L'autorizzazione paesaggistica semplificata
Il regolamento di semplificazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 13.2.2017, n. 31 attua quanto disposto dal d.l. 31.5.2014, n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 29.7.2014, n. 106, introducendo una nuova disciplina per gli interventi edilizi da realizzare in area sottoposta a vincolo paesaggistico, differenziandone il regime a seconda della natura e dell’incidenza dell’intervento sul valore paesistico tutelato e distinguendo, quindi, tra interventi liberi, interventi sottoposti ad autorizzazione paesaggistica semplificata e interventi soggetti ad autorizzazione paesaggistica ordinaria.
Con d.P.R. n. 31/2017, pubblicato in G.U.R.I. Serie Generale del 22.3.2017, n. 68, in vigore dal successivo 6 aprile, è stato approvato il «Regolamento recante individuazione degli interventi esclusi dall’autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata», con il quale sono stati individuati gli interventi sottoposti ad autorizzazione paesaggistica semplificata e quelli esclusi (realizzabili, cioè senza l’autorizzazione).
Il nuovo regolamento attua la previsione dell’art. 12, co. 2, del d.l. n. 83/2014, convertito, con modificazioni, nella l. n. 106/2014, come modificato dall’art. 25, co. 2, del d.l. 12.9.2014, n. 133, convertito, con modificazioni, nella l. 11.11.2014, n. 164.
Con tali norme il legislatore aveva previsto che fossero adottate, con fonte regolamentare, disposizioni modificative e integrative del regolamento di cui al d.P.R. 9.7.2010, n. 139, al fine di ampliare e precisare le ipotesi di interventi di lieve entità, nonché allo scopo di operare ulteriori semplificazioni procediprocedimentali in materia di autorizzazione paesaggistica. In attuazione di detta previsione, il d.P.R. n. 31/2017, che ha abrogato il richiamato d.P.R. n. 139/2010 (art.19), ha introdotto modifiche in termini di semplificazione alla normativa vigente in materia di autorizzazione paesaggistica sia in sede di primo rilascio del titolo abilitativo che di rinnovo dello stesso, tanto sul piano degli oneri documentali a carico degli interessati che dell’iter procedurale da porre in essere. In particolare, gli allegati A e B del testo regolamentare identificano, rispettivamente, 31 interventi esclusi dall’autorizzazione paesaggistica e 42 soggetti ad autorizzazione paesaggistica semplificata, perché considerati di lieve incidenza rispetto ai valori paesistici tutelati mediante l’imposizione del vincolo. Rispetto al quadro normativo previgente, la nuova disciplina – in chiave di completamento rispetto a quella posta dalla fonte primaria di cui al d.lgs. 22.10.2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) – circoscrive le ipotesi nelle quali può procedersi al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica semplificata, amplia lo spettro delle attività edilizie libere e velocizza l’iter procedurale mediante la previsione di modelli unificati per la presentazione delle istanze. Nessuna novità, invece, è stata introdotta sul fronte dell’autorizzazione paesaggistica ordinaria.
A seconda della natura e della tipologia dell’intervento edilizio da realizzarsi in area soggetta a tutela paesaggistica è possibile, perciò, distinguere tra:
a) interventi liberi, per i quali non è necessario chiedere l’autorizzazione paesaggistica, ma, se del caso, il solo titolo edilizio;
b) interventi soggetti ad autorizzazione paesaggistica semplificata, mediante l’impiego di modelli unificati e un procedimento da concludersi nel termine massimo di sessanta giorni;
c) interventi soggetti ad autorizzazione paesaggistica ordinaria, il cui procedimento di rilascio deve concludersi nel termine massimo di centoventi giorni.
L’intento del legislatore, in sede di legislazione primaria del 2014 e di regolamento di semplificazione qui in esame, è stato quello di snellire il peso burocratico sulle iniziative dei privati, cittadini e imprese, e di restituire efficienza ed efficacia all’azione amministrativa, sul duplice rilievo, da un lato, che «la società avverte sempre più la funzione di tutela del patrimonio culturale come un freno alla crescita e come un inutile appesantimento burocratico, anziché (come dovrebbe essere) come una risorsa e una garanzia per uno sviluppo di qualità del paese» e, dall’altro, che in sede di consultazione telematica sulle «100 procedure più complicate da semplificare» lanciata dall’Ufficio per la semplificazione amministrativa del Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri1, era emerso che, «tra le procedure più segnalate dai cittadini e dalle imprese come fonte e causa di lungaggini e di ritardo, vi sono proprio quelle relative al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, spesso per piccoli interventi di lieve entità»2. Si è inteso procedere, quindi, ad una semplificazione che avesse lo scopo di offrire una risposta ragionevole e ragionata in grado di togliere «il troppo e il vano» della funzione autorizzatoria paesaggistica, «da un lato restituendo alla naturale area della libertà tutta una serie di piccoli interventi innocui per il paesaggio, dall’altro lato semplificando e accelerando le procedure per un’altra serie di interventi minori, di lieve entità, così da dimezzare i carichi degli uffici e consentire loro di concentrare le risorse scarse nell’esame approfondito e serio (e quindi anche tempestivo) degli interventi capaci di un effettivo impatto negativo sui beni tutelati»3.
