L'editoria cattolica dall'Unita alla fine del fascismo
L’unificazione del paese comportò conseguenze anche sul versante della stampa e dell’editoria: la formazione di un mercato nazionale senza barriere doganali e l’estensione a tutto il Regno delle leggi del Regno di Sardegna, in particolare quelle attinenti alla libertà di stampa, alla proprietà letteraria e all’istruzione, favorirono infatti una maggiore diffusione di libri e giornali e costituirono una spinta importante per l’avvio della trasformazione delle tipografie in imprese editoriali. Da quella fase iniziarono così a definirsi quelle che sarebbero state le caratteristiche dell’editoria e del giornalismo moderni, in grado cioè di raggiungere con nuovi strumenti un numero più vasto di lettori e con una maggiore consapevolezza della necessità di tener conto tanto dell’opinione pubblica quanto dei gusti e degli interessi del pubblico1.
Gli sviluppi e la crescita dell’editoria cattolica e religiosa si inserirono in questo contesto di cambiamenti, anche se con proprie peculiarità poiché – a metà dell’Ottocento – ancora non vi erano veri e propri editori con programmi di ampio respiro, come avverrà a partire dal nuovo secolo, bensì un gran numero di aziende tipografiche e di librerie, impegnate prevalentemente nella stampa e nella diffusione di opere religiose, devozionali, di edificazione morale e così via.
Nell’ambito di una generale crescita della produzione libraria nella seconda metà dell’Ottocento, mentre si rafforzavano soprattutto i libri di argomento storico-geografico e, successivamente, quelli delle scienze sociali e quelli letterari, anche il settore religioso, dopo una fase di netta diminuzione, ebbe un incremento, come si vede dai dati seguenti2: 1836, 651; 1846, 383; 1861, 273; 1862, 460; 1872, 792; 1878, 677; 1886, 1161; 1889, 995.
Anche le tematiche avrebbero subito un’evoluzione, rispetto alle polemiche politiche che nel 1861 erano al centro di un terzo delle pubblicazioni di argomento religioso3. In seguito, nella più generale integrazione tra libri e stampa periodica, anche nel circuito religioso sarebbe stata ampliata la produzione di giornali e riviste, mentre quella libraria diventerà più articolata.
Un impulso alla produzione di una cultura popolare religiosa venne, a partire dagli anni Settanta, dall’Opera dei congressi e dalla sua IV Sezione dedicata alla stampa, che promosse anche alcune associazioni finalizzate alla diffusione della «buona stampa» e alla creazione di biblioteche circolanti4. Ma fu soprattutto papa Leone XIII, con l’enciclica Etsi Nos (1882), a insistere sull’esigenza – di fronte al crescente processo di laicizzazione del paese e allo «stato medesimo delle cose pubbliche […] grandemente funesto al benessere della religione» – di una vasta diffusione della «buona stampa»: rispetto alla «pestifera colluvie di libri» e di «giornali sediziosi e funesti», era necessario «fare argine alla violenza di questo grande male che va ogni giorno più largamente serpeggiando; e per prima cosa conviene con tutta severità e rigore indurre il popolo a guardarsene il più possibile, e ad usare scrupolosamente il più prudente discernimento sulle cose da leggere». In maniera molto esplicita il papa ribadiva la necessità di creare strumenti idonei proprio dal punto di vista culturale e propagandistico, per «contrapporsi» a quanti osteggiavano la Chiesa:
«[…] occorre contrapporre scritto a scritto, affinché lo stesso mezzo che tanto può nel rovinare, sia rivolto alla salute e al beneficio dei mortali, e i rimedi vengano appunto da dove vengono preparati i micidiali veleni. Pertanto è auspicabile che almeno in ogni provincia si istituisca qualche strumento che illustri pubblicamente quali e quanti sono i doveri dei singoli cristiani verso la Chiesa: ciò con scritti molto frequenti, e se possibile quotidiani. Soprattutto poi siano evidenziati i grandissimi benefici recati ad ogni paese dalla religione cattolica; si faccia comprendere come la sua virtù torni sempre a sommo bene e a vantaggio delle cose private e pubbliche; si spieghi quanto sia importante che la Chiesa venga di nuovo e sollecitamente innalzata nella società a quel grado di dignità che la sua grandezza divina e la pubblica utilità delle genti vivamente richiedono»5.
Numerose furono infatti le piccole e grandi imprese tipografiche che rispondevano all’impegno e alla richiesta della Chiesa, delle diocesi e dei diversi ordini religiosi a diffondere una cultura popolare finalizzata all’educazione e alla formazione di vasti strati della popolazione, che contrastasse l’anticlericalismo liberale e, in particolare all’indomani dell’unificazione del paese, la progressiva «declericalizzazione» dei processi educativi e la politica laicizzante dei governi. Secondo il censimento compiuto da Luigi Bottaro su commissione della IV Sezione dell’Opera dei congressi nel 1887, ad esempio, erano più di cento gli stabilimenti tipografici impegnati nella diffusione della «buona stampa», la maggior parte dei quali concentrati nel Nord (65), e solo 18 al Sud (di cui 16 Napoli, gli altri due a Catania)6.
L’annuario relativo all’«attività culturale e letteraria dei cattolici in Italia», «Il Ragguaglio», pubblicato nel 1930, citava tra le aziende tipografiche esistenti al momento della nascita del Regno d’Italia: Casa editrice Giacomo Agnelli di Milano, Marietti di Torino, Tipografia e libreria gregoriana del Seminario di Padova, nata alla fine del Seicento, Tipografia pontificia e arcivescovile Immacolata Concezione di Modena, La Civiltà cattolica editrice, che a Roma completava l’opera dell’organo dei Gesuiti. Tra quelle nate negli anni successivi all’Unità fino alla fine del secolo: Casa editrice Desclée, succursale di Roma della casa belga, libreria internazionale e poi casa editrice, Libreria del Sacro Cuore di Torino, Lega eucaristica di Milano, fondata dai padri Carmelitani scalzi, Libreria editrice vescovile Queriniana di Brescia, Casa editrice vescovile Artigianelli di Pavia, Tipografia pontificia vescovile S. Giuseppe di Vicenza, Edizioni del Collegio di San Bonaventura a Quaracchi, vicino Firenze, Pustet di Roma, Tipografia pontificia di Palermo, per citare qualche nome7.
