. 68-69.
24. A questo proposito particolarmente significativo il titolo dell'unica fonte conservata nell'archivio dei patroni e provveditori all'Arsenal relativa alla seconda metà del XIV secolo e alla prima metà del successivo, escludendo ovviamente il primo dei Capitolari, il Quaternus in quo scribuntur omnes salariati nostri Arsenatus. Nel Quaternus, un fascicolo pergamenaceo di 30 cc., recuperato casualmente in Germania nel 1889, in un'asta di codici e libri antichi, sono annotate in rigorosa successione cronologica, per il periodo compreso tra il 1370 e il 1463, principalmente le nomine in servizio, e le eventuali destituzioni, dei proti, dell'ammiraglio, del masser, degli scrivani e dei portoneri, con l'indicazione delle rispettive retribuzioni. Sono altresì ricordate le elezioni dei patroni. Niente di simile esiste per le restanti maestranze, per le quali è necessario ricorrere, come si è già osservato, ma con ben altri esiti, agli archivi delle rispettive Arti e confraternite. Cf. A.S.V., Patroni e Provveditori all'Arsenal, b. 566, Quaternus in quo scribuntur omnes salariati nostri Arsenatus (d'ora in avanti Quaternus).
25. Cf. la Tab. 8. Retribuzione dei salariati dell'Arsenale.
26. Questo regime retributivo, rigorosamente differenziato su base gerarchica, anticipa, e di secoli, la politica salariale fatta propria dall'industria in età moderna. Cf. R.C. DAvIs, Shipbuilders of the Venetian Arsenal, p. 217.
27. La concessione in uso gratuito di case a proti e salariati è documentata almeno a partire dal 1330, anche se solo nei decenni successivi si trasformò stabilmente in parte integrante della retribuzione annuale. Cf. E. Concina, L'Arsenale della Repubblica di Venezia, p. 48. L'uso gratuito della casa è documentato comunque anche per singoli lavoranti, e anche per specifiche figure professionali non appartenenti in senso stretto alla gerarchia direttiva dell'Arsenale, il cui apporto era ritenuto di estrema utilità e ai quali si voleva in ogni caso impedire di allontanarsi da Venezia. Una casa senza alcun obbligo d'affitto venne infatti concessa il 28 settembre 1451 a maestro Martino "dalle ancore", "superstans [...] in conficiendo et prohiciendo bombardas" (A.S.V., Senato, Deliberazioni terra, reg. 3, c. 2V); e il 29 settembre 1464, sempre alle medesime condizioni, anche a maestro Bartolomeo, contestualmente alla sua nomina a "protho magistro omnium bombardarum" (ibid., reg. 5, c. 93). Un altro esempio di concessione gratuita dell'abitazione, anteriore di mezzo secolo, è documentato nel 1407, a favore di Marcuola "balestrier maistro di balestre" (ivi, Patroni e Provveditori all'Arsenal, b. 566, Quaternus, c. 8v).
28. Solitamente 12 quarte (hl 2,50 circa) all'anno per i proti e l'ammiraglio e 32 (hl 6,66 circa) per il masser. Cf. A.S.V., Patroni e Provveditori all'Arsenal, reg. 6 (Capitolare Il), c. 23. A titolo puramente indicativo si riportano i prezzi medi del vino sulla piazza di Venezia intorno alla metà del secolo Xv: i bigoncio (1 150,23) di vino bianco di Vicenza scelto = lire I i, soldi Io; i quarta e una libbra di vino dalla Marca = lire 2, soldi 14; I quarta e una libbra di vino da Padova = lire 3, soldi -; i quarta di vino da Vicenza lire 3, soldi io; 1 quarta di vino vecchio da Vicenza = lire 4, soldi 14; I quarta di vino dalla Puglia = lire 3, soldi 16; 1 bigoncio di vino vermiglio groppello = lire 14, soldi 20. Cf. Bartolomeo Cecchetti, Saggio sui prezzi delle vettovaglie e di altre merci in Venezia, secoli XII-XIX, "Atti del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti", ser. IV, 3, 1874, pp. 1-27.
29. Il divieto, esplicito per l'ammiraglio e per il proto dei marangoni, e poi di fatto esteso agli altri salariati, venne disposto il 25 febbraio 1302 dal maggior consiglio: "Item videtur domino Marino Superantio quod Petrus de Varino, qui est superstante [sic!] in Arsenatu, sive aliquis alius qui esset per tempora loco eius, non possit ire ad aliquod laborerium alicuius specialis hominis aliquo modo vel ingenio salvo si per Comune non laboraretur, quia si deberet ire ipsum oporteret servitia Comunis dimittere, quod esset magnum dannum Comunis, quia aliquando habet magnam quantitatem laboratorum, et ita sit de proto magistro marangonorum". A.S.V., Maggior Consiglio, Deliberazioni, reg. 8, Liber Magnus, c. 24v. Non convince del tutto, pertanto, l'affermazione del Lane che tende a far risalire solamente al XVI secolo l'obbligo per questi quadri direttivi di prestare servizio a tempo pieno in Arsenale: "L'Amiral ct lcs quatre Contremaitres étaient les conseillers techniques des Seigneurs et Commissaires et formaient avec eux un comité d'organisation du travail à l'Arsenal. A la difference des fonctionnaires des bureaux ou de ceux qui étaient chargés d'assurer la discipline, ils formaient un corps de direction, dont dépendait l'exécution des ordres des Seigneurs. Etant donné leur importance, il est surprenant de voir que l'Arsenal exigea assez tardivement d'étre leur seul employeur. C'est au XVII siècle seulement que leur fut imposé un service à plein temps". F.C. Lane, Navires et constructeurs à Venise, p. 156.
30. 1452, 3 maggio: "cum ab aliquo tempore introducta sit quedam contraria consuetudo quod ad instantiam Capitaneorum nostrorum conceditur licentia admirato et aliis salariatis eiusdem domus navigandi cum galeis nostris in maximum damnum rerum nostrarum, vadit pars quod de cetero non possit concedi licentia eidem admirato aut alicui dictorum salariatorum nostrorum navigandi cum galeis nostris Culphi neque ad aliquod viagiorum nostrorum [...]. Verum declaretur quod si eligeretur Capitaneus generalis maris, ut omnes in negotiis nostris maxime importantie se exercere possint, sit in libertate Dominii eidem admirato et aliis salariatis dare licentiam dummodo dimittenti in loco suo personas idoneas et sufficientes". A.S.V., Senato, Deliberazioni mar, reg. 4, C. 116.
31. Il termine "ammiraglio" a Venezia è riferibile, in generale, a diverse figure professionali di elevata responsabilità tecnico-organizzativa, legate tutte all'ambiente marittimo e alle attività marinare; solo a titolo puramente indicativo si ricordano l'ammiraglio del porto e l'ammiraglio della flotta (ovviamente con valore semantico non corrispondente all'attuale). Cf. F.C. Lane, Navires et constructeurs à Venise, p. 145 n. 3; e ancora Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, ms. it. cl. IV. 20I (= 5155), Baldissera Drachio Quintio, L'ammiraglio del mare.
32. Cf. la Tab. I. Ammiraglio dell'Arsenale.
33. Mutuando la terminologia propria dell'organizzazione aziendale moderna, l'ammiraglio potrebbe essere definito quasi una sorta di direttore tecnico dell'Arsenale. Cf. M. Forsellini, L'organizzazione economica dell'Arsenale, p. 59; F.C. Lane, Navires et constructeurs à Venise, p. 91; M. Aymard, L'Arsenale e le conoscenze tecnico-marinaresche, p. 297. A questo proposito il Lane afferma che l'ammiraglio deve essere considerato "comme le chef suprême de l'Arsenal après les Seigneurs et les Commissaires, mais nous avons déjà fait remarquer qu'il n'y avait pas de directeur général, au sens où nous entendons ce terme de nos jours". F.C. Lane, Navires et constructeurs à Venise, p. 152. Più oltre, illustrando il ruolo svolto dall'ammiraglio nelle varie fasi delle costruzioni navali, lo stesso Lane ammette che "aux premiers stades de la production, l'Amiral ne s'occupait en fait que de certains services. Il était néanmoins considéré comme le directeur général parce qu'il portait la charge des deux derniers stades, le stockage et le montage". Ibid., p. 160.
34. Il primo ammiraglio ricordato dalle fonti attualmente disponibili sembra essere stato un tale Marco Barbo, presente in Arsenale sotto tale specifica qualificazione almeno fino al 5 agosto 1382, giorno in cui venne nominato in suo luogo Nicoletto Ardito. Cf. A.S.V., Patroni e Provveditori all'Arsenal, b. 566, Quaternus, cc. 2v, 3v; e ancora la Tab. 1. Ammiraglio dell'Arsenale.
35. Cf. F.C. Lane, ÌNavires et constructeurs à Venise, p. 145 n. 3.
36. Cf. la Tab. 8. Retribuzione dei salariati dell'Arsenale.
37. Oltre al salario propriamente detto, all'uso gratuito di un alloggio di un certo prestigio, al vino, l'ammiraglio, poteva contare sui donativi dei sopracomiti, che avevano tutto l'interesse a guadagnarsi i favori del responsabile dell'allestimento e dell'armamento delle galere che uscivano dall'Arsenale. Cf. F.C. Lane, Navires et constructeurs à Venise, p. 161. Nonostante l'elevato salario e le non minime utilità di cui godeva l'ammiraglio dell'Arsenale, non furono rari i casi di rifiuto della carica, più frequenti in particolare fino a tutta la prima metà del secolo XV, occasionati, forse, dalla possibilità di maggiori guadagni che l'esercizio della navigazione lasciava pur sempre intravvedere. Nicoletto Ardito, eletto ammiraglio il 5 agosto 1382, rifiutava l'ufficio il 14 aprile 1388; Alvise di Riccobono, eletto alla carica il 27 aprile 1388, quale successore di Nicoletto Ardito, vi rinunciava il 9 giugno successivo; e del pari rinunciano, dopo pochi anni trascorsi in Arsenale, Gugliemo Bon; dopo pochissimi giorni Stefano di Marino. Cf. A.S.V., Patroni e Provveditori all'Arsenal, b. 566, Quaternus, cc. 2v, 3v, 18. Cf. anche la Tab. 1. Ammiraglio dell'Arsenale.
38. "A tutta questa maestranza è sopraposto un uomo con titolo di Armiraglio, il quale ha carico principalissimo del governo di tutto l'Arsenale, et in particolare di conservare quelli ordini che rendono l'Arsenale tanto riguardevole et procurar insieme che tutte le robe che sono in esso siano non solo conservate ma ampliate dove lui conoscesse esserne mancamento, nel qual caso lui fa capo col clarissimo Patron all'Arsenale deputato a quel carico". A.S.V., Collegio, Relazioni, b. 57, Relatione dell'Arsenal presentata per il clarissimo signor Zuanne de Priuli savio agl'ordini.
39. Osserva F.C. Lane a questo riguardo: "L'Amiral était toujours un homme très expérimenté des choses de la mer. [...] Mais, calafat ou constructeur, l'Amiral était un homme très compétent, capable de ne rien oublier de ce qui pouvait être nécessaire à un navire en mer". F.C. Lane, Navires et constructeurs à Venise, p. 160. Che l'ammiraglio dell'Arsenale fosse stato in precedenza un marangon o un calafato non appare documentato a sufficienza; meglio attestata l'esperienza di comito, di ammiraglio delle galere, di uomo del consiglio, vale a dire quell'esperienza fondamentale di uomo di mare maturata direttamente in posizione di comando e di responsabilità in tanti anni di navigazione.
40. Cf. A.S.V., Patroni e Provveditori all'Arsenal, b. 566, Quaternus, c. 21.
41. Per quanto riguarda il sistema veneziano dei viaggi organizzati delle galere da mercato cf. Frederic C. Lane, Fleets and Fairs: the Functions of the Venetian Muda, in AA.VV., Studi in onore di Armando Sapori, Milano 1957, pp. 649-663;
Alberto Tenenti-Corrado Vivanti, Le Film d'un grand système de navigation: les galères vénitiennes XIVe-XVIe siècle, "Annales E.S.C.", 16, 1961, pp. 83-86; Bernard Doumerc, Le galere da mercato, in Storia di Venezia, Il Mare, a cura di Alberto Tenenti - Ugo Tucci, Roma 1991, pp. 357-395; Doris Stöckly, Le système de l'incanto des galées du marché à Venise (fin du XIIIe -milieu du XVe siècle), tesi di dottorato presso l'Université de Paris I (Panthéon-Sorbonne) UFR d'Histoire, Paris 1992.
42. Cf. A.S.V., Collegio, Notatorio, reg. 6, cc. 32, 65v, 72, 80, 116, 144.
43. Ibid., c. 114.
44. Ibid., c. 144.
45. Cf. ivi, Patroni e Provveditori all'Arsenal, b. 566, Quaternus, c. 24v.
46. Prima di venir eletto ammiraglio dell'Arsenale Bartolomeo Bontempo "dictus gamba de chan" era stato più volte comito di galera e ammiraglio delle mude di Fiandra, di Candia, di Beirut, di Romània. Ivi, Collegio, Notatorio, reg. 7, cc. 9v, 34v, 42v, 67v, 89v; reg. 8, cc. 21v, 24, 25, 42.
47. Cf. ivi, Patroni e Provveditori all'Arsenal, b. 566, Quaternus, c. 27.
48. "Infrascripti domini consiliarii, visa et cognita virtute ingenii quod Antonius Zacharia, admiratus Arsene, preteritis diebus adhibuit ad recuperandum navim in canali magno Sacti Marci perfundatam et ab omnibus derelictam cum periculo futuro". Ivi, Collegio, Notatorio, reg. 11, c. 53.