Per una più chiara comprensione della portata del testo regolamentare in esame, è opportuno far precedere all’esame del suo contenuto – e delle principali questioni interpretative che esso pone – alcune considerazioni in punto di premesse normative e di ambito applicativo della semplificazione. Vengono in rilievo, in particolare, quanto al primo profilo gli artt. 146 e 149 del d.lgs. n. 42/2004 nella parte in cui, rispettivamente, il primo (al co. 9, secondo periodo4), demanda ad un regolamento, da emanarsi ai sensi della l. 23.8.1988, n. 400, l’introduzione di procedure semplificate per il rilascio dell’autorizzazione in relazione ad interventi di lieve entità in base a criteri di snellimento e concentrazione dei procedimenti, ferme, comunque, le esclusioni di cui agli articoli 19, co. 1 e 20, co. 4 della l. 7.8.1990, n. 241 e successive modificazioni, e il secondo, stabilisce, a sua volta, che «non è comunque richiesta l’autorizzazione prescritta dall’articolo 146, dall’articolo 147 e dall’articolo 159: a) per gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici; b) per gli interventi inerenti l’esercizio dell’attività agrosilvopastorale che non comportino alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni edilizie ed altre opere civili, e sempre che si tratti di attività ed opere che non alterino l’assetto idrogeologico del territorio; c) per il taglio colturale, la forestazione, la riforestazione, le opere di bonifica, antincendio e di conservazione da eseguirsi nei boschi e nelle foreste indicati dall’articolo 142, comma 1, lettera g), purché previsti ed autorizzati in base alla normativa in materia». In attuazione della previsione di cui al citato art. 146, co. 9 seconda parte, d.lgs. n. 42/2004 era stato dapprima adottato il d.P.R. n. 139/2010 recante la disciplina del procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica per gli interventi di lieve entità, individuati in 39 tipologie elencate nell’allegato 1 del decreto, per le quali trovava applicazione la procedura semplificata ivi prevista (articolata essenzialmente in tre momenti significativi: i) dimezzamento dei termini del procedimento; ii) semplificazione documentale mercé la previsione della necessità di presentare, in luogo dei numerosi documenti richiesti dal d.P.C.M. 12.12.2005, una sola relazione paesaggistica semplificata; iii) misure di semplificazione organizzativa). Con il d.P.R. n. 31/2017 si è disposta l’abrogazione del d.P.R. 139/2010, per procedere ad una rimodulazione complessiva delle fattispecie alternativamente riconducibili all’area degli interventi liberi (sottratti, per la loro irrilevanza paesaggistica5, a qualsiasi regime autorizzatorio) o al novero di quelli per i quali – a cagione della loro modesta incidenza sui valori paesistici – è previsto un procedimento semplificato, in termini sia di oneri documentali sia di celerità dello stesso. Entrambi i decreti in parola partecipano della natura di regolamento di delegificazione di cui all’art.17, co. 2, della l. n. 400/1988, in quanto la loro introduzione nell’ordinamento è stata prevista da norma primaria ed è giustificata dalla finalità di porre a livello di fonte normativa secondaria la disciplina in dettaglio delle fattispecie aventi minor rilievo sotto il profilo paesaggistico. Peraltro, come vedremo nel § 3, la forza delegificante della fonte regolamentare assume, nel caso di specie, una peculiare pregnanza in ordine all’individuazione degli interventi non soggetti ad autorizzazione, (cd. interventi esclusi) ponendo al l’interprete la pregiudiziale questione ermeneutica in ordine al carattere tassativo o meno dell’elenco degli stessi contenuto nell’art. 149, d.lgs. n. 42/2004 e poco innanzi riportato6.