Alcune di queste aziende tipografiche avevano uno spessore più consistente e un’attività assai vasta sia in termini di produzione che di diffusione, stampando non solo materiale religioso, ma anche opere di narrativa e di saggistica o testi per le scuole. La modenese Tipografia pontificia e arcivescovile Immacolata Concezione, ad esempio, con la «Collezione di letture amene ed oneste» sarebbe giunta, nel 1930, a comprendere 350 romanzi e 220 opuscoli di propaganda, libretti istruttivi e morali, e avrebbe complessivamente stampato circa un migliaio di opere di istruzione religiosa e morale8. Un’altra casa che avrebbe raggiunto dimensioni significative era la Queriniana, nata per la stampa del quotidiano cattolico «Il Cittadino di Brescia», diretto da Giorgio Montini, e successivamente fusa con la tipografia vescovile avviata all’inizio del secolo, che si appoggiava al Pio Istituto degli Artigianelli, una scuola per la formazione professionale di giovani poveri, dotata di laboratori e officine anche per legatori e librai. Dagli anni Novanta iniziò a stampare numerosi periodici: la rivista femminile «La Madre cattolica» (promossa nel 1887 da Marietta Bianchini, che la dirigerà fino alla guerra mondiale), il «settimanale democratico-cristiano» «La Voce del popolo», il periodico scolastico «Scuola italiana moderna»; e arricchì con un incremento costante il proprio catalogo librario, con opere di riflessione cristiana, racconti e romanzi di edificazione, opere religioso-teatrali per teatri parrocchiali e oratoriali9. Il catalogo pubblicato alla fine degli anni Venti elencava più di 300 opere, alcune arrivate alla settima edizione: il primato spettava alla Guida delle spose e madri cattoliche di Marietta Bianchini giunta alla 17a edizione10. Una delle più antiche editrici di opere ascetiche, la milanese Agnelli, che in seguito avrebbe esteso la produzione al genere scolastico, stampava testi particolarmente economici poiché utilizzava manodopera a basso costo proveniente dai laboratori tipografici dell’Orfanotrofio maschile di Milano11. Marietti, nata a Torino nel 1820 come libreria e poi tipografia, si specializzò, oltre che nella produzione di opere sacre e devozionali e di testi per la formazione del clero, soprattutto in quella di messali, breviari e altri testi liturgici approvati dalla Santa Sede, che le assicuravano duraturi profitti12. Un’altra editrice con una produzione ampia e ad alta tiratura, non ricordata nell’annuario, fu la Società di San Paolo per la diffusione della buona stampa, nata a Milano nel 1875 (dove tra l’altro iniziò il periodico «La Settimana religiosa») e trasferita a Roma nel 188313. Un aspetto importante dell’attività delle diverse tipografie religiose, inoltre, era quello della produzione di libri di testo e di letture per le scuole, in cui erano specializzate alcune piccole editrici fiorentine legate agli Scolopi (Calasanziana, Tofani, Chiesi)14 e soprattutto quelle legate ai Salesiani.
Nell’ambito dell’editoria religiosa bisogna poi ricordare la tipografia e libreria Claudiana, espressione della Chiesa Valdese, nata a Torino nel 1858 e trasferita a Firenze nel 1861. La casa editrice a partire dal decennio successivo ebbe una notevole espansione anche per l’ampliamento della propria rete distributiva: dal 1867 al 1890 pubblicò una media di oltre 50 titoli l’anno, tra cui numerosi periodici, con tirature significative15. Il suo impegno consistette, in primo luogo, nella diffusione della Bibbia nella secentesca traduzione di Giovanni Diodati, proibita dalla Chiesa, e in generale nella pubblicazione di trattati finalizzati a contrattaccare la dottrina della Chiesa cattolica romana, di lezioni sul cristianesimo e anche di letture amene. Tuttavia, nell’ultimo decennio del secolo l’editrice cadde in una grave crisi finanziaria, fin quando nel 1925, per evitarne la fine, la Tavola Valdese la acquisì, trasferendola da Firenze a Torre Pellice16.
A fianco alla produzione editoriale, c’era poi l’attività svolta da riviste e gruppi intellettuali maggiormente rivolta all’alta cultura. Nel contesto del movimento intransigente e dell’Opera dei congressi, si collocava ad esempio l’Unione cattolica per gli studi sociali fondata nel 1889 a Padova da Giuseppe Toniolo e Stanislao Medolago Albani, che promosse la «Rivista internazionale di scienze sociali e di discipline ausiliarie» e una Collezione di scienze sociali cattoliche. Dieci anni dopo Toniolo costituì la Società cattolica italiana per gli studi scientifici, articolata in diverse sezioni e in piena obbedienza alla Santa Sede e ai vescovi.
Al di là degli editori con un profilo più definito, dunque, le piccole tipografie dedite esclusivamente alla stampa di materiale liturgico e devozionale, di opere destinate al clero o ai fedeli per la loro istruzione erano non solo numerose, ma anche assai produttive, stampando molto e in un numero elevato di copie: un ruolo notevole in questo settore sarà svolto dalle tipografie dei Salesiani. Si trattava di un genere di editoria educativa e popolare che si sarebbe sempre più rafforzato con gli anni e diffuso su tutto il territorio. Più avanti, in un articolo del 1916, Antonio Gramsci, ad esempio, faceva significative riflessioni in proposito e sulla gran quantità di produzione esposta nelle vetrine delle «librerie cosiddette religiose»:
«vedo volumi su volumi, di ogni specie, su tutti gli argomenti, e su molte copertine impressa la dicitura: 20a, 30a e persino 50a edizione, e mi domando come mai libri che riescono a raggiungere tirature così elevate siano ignoti o quasi nel mondo della cultura, e nessuno ne parli, e sfuggano così completamente al controllo della critica scientifica e letteraria. Non posso credere che le tirature denunciate siano un bluff editoriale, e perciò sento ammirazione ed invidia per i preti che riescono ad ottenere effetti così palpabili nella loro propaganda culturale»17.
Gli intellettuali prestavano poca attenzione quindi a questo genere di pubblicazioni, né veniva compresa la loro pervasività e funzionalità a un progetto politico-culturale educativo e propagandistico: «È incredibile – continuava Gramsci con acume – la quantità di opuscoli, riviste, foglietti, corrieri parrocchiali che circolano dappertutto, che cercano infiltrarsi anche nelle famiglie più refrattarie, e che si occupano di tante altre cose oltre la religione».
Di questo fu invece consapevole donGiovanni Bosco.
Del sistema educativo attuato dalla Chiesa e da diversi ordini religiosi nella seconda metà dell’Ottocento per contrastare l’anticlericalismo anche attraverso la stampa, infatti, don Bosco, con l’organizzazione sociale e tipografica della Congregazione dei salesiani cui diede vita, può essere considerato – come è stato sottolineato – il «progenitore»18.
L’azione educativa e missionaria di don Bosco si articolò, com’è noto, attraverso forme e strutture diverse, nelle quali un ruolo di grande importanza era svolto dalla stampa libraria e periodica, sulla base della convizione che fosse necessario per la Chiesa modernizzare gli strumenti di coinvolgimento dei propri fedeli. In particolare don Bosco ebbe chiara la consapevolezza dei mutamenti avvenuti nel corso dell’Ottocento e del fatto che una società nuova richiedeva istituzioni religiose nuove: se da un lato per il fondatore della Congregazione dei salesiani il rifiuto dello Stato liberale era totale – come dimostravano anche le sue opere di ricostruzione storica –, dall’altro nei confronti della laicizzazione delle istituzioni egli si pose non con un rifiuto netto, ma – ha sottolineato Piero Bairati – in «un rapporto di concorrenza attiva, di uno sforzo oneroso inteso a creare una società parallela ma non separata, diversa ma non chiusa in sé medesima»19. Già prima dell’Unità, infatti, don Bosco era convinto che per la realizzazione di programmi educativi e sociali era necessaria la «massima autonomia economica, sia dallo Stato che dalla Santa Sede», e che quindi l’organizzazione salesiana doveva reggersi sui proventi che le venivano dalle scuole, dai laboratori e dalla produzione tipografica ed editoriale: in altri termini, «in una società che si andava votando alla libertà d’impresa, le istituzioni salesiane dovevano essere esse stesse un’impresa privata»20.