49. Cf. ivi, Consiglio di dieci, Parti miste, reg. 36, c. 95. È questo l'unico caso attestato in cui la nomina ad ammiraglio dell'Arsenale avviene in consiglio dei dieci e non per opera dei patroni all'Arsenal. Che si trattasse di un'eccezione, oltretutto destinata a rimanere tale, lo conferma il testo della parte stessa: "Hoc tamen declarato quod huiusce modi electio admiratus Arsenatus nostri non preiudicet auctoritati in futurum patronorum Arsenatus in electione ipsa de cetero facienda".
50. "Quod inspectis fidelissimis operationibus et meritis erga Statum nostrum Andree Viviani, fidelis civis nostri veneti, nec non attenta sufficientia et peritia sua in arte maritima". Ibid.
51. "Andrea Viviano fino dal maggio 1499 era patron di nave di Girolamo Grimani fu di Bernardo. Del 1508, nel mese di maggio, essendo similmente patron di una galera bastarda sotto il provveditor dell'armata Girolamo Contarini all'assedio di Trieste, un colpo di artiglieria gli recise un braccio. Del 1511 in settembre trovavasi a Marano con 12 barche e del 1513 nel mese di dicembre deponeva in Senato intorno allo stato degli affari della guerra nel detto luogo di Marano". Emmanuele A. Cicogna, Delle iscrizioni veneziane, II, Venezia 1827, p. 427. Delle sue benemerenze verso la patria porta una qualche testimonianza anche l'iscrizione che lo stesso Andrea di Viviano volle far scolpire sulla tomba della moglie a San Domenico di Castello: "ANDREAS VIVIANUS AEQUORE POST / TOTO PIRATAS TURCASQUE DISPERSOS / POST EREPTAS HOSTIBUS PATRIAEQUE SERVATAS URBES [...]". Ibid., I, Venezia 1824, p. 128.
52. Cf. Andrea Zannini, Burocrazia e burocrati a Venezia in età moderna: i cittadini originari, Venezia 1993.
53. Questa funzione lascerebbe supporre la possibilità di perniciosi conflitti d'interesse e professionali tra l'ammiraglio e i singoli proti, soprattutto quando questi ultimi, proprio in virtù delle proprie capacità costruttive e del prestigio raggiunto presso taluni esponenti del patriziato, tendevano ad eccedere nelle innovazioni e conseguentemente a sottrarsi all'autorità dello stesso ammiraglio. Osserva a questo proposito il Lane che "d'une part, les divers Conseils gouvernementaux intervenaient de manière variable pour fixer l'organisation de l'Arsenal; d'autre part, certains Contremaitres jouissaient d'un tel prestige qu'ils étaient pratiquement indépendants dans leur domaine". F.C. Lane, Afavires et constructeurs à Venise, pp. 152-153. Tuttavia le inevitabili rivalità, umane e professionali, trovavano un limite invalicabile proprio nella generalità delle competenze dell'ammiraglio e nella specificità e tecnicità di quelle dei proti.
54. Responsabilità dirette dell'ammiraglio nei confronti del personale impiegato in Arsenale sono invece meglio individuabili e più esattamente definibili per quanto concerne le maestranze femminili adibite alla lavorazione delle vele, anche se, nonostante quanto sostiene il Lane, è da ritenere che gran parte della sua attenzione - appunto perché incaricato in prima istanza dell'armamento - fosse rivolta piuttosto alla qualità del prodotto e alla rispondenza dello stesso alle necessità del naviglio che non al controllo diretto delle lavoranti, poste alle immediate dipendenze di una sorvegliante. Cf. F.C. Lane, Navires et constructeurs à Venise, p. 158.
55. "[...] l'anderà parte che de cetero la stima de tute nave et navilii de cadauna sorte far se deba per quelli de lo Arsena nostro, a le hore et zorni che la caxa non lavora, videlicet per lo armiragio cum do proti, in presenti saltem de uno de li Patroni de esso Arsena, exceptuadi perhò da questa stima li navilii da stera .50. in zoso". A.S.V., Senato, Deliberazioni terra, reg. 20, c. 119.
56. "Et così ritornate ditte galee di viaggi, et poste nell'Arsenal predetto, l'armiraglio sii obligato subito et immediate farle far nete et governar, acciò che non si guastino, et similmente far governar li guarnimenti et armizi di quelle, sotto pena di pagar quanto se guastasse de ditti armizi [...]". Ibid., Deliberazioni mar, reg. 22, c. 63.
57. Cf. ivi, Patroni e Provveditori all'Arsenal, b. 566, Quaternus, passim. È documentato un unico caso in cui non furono i patroni ad eleggere l'ammiraglio dell'Arsenale, bensì il consiglio dei dieci (vedi n. 46). L'intervento dei dieci appare in qualche modo motivato dall'eccezionalità del momento e, più ancora, dai meriti particolari posseduti dal richiedente.
58. Su nove ammiragli in servizio dal 1382 al 1514, per i quali si conoscono i motivi della sostituzione, quattro lasciarono l'incarico rinunciandovi spontaneamente, mentre i rimanenti cinque furono sostituiti a causa della loro morte. Cf. la Tab. 1. Ammiraglio dell'Arsenale.
59. Cf. la Tab. 2. Masser.
60. Il Forsellini, anche se limita la sua attenzione alla struttura organizzativa del cantiere di Stato durante la prima metà del Seicento, ritiene che il masser non debba essere compreso tra i funzionari direttivi dell'Arsenale, qualifica che a suo avviso spetterebbe esclusivamente all'ammiraglio e ai quattro proti principali. Si ha invece più di un motivo per inserire, almeno per quanto riguarda il XV secolo, ma certamente anche per i secoli successivi, pure il masser tra i quadri direttivi, unitamente agli scrivani, proprio in virtù delle competenze espletate, delle retribuzioni corrisposte, e della qualificazione generale, tanto dell'uno quanto degli altri, di salariati nostri Arsenatus comune nelle fonti del tempo.
Cf. M. Forsellini, L'organizzazione economica dell'Arsenale, p. 68.
61. Cf. la Tab. 8. Retribuzioni dei salariati dell'Arsenale. La differenza tra la retribuzione dell'ammiraglio e quella del masser dell'Arsenale, notevole per tutto il XV secolo e per almeno tutta la prima metà di quello successivo, si venne sostanzialmente riducendo verso la metà del XVI secolo, parallelamente alla dilatazione delle competenze attribuite allo stesso masser, sino praticamente ad annullarsi agli inizi del XVII secolo. Cf. M. Forsellini, L'organizzazione economica dell'Arsenale, p. 68.
62. Cf. A.S.V., Patroni e Provveditori all'Arsenal, reg. 6 (Capitolare II), c. 23.
63. Cf. ibid., b. 566, Quaternus, c. 4v.
64. Cf. F. C. Lane, Navires et constructeurs à Venise, pp. 157-158.
65. "[...] l'anderà parte che, per autorità di questo Consiglio sia preso e deliberato che li Patroni nostri al Arsenal debiano deputar il masser, il qual habi carico de notar sopra un libro particular, tenuto a questo effecto, tuti li mandati che serano de cetero ballotati per le cose da mar, a cosa per cosa. Et quando si mandassino via robe, munition o altro ut supra, a l'incontro de li dicti mandati, debino notar cosa per cosa, et su che Patron sono cargate". A.S.V., Senato, Deliberazioni mar, reg. 20, c. 182.
66. Cf. ivi, Collegio, Notatorio, reg. 9, c. 123v.
67. Significativo a questo proposito il caso di Basilio di Marco, al quale, ormai troppo avanti negli anni per continuare il proprio lavoro, vennero conservate, fino al momento della morte, parte della retribuzione e la casa in uso, nonostante la nomina in suo luogo di un altro masser: "Con zò sia che ser Baxeio de Marcho, masser all'Arsena, sia vechio et per l'antichità soa non possi venir al oficio né exercitar quello, per i magnifici signori Patroni de l'Arsena [...] è sta' termenado de consentimento del dito ser Baxeio che in so luogo sia fato un altro masser, ardente et che possi far l'officio. E perché el dito ser Baxeio ha servido zà gran tempo a la caxa nel dito officio, et sempre se ha portado ben e fedelmente, i diti Segnori, voiando dar materia a i officiali de la caxa che i se porti fedelmente et fazi el suo dover, considerado etiam quello ha habuto per uxanza la caxa, et far in simel caxi, ha termenado che al dito ser Baxeio romagna del suo salario ducati L d'oro a l'ano et la caxa in vita soa, et questo per sustentazion de la vita soa". Ivi, Patroni e Provveditori all'Arsenal, b. 566, Quaternus, c. 27.
68. L'assoluta mancanza di fonti contabili-amministrative per tutto il periodo preso in esame non consente di lumeggiare a sufficienza l'intero apparato contabile dell'Arsenale, sia riguardo alle risorse umane sia riguardo a quelle materiali. Tuttavia, almeno per quanto riguarda gli ultimi decenni del XIV secolo, e l'osservazione vale forse anche per i primi di quello successivo, a questa mancanza supplisce parzialmente il primo dei Capitolari relativi all'Arsenale al momento conservati. La lettura di alcuni capitoli, approvati il 17 marzo 1377, dedicati alle incombenze di cui dovevano farsi carico gli scrivani, rende infatti possibile la ricostruzione, pur sempre parziale, della struttura contabile del cantiere di Stato. Una struttura, tutto sommato alquanto semplice, costituita da un quaderno grando (libro mastro), distinto in due parti specifiche una dedicata alle entrate e l'altra alle uscite, e da redigersi secondo il sistema usato dagli ufficiali al frumento, e da due çornali (libri giornali). Della tenuta del quaderno grando venne incaricato uno scrivano appositamente eletto per l'occorrenza, lo scrivan grando, mentre alle registrazioni da effettuarsi nei due çornali furono deputati il secondo scrivano e uno dei patroni, il paron di çornada. "Como se die scriver in quaderno grando et in li ornali. MCCCLXXVII, die XVII de março. Perché per ben de Comun et utele et anche necessario sì è proveder sovra lo hofficio de lo Arssena açò che meio e continuamente possa eser veçude le raxun de Comun, va parte che 'l sia tolto .I. scrivan suficiente per miser consieri, cavi e paroni de l'Arssena, over per la maçor parte de queli, a bosoli et a balote, cum salario de libre .X. de grossi a l'ano e la caxa da Comun in la qual sta al presente Michiel Catanio, scrivan de l'Arsena. E perché de necesitade no serave che tre scrivani sia in l'Arsena, se debia cassar el dito Michiel, scrivan de l'Arssena, e quel scrivan el qual da nuovo se torà debia aver e tegnir .I. quaderno grando intro lo qual el scriva ordenadamente tuta la intrada e la insida de l'Arsena e çascuna cossa per si e lo conto de la cassa per lo muodo el qual faxe li hofficiali del formento de Rialto. Et aço che maçormente dretamente quel scrivan possa meter in quaderno sie ordene che 'l sia do çornali in camera, in un di qual scriva l'oltro scrivan et in l'oltro scriva .I. de li Paroni de chi serà la çornada, over .I. de li altri in chaxo per lo qual quelo dala çornada no fosse là, scrivando insembre lo dito Paron con quelo scrivan intro li diti çornalli et ad esso quando serà scripte el Parom debia logar lo dito çornal in una cassa, la qual eba una seradura con tre clave, sì che çascun di paroni ebia .I. clave per adovrar el dito çornal quante fiade farà mestier e che'l scrivan el qual tignerà el quaderno el plu tosto che 'l porà debia trar del çornal de l'altro scrivan tuto quelo che serà scripto e meter intro lo dito quaderno ordenadamente, sicomo he dito, e che'l dito quaderno nì algum di çornali no possa eser trato de camera, soto pena de libre .C. de picoli per çascun contrafacente e çascuna fiada e che li diti paroni sia tegnudi tuti tre over almen do de queli ogni mexe ad inscontrar el so çornal cum lo quaderno grando del scrivan açò che eror no possa ocorer". Ibid., reg. 5 (Capitolare I), cc. 65v-66v. Cf. anche F.C. Lane, Navires et constructeurs à Venise, pp. 147-148. In aggiunta a questi strumenti, indispensabili a una razionale organizzazione delle scritturazioni contabili, venne al tempo stesso previsto un numero imprecisato di registri vari, tali comunque da bastare a ogni altra necessità dell'Arsenale: "Ancora he tegnudi li diti do scrivani aver .I. altro quaderno per çascun, intro li qualli debia scriver tute le pontadure de queli lavora, sì como vien fato al presente, e simelemente li diti scrivani debia haver e tegnir tuti li oltri quaderni bexogneveli per l'Arssena". A.S.V., Patroni e Provveditori all'Arsenal, reg. 5 (Capitolare I), c. 67v.
69. "[...] sì como è manifesto che in l'Arssena se .IIII. scrivani, et a cossa veritade li no xe tuti necessarii in però la terra quando l'à più fadige et he in maçor guerra li no xe noma quatro et de fiade tre, e per questo è bon proveder suxo, che conssiando per bene de Comun che 'l non de sia noma solamente tre scrivani al dito hofficio e che l'altro ch'è men suficiente sia casado, per questo muodo che 'l se sovra avança a l'ano libre .VI. de grossi et oltra e niente men lo officio romagnirà ben fornido". Ibid., reg. 5 (Capitolare I), c. 60.
70. Ibid., cc. 65v-66v.
71. Che nel 1456 gli scrivani impiegati in Arsenale fossero ancora solo due è indirettamente attestato da una deliberazione del collegio: "quod dicti officiales, videlicet admiratus et prothomagistri marangonorum, calafatorum, remorum et arborum, ac due scribe et massarius Arsenatus nostri". Ivi, Collegio, Notatorio, reg. 9, c. 78.
72. Cf. ivi, Senato, Deliberazioni terra, reg. 15, c. 31.
73. La struttura amministrativa dell'Arsenale durante tutto il XV secolo, si mantenne estremamente ridotta. A questa si contrappose il complesso apparato burocratico attivo già dalla prima metà del XVII secolo: "Il personale amministrativo dell'Arsenale in questo periodo risulta composto dal "nodaro e scrivan grando", dallo "scontro alla cassa", dallo "scontro alle porte", dallo "scontro alle maestranze", dal "sopramasser agli armizi", dal "masser della casa", dal "ragionato appontador", dall'"archivista", e dai "soprastanti". M. Forsellini, L'organizzazione economica dell'Arsenale, p. 67.