L’autorizzazione paesaggistica, rappresenta un provvedimento in funzione di controllo preventivo, volto alla rimozione del limite legale oggetto del provvedimento di vincolo posto sui beni cui la tutela si riferisce. Tale carattere, già presente nella vecchia l. 29.6.1939, n. 1497 (cd. Legge Bottai), appare confermato dal Codice dei beni culturali: ai sensi dell’ art. 146 del d.lgs. n. 42/2004 «i proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo dei beni (...) hanno l’obbligo di sottoporre alla regione o all’ente locale al quale la regione ha affidato la relativa competenza i progetti delle opere che intendano eseguire, corredati della documentazione prevista, al fine di ottenere la preventiva autorizzazione». La previsione di un controllo autorizzatorio preventivo rende esplicita la volontà del legislatore nel senso della necessaria imposizione, a salvaguardia di un bene particolarmente vulnerabile e ritenuto meritevole di speciale tutela, di un vaglio della compatibilità dell’intervento anteriore alla modificazione dello stato dei luoghi, nella consapevolezza che la logica del «fatto compiuto» comporti, di regola, la sostanziale soccombenza e l’irrimediabile pregiudizio del bene protetto7. La giurisprudenza amministrativa ha puntualizzato, dal canto suo, che l’autorizzazione paesaggistica costituisce «atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire, che si sostanzia in un rapporto di presupposizione necessitato e strumentale tra valutazioni paesistiche e urbanistiche, vale a dire che questi due apprezzamenti si esprimono entrambi sullo stesso oggetto, l’uno, in termini di compatibilità paesaggistica dell’intervento edilizio proposto e, l’altro, in termini di sua conformità urbanistico-edilizia»8 e che «la tutela del paesaggio, avente valore costituzionale e funzione di preminente interesse pubblico, non è riducibile a quella dell’urbanistica, la quale risponde ad esigenze diverse e che, in ogni caso, non inquadra in una visione globale il territorio sotto il profilo paesaggistico-ambientale, rispetto al quale l’edificabilità dei suoli, seppure consentita dal PRG in vigore, va comunque coordinata quantomeno in relazione al dovuto nulla osta»9. La varia tipologia di interventi possibili sul bene protetto in chiave vincolistica e la loro differente incidenza sul valore tutelato ha indotto il legislatore a prevedere una modulazione della disciplina, mediante l’individuazione di un’area di libertà per quegli interventi manipolativi dell’esistente privi di impatto sul bene paesistico e l’alleggerimento deli oneri documentali e della sequenza procedimentale per gli interventi cd. di lieve entità, aventi cioè una limitata incidenza su detto bene.
A seguito della entrata in vigore del d.P.R. n. 31/2017, è possibile, quindi, enucleare tre diversi regimi giuridici per gli interventi edilizi da realizzare in un’area protetta dal vincolo paesaggistico.
Principiando sinteticamente dal regime più rigoroso, che trova applicazione per gli interventi di maggior impatto paesaggistico e che non ha subito modifiche dall’intervento del legislatore del 2017, va rammentato che la relativa disciplina si rinviene nell’art. 146 del Codice dei beni culturali, che di occupa, appunto, del procedimento autorizzatorio ordinario, e nel d.p.cm. 12 dicembre 2005, che specifica la documentazione da allegare all’istanza per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.
L’autorizzazione paesaggistica ordinaria dovrà essere richiesta in tutti i casi non compresi tra gli interventi liberi (allegato A del d.P.R. 31/2017) o sottoposti ad iter semplificato (allegato B del d.P.R. 31/2017).
L’iter procedurale per l’ottenimento del titolo autorizzatorio prevede la presentazione dell’istanza all’amministrazione – competente in via originaria o di delega – la quale è chiamata a svolgere le verifiche e gli accertamenti ritenuti necessari, tra i quali l’acquisizione del parere della locale commissione per la qualità architettonica e il paesaggio.
Entro i quaranta giorni successivi alla ricezione della domanda, l’amministrazione deve trasmettere alla competente Soprintendenza la proposta di autorizzazione paesaggistica corredata dagli elaborati tecnici, dandone contestualmente comunicazione al soggetto interessato.
La Soprintendenza verifica, quindi, la completezza e la corrispondenza della documentazione inoltrata e qualora ritenesse insufficiente quanto trasmesso, può richiedere delle integrazioni, sospendendo i termini del procedimento.
Il Soprintendente comunica il proprio parere entro il termine perentorio di quarantacinque giorni dalla data di ricezione della proposta decorsi i quali, in assenza di parere espresso, viene indetta una conferenza dei servizi, prolungandosi in tal caso i termini del procedimento di ulteriori quindici giorni.
Entro il termine di venti giorni dalla ricezione del parere del Soprintendente, l’amministrazione procedente rilascia l’autorizzazione, che diviene immediatamente efficace ed ha un periodo di validità di cinque anni.
Nell’allegato B del d.P.R. 31/2017 è riportato l’elenco degli interventi e opere qualificate come «di lieve entità», le quali beneficiano di una procedura autorizzatoria semplificata.