L’attività editoriale rivestiva un ruolo centrale in questo sistema per le potenzialità stesse offerte dalle pubblicazioni nelle loro diverse forme – periodiche o librarie –, tutte rivolte a un pubblico popolare. Come scriveva, infatti, don Bosco in una circolare indirizzata alle case salesiane il 19 marzo 1885, «i buoni libri diffusi nel popolo sono uno dei mezzi atti a mantenere il regno del Salvatore in tante anime», dal momento che i libri potevano entrare «perfino nella casa dove non può entrare il sacerdote»21: non solo vi era quindi la consapevolezza dei fini educativi che potevano essere raggiunti dalle opere stampate, ma anche del fatto che queste potevano avere un percorso autonomo e diverso rispetto alla predicazione dei prelati. La vasta attività editoriale messa in piedi dai salesiani si tradusse nel corso degli anni in numerose iniziative autosufficienti, sulle basi delle quali sarebbe nata ai primi del secolo successivo una vera e propria casa editrice.
In un primo tempo don Bosco utilizzò alcune tipografie torinesi, presso le quali uscirono sia i suoi volumi (Storia sacra, Storia ecclesiastica, Storia d’Italia), tutti di grande successo e con numerose edizioni22, sia la collana «Letture cattoliche», fascicoli mensili e poi quindicinali di istruzioni morali, racconti e storie edificanti, che, secondo il progetto elaborato assieme al vescovo di Ivrea nel 1853, doveva diffondere libri «di stile semplice» e di materia attinente «esclusivamente alla cattolica Religione», a prezzi molto bassi e destinati a un pubblico popolare23. In seguito, avviò il progetto di affiancare ai laboratori aperti a Torino nell’Oratorio di Valdocco anche quelli tipografici, con l’intento di gestire in proprio l’intero ciclo della produzione editoriale24: nel 1862 diede quindi vita alla Tipografia dell’Oratorio, alla quale seguirono la Tipografia di Sampierdarena e l’apertura di librerie in varie parti d’Italia. Dal 1882 tipografie salesiane apparvero a Genova, S. Benigno Canavese, Milano, Bologna, Parma, Faenza, Firenze, Catania, Roma.
Oltre a proseguire la stampa delle opere di don Bosco e delle «Letture cattoliche», la Tipografia dell’oratorio si indirizzò verso la produzione di testi finalizzati alla divulgazione educativo-popolare: romanzi, copioni teatrali, testi apologetici, manuali catechistici, pratiche liturgiche e così via. In seguito, a questa produzione si affiancò quella per la scuola – soprattutto privata e religiosa – con testi coerenti con l’impostazione cristiana dell’insegnamento, secondo la visione di don Bosco della scuola che non poteva essere «neutra» o «pagana», ma «vera scuola cristiana»25. Furono avviate collane di scrittori latini, di letteratura italiana, di classici greci, di scrittori latini cristiani, nonché vocabolari di latino, greco, italiano: opere che ebbero grande diffusione nel corso degli anni, come, ad esempio, Verbi e forme verbali difficili e irregolari della lingua greca di Marco Pechenino, autore anche di un fortunato vocabolario di greco, che è stato uno dei testi più adottati dalla metà degli anni Sessanta dell’Ottocento fino ai giorni nostri26. Verso la fine del secolo si aggiunsero anche manuali di geografia, matematica, lingua francese, storia. Tra le pubblicazioni periodiche vi era poi il «Bollettino salesiano», fondamentale canale di collegamento della Congregazione e di coordinamento delle diverse iniziative, che usciva in varie lingue27.
Le pubblicazioni salesiane ebbero ampia diffusione dal momento che usufruivano sia dei cooperatori salesiani, i salesiani esterni ai quali don Bosco aveva dato vita con lo specifico compito di «opporre la buona stampa alla stampa irreligiosa»28, sia delle strutture ecclesiastiche: lo stesso don Bosco, ad esempio, si rivolse frequentemente a vescovi, vicari e parroci perché procurassero abbonamenti per le «Letture cattoliche»29. La collana, i cui opuscoli arrivarono dopo l’unificazione ad avere una tiratura media di 15.000 copie, dalla fine del secolo venne stampata in varie lingue e distribuita attraverso il circuito salesiano in numerosi paesi (Argentina, Brasile, Colombia, Spagna, Francia)30.
Un mutamento nell’editoria cattolica ci sarà a partire dalla crisi di fine secolo, in particolare all’indomani della repressione che seguì i moti del 1898 e che colpì anche le associazioni e i giornali cattolici. Nel contesto della formazione di nuove organizzazioni e di nuove tendenze filosofiche e religiose fra fine Ottocento e inizio Novecento, da un lato, e del progressivo allentamento del non expedit da parte della Santa Sede dall’altro, di fronte alla crescita politica e organizzativa del movimento operaio e socialista, anche l’attività editoriale si fece più intensa e più articolata, sia in termini di produzione di giornali e riviste, sia di libri. Alle tipografie e alle editrici dedite solo ad opuscoli e materiale devozionale e liturgico si affiancarono esperienze collegate a un progetto politico e culturale, che facevano della stampa periodica e libraria uno strumento per la diffusione di ideali: anche nell’ambito cattolico cominciò a delinearsi a cavallo tra i due secoli quella figura dell’editore come «organizzatore» di cultura ed espressione di «un intero movimento d’idee», di cui avrebbe parlato Piero Gobetti dopo la Grande guerra31.
A intuire la centralità della preparazione culturale e la funzione di collegamento e di elaborazione svolta dalla stampa nella formazione di un movimento politico, fu tra i primi Romolo Murri, che negli ultimi anni dell’Ottocento diede vita alle riviste «La Vita nova» e «Cultura sociale» – che ricalcava nel titolo la rivista di Filippo Turati e Anna Kuliscioff «Critica sociale» (l’intento del periodico era infatti di essere «quello che la Neue Zeit o la Critica sociale sono nel partito socialista in Germania e in Italia»)32 –, e successivamente a un organismo editoriale, l’Unione editrice cattolica italiana. Si trattava di esperienze strettamente legate alle vicende politiche dei cattolici italiani e alla formazione del movimento della democrazia cristiana, mentre si faceva più pressante l’esigenza di partecipazione in prima persona alla vita del paese. Al tempo stesso queste iniziative denotavano la consapevolezza, che fu tipica di Murri, della necessità di programmi culturali e politici di ampio respiro e della creazione degli strumenti che servissero alla loro diffusione. Annunciando su «Cultura sociale» nel settembre 1898 la costituzione a Roma della nuova editrice, si partiva proprio dalla constatazione dell’«inferiorità di cultura» della «parte cattolica», connessa all’inferiorità in campo editoriale e alla scarsa diffusione di «pubblicazioni utili», e per questo si decideva di creare un’associazione editrice che raccogliesse «il fiore dell’Italia cattolica che legge e che studia». In programma erano una «Biblioteca di scienze politiche e sociali», una «bibliotechina per l’istruzione popolare», una rivista illustrata per le famiglie e «qualunque altro lavoro di studio sia atto ad accrescere la cultura dei cattolici italiani»33.
