L'arte della metallurgia
[1] Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Secondo il “sistema delle tre età”, tutte le civiltà hanno attraversato, durante la loro evoluzione, tre tappe, ognuna caratterizzata da un materiale: l’Età della Pietra, l’Età del Bronzo e l’Età del Ferro. Fra le prime due si può inserire il calcolitico, termine formato dalle parole greche chalcos e lithos, rame e pietra, che indica il periodo di transizione durante il quale comincia a svilupparsi la metallurgia. Questa suddivisione del tempo, per quanto puramente convenzionale, evidenzia bene l’importanza che hanno avuto i metalli nella storia umana.
I metalli, con l’eccezione del mercurio, sono elementi solidi, malleabili e duttili, ma allo stesso tempo rigidi. Possiedono un loro valore intrinseco, direttamente proporzionale alla difficoltà di reperimento, e nonostante siano più rari di argilla e pietra, hanno il vantaggio di essere riutilizzabili un numero infinito di volte.
I metalli più utilizzati nell’Antichità sono il rame e lo stagno, dalla cui unione si ottiene il bronzo, l’oro e l’argento, che uniti formano l’elettro, il piombo e il ferro. A questi bisognerebbe aggiungere il mercurio, che presentandosi allo stato liquido, nel Vicino Oriente antico non è riconosciuto come metallo. Sono tutti reperibili in natura anche allo stato nativo, cioè è possibile trovarli naturalmente allo stato metallico e non solo sotto forma di ossidi, che per essere trasformati in vero metallo richiedono una lavorazione lunga e complessa.
I primi oggetti di rame conosciuti sono alcune perline e punteruoli trovati in Turchia, datati fra VII e VI millennio a.C. Il metallo è lavorato a freddo per battitura e poi temprato col fuoco, dimostrando come fin dalle origini la metallurgia si leghi strettamente con la pirotecnica, a sua volta collegata alla produzione ceramica che comincia a svilupparsi proprio in questo periodo. Più antico di almeno 2000 anni è lo sfruttamento dei minerali di rame o di piombo, impiegati come sostituti di pietre semipreziose (malachite e galena) o per la produzione di pigmenti (azzurrite).
Il rame è piuttosto comune allo stato nativo ed è naturale che i primi esperimenti con il metallo siano avvenuti in Anatolia, che ne è particolarmente ricca, per proseguire, a breve distanza di tempo, anche nella Mesopotamia Settentrionale, in Siria e in Iran. Proprio in Iran, altra regione ricca di rame, a Tepe Ghabristan, nei pressi di Teheran, è attestato verso la metà del V millennio a.C., il passaggio dall’uso del metallo nativo a quello ottenuto affinandone i minerali. Qui sono stati trovati i primi laboratori per la lavorazione e la produzione del rame: crogioli, stampi, fornaci e un accumulo di oltre 20 chili di minerale di rame sminuzzato, pronto per essere fuso e trasformato in metallo.
La diffusione e il veloce sviluppo della tecnica metallurgica sono testimoniati dalla sensazionale scoperta di circa 450 oggetti, quasi tutti in rame, a Nahal Mishmar, nel deserto della Giudea, in una grotta nei pressi del Mar Morto. La maggior parte dei reperti, trovati avvolti in una stuoia e databili almeno alla metà del IV millennio a.C., sono realizzati con il metodo della cera persa, la più antica testimonianza di questa tecnica. Mentre gli utensili sono in rame pressoché puro, gli oggetti più elaborati, realizzati con un’unica colatura, contengono un’alta percentuale di arsenico, dal 4 al 12 percento. Questo semimetallo, aggiunto al rame, lo rende meno viscoso allo stato liquido, quindi più facile da colare negli stampi, e più duro allo stato solido. È possibile che questi oggetti, alcuni dei quali molto elaborati, facessero parte del tesoro del tempio di Ein Gedi, situato a una decina di chilometri dalla grotta, e che qui siano stati nascosti per salvarli da un qualche pericolo.
Agli inizi del III millennio a.C. s’inizia ad utilizzare il bronzo, una lega metallica composta da rame e stagno; la percentuale di stagno utilizzata per produrre il bronzo va dal 2 al 16 percento, soglia oltre la quale la lega metallica diventava friabile e quasi impossibile da lavorare. La lega crea un metallo più duro e lavorabile e la percentuale di stagno utilizzata si stabilizza presto attorno al 10 percento, come dimostrano le figurine di Tell Judeidah.