Il nuovo testo normativo prevede che l’istanza di autorizzazione paesaggistica relativa agli interventi di lieve entità, da compilarsi a carico del soggetto richiedente l’autorizzazione paesaggistica, debba essere compilata, anche in modalità telematica, secondo il modello di cui all’allegato C ed essere accompagnata dai seguenti documenti:
i) la relazione paesaggistica semplificata di cui all’allegato D, avente ad oggetto la tipologia dell’opera o dell’intervento (la relazione deve descrivere: le caratteristiche dell’intervento, se temporaneo o permanente; la destinazione d’uso; il contesto paesaggistico dell’intervento o dell’opera; la morfologia del contesto paesaggistico; l’ubicazione dell’opera o dell’intervento; la documentazione fotografica dello stato attuale; la presenza di immobili ed aree di notevole interesse pubblico; la presenza di aree tutelate per legge; la descrizione sintetica dello stato attuale dell’immobile o dell’area di intervento; la descrizione sintetica dell’intervento e delle caratteristiche dell’opera con documentazione di progetto; gli effetti conseguenti alla realizzazione dell’opera; le eventuali misure di inserimento paesaggistico; l’indicazione dei contenuti precettivi della disciplina paesaggistica vigente in riferimento alla tipologia di intervento e la conformità con i contenuti della disciplina);
ii) gli elaborati di progetto individuati sempre nell’allegato D (estratto cartografico catasto/ctr/igm/ortofoto; estratto cartografico degli strumenti della pianificazione urbanistica comunale e relative norme; estratto cartografico degli strumenti della pianificazione paesaggistica e relative norme; documentazione fotografica con le caratteristiche ivi descritte; documentazione di progetto relativa alla descrizione sintetica dell’intervento e delle caratteristiche dell’opera (con possibilità di fotoinserimenti del progetto comprendenti un adeguato intorno dell’area di intervento desunto dal rapporto di intervisibilità esistente, al fine di valutarne il corretto inserimento).
Per gli interventi di lieve entità che riguardano immobili vincolati ai sensi dell’articolo 136, co. 1, del d.lgs. n. 42/2004, lett. a), b) e c)10, limitatamente, per quest’ultima fattispecie, agli immobili di interesse storicoarchitettonico o storicotestimoniale, ivi compresa l’edilizia rurale tradizionale, isolati o ricompresi nei centri o nuclei storici, la relazione paesaggistica semplificata deve contenere altresì specifici riferimenti ai valori storicoculturali ed esteticopercettivi che caratterizzano l’area interessata dall’intervento e il contesto paesaggistico di riferimento.
Tra i 42 interventi di lieve entità riportati nell’allegato B per i quali è prevista una procedura di autorizzazione paesaggistica semplificata, possono indicarsi esemplificativamente i seguenti:
1) l’incremento di volume non superiore al 10 per cento della volumetria della costruzione originaria e comunque non superiore a 100 metri cubi attuabile anche nei centri storici;
2) le opere su prospetti e coperture comportanti alterazione dell’aspetto esteriore dell’edificio quali la realizzazione o modifica di aperture esterne o finestre a tetto riguardanti beni vincolati purché eseguiti nel rispetto delle caratteristiche architettoniche, morfotipologiche, dei materiali e delle finiture esistenti;
3) gli interventi sulle finiture esterne, con rifacimento di intonaci, tinteggiature o rivestimenti esterni, modificativi di quelli preesistenti;
4) la realizzazione, modifica o chiusura di balconi o terrazze;
5) la realizzazione o modifica sostanziale di scale esterne;
6) l’adeguamento alla normativa antisismica o di contenimento energetico comportante innovazioni nelle caratteristiche morfotipologiche ovvero nei materiali di finitura o di rivestimenti preesistenti;
7) il superamento delle barriere architettoniche per superamento di dislivelli superiori a 60 cm o la realizzazione di ascensori esterni o di manufatti che alterino la sagoma dell’edificio e siano visibili dallo spazio pubblico;
8) la demolizione senza ricostruzione di edifici privi di interesse architettonico, storico e testimoniale;
9) le autorimesse fuori terra con volume non superiore a 50 metri cubi;
10) le tettoie di superficie non superiore a 30 metri quadrati;
11) la chiusura di verande funzionali ad attività economiche;
12) le strutture temporanee per manifestazioni per un periodo superiore a 120 e non superiore a 180 giorni;
13) l’installazione di cartelli e mezzi pubblicitari non temporanei di dimensione inferiore a 18 metri quadrati.
Va evidenziato, inoltre, che nell’ambito dell’elenco di cui all’allegato B in parola, alcuni interventi (in particolare quelli numerati con B.6, B.13, B.26 e B.36) sono esonerati dall’obbligo di autorizzazione paesaggistica semplificata (e dunque non sono soggetti ad alcun procedimento autorizzativo al pari di quelli di cui all’allegato A) nelle regioni ove siano stati stipulati accordi di collaborazione tra il Ministero, la regione e gli enti locali ai sensi dell’art. 12 del d.l. n. 83/2014 (recante «Disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo»), limitatamente all’ambito territoriale di applicazione degli accordi in questione11. Sono inoltre assoggettate a procedura semplificata le istanze di rinnovo di autorizzazioni paesaggistiche, anche rilasciate tramite la descritta procedura di autorizzazione paesaggistica di cui al d.lgs. n. 42/2004, scadute da non più di un anno e relative ad interventi in tutto o in parte non eseguiti, a condizione che il progetto risulti conforme a quanto in precedenza autorizzato e alle specifiche prescrizioni di tutela eventualmente sopravvenute. A tali istanze di rinnovo inoltre, qualora non siano richieste variazioni progettuali e non siano sopravvenute specifiche prescrizioni di tutela, non deve essere allegata la relazione paesaggistica semplificata. Viene richiamato il periodo di validità di 5 anni previsto dall’autorizzazione paesaggistica ex d.lgs. n. 42/2004, per cui i lavori iniziati nel corso del quinquennio di efficacia dell’autorizzazione possono essere conclusi entro e non oltre l’anno successivo la scadenza del quinquennio medesimo.