Nella fase in cui la politica si avviava a una profonda trasformazione e nascevano i partiti moderni, con un rapporto più ampio con i propri sostenitori e militanti, anche la diffusione dei programmi e delle idee doveva passare attraverso strumenti nuovi in grado di raggiungere un numero significativo di persone. Murri fu sicuramente tra i più consapevoli dello stretto rapporto – in una società che stava divenendo di massa – fra politica e strumenti culturali e propagandistici e della necessità di «promuovere un interessamento più diretto, illuminato, efficace, dei cattolici a tutti i problemi della vita pubblica» «penetrando addentro nel pensiero, nei desideri e nelle preoccupazioni economiche e politiche delle folle italiane». Ogni strumento doveva servire a questo scopo: circoli culturali, conferenze, scuole e naturalmente la stampa e l’attività editoriale34: «dateci case editrici che incoraggino sapientemente e potentemente le pubblicazioni buone [scriveva sulla «Cultura sociale» del 16 maggio 1899]; riviste scientifiche di diverso genere, bene scritte e larghissimamente diffuse; dateci in fine un grande giornale, un giornale vero di cultura e di propaganda d’avanguardia, e, per tutto questo, qualche anno di attività salda ed intelligente, […] e noi vi daremo l’ambiente preparato per la fondazione di un grande partito cattolico nazionale»35.
Rispetto alla tradizionale editoria cattolica l’attività di Murri rappresentava una novità, consistente, come ha scritto Francesco Traniello, in «una diversa idea del ruolo e del lavoro dell’editore»36, riflesso di una diversa idea della cultura: la cultura doveva avere finalità politiche e militanti e il suo compito era quello di portare il cattolicesimo nel cuore della società e delle masse popolari, con progetti ben più ampi naturalmente rispetto a quello delle piccole tipografie religiose.
Nel 1899 Murri diede quindi vita alla Società italiana cattolica di cultura, con il fine di «associare di fatto alla propaganda per la scienza, promossa nel campo ristretto degli studiosi, la propaganda per la cultura fatta nel campo molto più vasto del popolo e a scopi di organizzazione pratica e di partito»37. L’associazione assorbì le iniziative dell’Unione editrice cattolica e assunse in proprio la pubblicazione della «Cultura sociale» e, più avanti, del settimanale cattolico nazionale «Domani d’Italia», nato nel febbraio 1901 e in seguito divenuto quotidiano. Alle riviste e ad altri giornali del movimento democratico-cristiano si affiancarono opuscoli di propaganda, volumetti di studi sociali e di cultura, riflettendo in questo le edizioni della Società cattolica italiana quell’integrazione tra attività editoriale di tipo pubblicistico e di tipo librario, tipica dell’editoria a partire dalla seconda metà dell’Ottocento.
Questo impegno editoriale venne tuttavia travolto dalla crisi del movimento democratico-cristiano del 1904 e dalla perdita di consensi dei gruppi murriani in seguito agli interventi ecclesiastici, mentre cominciarono a ridursi i periodici che facevano capo a Murri, man mano che si avviava il progetto di costituzione della Lega democratica nazionale. La Società italiana cattolica di cultura mutò il proprio nome in Società nazionale di cultura, poiché il suo programma era – come si annunciava su «Cultura sociale» il 16 agosto 1904 – di svolgere «propaganda di cultura, fra i cattolici particolarmente, e non di cultura cattolica» e il suo campo doveva essere «largo quanto la cultura e la vita stessa e non [poteva] essere chiuso nell’ambito di un’azione ufficialmente confessionale»38.
Con lo sviluppo delle riviste e delle pubblicazioni del movimento della democrazia cristiana, la stampa cattolica italiana conobbe comunque una significativa trasformazione rispetto al secolo passato, uscendo da «quel carattere provinciale che ne aveva a lungo segnato l’esistenza»39, poiché furono numerosi e in diverse città i giornali che nacquero e quelli che si avvicinarono al movimento, dal «Popolo italiano» di Genova alla «Democrazia cristiana» di Torino. In generale, con il nuovo secolo, i quotidiani e i giornali cattolici – nel contesto di quel processo che accompagnò il superamento del non expedit – crebbero notevolmente di numero e si avviarono a diventare, come gli altri, organismi finalizzati a condizionare l’opinione pubblica. Secondo un censimento della IV Sezione dell’Opera dei congressi nel 1903 vi erano 29 giornali quotidiani, 150 giornali non quotidiani di propaganda, 74 periodici letterari, 22 riviste, 233 periodici religiosi40. Con la repressione delle gerarchie ecclesiastiche nei confronti del murrismo e, in seguito, la sospensione del sacerdote marchigiano, anche nell’ambito della stampa si affermeranno tendenze clerico-moderate e conservatrici.
Nel contesto dei cambiamenti segnati dall’avvento del pontificato di Pio X, all’indomani dello scioglimento dell’Opera dei congressi e della costituzione dell’Unione popolare e dell’Unione elettorale, si arrivò anche a una riorganizzazione della stampa cattolica e alla realizzazione di una catena giornalistica in grado di sorreggere l’intervento dei cattolici militanti nella politica attiva in vista delle elezioni politiche e in direzione moderata: nel giugno 1907, infatti, il conte Giovanni Grosoli, ultimo presidente dell’Opera, si fece promotore della Società editrice romana (Ser), per la realizzazione di un trust della stampa cattolica nazionale, che fornisse, attraverso un significativo intervento finanziario, una catena di servizi e coordinasse amministrativamente e redazionalmente i giornali aderenti. La catena giornalistica, grazie agli appoggi di diverse banche (Banco di Roma, Banca San Paolo di Brescia, Federazione bancaria italiana), svolse un ruolo di primo piano nell’appoggio a candidati cattolici alle elezioni del 1909 e soprattutto del 1913. Anche se le passività finanziarie indurranno i dirigenti del trust a sciogliere nel 1916 la società, questa tuttavia contribuì a «concentrare iniziative ed energie, prima disperse, in una struttura editoriale radicalmente rinnovata e in una catena di giornali di larga informazione»41.
In questo ambito e nel crescere del ruolo politico ed elettorale dei cattolici in senso antisocialista, veniva creato un apposito organismo per potenziare e coordinare la «buona stampa» e «porre un argine al dilagare della stampa antireligiosa»42. Su proposta del cardinale Pietro Maffi, arcivescovo di Pisa, positivamente accolta dal papa, veniva infatti istituita nel marzo 1915 l’Opera nazionale per la buona stampa, il cui scopo era di diffondere «giornali, periodici e riviste per opporre un’intensa e progressiva propaganda dell’idea cattolica a quella esiziale, che, a mezzo della stampa, è largamente fatta a danno della fede, della morale e della disciplina cattolica»43: un’azione al cui sviluppo il pontefice invitava «i cattolici tutti, ed in modo particolare i singoli sacerdoti ed i singoli religiosi nonché i Conventi, i collegi, i Sodalizi, le parrocchie e tutti i pii Istituti»44.