74. Fu questo il caso di Raffaele Penzino, scrivan al zornal, che nel 1503 si vide attribuito il salario di 120 ducati annui, mentre Alvise Roy, scrivan al libro grando, nello stesso anno ne percepiva solamente 88. Cf. A.S.V., Patroni e Provveditori all'Arsenal, reg. 7 (Capitolare III), cc. 18-19v; ivi, Consiglio di dieci, Deliberazioni miste, reg. 36, c. 59v.
75. Cf. la Tab. 3. Scrivani.
76. Cf. A.S.V., Patroni e Provveditori all'Arsenal, reg. 6 (Capitolare Il), c. 23.
77. "Per lo choliegio de Misser, conseieri, chavy de XL e patrony a l'Arsenal è sta' alecto per scrivan a luogo dele raxon de Chomun de l'Arsenal ser Sandro Rosso, siando el ditto tegnudo, holtra el suo quaderno che 'l die tegnir, aidar a tuto quelo che serà de bexognio a Domenego Penzin, scrivan al dito hofizio, e tute altre chosse serà de bexognio per l'ofizio, siandoli commandado per li patroni del Arsenal, et ducati .C.". Ibid., b. 566, Quaternus, c. 14v.
78. "Intelecta devota et umili suplicatione providi civis nostri Dominici quondam Antonii Penzino scribani in Arsenatu nostro, qui gravatus est magna familia et paupertate, ex quibus male vivere potest cum salario duchatorum septuaginta, et habita bona informatione de fidelitate, hobedientia et paupertate dicti suplicantis per nostros Patronos Arsenatus, fiat sibi gratia quod addantur siby ducaty viginty in auro, ita quod de cetero habeat duchatos nonaginta in anno". Ibid., c. 14.
79. "Ancora che se 'l mancasse algun di scrivani de l'Arsena, li Paroni no possa algun meter in l'Arsena in luogo de queli li qual mancase, se no de consentimento de tuti tre li Paroni, e se li no fosse concordeveli venga a miser e per miser e consieri, cavi e Paroni o per la maçor parte de queli sia fato quelo scrivano over scrivani di qual diti Paroni no serà stadi in concordia, no intendando in questo el scrivan novo che se die far in l'Arsena de nuovo". Ibid., reg. 5 (Capitolare I), cc. 75v-76. Su tredici scrivani, in servizio tra la fine del XIV secolo e la seconda metà di quello successivo, dei quali si conoscono le modalità di nomina, sette vengono nominati direttamente dai patroni (Lando Grilli, Giacomello Bianco, Marco Duodo, Stefano Zane, Marco Fiurian, Domenico Penzino, Bartolomeo Penzino), sei dal collegio formato dal doge, dai consiglieri ducali, dai tre capi di quarantia e dai patroni (Giovanni Contento, Giovanni Paganotto, Domenico Michiel, Antonino Rosso, Sandro Rosso, Daniele de Sanctis). Cf. la Tab. 3. Scrivani.
80. Cf. A.S.V., Collegio, Notatorio, reg. 9, c. 183v.
81. Nel giro di due decenni godettero di questo particolare trattamento di favore Domenico Penzino e Daniele de Sanctis. Il 15 marzo 1438, a causa dell'avanzata età e delle malferme condizioni di salute, Domenico Penzino ottenne infatti di essere prima affiancato e poi sostituito nell'ufficio dal figlio Bartolomeo: "Perché l'è bon sempre meritar quelli i qual se adopra in ben far d'utele e honor de la nostra serenissima dogal Segnoria, e chon zò sia cossa che ser Domenego quondam ser Anthuonio Penzin, schrivan in nel nostro Arsenal, sempre habia vegiado in ben et utele del nostro Comun, e al presente sia per l'etade e malatie molto dado soxo, per la qual cossa el non se possa adoperare chome el soleva, e perché sempre la nostra Segnoria à vegiado e vegia de meritar quelli che ben fa e simelemente i Patroni de l'Arsenal, zoè miser Bortholamio Vituri, miser Marcho Erizo e miser Lunardo Venier, tuti tre dachordo, ha eletto Bortholamio fio de dito ser Domenego Penzin schrivan in suo luogo in el dito Arsenal. Sì veramente che 'l dito ser Domenego debia vegnir a l'oficio e far l'officio de compania chon el dito so fio, chon salario l'à, e manchando el dito ser Domenego romagna el dito so fio in so luogo, chon el dito salario e chussì semo contenti nui Patroni tuti tre dachordo". Ivi, Patroni e Provveditori all'Arsenal, b. 566, Quaternus, cc. 21v-22. II 1° dicembre 1442, alla morte del padre, Bartolomeo Penzino venne confermato nell'impiego. Cf. ibid., c. 23. La "dinastia" dei Penzino, scrivani in Arsenale, si arricchì agli inizi del XVI secolo di Raffaele, figlio di Bartolomeo, scrivan al zornal, e alla metà dello stesso secolo di un altro Bartolomeo, figlio di Raffaele, scrivan grando. Su Raffaele Penzino cf. ibid., reg. 7 (Capitolare III), cc. 18, 19v; ivi, Consiglio di dieci, Deliberazioni miste, reg. 36, c. 59v; Marino Sanuto, I diarii, I-LVIII, a cura di Federico Stefani et al., Venezia 1879-1903: V, coll. 107-108, 926-930; XXIV, coll. 29-30. L'11 luglio 1457 fu invece la volta di Daniele de Sanctis che, a motivo delle numerose malattie che lo affliggevano e di non meglio precisate adversità, ottenne di essere aiutato nel proprio lavoro dal figlio Giuliano, con l'assicurazione che alla sua morte questi gli sarebbe subentrato nell'impiego: "Con zò sia che ser Daniel de Sancti, schrivan a l'Arsena, per le malatie et adversità l'à abudo sia molto dechinado et non se possi cussì exercitar chome el soleva, et Zulian de Sancti, so fio, sia zovene intellizente et habia competente praticha del officio, per i spectabeli segnori miser Zorzi Valaresso, miser Donado Barbaro et miser Iacomo Barbarigo, honorandi patroni de l'Arsena, tuti .3. dacordo, per i meriti de le bone opere del dito ser Daniel et de la fedelità soa, habiandosse sempre ben portado, è sta' electo Zulian de Sancti predicto per coadiutor del dito ser Daniel so padre ad aidarlo a le cosse del so officio, con questa condicion che manchando el dito ser Daniel el dito Zulian so fio sia schrivan in so luogo, con salario de ducati LXXXVIII d'oro a l'ano come l'à lui et con le altre condicion soe". A.S.V., Patroni e Provveditori all'Arsenal, b. 566, Quaternus, c. 26. Daniele de Sanctis morì circa quarant'anni dopo, il 3 marzo 1490, e il figlio Giuliano ne prese immediatamente il posto. Ibid., reg. 6, (Capitolare II), c. 39v. Attraverso questo espediente lo Stato veneziano raggiunse sostanzialmente due obbiettivi: da un lato si assicurò la più assoluta fedeltà di una specifica classe sociale, che nell'ambito dell'impiego burocratico rinveniva la fonte primaria di sostentamento e di gratificazione sociale, dall'altro ottenne la garanzia di poter disporre in qualsiasi momento, e senza costi aggiuntivi, di personale addestrato e altamente specializzato.
82. Fu il caso di Giacomello Bianco che, eletto scrivano il 20 ottobre del 1386, il 24 rifiutò l'ufficio per dedicarsi alla navigazione, e che nel dicembre del 1413 ottenne di seguire, quale uomo del consiglio, Andrea Barbarigo nella muda di Beirut. Cf. A.S.V., Patroni e Provveditori all'Arsenal, b. 566, Quaternus, c. 3; ivi, Collegio, Notatorio, reg. 4, c. 154. Anche Biagio Alberegno, scrivano in Arsenale dal 2 maggio 1420, nel marzo del 1426 lasciò l'ufficio per dedicarsi alla navigazione al comando di una propria cocca. Cf. ivi, Patroni e Provveditori all'Arsenal, b. 566, Quaternus, cc. 12, 14v; ivi, Collegio, Notatorio, reg. 6, cc. 40v, 49v; Annalisa Conterio, L'"Arte del navegar": cultura, formazione professionale ed esperienze dell'uomo di mare veneziano nel XV secolo, in AA.VV., L'uomo e il mare nella civiltà occidentale: da Ulisse a Cristoforo Colombo, Genova 1992, p. 211 n. 122 (pp. 189-225).
83. Giovanni Contento, scrivan grando in Arsenale dal marzo del 1383, con la retribuzione annua di 10 lire di denari grossi, preferì il 1° giugno 1387 rinunciare all'incarico per assumere quello di scrivano dei Camerlenghi di Creta. Cf. A.S.V., Collegio, Notatorio, reg. 2, c. 142. Domenico Michiel, scrivan grando in Arsenale dal 21 aprile 1407, con la retribuzione annua di 80 ducati, nel settembre del 1411 rinunciò all'incarico, dovendo recarsi a Candia per seguire il cognato, Paolo Barozzi, eletto vescovo della Canea; ritornato pochi anni dopo a Venezia, concorse più volte, senza troppa fortuna, a incarichi burocratici presso alcuni uffici veneziani, finché nel gennaio del 1418 venne riammesso in Arsenale, con la retribuzione annua di 60 ducati. Tuttavia, la sistemazione non dovette essere più di suo gradimento, dal momento che il 17 aprile 1420 preferì l'impiego di gastaldo dei procuratori di San Marco, anche a parità di salario. Cf. ivi, Patroni e Provveditori all'Arsenal, b. 566, Quaternus, cc. 8v, 9v, 11v; ivi, Collegio, Notatorio, reg. 4, cc. 18, 104v; ibid., reg. 5, cc. 84v, 128v, 134. Su Paolo Barozzi vescovo della Canea cf. Pio Bonifacio Gams, Series Episcoporum Ecclesiae Catholicae, Ratisbonae 1873, p. 402.
84. "Les fonctions du Contremaître des charpentiers de l'Arsenal [= proto dei marangoni] comprenaient la direction de tous les charpentiers qui y étaient employés. Les responsabilités de cette charge supposaient que les Seigneurs [Paroni] qui gouvernaient l'Arsenal choisissaient l'homme dont les capacités techniques leur inspiraient le plus de confiance, mais aussi, puisqu'il s'agissait du service le plus important de l'Arsenal, ils devaient rechercher quelqu'un qui ait fait la preuve de ses qualités d'organisateur et de sa probité. L'importance des tâches administratives du Contremaitre a pu faire préférer parfois au plus fameux constructeur de galères un homme qui ait mieux su s'imposer au respect et à l'obéissance des ses collègues. Pour cette raison, ou pour une autre, on voit qu'au XVe siècle, la plupart des Contremaîtres eurent des rivaux dont les galères étaient plus réputées que les leurs". F.C. Lane, Navires et constructeurs à Venise, pp. 52-53.
85. Bernardo di Bernardo venne nominato proto dei marangoni il 27 giugno 1424 in luogo del padre, Giacomello di Bernardo, morto lo stesso giorno. Cf. A.S.V., Patroni e Provveditori all'Arsenal, b. 566, Quaternus, c. 14; F.C. Lane, Navires et constructeurs à Venise, p. 53. Cf. anche la Tab. 4. Proto dei marangoni.
86. Circa il cognome di maestro Nicola le fonti documentarie veneziane oscillano tra "Palapano" e "Palopano". Il Lane, e altri sulla sua scorta, propendono per "Palopano"; anche in questa sede, data la consistenza, e non solo quantitativa, nelle citazioni dell'uscita "Palopano", si è preferito accogliere quest'ultima.
87. I primi tentativi intrapresi dai Veneziani al fine di convincere Nicola Palopano a trasferirsi a Venezia risalirono, stando al Lane, che al riguardo non cita la propria fonte, al 1407, in coincidenza con la morte dello zio, Teodoro Baxon, avvenuta proprio a Venezia in quello stesso anno: "On pense que Baxon mourut en 1407, car les Vénitiens entreprirent cette année-là de s'assurer les services de son neveu Nicolò Palopano, couramment appelé à Venise Nicolò le Grec. Nicolò était alors employé à Rhodes et on ne le persuada que dix-sept ans plus tard de s'installer à Venise. On lui versa alors soixante-dix ducats, à bord d'une galère vénitienne, dans le port de Rhodes, en lui promettant un salaire annuel de deux cents ducats (son oncle, richement payé ne recevait que cent trente ducats par an), cinquante ducats supplémentaires pour son déménagement et une maison aux frais de l'Ètat". F.C. Lane, Navires et constructeurs à Venise, p. 53. Il 15 dicembre 1424 Albano Morosini sottoscrisse, per conto della Repubblica, la convenzione in base alla quale il Palopano si impegnava a trasferirsi a Venezia e a mettersi al servizio dell'Arsenale: "In Christi nomine. MCCCCXXIIII. Adì 15 dezembrio. Achordo e convenzion fato per me Alban Morexini chodam miser Zorzi qui in Ruodo chon maistro Nichuola Palopanon abitador in Ruodo. Per nome de la nostra serenissima dogal Signioria de Veniexia e de suo chomandamento, segondo che ho abudo per so letere dogal prima che per vigor de la libertà a me chomesa, prometo al dito maistro Nichuola per nome de quela prof[e]rta ezelsa Signioria che andando lui a Veniexia per stanziar l'averà da quela Signioria per lavorar e far lavorar galie, fuste e hogni altra chossa che per esa Signioria li sarà chomesso prima una dele caxe de l'Arsenal huxitada a dar a tal maistri de galie, de bando, e daver legnie ho stele per so uxo segondo uxanza, e dar a quelo per so salario a l'ano a raxion de ducati 200 d'oro, zoè ducati duxento d'oro veniziani, abiando le sue page de tenpo in tenpo segondo uxanza, chomenzando l'ano al zorno che de qui el se partirà per andar in bona gratia e ventura a Veniexia, non andando però in altro luogo salvo dreto al so viazo chon el plui presto e abel pasazo l'averà. Anchora sia manifesto chome adì dito de sopra ho dado in so man al dito maistro Nichuola per parte de so salario per imprestedo azò el possa spazar de qui e far i suo fati, segondo chome da ezo son recherido, ducati 50 d'oro, zoè ducati zinquanta, per nome de la proferta ezelsa Signioria". A.S.V., Patroni e Provveditori all'Arsenal, b. 566, Quaternus, c. 16.