I più antichi ritrovamenti di oggetti in oro provengono dalla Mesopotamia e datano fra la fine del V e l’inizio del IV millennio a.C. L’utilizzo dell’argento, metallo meno malleabile dell’oro, è di poco successivo ed è attestato quasi contemporaneamente in Egitto, in Anatolia e nel Levante. In Mesopotamia, invece, bisogna attendere la metà del III millennio a.C., epoca alla quale risalgono i molti oggetti trovati nelle tombe reali di Ur. Un bell’esempio di argento mesopotamico è il vaso di Entanema di Lagash, trovato a Tello e realizzato per martellatura da un unico pezzo di metallo (solo la parte interna del collo, sempre in argento, e la base in rame sono aggiunte). Attorno alla parte alta del collo scorre incisa un’iscrizione, sulle spalle si trova una teoria di vitelli accucciati e sulla pancia, racchiuse fra due cornici a lisca di pesce, si vedono quattro aquile dalla testa leonina che afferrano con gli artigli leoni, capre e buoi.
L’argento nativo è scarso e la coppellazione, complicata tecnica che permette di estrarlo da minerali come la galena, sembra essere stata scoperta solo verso la fine del II millennio a.C.: non è chiaro come fosse prodotto l’argento nelle epoche precedenti né da dove provenisse, forse dall’Iran o da paesi più lontani, passando per il Golfo. Sicuramente nel II millennio a.C. i mercanti assiri lo ottengono in Anatolia, ma più che per la produzione di oggetti preziosi, lo utilizzano quasi come una moneta ponendolo alla base di tutte le transazioni commerciali.
Il commercio su lunga distanza dei metalli è ampiamente diffuso già nel IV millennio a.C. Il rame utilizzato in Mesopotamia proviene dapprima dalle miniere di Talmessi, nell’Iran centrale, e, in seguito, dalla terra di Magan, l’attuale Oman.
Nel II millennio a.C., uno dei principali fornitori nella zona levantina è Creta e i tipici lingotti qui prodotti sono attestati in tutta l’area del Mediterraneo: sono raffigurati nella tomba egiziana di Reckhmire, se ne parla nelle lettere di el-Amarna e lingotti veri sono stati trovati nel relitto di Uluburun e in Sardegna.
I mercanti Assiri, invece, all’inizio del II millennio a.C. si procurano il rame in Anatolia, dove il commercio è talmente fiorente che fondano delle colonie commerciali. Qui lo scambiano con lo stagno, minerale che si trova in natura nel letto dei fiumi sotto forma di cassiterite. I testi di Mari ci informano che lo stagno è un metallo abbastanza prezioso, quotato 10 a 1 con l’argento e 1 a 150-180 con il rame, e che giunge nella città passando per l’Elam. Il suo luogo d’origine potrebbe essere l’Afghanistan, come per il lapislazzuli, una pietra molto apprezzata dai popoli vicino orientali e che spesso è utilizzata assieme ai metalli, bronzo e oro in particolare, per la creazione di oggetti di pregio, come dimostrano molti dei reperti provenienti dalle tombe reali di Ur, datate fra il 2600 e il 2200 a.C.
L’affinamento dei metalli dai minerali avviene nello stesso luogo della loro estrazione: l’operazione necessita di una grande quantità di legna, che è più disponibile nelle vicinanze delle zone montane da dove il minerale è estratto ed è probabile che i mastri fabbri delle capitali Mesopotamiche, autori di molti capolavori della metallurgia, non sapessero come avvenisse l’operazione e utilizzassero materiali già semilavorati.
Nel III millennio a.C. molte delle tecniche metallurgiche che saranno utilizzate fin oltre al Medioevo sono già conosciute da tempo.
Il metallo fuso può essere colato in stampi realizzati in materiali in grado di reggerne l’alta temperatura, ceramica, pietra o un metallo con un punto di fusione più alto. Questo procedimento permette di utilizzare gli stampi più volte e creare velocemente un grande numero di esemplari identici, ma è adeguato solo per oggetti relativamente piccoli, come i gioielli, o di forma piuttosto semplice, come lame o teste d’ascia.
Il metodo della cera persa prevede la realizzazione di un modello dell’oggetto in cera, che va ricoperto con uno strato di argilla. Essiccata l’argilla, si scalda la cera in modo da farla sciogliere e defluire attraverso i fori lasciati nel rivestimento. Si cola quindi il metallo fuso nello stampo così ottenuto. Una volta solidificato il metallo, si frantuma l’involucro e si rifinisce l’oggetto ottenuto con abrasivi come la sabbia.