In una direzione diversa, altre riviste ed esperienze editoriali maturarono all’inizio del nuovo secolo nell’ambito filosofico e religioso, in particolare all’interno delle posizioni e correnti di pensiero di rinnovamento interno alla Chiesa cattolica, che si rifacevano al movimento modernista: «Studi religiosi» a Firenze, «Rinnovamento» a Milano, «Battaglie d’oggi» a Napoli, «Rivista storico-critica delle scienze teologiche» sorta a Roma sotto la direzione di Giuseppe Bonaccorsi e poi di Ernesto Buonaiuti, «Nova et vetera» di Buonaiuti, sempre a Roma45. Nella capitale Guglielmo Quadrotta, con l’appoggio di Buonaiuti, fondò e diresse la rivista «Cultura contemporanea», alla quale affiancò la Libreria editrice romana per la pubblicazione di opere e traduzioni di autori modernisti, nonché, nella collana «Uomini e tempi», di studiosi sensibili al pensiero moderno46. Anche se il modernismo religioso e il movimento della democrazia cristiana furono, com’è noto, esperienze molto diverse tra loro, l’una a carattere religioso, l’altra politico, erano entrambe rivolte a un rinnovamento della Chiesa e del ruolo dei cattolici nella società contemporanea, tanto che alcune iniziative culturali si intrecciarono e si sostennero: ad esempio la Società nazionale di cultura pubblicò testi del modernismo, tra i quali la traduzione di un volume importante per il pensiero modernista come Sviluppo del domma cristiano di John Henry Newman (1908), con prefazione di Romolo Murri47.
La spinta di rinnovamento proveniente dal modernismo fu condannata da Pio X nel 1907. Dopo l’enciclica Pascendi la circolazione di queste idee restò affidata a collane editrici laiche, come Bocca (che ripubblicò tra l’altro, nel 1911, la risposta di Buonaiuti all’enciclica, Il programma dei modernisti), Treves, Vallecchi, Formiggini, Baldini e Castoldi, editore del romanzo modernista Il Santo di Antonio Fogazzaro (1905).
Nel contesto dei nuovi movimenti di inizio secolo e del ‘risveglio’ culturale che in generale caratterizzò la vita intellettuale di quegli anni, presero vita diverse esperienze editoriali cattoliche che, senza abbandonare la pubblicazione dei libri di devozione o dei testi di catechesi e dei sussidi liturgici, si indirizzavano anche verso i campi della saggistica, della spiritualità, della letteratura e, in modo significativo, verso quello scolastico. Molte si rafforzeranno nel corso degli anni e diventeranno importanti ed affermate case editrici tuttora attive.
È il caso, ad esempio, della Libreria editrice fiorentina (Lef), che ebbe origine dalla rivista «La Bandiera del popolo», fondata nel 1901 da militanti della democrazia cristiana, le cui vicende rispecchieranno quelle più complessive del movimento cattolico e dei cambiamenti che segnarono il passaggio del pontificato da Leone XIII a Pio X.
Appoggiati dal nuovo arcivescovo di Firenze, Alfonso Maria Mistrangelo, i giovani che diedero vita al settimanale – «foglio battagliero» che, secondo il ricordo di uno dei protagonisti, «suscitò per vari anni non solo una corrente intensa di difesa contro il socialismo irruente, ma anche di attività positiva, coronata da numerose istituzioni in tutta la Toscana»48 – appartenevano al Circolo universitario cattolico e al Circolo di studi sociali e avevano come punto di riferimento più che Romolo Murri, Giuseppe Toniolo, da loro spesso invitato a Firenze per conferenze; lo stesso direttore della rivista e poi fondatore della casa editrice, il sacerdote Giuseppe Faraoni, era con Toniolo tra i membri della II Sezione dell’Opera dei congressi49.
Nella convinzione che non fosse sufficiente un giornale, ma che era necessario organizzare strumenti adeguati per controbattere in campo sociale, filosofico e apologetico il socialismo e il liberalismo, fu decisa la costituzione di una libreria editrice, che avvenne l’anno successivo50, di cui, assieme ai protagonisti della «Bandiera del popolo», fu promotore Arnoldo Burgisser, di origini svizzere, «generoso sostenitore di tante opere sociali e caritatevoli in Firenze e in Toscana»51.
L’editrice, che era anche una libreria, si impegnò nell’opera di divulgazione e di promozione degli studi cattolici nei diversi campi, non solo quello religioso e apologetico, ma anche storico, psicologico, antropologico, sociologico e politico: tra i primi titoli vi furono Catechismo sociale di Jean Léon Dehon e Il socialismo nella storia della civiltà di Giuseppe Toniolo, vicino alla Libreria anche con consigli editoriali per pubblicazioni e traduzioni, e partecipe con altri suoi volumi, come il Trattato di economia sociale. La prima iniziativa importante, che segnò la svolta nella storia della Libreria editrice fiorentina, fu la pubblicazione della Storia universale della Chiesa, del cardinalJoseph Hergenröther, riordinata da monsignor Johann Peter Kirsch, tradotta dal futuro direttore de «La Civiltà cattolica», padre Enrico Rosa (1904 sgg.). Da questa edizione – che ricevette l’apprezzamento di Pio X52 – iniziò l’affermazione della nuova editrice, alla quale collaborarono tra i più importanti studiosi e protagonisti del mondo cattolico.
Negli anni seguenti, la Lef si allineò alle posizioni antimoderniste di Pio X, divenendo uno «strumento importante per l’Unione popolare, per l’apologetica cattolica, […] per il movimento di filosofia neoscolastica»53. «La Bandiera del popolo» risentì della crisi del movimento cattolico in seguito allo scioglimento dell’Opera dei congressi e dopo qualche anno cessò le pubblicazioni; mentre, nel 1907, la Lef assunse le pubblicazioni di «Studium», rivista della Federazione universitaria cattolica italiana, nata l’anno precedente. Soprattutto, si strinse il rapporto con padre Gemelli che con la Lef iniziò la pubblicazione di due riviste, «Rivista di filosofia neo-scolastica», rivolta a un pubblico di specialisti, con la collana omonima, e «Vita e pensiero», fondata nel dicembre 1914 assieme a Ludovico Necchi e monsignor Francesco Olgiati, destinata a un pubblico più ampio. Oltre a proseguire la pubblicazione di libri di critica storica e biblica, filosofici e di apologetica, in questi anni la Libreria editrice fiorentina avviò anche testi scolastici per i seminari.
La posizione di questo filone di pensiero dei cattolici italiani era espressa in maniera molto chiara nell’articolo con cui padre Gemelli apriva nel dicembre 1914 «Vita e pensiero», dal significativo titolo Medioevalismo:
«Ecco il nostro programma! Noi siamo medievalisti. Mi spiego. Noi ci sentiamo profondamente lontani, nemici anzi della cosiddetta “cultura moderna” così povera di contenuto, così scintillante di false ricchezze tutte esteriori […]. Noi abbiamo paura di questa cultura moderna, non perché essa alza le sue armi contro la nostra fede, ma perché strozza le anime, coll’uccidere la spontaneità del pensiero»54.
Su questa linea di condanna dei valori disgregatori della cultura moderna e di condanna netta del modernismo, ma non dei nuovi strumenti di diffusione e formazione culturale, padre Gemelli si sarebbe mosso dapprima con la rivista, quindi con la Società editrice omonima, Vita e pensiero, che fu costituita a Milano nel gennaio 1918: come ha sottolineato Filippo Mazzonis, «in Gemelli, convertitosi dal positivismo al cattolicesimo e formatosi religiosamente proprio negli anni in cui maggiormente infuriava la polemica antimodernista, è ormai maturata la convinzione che fosse necessario superare la fase critica negativa per contrapporre al modernismo cattivo il modello di una modernizzazione buona […]»55.