88. Non si conosce, al momento, l'anno esatto in cui Teodoro Baxon - conosciuto anche sotto il nome di "magister Bassianus" - abbia iniziato a costruire le proprie galere sottili nell'Arsenale di Venezia. È possibile comunque ipotizzare che la collaborazione sia iniziata negli ultimi decenni del XIV secolo. Nel 1403 una parte del pregadi lo qualificava infatti come "senex", lasciando tuttavia trasparire un'attività dello stesso in Arsenale esperimentata ormai da anni. E proprio a motivo delle eccezionali qualità dimostrate dal Baxon nella costruzione delle galere da combattimento, nella stessa parte il pregadi lo invitava formalmente a insegnare i segreti della sua arte a tutti coloro che avessero voluto apprenderla: "Quia magister Bassianus est optimus magister in faciendo galeas subtiles, ut omnibus est manifestum, et bonum sit dare ei causam, quia est senex, quod doceat magisterium suum alios, et ipse magister Bassianus sit contentus docere suum magisterium illos qui volent vocare se suos discipulos, et ipsum magistrum dum tamen sit certus de salario suo in vita sua, vadit pars quod auctoritate istius Consilii debeat sibi confirmari in vita sua beneficium salarii quod habet ad presens, quod salarium est ducatorum centumtriginta in anno, postquam est contentus docere suum magisterium illos qui vocabunt eum magistrum et ipsos suos discipulos". Ivi, Senato, Deliberazioni miste, reg. 46, c. 76. Il 4 aprile 1407 il Baxon figura, comunque, essere già morto: "Cum in nostro Arsenatu sint principiate novem galee per quondam magistrum Bassianum ". Ibid., reg. 47, c. 109v. Dell'abilità costruttiva del Baxon testimonia ampiamente la longevità delle galere dallo stesso realizzate, alcune delle quali nel 1431 erano ancora in grado di prendere il mare: "Captum quod ex sex galeis magistri Bassiani quae sunt in Arsenatu accipiantur tres et operentur ad agendo maris". Ibid., reg. 58, c. 56. Ma più ancora testimonia il divieto assoluto, espresso dal pregadi il 27 gennaio 1418, di utilizzare, senza il proprio consenso, le ultime galere sottili da lui realizzate, dal momento che dovevano essere conservate in Arsenale quali modelli per la costruzione di tutte le altre galere da combattimento. "Cum alias in 1407 .X. aprilis captum foret in hoc Consilio quod aliqua ex novem galeis fabricatis per condam magistrum Bassanum, respectu mensure et qualitatis fabrice, non possent dari extra Arsenatu sine deliberatione duarum partium Consilii Rogatorum, cum pro conservando illas in casibus opportunitatibus tum quod forent exemplum et magisterium aliis magistris, et sicum notum est dicta pars cum effectu non observatur, ordinetur et ex nunc captum sit quod pars predicta debeat nunc et in posterum inviolabiliter observari, videlicet quod aliqua ex galeis novem que reperiuntur ad presens in Arsenatu nostro non possit aliquo modo, ingenio vel forma, dari extra Arsenatum nec aliter disponi vel contrafieri, ullo modo vel forma, nisi cum deliberatione ipsarum duarum partium Consilii Rogatorum, sub pena librarum .C. cuilibet qui sine deliberatione ipsarum duarum partium daret, sive poneret, vel asentiret de dando aliquam ipsarum". Ibid., reg. 52, c. 72. Una traccia, seppur labile, dei segreti costruttivi del Baxon può essere colta nella premessa proprio della parte del 10 aprile 1407: "Cum in nostro Arsenatu sint principiate novem galee per quondam magistrum Bassianum, quarum octo sunt aperte quatuor digitis plus in bucha quam alie omnes de una mensura, que essent tempore guerre, quod absit, perfectissime imo omnino necessarie pro armizando, et una minoris sexti pro antiguardia et pro mittendo ad supervidendum de inimicis". Ibid., reg. 47, c. 109v. Circa l'identificazione di Teodoro Baxon con "magister Bassianus" e£ Frederic C. Lane, L'architettura navale intorno al 1550, in Id., Le navi di Venezia, Torino 1983, p. 285 (pp. 284-310). Sulle "misure" delle galere del Baxon cf. Ragioni antique spettanti all'arte del mare et fabriche de vasselli, a cura di Giorgetta Bonfiglio Dosio, Venezia 1987, p. 21, e Alvise Chiggiato, Le "ragioni antique" dell'architettura navale, ibid., p. LXVIII.
89. "[...] quia sicut sentitur propter ea quia videbitur sibi quod in domo nostra predicta non bene tractetur, non aliter nisi quia cum vult habere aliquos secum ad laborandum galeas per illos officiales Arsenatus impeditur, de quo se tenet gravatum sicut sentitur. Et attento quantum ab omnibus laudantur galee quas facit de velocitate et bonitate, et quod est homo pro magisterio suo in dicta domo tenendus, vadit pars quod auctoritate huius Consilii deputetur dictus magister Nicola pro protho ad faciendum galeas subtiles sicut erat magister Bassanus, cum salario quod ad presens habet, et ordinetur quod ne habeat aliquid agere cum aliis officialibus dicte domus, quod Patroni Arsenatus debeant dare dicto magistro Nicolae illas magistrancias et manuales que sibi erunt necessarie pro laborerio quod faciet de tempore in tempus, sicut ipsis Patronis videbitur, quibus solvatur eo precio et ad illud tempus quo solvetur aliis, sub pena librarum centum pro quolibet Patronorum. Et insuper, ne possint segui de inconvenientiis secutis usque modo, teneatur et debeat scriba noster dicte domus Arsenatus, et non alter, esse ille qui vadat ad appunctandum et videndum magistrantias acceptas per ipsum magistrum Nicolam, sicut sit de aliis aliorum officialium. Qui scriba sub debito sacramenti hoc facere teneatur nec aliquis alter se impediat in hoc". A.S.V., Senato, Deliberazioni miste, reg. 57, c. 201.
90. Cf. Mauro Bondioli, Il segreto dei proti e le "raxon de fabricar galie", in corso di stampa.
91. "L' Ètat encourageait naturellement la concurrence entre les principaux maîtres-charpentiers". F.C. Lane, Navires et constructeurs à Venise, p. 54. Cf. anche A.S.V., Collegio, Notatorio, reg. 6, c. 2v.
92. "Cum iam uno mense captum fuerit fabricandi .XX. corpora galearum, .X. bastarda et .X. bastardela, et per experientiam visum et cognitum fuerit galeas bastardas et bastardelas magistri Bernardi respondere optime omni rei, bonum est quod secundum illum sextum iste .XX. galee fabricentur, vadit pars quod Patroni Arsenatus debeant facere dare principium illis viginti galeis, sicut est captum, per magistrum Bernardum et Grecus [= Nicola Palopano] vadat complendo galeas subtiles, sicut per Consilium alias fuit ordinatum". A.S.V., Senato, Deliberazioni miste, reg. 58, c. 136v.
93. Con il termine "sesto" si deve intendere, in senso tecnico, una sagoma (dima) di legno che consentiva al proto di riprodurre in scala reale, senza l'ausilio di alcun disegno, le varie componenti lignee dello scafo; in senso più generale, il sesto riassumeva i criteri costruttivi, il tracciato progettuale, che ogni costruttore seguiva nell'impostare il corpo della galera, frutto della propria elaborazione, della propria esperienza, ovvero dettati da maestri più celebrati o da particolari disposizioni normative. Osserva a questo riguardo il Lane: "À partir de quelques mesures fondamentales, telles que le bau, la profondeur, etc., on pouvait déduire avec une précision suffisante les dimensions de chaque courbe de la charpente en appliquant les règles de proportions relatives, ainsi qu'il est indiqué dans les notes d'artisans [...] que nous ont transmis les traités de construction navale. Ces mesures constituaient le sesto ou dessin de la galère. Quelques-unes des mesures fondamentales étaient fixées par le Sénat lui-même, notamment celles des galères marchandes. Les galères légères étaient construites généralement d'après un seul dessin". F.C. Lane, Navires et constructeurs à Venise, pp. 197-198.
94. "Cum per experientiam cognoscatur quod omnes galee nostri Arsenatus, tam grosse quam subtiles, que facte sunt per magistrum Nicolam Grecum sint optime ac veloces ad vellas, remos ac in omni actu navigandi, et alie Balie facte per alios magistros seu prothomagistros nichil valent vel modicum, vadit pars quod de cetero non possint poni in canterio nec fieri in nostro Arsenatu alique galee grosse vel subtiles alicuius sortis nisi ad sestum et formam ipsius magistri Nicolae, et sicut per ipsum ordinabitur. Et Patroni Arsenatus, sub pena ducatorum VC. in suis propris bonis faciant hunc ordinem observari. Qui sub eadem pena, infra terminum qui limitabitur per nostrum Dominium, poni faciant in canterio per dictum magistrum Nicolam tot galeas quot loca sunt vacua, partim grossas, partim subtiles, sicut per Dominium ordinabitur. Et si essent posite alique imposture galearum de aliis mensuris vel sestis quam dicti magistri Nicole, que imposture mutari vel reformari possint et reduci ad formam seu sesti dicti magistri Nicole. Dicti patroni istud fieri facere teneantur ita ut omnes galee cuiuscumque sortis, tam nunc quam imposterum fiant secundum sestum et ordinem ipsius magistri Nicole". A.S.V., Senato, Deliberazioni miste, reg. 60, c. 17.
95. "Quod magister Nicola grecus et magister Bernardus facia[n]t galeas de portatis que de tempore in tempus per Collegium ordinabuntur, sed ex nunc declaretur quod magistro Nicole deputetur tot choperture sive volti pro ponendis galeis in canterio quot voltos habet magister Bernardus". Lo scontro ottenne 49 voti a favore, 5 contrari e 3 non sinceri. V. ibid.
96. Sull'intera vicenda che vide il proto veneziano contrapporsi invano al maestro greco cf. anche F.C. Lane, Navires et constructeurs à Venise, pp. 54-55. Sulla tradizione costruttiva di matrice greca cf. Ennio Concina, Navis, Torino 1990, p. 75.
97. "Per tuti 3 [i patroni] dachordo [Bernardo di Bernardo] fo meso fuora de l'Arsenal e adì 8 agosto fo fato ser Marco Biondo proto de marangoni. Adì 15 luio fo fato chomandamento per la Signoria che 'l non posa entrar in l'Arsenal per fin non è spazado da i Avogadori". A.S.V., Patroni e Provveditori all'Arsenal, b. 566, Quaternus, c. 14.
98. Che la morte avesse colto il Palopano in piena attività lavorativa lo si può ricavare da una più corretta lettura di un passo delle Ragioni antique spettanti all'arte del mare et fabriche de vasselli in cui in luogo di "Queste mexure ssì è de le galie ssotil molto bele che feva maistro Nichola Moriando" (letto anche "Morando") si deve leggere "Queste mexure ssì è de le galie ssotil molto bele che feva maistro Nichola moriendo", intendendo "moriendo" voler dire "in punto di morte", "nel momento di morire" (v. ibid., p. 186). In "maistro Nichola" va identificato in ogni caso proprio il Palopano, e senza dubbio alcuno. Cf. A. Chiggiato, Le "ragioni antique" dell'architettura navale, p. LXX.
99. Cf. A.S.V., Patroni e Provveditori all'Arsenal, b. 566, Quaternus, c. 14. Che l'8 agosto 1437 Nicola Palopano fosse sicuramente già morto lo si desume dal testo della parte presa lo stesso giorno in pregadi: "Quod committatur Extraordinariis quod filium quondam magistri Nicole, qui erat prothomagistri in nostro Arsenatu, cui accepta fuerunt quasi omnia que habebat propter expensam factam in sepolturam dicti sui patris". Ivi, Senato, Deliberazioni miste, reg. 60, c. 31.
100. È possibile avanzare l'ipotesi che Teodoro Baxon fosse stato chiamato a Venezia proprio in seguito alle pessime prove date dalle galere veneziane nella battaglia di Pola del 5 maggio 1379, che vide la flotta di Vettor Pisani soccombere alla superiorità tecnica delle galere genovesi. Cf. Vittorio Lazzarini, La battaglia di Pola e il processo di Vettor Pisani, "Nuovo Archivio Veneto", n. ser., 25, 1913, pp. 177-198.
101. Superiorità dimostrata una volta di più dall'invito rivolto al Baxon di insegnare i segreti della propria arte alle maestranze dell'Arsenale che avessero voluto apprenderli. Cf. A.S.V., Senato, Deliberazioni miste, reg. 46, c. 76.
102. Una conferma di quanto osservato si ricava proprio dalla nomina, inconsueta per l'addietro e pure per tutta la successiva vicenda dell'Arsenale, a proto delle galere sottili tanto di Teodoro Baxon quanto di Nicola Palopano e a prothomagister galearum del figlio di quest'ultimo Giorgio, detto "il Greco", non più ripetuta a favore di maestri veneziani.