Quanto, infine, agli interventi esclusi dalla necessità di richiedere il titolo autorizzatorio, l’art.2 del d.P.R. n. 31/2017 demanda all’allegato A la specificazione puntuale degli stessi, individuandone 31 tipologie.
Si tratta non tanto di interventi “esonerati” dalla disciplina ordinaria con norma eccezionale, quanto di interventi irrilevanti sul piano paesaggistico, in quanto insuscettibili anche in astratto di arrecare pregiudizio ai valori paesistici protetti12.
Tra i principali interventi non soggetti ad autorizzazione paesaggistica possono indicarsi esemplificativamente:
i) le opere interne che non alterano l’aspetto esteriore degli edifici, comunque denominate ai fini urbanistico-edilizi, anche ove comportanti mutamento della destinazione d’uso;
ii) gli interventi sui prospetti o sulle coperture degli edifici, purché eseguiti nel rispetto degli eventuali piani del colore vigenti nel comune e delle caratteristiche architettoniche, morfo-tipologiche, dei materiali e delle finiture esistenti;
iii) gli interventi che abbiano finalità di consolidamento statico degli edifici, ivi compresi gli interventi che si rendano necessari per il miglioramento o l’adeguamento ai fini antisismici;
iv) gli interventi indispensabili per l’eliminazione di barriere architettoniche, quali la realizzazione di rampe esterne per il superamento di dislivelli non superiori a 60 cm;
v) le installazioni di impianti tecnologici esterni a servizio di singoli edifici non soggette ad alcun titolo abilitativo edilizio, quali condizionatori e impianti di climatizzazione dotati di unità esterna, caldaie, parabole, antenne oppure installazione di pannelli solari (termici o fotovoltaici) a servizio di singoli edifici, laddove posti su coperture piane e in modo da non essere visibili dagli spazi pubblici esterni;
vi) l’installazione di dispositivi di sicurezza anticaduta sulle coperture degli edifici;
vii) le opere di manutenzione e adeguamento degli spazi esterni, pubblici o privati, relative a manufatti esistenti, quali marciapiedi, banchine stradali, aiuole, componenti di arredo urbano, purché eseguite nel rispetto delle caratteristiche morfo-tipologiche, dei materiali e delle finiture preesistenti, e dei caratteri tipici del contesto locale;
viii) le opere di urbanizzazione primaria previste in piani attuativi già valutati ai fini paesaggistici, ove oggetto di accordi di collaborazione tra il Ministero, le regioni e gli enti locali o di specifica disciplina contenuta nel piano paesaggistico approvato ai sensi dell’art. 143 del Codice dei beni culturali;
ix) gli interventi di manutenzione, sostituzione o adeguamento di cancelli, recinzioni, muri di cinta o di contenimento del terreno, inserimento di elementi antintrusione sui cancelli, le recinzioni e sui muri di cinta eseguiti nel rispetto delle caratteristiche morfotipologiche, dei materiali e delle finiture esistenti;
x) la sostituzione o messa a dimora di alberi e arbusti, singoli o in gruppi, in aree pubbliche o private, eseguita con esemplari adulti della stessa specie o di specie autoctone o comunque storicamente naturalizzate e tipiche dei luoghi, purché tali interventi non interessino i beni di cui all’art. 136, co. 1, lettere a) e b) del Codice dei beni culturali, ferma l’autorizzazione degli uffici competenti, ove prevista;
xi) la realizzazione di monumenti, lapidi, edicole funerarie ed opere di arredo all’interno dei cimiteri;
xii) l’installazione di tende parasole su terrazze, prospetti o in spazi pertinenziali ad uso privato;
xiii) ’installazione di insegne per esercizi commerciali o altre attività economiche, ove effettuata all’interno dello spazio vetrina o in altra collocazione consimile a ciò preordinata; sostituzione di insegne esistenti, già legittimamente installate, con insegne analoghe per dimensioni e collocazione (l’esenzione dall’autorizzazione non riguarda le insegne e i mezzi pubblicitari a messaggio o luminosità variabile);
xiv) l’installazione o la modifica di impianti delle reti di comunicazione elettronica o di impianti radioelettrici.
Alcuni interventi sono, inoltre, del pari sottratti all’obbligo di richiedere l’autorizzazione paesaggistica semplificata qualora nel provvedimento di vincolo siano contenute specifiche prescrizioni d’uso intese ad assicurare la conservazione e la tutela del bene, prescrizioni che ovviamente andranno rispettate nello svolgimento dell’intervento. Si tratta, in particolare:
i) degli interventi numerati con A.2 (ultimo periodo), A.5, A.7, A.13 ed A.14, sottoposti al procedimento autorizzativo semplificato in base al combinato disposto delle corrispondenti voci degli allegati A e B nel caso in cui riguardino aree o immobili vincolati ai sensi dell’art. 136, co. 1, lettere a), b) e c), limitatamente, per quest’ultima, agli immobili dichiarati «di notevole interesse pubblico» (cosa che ne determinerebbe di norma, ai sensi dello schema di decreto in commento, non l’esenzione totale ma l’assoggettamento alla procedura semplificata);
ii) dei già menzionati interventi di cui ai numeri B.6, B.13, B.26 e B.36 dell’allegato B.