È estensivamente utilizzata anche la martellatura, una tecnica che richiede una maggior quantità di lavoro ma un minor uso di materie prime. Gli oggetti così creati sono pezzi unici e la battitura aumenta la durezza del metallo, rendendo la tecnica particolarmente indicata per produrre armi o oggetti preziosi. Questi ultimi sono realizzati con materiali rari, spesso partendo da un foglio metallico. I metodi di lavorazione variano: il foglio può essere martellato dall’esterno o poggiandolo su uno stampo; per rifinire gli oggetti si può lavorare il foglio a sbalzo, battendolo dall’interno in modo che la decorazione appaia verso l’esterno, o a cesello, agendo sulla superficie esterna per produrre un disegno a bassorilievo. Si può anche imprimere sul foglio lo stampo di una matrice, una tecnica che anticipa la coniazione.
Molto utilizzate sono la granulazione, cioè la decorazione di una superficie attraverso l’applicazione di piccoli granelli di metallo, e la doratura, che consiste nel ricoprire un oggetto o con un foglio d’oro o con un amalgama d’oro e mercurio. La niellatura, che ha fortuna soprattutto in Egitto, prevede l’applicazione sul metallo già lavorato di un composto sminuzzato di zolfo, argento, rame e in alcuni casi anche piombo, una lega capace di fondere a temperature molto basse, che conferisce alle parti su cui è applicata, una patina scura che dà risalto alla decorazione.
Già agli inizi dell’Età del Bronzo alcuni ritrovamenti attestano l’uso del ferro. Una daga proviene da Tell Asmar, l’antica Eshnunna, e una spada è stata trovata in una sepoltura reale di Alaca Huyuk, in Turchia. Dall’Egitto predinastico provengono varie perline e alcune lastrine di ferro, di uso ignoto, trovate nella Grande Piramide di Giza e ad Abido.
È probabile che buona parte del ferro utilizzato durante l’Età del Bronzo sia metallo di origine meteoritica, ricco di nichel e l'unico disponibile in natura allo stato metallico. Piccole quantità possono anche essere state ricavate quasi casualmente dalla raffinazione del rame.
Nonostante il ferro sia il metallo più diffuso in natura e sia facilmente soggetto alla corrosione, a causa della difficoltà a ottenerlo, è considerato un materiale raro ed esotico almeno fino alla metà della tarda Età del Bronzo, tanto che fra il ricco corredo della tomba di Tutankhamon si trova una daga in ferro.
A causa dell’alta temperatura di fusione, oltre 1500°, per tutta l’Età del Ferro, è sempre lavorato battendolo a caldo. Una prima battitura serve ad eliminare le scorie, dopodiché, una volta riscaldato, si può procedere alla definizione dell’oggetto. L’alta disponibilità e il metodo di lavorazione, lungo e faticoso ma tecnicamente semplice, rendono il ferro comunque più economico degli altri metalli. Inoltre, le lame in ferro possono essere affilate per molatura senza bisogno di riplasmare interamente l’oggetto, come avviene con il bronzo, e l’aggiunta di carbonio, ottenuta per osmosi ponendo il ferro caldo a contatto col carbone in atmosfera riducente, rende gli oggetti durissimi, trasformandoli in acciaio.
I primi a usare sistematicamente il ferro, soprattutto per la produzione di armi, sono gli Ittiti nel corso del II millennio a.C. ed è possibile che il possesso di queste armi sia uno dei fattori determinante della loro rapida crescita. Sempre grazie al possesso di armi di ferro, qualche secolo più tardi, i Filistei riescono ad ottenere la supremazia in Palestina; il Libro di Samuele ci racconta come il desiderio degli Ebrei di ottenere la tecnologia del ferro sia una delle cause delle infinite guerre fra i due popoli e di come solo il re David (re dal 1000 al 960 a.C. ca.) riesca nell’impresa. Nel I millennio a.C., l’uso del ferro si diffonde velocemente in tutto il Vicino Oriente e nell’area mediterranea a discapito del bronzo, soppiantandone totalmente l’uso nella produzione di armi.
Gli artigiani del metallo
Satira dei mestieri o Istruzioni di Dua-Kheti
Ho visto il fabbro del rame al lavoro davanti alla sua fornace. Le sue dita sono come pelle di coccodrillo e puzza più delle uova di pesce. Ogni artigiano che usa un cesello è più esausto di un bracciante. I suoi campi sono la legna [della fornace], il suo aratro è il metallo. Non smette mai di lavorare, facendo più di quanto le sue braccia possano sopportare. Di notte accende una lampada [e continua a lavorare].