103. Le galere sottili attribuite al Baxon erano lunghe, da erto, 110 piedi veneziani (m 37,810), mentre la lunghezza media delle galere sottili costruite dai proti veneziani negli stessi anni arrivava fino a 111 piedi e 1/2 (m 38,325); si ha altresì notizia di una galera sottile eccezionalmente lunga 116 piedi (m 39,837). Afferma a questo proposito il Lane, riferendosi alle galere sottili costruite dal Baxon, ovvero secondo il suo sesto: "Les galères légères du type qu'on lui attribue étaient un peu plus courtes que la moyenne de l'époque (110 pieds au niveau du pont au lieu de 111 1/2) aussi hautes, aussi larges, mais beaucoup plus lourdement construites avec quatre-vingt-quinze membrures ou couples au lieu de quatre-vingt-quatre que comptait généralement la coque des galères légères à cette époque". F.C. Lane, Navires et constructeurs à Venise, p. 53. Intorno agli stessi anni la galera grossa di Romània raggiungeva la lunghezza di 118 piedi (m 40,560) e quella di Fiandra 118 piedi e 1/2 (m 40,731). Verso la metà del secolo la galera sottile descritta da Zorzi Trombetta da Modone, probabilmente una bastarda, raggiungeva la lunghezza di 117 piedi e 1/2 (m 40,387). Come si può osservare, più ci si avvicina al XVI secolo, più le dimensioni delle galere, tanto da combattimento quanto da mercato, tendono ad aumentare, e non solo in lunghezza. Cf. ibid., pp. 220-223; Id., I tonnellaggi nel medioevo e in epoca moderna, in Id., Le navi di Venezia, Torino 1983, pp. 124-149.
104. Cf. A.S.V., Senato, Deliberazioni miste, reg. 46, cc. 70, 76; reg. 47, c. I09v; reg. 52, c. 72; reg. 60, c. 17.
105. "Le service des charpentiers navals fut ainsi divisé en deux sections, dirigeés chacune par un Contremaître; l'une construisait les galères légères, l'autre les grandes galères". F.C. Lane, Navires et constructeurs à Venise, p. 54.
I o6. "Dernier de cette dynastie de Contremaîtres, bien qu'il fut connu sous le nom de Giorgio le Grec, il avait été si fortement marqué par la tradition vénitienne qu'il eut pour spécialité un type de navire particulier à Venise, la grande galère marchande". Ibid., p. 55.
107. "Cum alias magistro Nicole Palapano, olim prothomagistro nostri Arsenatus data fuerit certa provisio propter suam scientiam fabricandi galearum, qui nunc mortuus est, et ab eo remanserit Georgius filius quondam suus, non minoris intelligentie et scientie galearum quam fuerit pater, uti per experientiam galee nuper fabricate patet ac etiam per iudicium omnium navigantium et intelligentium galee plane iudicatur, et bonum sit prorsus habere et tenere hunc magistrum apud nos pro utilitate nostri Arsenatus, et respectu egestatis quam habemus talium notabilium magistrorum, vadit pars quod illa provisio quam habebat pater suus detur huic Georgio filio suo, pro qua solvere debeat decimam tantum. Item habere debeat domum quam habuit pater suus, in qua nunc habitat, sed aptetur sibi ita convenienter ut in illa commode habitare possit. Item habere debeat stellas ab igne pro usu sue domus sicut alii habere consueverunt. Et propter hoc fabricare teneatur illas galeas cuiuslibet quantitatis et quaslibet fustas quas Dominium per tempora ordinabit. Et ne propter magistros quos ad fabricam galearum ipse requiret possit aliquid scandalum oriri, ex nunc sit captum quod illi magistri quos Patroni Arsenatus ordinabunt venire ad Arsenatum pro fabricandis galeis suis non possint sibi accipi nec a prothomagistro nec ab alia quavis persona, ullo modo vel causa, ut possit cum illis magistris attendere ad fabricam galearum sibi commissarum. Item teneatur dictus magister Georgio tenere secum in domo duos famulos qui sub eo discere possint artem predictam sicut tenent alii prothomagistri. Insuper ne scandalum oriatur inter eum et alios prothomagistros, ordinetur quod quandocumque navigia lignaminum ducentur ad Arsenatum unus Patronus ordinet et fieri faciat quod illa pars lignaminum que dictis Patronis videbitur ponatur pro hoc magistro Georgio in aliquo loco Arsenatus separatim ab alio lignamine aliorum magistrorum ut pro fabricandis galeis vel galeotis nostris dictus Georgius habeat lignamina parata sine lite et scandalo alicuius". A.S.V., Senato, Deliberazioni miste, reg. 60, c. 92v.
108. "Il [= Giorgio Palopano] était en train de construire un navire de ce genre [una galera da mercato] au moment de la mort de son père et continua par la suite à construire des galères pour le voyage des Flandres. C'est peut-étre bien lui qui prit la responsabilité d'augmenter les dimensions des galères marchandes car, à l'èpoque de sa plus grande activité, le Sénat se plagnait de leur taille excessive". F.C. Lane, Navires et constructeurs à Venise, p. 55.
109. 4 giugno 1438: "Galea nova quam fecit Graecus [= Giorgio Palopano] deputetur ad viagium Flandrie". A.S.V., Senato, Deliberazioni miste, reg. 60, c. 87.
110. Il 17 settembre 1439, palese dimostrazione della fiducia di cui era circondato negli ambienti di governo veneziano, Giorgio Palopano ricevette dal pregadi l'incarico di realizzare la galera che, ridotta a pezzi, avrebbe dovuto venir trasportata fino al lago di Garda: "Vadit pars quod mandetur nostris Patronis Arsene quod debeant parari facere tres galeas mensure illius cuius est galea imperatoris, sed pro nunc attendere debeant omni diligentia et cura possibili ad apparationem unius tantum ita quod in peciis mitti possit in lacum; qua expedita de reliquis duabus sequatur, et faciant sicut sibi mandabitur per Dominium. Quod fabrica istius galee comittatur magistro Georgio Greco prothomagistro in Arsenatu nostro". Ibid., c. 170. Le galere vennero poi assemblate da Giorgio di Giovanni, (conosciuto anche sotto il nome veneziano di Zorzi de Zuanne) proto dei marangoni dal 1466. Cf. A.S.V., Senato, Deliberazioni terra, reg. 3, c. 152.
111. 2 marzo 1439: "Cum in nostro Arsenatu sit necessitas galearum grossarum, et utile ac necessarium sit quod in illo Arsenatu habeantur de dictis galeis grossis pro viagiis occurrentibus, vadit pars quod Patroni Arsenatus, sub pena ducatorum .C., precipere debeant magistro Georgio quod statim ponere debeat in canterio galeas quattuor grossas mensurarum solitarum ". Ibid., c. 130v. 19 marzo 1440: "Cum in nostro Arsenatu non sint galee pro viagiis ordinatis, et sit necesse omnino providere quod habeant galee grosse que iam anno uno auctoritate huius Consilii fuerunt ordinate fieri, nec adhuc incepte sunt, incipiantur et fiant sicut est opus fieri et sicut placuit huic Consilio, vadit pars quod Patroni Arsene debeant deputare magistro Georgio Greco pro fabricandis dictis quattuor galeis grossis tres secatores et .XIII. marangonos qui cum ipso magistro intendant ad fabricam galearum predictarum". Ibid., c. 202. 26 gennaio 1441: "Vadit pars quod de cetero ad viagium Tane, Trapesunde et Moncastri non possit navigari nec per hoc Consilium deputari alie galie quam sexti et ratione antiqui, portate miliariorum trecentorum usque trecentum viginti. Et addatur in Capitulari Patronorum Arsene quod huiusmodi galeas faciant sexti et mensure predicte et non maioris, sub pena ducatorum centum cuilibet patrono et librarum centum cuilibet prothomagistro. Et ex nunc sit captum quod pro executione huius nostre intentionis Patroni Arsene teneantur fieri facere duas galeas per magistrum Georgium Grecum ad mensuram predictam". Ivi, Senato, Deliberazioni mar, reg. 1, c. 13v.
112. Ibid., c. 101v.
113. "Quod Collegium teneatur et debeat sumere bonam et veridicam informationem de sufficientia et de omnibus alii rebus opportunis in factis et exercitio magistri Georgio, prothomagistri in nostro Arsenatu ". Ibid., c. 77.
114. Cf. F. Rossi, Le magistrature, pp. 723-745.
115. "Quod pro non augendo expensas Arsenatui non eligatur alius prothus quam magister Georgius, sed idem magister Georgius qui fuit et est prothus sit prothomagister Arsenatus cum iurisdictionibus omnibus quibus semper fuerunt prothi". A.S.V., Senato, Deliberazioni mar, reg. 1, c. 101v.
116. Non si conoscono i motivi per i quali Giorgio Palopano fu costretto ad abbandonare il servizio, anche se non è del tutto azzardato avanzare l'ipotesi dell'età avanzata o di qualche malattia gravemente invalidante. Nella terminazione dei patroni all'Arsenal relativa alla scelta del successore, Piero Bon, avvenuta il 22 luglio 1453, di questi motivi non viene fatta assolutamente menzione. Cf. ivi, Patroni e Provveditori all'Arsenal, b. 566, Quaternus, c. 26. La morte del Palopano è comunque da far risalire ai primi mesi dell'anno successivo. Cf. ivi, Senato, Deliberazioni terra, reg. 3, c. 152.
117. "Sa nomination [di Giorgio Palopano] en 1442 comme seul Contremaître des charpentiers navals sur intervention directe du Sénat, fut la récompense méritée des remarquables services que ces constructeurs levantins avaient rendu à la Reine de l'Adriatique. Après sa morte survenue en 1455 [sic!], les Contremaitres, comme leurs rivaux furent des Vénitiens; peut-étre ceux-ci n'avaient-ils plus rien à apprendre de l'Orient, ou peut-être l'apparition d'une nouvelle puissance navale, celle des Ottomans, empêcha-t-elle désormais de telles migrations". F.C. Lane, Navires et constructeurs à Venise, p. 55.
118. Cf. la Tab. 4. Proto dei marangoni. Un'altra celebre dinastia di proti dei marangoni fu quella dei Bressan che a partire da Giovanni, nominato proto sicuramente prima del 15 gennaio 1471, fu presente in Arsenale fino a tutta la metà del secolo successivo. Cf. A.S.V., Collegio, Notatorio, reg. 13, c. 190; reg. 14, c. 51; reg. 15, c. 105; ivi, Patroni e Provveditori all'Arsenal, reg. 6 (Capitolare 11), c. 3v; ivi, Senato, Deliberazioni mar, reg. 9, cc. 77v, 81; reg. 11, c. 17; reg. 13, c. 90v; reg. 20, cc. 192v-193; ibid., Deliberazioni terra, reg. 6, c. 118v; M. Sanuto, I diarii, III, col. 829; XIV, col. 601; XV, col. 176; XVIII, col. 223; XXIV, coll. 29-30; XXVII, col. 392; XXVIII, col. 373; XXXIII, coll. 335, 342, 356, 358, 380, 386; XXXIV, col. 50; XXXIX, col. 440; XL, col. 714; XLVI, col. 562; L, coll. 151, 552; LVI, col. 995; Ugo Tucci, Bressan, in Dizionario Biografico degli Italiani, XIV, Roma 1972, pp. 192-194; F.C. Lane, Navires et constructeurs à Venise, pp. 47-48, 55-60, 63-64, 88, 118, 157, 191-193, 198, 229, 259, 265-266; E. Congina, L'Arsenale della Repubblica di Venezia, pp. 48, 89, 108, 118, 124, 154 Id., Navis, pp. 46, 51-52, 55, 61-62, 64, 69, 73, 100, 118, 121, 125-126, 131, 137-138, 140-143, 145, 155, 157, 161.