Nel presentare il primo volume della collana «Biblioteca di coltura religiosa» – una riflessione di Olgiati sull’opera di Marx – si ribadivano i motivi sui quali si sarebbe mossa la nuova editrice, nel contesto che seguì la fine della Prima guerra mondiale, la nascita del primo Stato socialista in Russia e la definitiva collocazione dei cattolici nella società e nella politica italiane, vale a dire l’obiettivo di «mostrare come una coltura che risponda alle esigenze attuali non [possa] trovare il suo asse fondamentale che nel Cristianesimo»56. Con questo programma la casa editrice stringeva rapporti con istituzioni e organizzazioni cattoliche, a cominciare dal Segretariato centrale della Gioventù femminile cattolica italiana, promossa e presieduta da Armida Barelli, spiritualmente vicina apadre Gemelli, con il quale fondò più avanti il Pio sodalizio delle missionarie della regalità di Cristo: Vita e pensiero iniziava così la sua azione di diffusione capillare, dato che il quindicinale della Gfci, «Squilli di Resurrezione», inviato a tutte le socie, era stampato in 250.000 copie. Tra le iniziative di questo primo periodo vi furono esperienze che, come altre, saranno durature, quali «La Rivista del clero italiano», tuttora in vita, e diverse collane («Problemi femminili», «Profili di santi», «Saggi apologetici», «Biblioteca ascetica», «Problemi sociali e politici»).
Nell’ambito delle case editrici prettamente religiose, si collocavano le Edizioni San Paolo, di cui il fondatore, don Giacomo Alberione, sottolineava come fine specifico la missione educativa, definendo «l’apostolato della stampa come vera predicazione, pari a quella compiuta con la parola»57, secondo la stessa convinzione che era stata di don Bosco e che era stata messa in pratica con le edizioni salesiane. Con la consapevolezza dell’importanza degli strumenti di comunicazione come la stampa e della necessità che i sacerdoti, oltre alla parola, utilizzassero la forma scritta per trasmettere l’insegnamento della Chiesa, don Alberione invitava esplicitamente il clero a scrivere «opuscoli, foglietti, fogliettini» e a collaborare ai giornali58.
L’origine delle Edizioni risaliva alla Scuola tipografica della Pia società San Paolo di Alba, in provincia di Cuneo, avviata nel 1914 da don Alberione, alla quale egli affiancò un laboratorio femminile per insegnare lavori, formare catechiste e gestire un negozio di oggetti religiosi: questo fu il primo nucleo della Pia Società delle Figlie di San Paolo che si dedicò a tempo pieno all’editoria dal 1918, quando si trasferì a Susa su invito del vescovo per la stampa del giornale diocesano «La Valsusa», di bollettini parrocchiali e di foglietti religiosi59; ad essa nel 1917 furono affiancati collaboratori laici, organizzati nell’Unione cooperatori buona stampa, per sostenerne le iniziative. Fu l’inizio di un’attività che avrebbe portato la tipografia della Pia società – divenuta Congregazione nel 1927 – a divenire nel corso del secondo dopoguerra la maggiore azienda editoriale cattolica italiana60. Un’attività che era fortemente motivata dall’intento missionario di «formare i futuri apostoli della stampa: scrittori e tipografi, ma sinceramente cattolici in tutta la forza della parola»: come si ribadiva nella scheda che le dedicava «Il Ragguaglio» nel 1931, la Pia Società San Paolo «è un istituto o seminario per la formazione dei missionari della stampa, cioè di persone che si consacreranno per tutta la loro vita a quest’opera, come a vero apostolato religioso. Il suo scopo è di preparare tanto scrittori quanto operai, affinché spargano la luce del cristianesimo per mezzo della stampa buona, come i sacerdoti fanno con la parola»61.
Tra le altre editrici di minore entità nate in questi anni vi furono poi, per citare qualche esempio, la Società anonima tipografica fra cattolici vicentini, per la stampa di materiale liturgico, la Libreria arcivescovile Giannini di Firenze, libreria e legatoria d’arte, che dal 1915 acquistò la tipografia arcivescovile e indirizzò la propria attività con pubblicazioni di carattere religioso, la Libreria editrice Guido Grazzini di Pistoia, inizialmente cartoleria, dal 1900 anche tipografia e in seguito editrice, la Società editrice ricreatorio di Bagnocavallo, le Edizioni musicali Carrara di Bergamo, nate nel 1915 per la stampa di musica sacra62. Altre ebbero programmi culturali più ampi come quella di Ernesto Coletti, nata a Roma nel 1908, mentre a Manduria, in provincia di Lecce, nel 1902 Pietro Lacaita, prete socialmente impegnato, diede vita a una tipografia per la stampa di giornali e riviste su temi relativi al Mezzogiorno, editrice che nel secondo dopoguerra, avrebbe invece preso un indirizzo laico.
Un settore di grande importanza, come si è detto, era quello scolastico, che vedrà anch’esso la nascita di nuove iniziative editoriali. In primo luogo proseguiva l’attività tipografica dei salesiani, che diedero vita a una vera e propria casa editrice. Nel luglio 1908, infatti, a seguito delle campagne anticlericali e con l’obiettivo di salvaguardare il patrimonio della Congregazione da eventuali provvedimenti legislativi, i cooperatori salesiani accelerarono la creazione di una casa editrice – di cui già avevano discusso nei loro congressi dalla fine del secolo passato –, costituendo la Società anonima internazionale per la diffusione della buona stampa (Said-Buona stampa), con sede a Torino e succursali a Nizza marittima, Barcellona, Liegi, Londra e Vienna63. La Società, come si annunciava nel «Bollettino salesiano», non era «un’opera salesiana», ma nasceva con gli stessi scopi di diffusione di una «stampa educativa e moralizzatrice» che erano stati alla base dell’attività dei cooperatori salesiani. Nata «per nobile iniziativa di alcuni esemplari capitalisti d’Italia, Francia, Spagna, Belgio, Austria ed Inghilterra», la nuova Società si proponeva di svolgere la propria azione «opponendosi […] alla stampa irreligiosa, mercé la diffusione di buoni libri, di pagelle, foglietti e stampati di qualunque genere». La Said assumeva inoltre la stampa e la diffusione del «Bollettino salesiano», che a causa «dell’accresciuto numero di copie e di edizioni» (nove in altrettante lingue e in 270.000 copie), non poteva essere proseguita dalle Scuole dell’oratorio»64.