La citata Relazione illustrativa sottolinea, altresì, che «i due elenchi sono in parte complementari, ma non del tutto speculari: il secondo (interventi “semplificati”) è più ampio, poiché include sia alcune tipologie di interventi ricomprese anche nel primo elenco (interventi “liberi”), ma con differenze di grado (e non di tipo) per le diverse caratteristiche realizzative, di maggiore impatto sul paesaggio, sia altre tipologie di interventi non contemplati affatto nel primo elenco. Ad esempio, per maggiore chiarezza, nella categoria A.2 sono considerati liberi gli interventi sui prospetti o sulle coperture degli edifici, purché eseguiti nel rispetto delle caratteristiche architettoniche, morfo-tipologiche, dei materiali e delle finiture esistenti; le stesse tipologie di interventi sono invece ricompresi nelle lettere B.3 e B.4 (interventi sui prospetti e sulle coperture) allorquando comportino viceversa alterazione dell’aspetto esteriore degli edifici mediante modifica delle caratteristiche architettoniche, morfo-tipologiche, dei materiali o delle finiture esistenti»13.
Nel nuovo assetto normativo del regime autorizzatorio degli interventi sui beni assoggettati ad autorizzazione paesaggistica emergono principalmente due profili problematici, il primo incentrato sul carattere tassativo o solo esemplificativo dell’elenco degli interventi esclusi e il secondo su aspetti di diritto intertemporale relativi ai procedimenti autorizzatori in corso di svolgimento al momento dell’entrata in vigore del d.P.R. n. 31/2017. Su entrambe le questioni appena prospettate si è pronunciato il Ministero dei beni culturali, nella circolare del 21.4.2017, n. 1514, nella quale si rinvia alla Relazione illustrativa del decreto più volte citata. Quanto al primo profilo, l’ufficio legislativo del Ministero15, muovendo da un’approfondita disamina ermeneutica (sul piano letterale e logico-sistematico) delle disposizioni dell’art.149 del d.lgs. n. 42/2004 e di alti articoli del medesimo Codice, nonché del contenuto del mandato di delegificazione del 2014, conclude nel senso che l’elenco in parola non ha carattere tassativo, poiché il legislatore nel conferire il predetto mandato avrebbe assegnato al Governo «due compiti paralleli e connessi: da un lato sviluppare ed esplicitare per quanto possibile, per ragioni di semplificazione e di certezza del diritto secondo il fondamentale criterio dell’irrilevanza paesaggistica, l’elenco degli interventi non assoggettati ad autorizzazione paesaggistica già ricavabile da una corretta interpretazione logico-sistematica e finalistica del combinato disposto degli arti 146 e 149 del codice di settore (e in ciò il regolamento si porrà e si configurerà come regolamento di sola attuazione e non di delegificazione), dall’altro lato operare una parziale delegificazione dell’elenco degli interventi liberi anche oltre la lettera dell’art. 149 (e in ciò il regolamento si porrà e si configurerà come regolamento di delegificazione)»16. La Relazione illustrativa sottolinea, inoltre, che il criterio della rilevanza paesaggistica, che orienta la selezione di una serie tipologica di interventi da ritenersi liberi «si articola in tre profili: la non percepibilità esterna, la innocuità dell’intervento come sua insuscettibilità di arrecare anche in astratto pregiudizio al (ossia di incidere negativamente sul) bene paesaggistico protetto, la facile amovibilità o la sicura temporaneità del manufatto, tale da escludere che esso costituisca trasformazione stabile e permanente (o, almeno, duratura) del territorio». La stessa Relazione sottolinea altresì che «talune tipologie di interventi minori, pur non pienamente riconducibili a tale declinazione della nozione di irrilevanza paesaggistica, siccome percepibili all’esterno, in astratto suscettibili di arrecare un qualche pregiudizio e non temporanei, ma duraturi (ad es. gli impianti di climatizzazione esterni, i microimpianti eolici e i pannelli solari sui tetti, le rampe e gli altri impianti per il superamento delle barriere architettoniche), sono considerati meritevoli di esonero dalla previa autorizzazione paesaggistica facendo leva sulla forza delegificante del regolamento e nell’esercizio della discrezionalità normativa di bilanciamento tra valori potenzialmente equiordinati alla tutela paesaggistica, quali quelli di tutela della salute, di tutela dell’ambiente-ecosfera mediante la promozione delle fonti di produzione di energia rinnovabile alternative a quelle tradizionali climalteranti, di tutela dei soggetti diversamente abili»17. Quanto, invece, al secondo dei profili enunciati – incentrato sulla questione di diritto intertemporale circa la disciplina da applicare alle procedure in corso al momento dell’entrata in vigore del d.P.R. n. 31/2017 – va evidenziato che l’art. 13 del regolamento in esame prevede l’efficacia immediata delle disposizioni di semplificazione nelle Regioni a statuto ordinario, mentre, per le Regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, saranno questi ultimi enti territoriali ad adeguare la propria legislazione alla nuova normativa statale ai sensi dei rispettivi statuti e norme di attuazione. In particolare, con riferimento ai procedimenti pendenti, in assenza di uno specifico regime transitorio, trova applicazione, trattandosi di norme procedurali, il generale principio tempus regit actum, a tenore del quale ciascun atto di una serie procedimentale