119. "Et non possint esse dicti famuli minoris etatis annorum duodecim complectorum, ita tamen quod ipsi famuli accipiantur cum voluntate et beneplacito Patronorum Arsenatus". A.S.V., Senato, Deliberazioni miste, reg. 30, c. 34v. Se, tuttavia, il fante era figlio di un proto o di un altro maestro, e lavorava con il padre, l'età minima veniva abbassata a dieci anni. La normativa al riguardo subì sostanziali aggiustamenti tra la seconda metà del XIV secolo e la prima metà del XVI. Una parte del pregadi dell'8 novembre 1361, per esempio, ridusse da due a uno il numero dei fanti a cui avevano diritto i proti e proibì loro qualsiasi forma retributiva: "vadit pars quod protomagistri praedicti, tam praesentes quam futuri, habeant pro unoquoque de salario libras decem grossorum in anno et ratione anni, habendo unum famulum tantum pro quolibet protomagistro, qui quidem famuli quandocumque laboratur in nostro Arsenatu laborare teneantur sine aliquo praemio et utilitate, salvis expensis Communis quas habeant sicut alii laboratores La". Ibid. Divieto riaffermato poi il 17 marzo 1377: "li fenti [sic!] di proti maistri, di calafadi e di marangoni, li qual hè tegnudi de lavorar in l'Arsena sença salario". Ivi, Patroni e Provveditori all'Arsenal, reg. 5 (Capitolare I), c. 71v. In effetti la nomina a proto dei marangoni di Giacomello Zambon il 15 febbraio 1381, si attenne sostanzialmente alla prescrizione del pregadi: "Ser Iachomelo Çambon fo reçeudo in questo ofiçio per proto maistro de li marangoni in luogo de ser Mafio Lero per i signori Paronii de l'Arsena, con salario de libre X de grossi d'oro a l'ano, con uno fante a suo spexe". Ibid., b. 566, Quaternus, c. 2v. Intorno alla metà del secolo XV il numero dei fanti cui avevano diritto i proti dei marangoni, in qualche caso isolato, venne nuovamente riportato a due, come attesta la nomina a proto di Piero Bon del 22 luglio 1453: "Maistro Piero Bon è sta' electo per lo Collegio, et miser, Conseieri, Cavi e Patroni de l'Arsena prothomaistro de marangoni de l'Arsena [...] et vienli dado de salario ducati CX, zoè ducati zento e diexe d'oro a l'ano, et la caxa deputada, possando tegnir do fanti, i qual lavorando sia pagadi quello prexio parerà a i Segnari de l'Arsena convenienti". Ibid., c. 26. All'inizio del XVI secolo (15 gennaio 1518), e nell'ambito di quei provvedimenti assunti per rinvigorire la cantieristica, tanto pubblica che privata, dei quali si è fatto cenno più sopra, proprio i patroni all'Arsenale si fecero promotori di una terminazione che ripristinò, in via definitiva, secondo le antiche consuetudini, la facoltà dei proti di avvalersi dell'aiuto di due fanti, e questa volta regolarmente retribuiti: "Essendo comparsi più volte davanti i magnifici Provveditori e Patroni al Arsenal li prothi de ditta Casa, supplicando che, sì come ab antiquo è sta' observato, li sia concesso portar i sui fanti cum el solito stipendio, come per li ordini nelle maregule de i sui mestieri è contenuto, non obstante che in execution de una parte presa in pregadi fino del 1487, adì 29 lugio, mai observata in lor fanti salvo che dal 1514 a driedo, che per ordine de i magnifici Provedadori et Patroni era a quel tempo a bocha li fu levati, allegando molte altre sue rason et cetera. La qual rechiesta refferita per sue magnificentie ala illustrissima Signoria, et per quella a bocha a sue magnificentie remessa, perhò considerando la importantia del servitio de essi prothi a la ditta casa, et visto che le maistranze per sublevar maistri li è concesso i fanti et che ad essi prothi meglio se convien quelli, perché da loro scranno meglio amaestrati e per altri convenienti bisogni, visto li ordini dele sue maregule et etiam la predicta parte del 1487, ne la qual se dice de i famegli et non de fanti, unde essi magnifici Patroni miser Polo Contarini, miser Lorenzo Badoer et miser Alvise di Prioli, d'acordo, terminano et ordinano che a essi prothi, videlicet de marangoni, chalafadi, albori et remeri, sia concessi et ritornati in loro due fanti per uno, scritti et obligati secondo i ordeni de le sue maregule. I quali non habino menor etade de anni XII, cum obligation de venir a lavorar in la preditta casa le debite hore, come fano le altre maistranze a zornata, et siano pagati per i zorni lavoreranno, solamente a li precii soprascritti. Dechiarando che mai per alcun tempo non possino né debiano esser augumentadi dicti precii quovis modo, ma debiano continuar i loro fanti preditti cun essi precii fino che intreranno maestri ordenarii. Dechiarando etiam che li appontadori che apponteranno essi fanti, over alcun de quelli che non intreranno in la casa ale hore debite, et similiter ussendo fuora inanti le debite hore non li desponteranno, siano privi et cassi de i loro offitii. Al protho veramente de marangoni sia limitado fanti duo ut supra, i quali habiano li primi anni tre soldi diexe al zorno, et el resto, che sono anni quattro, soldi dodexe. Et essendo fioli possino esser de anni diexe, cum li ditti soldi XII per tutto ditto tempo". Ibid., reg. 7 (Capitolare III), cc. 9v-10.
120. Circa l'essenza più profonda di quest'arte, ovvero il metodo progettuale proprio dei proti dell'Arsenale, e non solo di quello veneziano, scrive Alvise Chiggiato: "Si tratta di un metodo che non richiedeva disegni e che consentiva di tracciare uno scafo sulla scorta solo di una breve scheda contenente le dimensioni massime e non più di una ventina di istruzioni accessorie. Queste ultime sono standardizzate a tal punto nelle relazioni interne tra loro che possono convenzionalmente essere ridotte a un terzo: ecco la ragione per la quale nella maggioranza dei testi [di costruzione navale] figurano in forma così succinta. Tale procedimento prevedeva molto probabilmente l'utilizzo di due sagome curve e di due o tre ῾stazze', vale a dire stecche rettilinee variamente marcate, attrezzatura che sostituiva il disegno e che è ancor similmente in uso negli ῾squeri veneziani' dove si costruiscono gondole. Nonostante l'apparenza rudimentale, il sistema è però non solo autoverificante, nel senso che un errore in una sola delle venti istruzioni, enunciata o meno, comporta errori successivi obbligati che rendono il risultato finale impossibile, ma è di una sorprendente precisione, superiore a quella ottenibile oggi da un disegno in scala 1:20, che è quella tollerabile per rappresentare una barca di una quarantina di metri. Il suo pregio infatti consiste nel produrre direttamente sagome esecutive in grandezza naturale. Tutto ciò quindi documenta un certo livello di tecnologia, la cui importanza con molta probabilità supera i confini della storia della progettazione navale per allargare il quadro complessivo che si ha delle conoscenze teoriche e pratiche del tardo Medioevo". A. Chiggiato, Le "ragioni antique" dell'architettura navale, p. LIX. Per un cenno, anche sommario, sui trattati di costruzione navale dell'età medioevale e moderna, per la descrizione di questi diversi manoscritti e i riferimenti bibliografici essenziali si rinvia a F.C. Lane, Navires et constructeurs à Venise, pp. 267-268 e A. Chiggiato, Le "ragioni antique" dell'architettura navale, p. LVIII. Circa le tecniche costruttive, e in particolare i criteri di tracciatura del costame con il "sesto" (sesto da ingropar corbame), ancora in uso nella cantieristica minore veneziana cf. Giovanni Giuponi. Arte di far gondole, a cura di Giovanni Caniato, Venezia 1985.
121. Si sono già ricordati i casi di Teodoro Baxon e di Nicola Palopano, qualificati entrambi "proto delle galere sottili", e di Giorgio Palopano definito "prothomagister galearum". A questi è da aggiungere anche Giovanni Bressan qualificato nel 1471 "prothomagister navium et gallearum", ancorché in quel momento estraneo all'Arsenale: "Est in hac nostra civitate Ioannes Brixiensis, prothomagister navium et gallearum, et multas naves de magnis hiusmodi civitatis nostre fabrefecit". A.S.V., Patroni e Provveditori all'Arsenal, reg. 6 (Capitolare II), c. 3v.
122. Cf. ibid., reg. 5 (Capitolare I), cc. 75v-76.
123. Su sei proti dei marangoni dei quali, tra la fine del XIV secolo e la fine di quello successivo, si conoscono le modalità di nomina, quattro, Giacomello Zambon, Bernardo di Bernardo, Marco Biondo e Leonardo Bressan, vennero nominati direttamente dai patroni all'Arsenal, uno, Piero Bon, dal collegio costituito dal doge, dai consiglieri ducali, dai capi di quarantia e dagli stessi patroni, uno, Giorgio Palopano, dal pregadi. A questi sono da aggiungere, pur nella specificità della loro attribuzione professionale, Teodoro Baxon, Nicola Palopano e Giovanni Bressan, elevati al rispettivo rango di proti per volontà del pregadi. Cf. la Tab. 4. Proto dei marangoni.
124. Giorgio di Giovanni costruì dapprima galere sottili secondo il sesto di Nicola Palopano per passare successivamente a propri originali moduli costruttivi. Cf. A.S.V., Senato, Deliberazioni terra, reg. 5, c. 16; Ragioni antique spettanti all'arte del mare, pp. 185, 195; A. Chiggiato, Le "ragioni antique" dell'architettura navale, p. LXX.
125. "Cum anno elapso, defuncto prothomagistro marangonorum nostri Arsenatus [Giorgio Palopano], et deductis tribus coram Dominio, magister Georgius Iohannis, qui ceteris erat et est prestantior, quia plus aliis iunior est ceciderit de una ballota ab illo qui remansit [Piero Bon], et tamen propter ipsius sufficientiam et prestantiam in construendis galeis fuerit exercitatus et exerceatur omni die per nostros Patronos Arsenatus circa fabricam galearum, quas notabiliter fecit, ac propter ipsius mirabile ingenium ad omnia opportuna, quia ipse fuit ille qui componit galeas nostras que misse fuerunt in lacum Garde". A.S.V., Senato, Deliberazioni terra, reg. 3, c. 152.
126. "[...] dictus homo [Giorgio di Giovanni] tum propter ipsius sufficientiam et industriam tum etiam propter ipsius laudabiles operationes et memorabilia servicia sit habendus carus et providendum quod commode in nostro Arsenatu servire possit, vadit pars quod domus in qua habitabat prothomagister calafatorum Arsenatus detur dicto magistro Georgio Iohannis pro habitatione sua". Ibid.
127. "Con zò sia che maistro Zorzi de Zuane, el qual de suo sesto nel nostro Arsena fa galie grosse de la bontà che tuti intende, el qual vien pagado a zornada, a raxon de soldi .L. al dì cum el fante, che vien a esser, batuda la parte del fante circa ducati LXXXXIIII, se agreva che '1 non possi viver cum sì pochi danari perché l'è povero e chargo de fameia, fra i qual ne son .VII. fioli, e perché del suo mestier de galie l'è singolar maistro et etiam diligentemente solicita et atende ale maistranze e ai lavorieri de la caxa, cum gran qualità e beneficio de Comun, l'anderà parte che cussì come infina mo' l'è sta' pagado al modo predicto de soldi .50. al dì cum el fante, cussì de cetero l'habi per la persona soa ducati cento d'oro al'anno neti". Ibid., reg. 5, c. 16. Più che evidente la preoccupazione del pregadi che Giorgio di Giovanni, insoddisfatto del trattamento economico ricevuto, decidesse di andarsene da Venezia alla ricerca, facile data la fama ormai acquisita, di una piazza a lui più favorevole. L'ipotesi trova ulteriore fondamento nella considerazione che il trattamento riservato al capomastro è del tutto equiparato a quello di proto, dalla consistenza della retribuzione, calcolata su base annua e non più sulle giornate di effettiva presenza in cantiere, alla casa già assegnata al proto dei calafati. Non sfugga, in aggiunta, una significativa affermazione contenuta nella premessa della parte citata: "et etiam diligentemente solicita et atende ale maistranze e ai lavorieri de la caxa, cum gran utilità e beneficio de Comun", più consona alle competenze di un proto dei marangoni che non a quelle di semplice capomastro, per quanto affermato e capace fosse.
128. "Erant in domo Arsenatus nostri duo prothi marangoni, aliter magister Petrus Bono, qui habebat de salario ducatos CXXX in anno, aliter vero magister Georgius [di Giovanni], qui habebat ducatos C". Ibid., reg. 5, c. 167v.
129. " [...] vadit pars quod idem magister Georgius, pro essendo solus prothus, reducatur ad salarium predicti magistri Petri Boni ducatorum CXXX in anno". Ibid.
130. Tanto per fare un esempio, Giacomello di Bernardo, nominato proto dei marangoni il 28 gennaio 1406, conservò la propria carica fino al momento della morte, avvenuta il 27 giugno 1424. In suo luogo venne eletto proto il figlio Bernardo di Bernardo. Cf. ivi, Patroni e Provveditori all'Arsenal, b. 566, Quaternus, cc. 8-9v, 14; ivi, Senato, Deliberazioni miste, reg. 49, c. 135v.
131. Lo stesso anno in cui venne cacciato, il Vitturi stava costruendo una galera grossa. Le misure di questa imbarcazione si possono leggere in Ragioni antique spettanti all'arte del mare, pp. 106-, 08.
132. "Comparentes coram serenissimo Principe, illustrissimo Dominio et universo Collegio, nobiles viri Patroni Arsenatus exposuerunt quod, cum ex multis experientiis cognoverunt paucam fidem, incuriam et negligentiam quam adhibuit et adhibet Nicolaus Victuri, prothomagister marangonorum, cum evidenti damno et iactura rerum ipsius Arsenatus, decreverunt illum cassare, sic quem in effectu cassaverunt et admoverunt a dicto officio prothomagistri et illius loco, attenta bonitate, sufficientia et integritate fidelis nostri magistri Leonardi Brixiensis, illum elegerunt in prothomagistrum ut supra". A.S.V., Collegio, Notatorio, reg. 13, c. 190.
133. "Considerantes infrascripti domini Consiliarii diuturnum, fidelem et sufficiens servitium prestitum nostro Dominio in domo Arsenatus per virum perituro magistrum Nicolaum Victurium, olim prothomagistrum carpentariorum ipsius domus, ut causam habeat sese et familiam suam sub umbra nostra substentandi, non autem per aliena loca vagandi, cum dedecore nostri Dominii, deliberaverunt et terminaverunt, sic consulente universo Collegio, presentibus et assentientibus Advocatoris Comunis, quod per Patronos Arsenatus nostri dentur singulo mense eidem magistro Nicolao ducati quinque dum vixerit, pro substentatione sua et famile sue, ut dictum est". Ibid., reg. 14, c. 83v.
134. Oltre tutto, il giudizio sull'opera e sull'impegno del Vitturi in Arsenale che si riscontra nella premessa della parte del 22 settembre 1498, appare diametralmente opposto rispetto a quello formulato il 23 febbraio 1489 dai patroni all'Arsenal. In aggiunta, nel dispositivo della parte è leggibile a chiare lettere la rivalità che aveva contrapposto il Vitturi al Bressan, e che forse, come si è detto, fu la causa della sua disgrazia: "Soleva esser proto dei marangoni del nostro Arsenal Nicolò Vitturi, persona in quella cossa de summa diligentia et intelligentia, come per molte experientie è sta' comprobato, imperò che le galie fabrichate soto l'ordine et magisterio suo, senza comparation excede in bontà tute le altre. Et perché per certa mala information el fu chasso, non senza detrimento de le cosse del prefato nostro Arsena tanto importantissimo al Stado nostro, propterea vadit pars che per auctorità de questo Conseglio esso Nicolò Victuri sia remesso et remesso se intenda al suo primo consueto protomagisteriato, cum tuti salario, muodi et condition con i qual l'era prima. Et açò che le cosse de esso nostro Arsena più diligentemente siano governate, sia prexo che Lunardo Brexan deba etiam esso romagnir per segondo proto, cum el salario che l'ha al presente. Ma açò che fra essi do proti non nassa discordia et disordine, siano tenuti i Patroni del Arsenal consegnar a chadaun de essi equalmente i volti et legnami et alia necessaria, sì che cadauno de loro sapia qual sia el suo offitio, reservati tamen i volti dati a Francesco Rosso, per deliberation di questo Consiglio. Et perché oltra le galie grosse se fa per Francesco Rosso, ne sono .VIII. se fa per Lunardo Bressan, de le qual .VI. solo è messo l'asta et columba, sia prexo che non obstante tal aste over columbe sia dà per galie .IIII. a doverse far a dicto Nicolò proto, che sono per la mità ut supra, et cusì se observi deli squeri et volti de le galie sotil, sì che tal intention nostra sortisca debito effecto, soto pena de ducati 200 a chadaun de li Patroni contrafacesse a la presente parte, dechiarando che abinde in antea non corri più provision a dicto Nicolò, come è honesto". Ivi, Senato, Deliberazioni terra, reg. 13, c. 55.