Successivamente, nel 1910, per via della difficile situazione finanziaria dell’Oratorio, tutta la proprietà editoriale e i diritti d’autore dei salesiani vennero ceduti alla SAID, che da questo momento conobbe una crescita esponenziale della propria produzione, appoggiandosi più che in passato ad autori non religiosi: dai 96 titoli iniziali passò nel 1912 a 200, di cui 143 novità. Complessivamente tra il 1909 e il 1923 furono 2.400 titoli, di cui 1.700 novità: quasi la metà della produzione riguardava testi scolastici (per le scuole primarie, medie, superiori), oltre ai testi per l’istruzione religiosa (catechismi, storie sacre, guide per gli insegnanti di catechismo e così via)65. La nuova editrice – che nel 1919 mutò la denominazione in Società editrice internazionale (Sei) – investì il proprio impegno anche nel potenziare la rete distributiva e commerciale, aumentando il numero delle librerie salesiane, aprendo una filiale a Milano, e stabilendo inoltre accordi con alcune case editrici per la rappresentanza esclusiva e il deposito nelle proprie filiali delle loro opere (Istituto geografico De Agostini di Novara, Casa editrice A. Mame et fils di Tour, Libreria Francesco Ferrari di Roma, Vita e pensiero)66. La Sei diventava quindi una casa editrice di dimensioni ragguardevoli sia per produzione che per distribuzione: trasformazioni e potenziamenti che rientravano in quel processo di industrializzazione di parte delle imprese editoriali avviato a partire dai primi del Novecento67; ma anche nella volontà dei ceti intellettuali cattolici di ridefinire la propria presenza nella cultura e nella vita sociale, di cui, come si è visto era un sintomo anche la nascita di Vita e pensiero, quale si definirà ulterioremente nei due successivi decenni68.
Un’altra casa editrice destinata ad assumere un peso crescente nel mercato scolastico fu La Scuola, le cui origini si collocavano nell’ambito della III Sezione dell’Opera dei congressi, dedicata all’istruzione e all’educazione, che alla fine degli anni Ottanta era stata trasferita a Brescia, dove nel 1891 il presidente del comitato diocesano, Giuseppe Tovini, aveva fondato un settimanale per i maestri, «Scuola italiana moderna», stampato, come si è visto, dalla Queriniana. Dopo lo scioglimento dell’Opera, monsignor Angelo Zammarchi, rettore del Seminario di Brescia, assieme ad altri cinque sacerdoti e otto laici, tra i quali era Giorgio Montini, nel maggio 1904 costituì una società cooperativa, «La Scuola», finalizzata a garantire la continuità del periodico69. Oltre alla pubblicazione della rivista, scopo della società, secondo lo statuto, era la pubblicazione di «periodici scolastici, libri, stampe e produzioni letterarie e artistiche, che l’amministrazione crederà utili, specialmente all’educazione e all’istruzione della gioventù» e che sarebbero dovuti «costantemente essere in consonanza coi principi religiosi, morali e sociali del cattolicesimo»70. Con il sostegno della casa editrice, la rivista conobbe una ripresa, passando da 700 abbonati a 7.500, otto anni dopo71.
Alla rivista (e ad altre come «La Madre» e «Scuola materna») si affiancarono dapprima testi per la formazione degli adulti che frequentavano le scuole popolari e serali, testi di lettura per le elementari, guide per l’insegnamento del catechismo nelle scuole; quindi diverse collane, sia di ‘romanzi educativi’, sia di testi e letture per la scuola primaria e secondaria. In stretta collaborazione con le istituzioni diocesane e «nella fedeltà vigorosa delle direttive pontificie»72, la casa editrice si avviava a divenire tra le più importanti del settore scolastico, soprattutto elementare, e per la formazione religiosa.
Le vicende dell’editoria cattolica durante il ventennio si collocano nel quadro di censura e di soppressione della libertà di stampa attuate dal regime, da un lato, e dei rapporti tra fascismo e Santa Sede, con i mutamenti segnati dai Patti Laternanesi, dall’altro. Come per i diversi aspetti della vita politica, economica, sociale e culturale, ancor più per quanto riguarda le strutture e le istituzioni cattoliche vi sarà un netto spartiacque nel 1929. Lo stringersi poi dell’alleanza con il nazismo tedesco, le leggi razziali, lo scoppio della guerra e l’ingresso dell’Italia nel conflitto costituirono una nuova drammatica cesura che si rifletterà – seppure non interamente – anche nelle posizioni degli intellettuali cattolici e nelle vicende delle strutture culturali di riferimento.
Dal punto di vista più strettamente politico, dopo la fine dellaPrima guerra mondiale, nuovi sviluppi si ebbero per la stampa cattolica con la nascita di riviste e giornali che facevano capo alla Confederazione italiana dei lavoratori e al Partito popolare. Buona parte della stampa cattolica che era sorta negli anni precedenti si allineò con il nuovo partito, ma successivamente le scelte politiche di don Sturzo, e la differenziazione tra posizioni antifasciste e filofasciste determinarono il passaggio di molte testate su posizioni clerico-fasciste. Solo nel 1923, ad opera di don Sturzo nacque il quotidiano del partito, «Il Popolo», al quale fu affiancata la Società editrice libraria italiana (Seli), che tra l’altro pubblicava un «Bollettino bibliografico di scienze sociali e politiche». Tutto ciò ebbe però vita breve e con la fine della libertà di stampa, anche «Il Popolo», sottoposto a frequenti sequestri, nel 1926 fu costretto a cessare le pubblicazioni73.
Anche l’editoria divenne uno strumento importante per la realizzazione del rapporto tra cattolici e fascismo e per l’affermazione del cattolicesimo nella società italiana. Un caso significativo in questo senso fu quello di Vita e pensiero, sempre più inserita, nel contesto dei nuovi rapporti fra Stato e Chiesa, nel regime. Particolarmente, dal momento in cui la casa editrice si identificò con l’Università cattolica del Sacro Cuore, che era stata inaugurata a Milano nel dicembre 1921, della quale attuò sul piano editoriale quello che questa intendeva divenire sul piano culturale e della formazione, vale a dire, come affermò padre Gemelli, un «focolaio scientifico cristiano»74. Vita e pensiero divenne l’editrice, oltre che dell’«Annuario», di tutte le pubblicazioni dell’Università che furono varate nel corso degli anni e che furono articolate in diverse serie (Scienze filosofiche, Scienze giuridiche, Scienze filologiche, Scienze storiche, Scienze sociali, Scienze biologiche, Scienze religiose, Statistica, Scienze politiche, Scienze geografiche, Scienze fisiche e matematiche, Scienze orientali).
L’Università cattolica – fortemente sostenuta da Pio XI, giuridicamente riconosciuta nel 1924 e menzionata nel Concordato – diveniva il punto di riferimento delle gerarchie ecclesiastiche e costituiva lo strumento, con la sua attività formativa ed editoriale, per l’affermazione del pensiero cattolico e la rifondazione cristiana della società. Come Gemelli ribadì, ad esempio, all’inaugurazione dell’anno accademico 1928-1929, il fine dellUniversità cattolica non era solo quello di «formare dei giovani istruiti secondo i principi della dottrina cattolica», ma più complessivamente «di contribuire al ristabilimento dell’unità di pensiero e di azione per la mancanza della quale soffre tanto il mondo moderno e per la quale gli manca la pace, unità che non può venire che dal ristabilimento di una civiltà e di un pensiero cristiano-cattolico»75. Operazioni che Gemelli avrebbe portato a compimento con la sua battaglia politico-filosofica contro l’idealismo e contro Giovanni Gentile76.
A partire dalla ricomposizione del contrasto suAzione cattolica e per tutti gli anni Trenta, la strategia della duplice azione dell’Università cattolica e di Vita e pensiero – come ha sottolineato Filippo Mazzonis – si concentrò su un solo obiettivo: «imprimere dimensioni e carattere cattolici al fascismo; allo stesso tempo fare del fascismo “cattolicizzato” lo strumento mediante il quale la società italiana (e, in prospettiva, l’intera società contemporanea) è conquistata alla Chiesa di Roma»77. Dal punto di vista politico, ogni impresa del regime – dall’Etiopia alla Spagna, fino alle leggi razziali – veniva positivamente accolta sulle pubblicazioni della casa editrice.