deve uniformarsi alla disciplina vigente nel momento in cui viene adottato, con la conseguenza che i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della nuova disciplina saranno di regola assoggettati al nuovo regime, sia quelli concernenti interventi che permangono nel regime semplificato, sia quelli che dal regime ordinario passano a quello semplificato. La richiamata circolare ministeriale n. 15/2017 ha specificato, inoltre, che la declinazione applicativa di questo principio generale soffre alcune eccezioni in ragione del particolare regime degli interventi, già sottoposti a regime semplificato, oggi liberalizzati (allegato A), nonché in ragione del diverso stadio di definizione raggiunto in concreto da ciascun procedimento. In dettaglio, dal momento che il regime semplificato non ha ricevuto variazioni sostanziali, salva una più chiara e netta scansione interna delle fasi endoprocedimentali, occorre infatti distinguere nettamente i casi in cui alla procedura semplificata subentra il regime di esonero dall’autorizzazione paesaggistica (allegato A) dai casi in cui al regime ordinario (art. 146) subentra quello semplificato (allegato B). Si profilano, dunque, le seguenti ipotesi: i)prima ipotesi – interventi ed opere esonerati dall’obbligo di autorizzazione paesaggistica: l’esonero dall’obbligo di autorizzazione delle categorie di opere e di interventi di cui all’allegato A si applica in tutto il territorio nazionale a partire dalla data di entrata in vigore del regolamento (6.4.2017), fermo restando il rispetto delle competenze delle Regioni a statuto speciale. In questo caso, a meno che non si tratti di interventi già autorizzati, le relative istanze saranno archiviate dall’autorità procedente previa comunicazione al privato e alla Soprintendenza dell’entrata in vigore del nuovo regime autorizzatorio che individua le tipologie di interventi liberalizzati; ii)seconda ipotesi – procedimenti già avviati e collocati, a seguito della preliminare valutazione operata ai sensi dell’articolo 4 del d.P.R. n. 139/2010, nell’ambito della procedura ordinaria, sottoposti, secondo il nuovo regolamento, a regime semplificato18. In tal caso, è necessario distinguere: a) se la procedura in itinere ha superato i 60 giorni o è stato consumato quasi interamente il termine previsto per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, il procedimento dovrà essere concluso in base al regime previgente, nel termine più lungo previsto dall’art. 146; diversamente opinando, le valutazioni delle amministrazioni procedenti sarebbero costrette entro un termine (quello residuo rispetto ai 60 giorni propri della procedura semplificata) troppo esiguo e incompatibile con l’effettivo svolgimento della funzione di tutela. Riguardo agli effetti dell’inutile decorso del termine endoprocedimentale riservato alla Soprintendenza per la pronuncia del parere vincolante (45 giorni ex art. 146; 20 giorni ex art. 11 del d.P.R. n. 31/2017), il Ministero ha richiamato la propria precedente nota prot. n. 27158 del 10.11.2015, allegata alla circolare n. 40 del 20.11.2015, con la quale si è chiarito che in entrambi i casi opera il silenzio-assenso tra pubbliche amministrazioni già in forza diretta dell’art. 3 della l. 7.8.2015, n. 124, che ha inserito nella l. n. 241/1990 il nuovo art. 17 bis; b) nei casi in cui l’amministrazione procedente ha già formulato al Soprintendente la sua proposta di provvedimento, per ragioni di economia dei mezzi giuridici, di efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa e di continuità amministrativa, si ritiene, invece, che il procedimento debba essere concluso ai sensi dell’articolo 146 del Codice; c) nei casi, infine, in cui l’istruttoria non si sia ancora conclusa o non abbia comunque ancora portato alla trasmissione della proposta alla Soprintendenza da parte dell’amministrazione procedente, si applica il regime semplificato previsto dal nuovo regolamento, purché siano garantiti i termini previsti dal nuovo regolamento; iii) terza ipotesi – procedimenti relativi ad interventi che restano sottoposti al regime autorizzatorio semplificato19: in questi casi, il nuovo regime semplificato non presenta differenze sostanziali rispetto a quello configurato dal d.P.R. n. 139/2010, salvo che per una diversa scansione interna dei termini (non perentori) stabiliti per ciascuna fase nell’ambito dei 60 giorni complessivi entro cui il procedimento autorizzatorio deve essere concluso, cosicché non appare necessario distinguere se la procedura debba essere conclusa ai sensi del d.P.R. n. 139/2010 o del d.P.R. n. 31/2017. Più complesso risulta individuare quali siano le conseguenze derivanti dal parziale decorso dei termini, entrambi qualificati come tassativi dall’art. 11, dati all’amministrazione procedente (ridotti da trenta a venti giorni) per la trasmissione della proposta al Soprintendente, e a quest’ultimo per l’espressione del parere vincolante (ridotti da venticinque a venti) atteso il conseguente formarsi, in caso di inerzia, nel solo caso del termine stabilito per il Soprintendente, del silenzio-assenso. Ad avviso del Ministero, per gli stessi motivi sottesi alla prima e alla terza delle ipotesi sopra indicate, sarebbe ragionevole applicare il nuovo regolamento nei casi in cui, tanto per l’amministrazione procedente che per il Soprintendente, siano comunque garantiti interamente i nuovi termini rispettivamente previsti20.