135. "[...] volunt che questa materia pro nunc sia differita per fino che serà aldido i Provedadori sopra l'Arsenal, da esser facti in questo Conseglio, açò più maturamente la possi esser consulta et deliberada". Ibid.
136. Cf. la Tab. 4. Proto dei marangoni.
137. "Dopo il proto dei marangoni viene per importanza quello dei calafati, il quale ha l'incarico di sopraintendere e controllare le operazioni affidate ai capi d'opera della sua arte; esso deve destinare ogni lunedì mattina i calafati di turno ai vari lavori, e nel corso della settimana può lui solo modificare secondo il bisogno, le destinazioni fissate in precedenza". M. Forsellini, L'organizzazione economica dell'Arsenale, p. 60.
138. Cf. A.S.V., Patroni e Provveditori all'Arsenal, reg. 5 (Capitolare I), cc. 50-52; e anche ivi, Senato, Deliberazioni miste, reg. 30, c. 34v.
139. I calafati erano suddivisi in due categorie, quelli da fizer (anche da figgier, da ficcar) cui spettava il compito di inchiodare il fasciame sulla travatura portante dello scafo (sulle ordinate), e quelli da maio, incaricati di turare gli interstizi tra tavola e tavola del fasciame con stoppa e pece. Cf. Bartolomeo Cecchetti, La mariegola dei calafati dell'Arsenale di Venezia, Venezia 1882, p. X; F.C. Lane, Navires et constructeurs à Venise, p. 89.
140. Circa l'età in cui i fanti dei proti dei calafati potevano essere ammessi in Arsenale, e il loro numero, valgono le medesime osservazioni formulate sopra per i fanti dei proti dei marangoni.
141. A questo proposito il Lane, anche se in termini non del tutto convincenti, inquadra il problema specifico in quello più generale della facoltà concessa alle maestranze dell'Arsenale di dedicarsi, seppure temporaneamente, ai propri interessi fuori del cantiere di Stato: "La question de savoir si le Contremaître calafat devait tout son temps à l'Arsenal n'était pas encore résolue en 1440 lorsque l'un d'eux, qui venait d'être nommé [Pasqualino di Nicolò], dut démissioner temporairement parce qu'il désirait partir comme ῾amiral' des galères d'Aigues-Mortes". F.C. Lane, Navires et constructeurs à Venise, p. 156.
142. L'esperienza diretta della navigazione permetteva infatti ai calafati di acquisire un insostituibile bagaglio concreto di conoscenze tecniche e soprattutto di verificare con assoluta immediatezza le conseguenze, positive o negative che fossero, del proprio lavoro, anche se non va ovviamente trascurata l'importanza, ai fini del buon esito del viaggio, o della spedizione militare, che poteva assumere la presenza a bordo dei calafati, per altro ampiamente prevista e regolamentata. Diverso, tuttavia, il ruolo svolto dal calafato nella veste di ammiraglio, comito, uomo del consiglio. La ricerca di un maggiore utile economico quale stimolo a prendere il mare può essere fatta valere in misura determinante solo per chi non era ancora stato elevato al rango di proto, dal momento che la retribuzione di un viaggio raggiungeva il valore massimo di 80 ducati per l'ammiraglio, e limitatamente alla muda di Fiandra, e toccava valori nettamente inferiori per l'uomo del consiglio e per il comito. Maggiori aspettative di guadagno erano comunque riposte nell'esercizio di quei piccoli commerci ai quali si dedicavano attivamente, nei limiti della franchigia di trasporto loro concessa, più o meno tutti i membri dell'equipaggio di una galera.
Cf. D. Stöckly, Le système de l'incanto des galées du marché à Venise, pp. 228-232.
143. "Ser Pasqualin de Nicholò è stado electo proto di chalafadi in luogo de ser Antuonio Mozo [...] per tuti 3 Patroni, zoè ser Mafio Viaro, ser Marcho Erizo, ser Lunardo Venier, chon salario de ducati 100 d'oro a l'ano e la caxa de bando segondo i altri proti". A.S.V., Patroni e Provveditori all'Arsenal, b. 566, Quaternus, c. 22.
144. Cf. ibid., c. 1.
145. Cf. ivi, Collegio, Notatorio, reg. 7, c. 27v.
146. Cf. ivi, Patroni e Provveditori all'Arsenal, b. 566, Quaternus, c. 23.
147. "Cum prudens vir Pasqualinus Nicolai propter eius sufficientiam et merita electus et constitutus fuerit prothomagister calafatorum in Arsenatu nostro, et deinde sibi concessum fuerit de gratia quod posset navigare per annos decem, et sicut est notum illud officium est talis nature quod omnino expedit ut ipse prothomagister sit continue presens in Arsenatu ad supervidendum et solicitandum quod galee nostre bene et debite laborentur, pro salute hominum et haveris civium nostrorum, vadit pars, sicut etiam idem Pasqualinus ad suasiones nostri Dominii contentatur, quod idem Pasqualinus possit navigare et facere facta sua extra Arsenatum, remanente sibi domo quam habet apud Arsenatum in vita sua absque alio salario. Et eius loco Patroni nostri Arsenatus eligant unum alium prothomagistrum calafatorum, cum salario et conditionibus quibus est idem Pasqualinus, cum ista conditione quod post mortem istius qui eligetur ipse Pasqualinus ad eius libitum possiit reverti ad illud officium et stare in eo et illud exercere non navigando, cum salario et conditionibus consuetis". Ivi, Senato, Deliberazioni mar, reg. 1, c. 224v.
148. Cf. ivi, Collegio, Notatorio, reg. 8, cc. 21v, 34v, 88, 133v, 136v, 139v, 152, 159v; reg. 19, c. 16.
149. Cf. ivi, Patroni e Provveditori all'Arsenal, b. 566, Quaternus, c. 24. Anche lo stesso Antonio Mozo aveva concorso, con alterna fortuna, tanto prima di essere eletto proto dei calafati quanto successivamente, agli incarichi di ammiraglio, uomo del consiglio e comito che venivano messi a concorso in collegio. Cf. ivi, Collegio, Notatorio, reg. 5, cc. 90, 151v, 197v, 199v; reg. 7, cc. 1, 34-35, 52v.
150. Cf. ivi, Patroni e Provveditori all'Arsenal, b. 566, Quaternus, c. 26.
151. Cf. ivi, Collegio, Notatorio, reg. 10, c. 105. La spedizione navale veneziana, tuttavia, non andò oltre Ancona a causa della morte di papa Pio II avvenuta proprio in quella città. Cf. Ludwig Von Pastor, Storia dei Papi, II, Roma 1932, pp. 272-275.
152. Cf. A.S.V., Collegio, Notatorio, reg. 12, c. 86.
153. Cf. ibid., reg. 14, c. 16v; reg. 15, cc. 97v, 123v.
154. Cf. ivi, Patroni e Provveditori all'Arsenal, reg. 133 (Terminazioni I), c. 2v; ivi, Collegio, Notatorio, reg. 14, cc. 56v, 84v, 97, 121v, 131, 150v, 184.
155. Cf. ivi, Patroni e Provveditori all'Arsenal, reg. 133 (Terminazioni 1), c. 27.
156. Cf. la Tab. 5. Proto dei calafati.
157. "[...] ser Antuonio Mozo proto che 'l non possa eser plui proto per quelo l'à fato a ser Mafio Viaro patron". A.S.V., Patroni e Provveditori all'Arsenal, b. 566, Quaternus, c. 26. Il Mozo fu però riammesso in Arsenale, sempre quale proto dei calafati, il 18 marzo 1444; cf. ibid., c. 28.
158. "Essendo sta' nel passato per i magnifici signori Patroni al Arsenà più volte admonito et persuaso maistro Baptista da la Volpe, protho di chalafadi, perché molte galie che sono sta' dade per spazade de chalafao sono sta' poi trovade far danno et aqua in gran quantità, il che procieder per negligentia et pocha cura usada per lui ne le cose de la illustrissima Signoria, pertanto el volesse esser piui studioso et diligente ad far el suo officio [...]. Et cussì sue magnificencie, consciando etiam i magnifici Provedadori, cassano et termenano che dicco maestro Baptista da la Volpe non sia più protho di chalafadi, né perciò livri più soldo de cetero ma se faci nova election in suo luogo segondo el consueto". Ibid., reg. 133 (Terminazioni I), c. 2.
159. "Non è dubio che a voler remover tanta tardità nel lavorar che a i presenti tempi usano i calafadi che lavorano nel Arsenà è necessario metterli sopra cao tal stimolo che continuamente i' siano sollicitati ad ben, presto et cum diligentia expedir quanto i' hano a far, et maxime quando i fano cose che per le urgentie di tempi importano presteza. Parendo a i magnifici signori messer Andrea Loredan, messer Thoma Duodo et messer Iacomo Capello, dignissimi Patroni al Arsenà ad ciò opportunamente proveder, discorsi più mezi, hano deliberà et per tenor de la presente deputano do sufficienti homeni del mestier de calafado, videlicet maistro Andrea de Iacomo, da maio, cum soldi vintisie al zorno, et maistro Baldisera de Marco, da fizer, cum soldi vintiocto, quali siano chiamati sotoprothi, cum privilegio de lavorar sempre in la Caxa. Et habino obligation de assiduamente soprastar et sollicitar i chalafadi a lavorar cum presteza et advertir che domente che el suo protho circumda la Caxa i non stagino in ocio et inutelmente livrino el soldo de la illustrissima Signoria". Ibid., c. 3. Rilevante la differenza retributiva tra i sottoproti e i calafati assegnati ai rispettivi settori. Alla fine del secolo XV infatti un maestro calafato da maio, al vertice della carriera, poteva percepire, da marzo ad agosto, 24 soldi di denari piccoli per ogni giornata di lavoro, e da settembre a febbraio 18 soldi; un calafato da fizer 26 soldi durante la stagione estiva e 20 durante quella invernale. Non va inoltre sottovalutato che mentre ai sottoproti il lavoro veniva assicurato per tutto l'anno, i maestri calafati dovevano rispettare i periodi di contumacia stabiliti dal ruodolo.
160. Cf. la Tab. 8. Retribuzioni dei salariati dell'Arsenale.
161. Che il proto degli alboranti si occupasse anche di timoni è attestato anche dalla particolare qualificazione professionale attribuita a Marino di Filippo al momento della sua nomina a proto, avvenuta il 21 settembre 1463: "Maistro Marin de Felippo è sta' electo per i magnifici segnori Patroni a l'Arsena, tuti 3 dacordo, protho dei i albori e timoni de la caxa". A.S.V., Patroni e Provveditori all'Arsenal, b. 566, Quaternus, c. 27v.
162. Queste erano le principali competenze, almeno alla fine del XIV secolo, di cui veniva fatto carico il proto degli alboranti, quali si possono desumere dall'accordo raggiunto il 1° marzo 1390 tra i patroni all'Arsenal e Francesco Teldi: "Francescin Teldi, maistro a i albori, fo in acordo con i signori Paroni de l'Arsena in questo muodo: che 'l dito dè eser proto del so mestier in l'Arsenna, et è tegnudo de far far a tute suo spexe tuty i pariamenti che xe de bexognio per cadaun muodo a tute gallie, grosse e sotil, legny, galledelly, burchy, piate, barche e de chadaun altro navilio che per Comun se fese o insise de l'Arsenna de so mestier. Dechiarando el far da nuovo e conzar tuty albori, antenne, timoni d'ogni raxon; fichar, meter, conzar mascolly, femene, axolle; tirar cadaun de ditti navilliy a buxenello; far antenelle; metter, fichar et deffichar colzesy o stissy; proveder alle cose nezesarie de so mestier in zerchar albori, antenne e chadaunna altra sorta de legni d'ogna raxon che aspetase e fose de nezeso per quel mestier in chadaunna parte de Veniexia come dentro l'Arsenna. Et eziandio proveder e hordenar cadaunna so feramenta cosy fuora de l'Arsenna como dentro. Et se caxo hocorese che alguna gallia ho altro navillio trato de l'Arsenna i ocorese senestro de negunna cosa de questo so mestier, che 'l sia tegnudo de andar a proveder, conzar, far da nuovo tuto cose che per cadaun muodo serà de nezeso. [...] E dè el ditto, zonte le gallie day viazy e tute altre e chadaun navillio de ognia raxon de Comun, proveder, ordenar e sovrastar a far tirar de gallia o de altri navilliy che se fose in terra, albori, antenne, timoni, e cosy sovrastar e veder e remeter in gallia per caxon de piegar le ditte gallie o navilliy, o per altro bexognio fose". Ibid., c. 4. È tuttavia verosimile che le medesime competenze venissero estese, anche se non espressamente menzionate, a tutti gli altri proti degli alboranti di volta in volta eletti. Appare pertanto alquanto riduttiva, anche se riferita esclusivamente alla prima metà del secolo XVII, la funzione che il Forsellini attribuisce a questa figura professionale: "Il proto dei remeri ed il proto degli alboranti hanno ciascuno due incarichi distinti: il primo ed il più importante consiste nel dirigere la costruzione rispettivamente dei remi e degli alberi delle navi; il secondo consiste invece nel sopraintendere al taglio delle piante atte a far remi od alberi, esistenti nei boschi della Signoria". M. Forsellini, L'organizzazione economica dell'Arsenale, pp. 60-61. Il Teldi, primo proto degli alboranti di cui si abbia notizia, era stato eletto una prima volta nel 1370 e, dopo alcune parentesi non meglio precisate di assenza volontaria dall'Arsenale, riconfermato successivamente il 1° marzo 1390 e il 1° marzo 1393. Cf. A.S.V., Patroni e Provveditori all'Arsenal, b. 566, Quaternus, cc. 2, 4, 5; e anche la Tab. 6. Proto degli alboranti.