1 I risultati della consultazione, svolta in collaborazione con la Conferenza delle Regioni, l’ANCI e l’UPI, sono stati riassunti in un documento conclusivo pubblicato nel mese di aprile 2014 (reperibile sul sito www.funzionepubblica.gov.it).
2 Cfr. Relazione illustrativa del d.P.R. n. 31/2017, 3 in www.beniculturali.gov.it.
3 Cfr. Relazione illustrativa, cit., ibidem.
4 Comma modificato dal secondo decreto correttivo e integrativo di cui al d.lgs. 26.3.2008, n. 63.
5 Per la nozione di “irrilevanza paesaggistica” si veda il § 3.
6 La questione sarà approfondita nel § 3.
7 Carpentieri, P., L’autorizzazione paesaggistica in sanatoria, in Urb. app., 2004, 4, 384 ss.
8 Cons. St., IV, 27.11.2010, n. 8260; Cons. St., VI, 3.12.2009, n. 7570, entrambi in www.giustiziaamministrativa.it; C. cost., 23.7.1997, n. 262 in www.corte costituzionale.it.
9 Cons. St., VI, 21.6.2006, n. 1903, in www.giustiziaamministrativa.it.
10 Art. 136, d.lgs. n. 42/2004 – Immobili ed aree di notevole interesse pubblico: «1. Sono soggetti alle disposizioni di questo Titolo per il loro notevole interesse pubblico: a) le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale o di singolarità geologica; b) le ville, i giardini e i parchi, non tutelati dalle disposizioni della Parte seconda del presente codice, che si distinguono per la loro non comune bellezza; c) i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale; d) le bellezze panoramiche considerate come quadri e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze».
11 Detti accordi vanno ricondotti all’istituto disciplinato nella legge sul procedimento (l. n. 241/1990), che, all’art.15, prevede la possibilità per le amministrazioni pubbliche di «concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune». Nel caso di specie, è previsto che il Ministero dei beni culturali emani delle linee guida di coordinamento contenenti la struttura di base ed i contenuti precettivi degli accordi in questione, che dovranno essere approvati secondo l’iter definito dall’art. 6, co. 2, del d.P.R. n. 31/2017.
12 Cfr. Relazione illustrativa, cit., 5.
13 Cfr. Relazione illustrativa, cit., 20.
14 In www.beni culturali.gov.it.
15 Cfr. Relazione illustrativa, cit., 4 ss.
16 Cfr. Relazione illustrativa, cit., 8.
17 Cfr. Relazione illustrativa, cit., 9.
18 È l’ipotesi, ad esempio, della voce B.2: realizzazione o modifica di aperture esterne riguardanti beni vincolati ai sensi del Codice, art. 136, co. 1, lett. a), b) e c) purché gli interventi siano realizzati nel rispetto delle caratteristiche architettoniche del bene vincolato, o della voce B.21: realizzazione di cancelli, recinzioni, muri di cinta o di contenimento del terreno; interventi di manutenzione, sostituzione o adeguamento dei medesimi manufatti, se eseguiti con caratteristiche morfotipologiche, materiali o finiture diversi da quelle preesistenti, e, comunque, ove interessino beni vincolati ai sensi del Codice, articolo 136, co. 1, lettere a), b) e c), limitatamente, per quest’ultima, agli immobili di interesse storico-architettonico o storico-testimoniale, ivi compresa l’edilizia rurale tradizionale, isolati o ricompresi nei centri o nuclei storici).
19 È il caso, ad esempio, della voce B.12: interventi di arredo urbano comportanti l’installazione di manufatti e componenti compresi gli impianti di pubblica illuminazione; interventi relativi a linee elettriche e telefoniche su palo a servizio di singole utenze.
20 Cfr. nota dell’Ufficio legislativo del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo prot. n. 0011688 dell’11.4.2017 in www.beniculturali.gov.it.