163. Gli stimadori dei legnami sono segnalati dalle fonti, al momento disponibili, almeno a far tempo dal 4 giugno 1501; la stessa fonte che ne attesta l'esistenza lascia tuttavia supporre che la loro istituzione fosse stata in qualche modo anteriore: "Mathio Bressan, fiol del quondam maestro Zuane, qual non solamente fa officio de stimador". Ibid., reg. 133 (Terminazioni I), c. 3v. Secondo il Lane la prima menzione degli stimadori risale invece al 1509. Cf. F.C. Lane, Navires et constructeurs à Venise, p. 150. Matteo Bressan era figlio di Giovanni e fratello di Leonardo, entrambi celebri proti dei marangoni, ed egli stesso rinomato costruttore di galeoni; prima di essere nominato stimadore era stato chiamato a sostituire il fratello, assente per una lunga malattia, con il grado di viceproto dei marangoni. Il 3 gennaio 1509, alla morte di Zorzi de Piero, venne eletto proto degli alboranti. Cf. A.S.V., Patroni e Provveditori all'Arsenal, reg. 133 (Terminazioni I), cc. 3v-4, 16v, 33; ava, Senato, Deliberazioni mar, reg. 20, cc. 192v-193; M. Sanuto, I diarii, XV, coll. 335, 407; XVII, col. 88; XXIV, coll. 29-30, 652; XXVII, col. 392; XXVIII, col. 392; XL, coll. 714, 803; XLV, coll. 97-98, 160; XLII, col. 227; U. Tucci, Bressan, pp. 192-193; F.C. Lane, L'architettura navale intorno al 1550, p. 296; E. Concina, L'Arsenale della Repubblica di Venezia, p. 48.
164. In questo caso le informazioni di base si desumono dall'accordo raggiunto tra i patroni all'Arsenal e Francesco Teldi e vanno riferite in via preliminare agli obblighi contrattuali assunti dal Teldi: "è tegnudo de far far a tute suo spexe i pariamenti che xe de bexognio [...]. Et perché el non se po dechiarar tute cose che porave ochorer a nezesitade de questo so mestier de [sic!] se intende che 'l sia tegnudo e ubligado zeneralmente a suo spexe e fadiga a tute cose como prima ell iera ubligado sollo de so fadiga. [...] Et dè aver el ditto per tute le sovradite cose per so provixion duchati zinquanta d'oro, e per tute spexe e fadiga che 'l fese sollo haver con altri per tutte le preditte cose ducati trenta d'oro, si che in summa i sia duchati otanta d'oro all'anno et in raxon d'anno". A.S.V., Patroni e Provveditori all'Arsenal, b. 566, Quaternus, c. 4. Nondimeno, in assenza di altre notizie al riguardo che suggeriscano diversi orientamenti, nulla vieta di ritenere che i termini sostanziali dell'accordo possano essere stati tacitamente ritenuti vincolanti e costitutivi anche per gran parte dei successivi rapporti di lavoro tra il proto degli alboranti di volta in volta eletto e l'Arsenale.
165. Non del tutto coincidente, a questo proposito, l'opinione del Lane: "jusqu'à 1500, les Contremaîtres à la construction des mâts, eurent des ateliers hors de l'Arsenal où ils travaillaient pour des armateurs privés". F.C. Lane, Navires et constructeurs à Venise, p. 150. L'accordo raggiunto tra i patroni e il proto degli alboranti Francesco Teldi, e ricordato proprio dal Lane quale elemento discriminante a favore della tesi suggerita, autorizza invece a ritenere come vincolante l'obbligo per il proto di esercitare la propria attività esclusivamente in Arsenale: "Ancor per più dechiarazion el ditto Franzescin protto non dè poder lavorar de so mestier fuor de l'Arsenà, per algun modo, senza lizenzia de signori Paroni". A.S.V., Patroni e Provveditori all'Arsenal, b. 566, Quaternus, c. 4. Tuttavia, una clausola dell'accordo sembra non precludere del tutto al Teldi la possibilità di lavorare fuori dell'Arsenale quando, nei momenti di stasi produttiva, il cantiere di Stato non avesse più bisogno della sua opera, sempre a discrezione, comunque, dei patroni in quel momento in carica: "E perché de tempo in tempo se permuda i Signori in questo hofizio de l'Arsenna, qui che xe al prexente, e che à contrato questo pato da nuovo per chiareza de qui che xe per vegnir da può esy, dè speranza al dito Franzescin proto che non siando eso de nezeso per caxon del so mestier in la caxa de l'Arsenna, como ocore asé fiade, che el non se à da far, che y godarave lizenzia de lavorar de fuora da la caxa quando a esy parese". Ibid.
166. Un'ulteriore conferma dell'obbligo imposto al proto degli alboranti di lavorare solamente in Arsenale la si ritrova nella nomina di Zorzi di Piero, avvenuta in collegio il 26 luglio 1500: "Vacante alias officio prothomagistri arborum domus nostre Arsenatus per obitum magistri Marini Storlati, per Collegium nostrum, ad bussolos et ballotas, ex pluribus positis ad illam probam electus et deputatus fuit fidelis noster Georgius Petri, cum salario ducatorum octo in mense licet precessores sui habuerint ducatos septem cum dimidio, et hoc factum fuit ob conditionem sibi appositam quod reliquerit ex toto et amplius non teneret apotecham suam et quod reduceret apud se filios suos". Ivi, Collegio, Notatorio, reg. 15, c. 23v.
167. L'istituzione di questa figura professionale deve ritenersi in ogni caso posteriore al 1361. La parte del pregadi dell'8 novembre 1361 relativa alla retribuzione dei proti dell'Arsenale nomina, infatti, esclusivamente i proti dei marangoni e i proti dei calafati: "Cum çò sia cossa che per li Paroni de l'Arssena sia stado declarado ala Signoria como da longo tempo in qua he stado uxado de tuor proti maistri de l'Arssena, sì de marangoni como de calafadi". Ivi, Patroni e Provveditori all'Arsenal, reg. 5 (Capitolare I), c. 50; ivi, Senato, Deliberazioni miste, reg. 30, c. 34v.
168. Cf. ivi, Patroni e Provveditori all'Arsenal, b. 566, Quaternus, c. 27v.
169. Cf. la Tab. 8. Retribuzione dei salariati dell'Arsenale. Durante tutto il periodo preso in esame è documentato un solo caso, riguardante Zorzi de Piero, in cui a un proto degli alboranti venne corrisposta, anche se temporaneamente, una retribuzione superiore ai 90 ducati annui. Questi era stato eletto proto il 26 luglio 1500, e in considerazione dell'obbligo impostogli di chiudere la sua bottega e condurre con sé in Arsenale anche i figli gli era stato concesso un salario di 8 ducati al mese, pari a 96 ducati all'anno, elevato successivamente, a seguito di una terminazione della signoria, a 100 ducati. Il 31 agosto 1504, tuttavia, il pregadi provvide con propria parte a ridurre la retribuzione del proto ai consueti 90 ducati annui. Cf. ivi, Collegio, Notatorio, reg. 15, c. 23v; ivi, Senato, Deliberazioni terra, reg. 15, c. 31v.
170. Cf la Tab. 6. Proto degli alboranti.
171. Questa competenza venne conservata, in via esclusiva, almeno fino all'attivazione degli stimadori dei legnami, anche se non venne mai dismessa del tutto. V. più sopra la n. 165.
172. Cf. A.S.V., Patroni e Provveditori all'Arsenal, reg. 5 (Capitolare I), c. 50; ivi, Senato, Deliberazioni miste, reg. 30, c. 34v. Il primo proto dei remeri di cui si conosca il nome fu Andrea de Zuanne, nominato proto in un anno imprecisato, in ogni caso prima del 1383. Cf la Tab. 7. Proto dei remeri.
173. Cf. la Tab. 8. Retribuzione dei salariati dell'Arsenale. Solo durante la seconda metà del secolo XVI i proti dei remeri superarono in retribuzione i proti degli alboranti. F.C. Lane, Navires et constructeurs à Venise, p. 154.
174. 1° novembre 1412: "In questo zorno fo tolto maistro Zanin de Motroja per nostro protomaistro de balestrieri, con salario de ducati setanto oto de oro a l'ano, e chomenza adì a sorastar". A.S.V., Patroni e Provveditori all'Arsenal, b. 566, Quaternus, c. 10. In precedenza, il 1° dicembre 1404, al medesimo incarico, anche se con la semplice qualificazione di maistro de balestre, tuttavia con l'identica retribuzione, era stato chiamato un tale Marchuola: "In questo zorno entra Marchuola, maistro de balestre, e die aver a l'ano ducati LXXVIII d'oro. [...] E die aver 1 caxa per so stazio". Ibid., c. 8v.
175. 20 settembre 1504: "I magnifici et generosi messer Marco Zen, messer Alvise Soranzo et messer Piero Bassadona, honorandi Patroni al Arsenal, habuda optima relation de la fede, diligentia et optime operation de maistro Stefano de Zuane, balestrier constituido per i precessori de sue magnificentie in vice protho di ballestrieri in luogo de maistro Thodaro de Nicolò, non possendo exercitar l'offitio de protho per la decrepita età sua, et considerando le fadige et fidel operation de dicto maistro Stefano, i prefati magnifici Signori, tuti .3. d'acordo et unanimiter, adherendose a la termination de precessori sui, termena, et per virtù de la presente termination sua termenano et deliberano, che quociescumque accaderà la vacantia del protho ordinario dicto maistro Stefano senza altro sia et esser se intendi constituido protho di ballestrieri, cum tute utilità, salario et emolumenti solitii et spectanti al dicto offitio de protho, aziò de ben in melgio habia causa senza algun respecto far l'offitio suo". Ibid., reg. 133 (Terminazioni I), c. 22v.
176. 18 maggio 1519: "Volendo i magnifici signori Patroni all'Arsenà [...] far election de protho maistro da la polvere in luogo de maistro Tomaxin de muri, ultimamente morto ". Ibid., c. 59.
177. 29 settembre 1464: "Vadit pars quod dictus magister Bartholomeus conducatur pro prothomagistro omnium bombardarum Dominii nostri, cum modis et conditionibus hic inferius anotatis. Quod habeat, tam pro sua habitatione quam ut laborare possit, domus bombardarum, cum fornacibus et aliis rebus dicte arte pertinentibus, que sunt Dominii nostri, tanto tempore quanto serviverit prefato Dominio. Habeat a dicto Dominio ducatos 100 in anno pro provisione sua, qui singulo mense sibi dentur per ratam a Patronis nostri Arsenatus pro victu suo, et incipiat livrare die primo septembris 1464". Ivi, Senato, Deliberazioni terra, reg. 5, c. 93. Circa la domus bombardarum concessa a maestro Bartolomeo cf. E. Concina, L'Arsenale della Repubblica di Venezia, p. 136.
178. La qualificazione più estesa oscillò tra quella di prothomagister domus canipi Tane Arsenatus e quella di prothomagister domus nostre canipi: A.S.V., Collegio, Notatorio, reg. 10. c. 41v; reg. 13, c. 94v.
179. Cf. ibid., reg. 10, c. 131v.
180. 1° agosto 1502: "Fo creato per protho di mureri de la Caxa maistro Piero di Ponti per tuti .3. i Patroni del Arsenal a bossoli et ballote, in luogo de maistro Lunardo de Piero, morto, con i muodi et condition che 'l era lui". Ivi, Patroni e Provveditori all'Arsenal, reg. 133 (Terminazioni I), c. 12. Sull'istituzione del proto dei mureri osserva il Concina: "Ci è noto, infatti, il nome di chi condusse i primi lavori edilizi della nuova espansione [l'Arsenale nuovissimo]; lo sforzo organizzativo in atto fu tale che negli ultimi decenni del Quattrocento si dovette introdurre nell'Arsenale anche l'incarico di ῾protomurer', destinato ad evolvere rapidamente in quello di ῾proto alle fabbriche'". E. Concina, L'Arsenale della Repubblica di Venezia, p. 81.
181. 21 giugno 1503: "Facta ne i superior zorni election de la persona del prudente maistro Francesco Ravagnan per proto de i favri ne la caxa nostra del Arsenal in luogo del quondam maistro Bernardo defuncto". A.S.V., Patroni e Provveditori all'Arsenal, reg. 133 (Terminazioni I), c. 16.
182. 21 ottobre 1504: "Essendo ne i dì passadi manchato maistro Francesco Ravagnam, protho di favri de la Caxa, el qual per sua mercede haver soleva soldi .24. al zorno lavorante, et in suo luogo essendo necessario elezer persona praticha et sufficiente, et volendo i magnifici messer [...]proveder che 'l dicto servitio sia facto sufficientemente senza dar piui dicta spexa a la Caxa, considerando le bone condiction de maistro Nicolò de Michiel, protho de le anchore in la Caxa, et cognosuda la fede et sufficientia sua in tal exercitio, d'acordo lo hano electo et confirmado protho de tuti li favri de la caxa, sì che sia etiam in luogo de dicto Francesco defuncto, cum el soldo et altre condiction l'ha al presente". Ibid., cc. 22v-23.
183. Cf. Relatione dell'Arsenal presentata per il clarissimo signor Zuanne de Priuli savio agl'ordini, in A.S.V., Collegio, Relazioni, b. 57.