Al tempo stesso si rafforzavano i legami di Vita e pensiero con l’associazionismo cattolico, grazie all’impegno di Armida Barelli per Gioventù femminile, che diede vita nella casa editrice a un apposito Reparto giovani: tra il 1924 e il 1953 vi apparvero volumi e collane diretti alla formazione di chi doveva guidare bambine e ragazze, catechismi, corsi di meditazione, romanzi, favole, che, nell’obiettivo di raggiungere il più ampio numero di giovani, arrivavano ad alte tirature. Anche all’Opera della Regalità di Nostro Signore Gesù Cristo, fondata nel 1928, fu dedicato un apposito settore (Reparto R) della casa editrice, con piccoli volumi a carattere popolare di divulgazione del messaggio cristiano78. Gemelli estese poi l’impegno editoriale di Vita e pensiero a tutta la Gioventù cattolica, a partire dai «Manuali per la gioventù», e con l’Azione cattolica in generale, della quale, dal 1924, pubblicò gli atti delle Settimane sociali d’Italia, nonché gli «Annali dell’Italia cattolica».
Gli ambiti culturali dell’intervento di Vita e pensiero furono ampi e diversificati e produssero in vari casi testi importanti, con collane e pubblicazioni periodiche di filosofia, giurisprudenza, psicologia, pedagogia, scienze sociali, economia, filologia. Spazio significativo lo ebbe poi il settore della spiritualità, con la già ricordata collana «Profili di santi», la «Biblioteca ascetica», durata fino al 1970, la «Collana di testi francescani», avviata nel 194379. Come è stato sottolineato, la casa editrice ha avuto senz’altro il merito di contribuire a far conoscere alcuni tra i maggiori teologi e studiosi cattolici europei (Columba Marmion, Martin Grabmann, Pius Parsch, August Saudreau, Désiré Mercier); tra i suoi autori, inoltre, annoverò personaggi che ricopriranno cariche di primo piano nella Democrazia cristiana e nel governo del dopoguerra, a cominciare da Alcide De Gasperi e Amintore Fanfani80.
Nel settore più strettamente religioso e di un’editoria di tipo popolare, proseguiva e si ampliava l’attività della Pia società San Paolo, che negli anni Quaranta assunse la denominazione di Edizioni paoline. Negli anni Venti il suo ambito rimase soprattutto quello della stampa periodica di carattere locale (oltre a diverse riviste, erano ben 500 i «Bollettini» parrocchiali stampati dalle suore paoline), delle edizioni a basso costo della Bibbia e dei Vangeli, di opere a carattere devozionale e catechistico. Nel decennio successivo la casa editrice, che aveva iniziato a usufruire di collaborazioni esterne e che avviò anche manuali in campo scolastico, ebbe uno slancio ulteriore, con un aumento complessivo delle pubblicazioni, che raggiungevano tirature molto elevate, anche perché crescevano le librerie collegate alla Società e altri strumenti per la diffusione del libro e della lettura: i Centri di diffusione di libri e oggetti religiosi, ad esempio, erano divenuti oltre 150, le biblioteche circolanti e parrocchiali fondate dalle Paoline in Italia e all’estero erano oltre 3.70081.
Un salto di qualità per l’affermazione a livello nazionale fu dato dalla fondazione nel 1931 del settimanale «Famiglia cristiana», destinato a diventare nel dopoguerra tra i periodici più diffusi82. La scelta fu quella di un periodico ad ampia diffusione su tutto il territorio, per la distribuzione del quale il canale principale fu costituito dalle parrocchie: la tiratura salì rapidamente dalle 18.000 copie iniziali alle 27.000 nel 1937, alle 100.000 nella fase finale del fascismo83. Il giornale era rivolto alle ‘famiglie cristiane’, con un intento formativo e di prosecuzione in qualche modo della predicazione parrocchiale domenicale, non aveva obiettivi di informazione e intendeva rimanere avulso dal contesto politico generale, concentrandosi piuttosto sul fine di restaurare i valori religiosi, come si affermava esplicitamente nell’editoriale del primo numero:
«In esso non troverete erudizione ed eleganza di veste tipografica, ma cibo per le anime vostre, cognizioni utili al disbrigo delle vostre faccende ordinarie, racconti e fatterelli piacevoli ed istruttivi, disegni per ricami e lavori femminili, cenno sui principali avvenimenti del giorno, ecc. La famiglia è la cellula base della Società e dello Stato. Contribuire alla buona formazione della famiglia è contribuire alla restaurazione morale e religiosa della società stessa»84.
Cresceva notevolmente anche quella produzione minuta di fogli, bollettini parrocchiali, collane devozionali, che complessivamente era annoverata come «buona stampa» e per la quale – come per «Famiglia cristiana» – la politica e il contesto esterno non esistevano: salvo poi, da parte della stampa missionaria, venir approvata con entusiasmo la politica imperialista del regime e la guerra d’Etiopia85.
Uno dei settori dove, come si è visto, si erano imposti editori cattolici era quello scolastico: ruolo che si rafforzò durante il ventennio e che, più di altri, implicava, com’è naturale, l’allineamento con il regime e la sua politica educativa.
Tra le case già consolidate, la Sei conobbe dopo la guerra un’ulteriore espansione sia per la produzione editoriale, sia per la distribuzione e fu in seguito rapidamente pronta a sfruttare le nuove possibilità offerte dalla riforma Gentile. Grazie ai finanziamenti della Congregazione salesiana, che le permisero di superare le difficoltà conseguenti agli eventi bellici, che avevano colpito tutta l’editoria, modernizzando i processi di produzione e di distribuzione poté rinnovare infatti il proprio catalogo secondo i nuovi programmi ministeriali. Complessivamente, tra il 1924 e il 1933 i volumi editi dall’editrice furono oltre 1.900, tre quinti dei quali erano testi per le scuole86. L’editrice salesiana si specializzò nell’istruzione secondaria, in particolare con testi per i ginnasi-licei e per le scuole professionali, e inoltre ebbe la capacità di allargare il proprio ambito di intervento, fino ad allora concentrato soprattutto nella scuola confessionale, in particolare quella salesiana, verso gli istituti pubblici. Le sue collane di classici greci e latini trovarono ampio spazio, avendoGentile dato molta importanza alla lettura diretta dei testi e avendo introdotto nei programmi gli scritti cristiani antichi. In generale, la sua produzione fu caratterizzata da un’interpretazione cattolica dei programmi, che riconosceva nel papato un fattore determinante dell’identità nazionale87.
Per quanto si fosse concentrata soprattutto sull’istruzione secondaria, la Sei ebbe vantaggi anche dall’introduzione del libro di Stato nel 1929 per le prime due classi delle elementari, poiché, nella ripartizione delle vendite del testo in diverse zone, le fu assegnata la distribuzione in Piemonte, assieme a Marietti, Paravia e De Agostini, e in Liguria88.
La Sei si impose anche per i testi di grammatica e di esercizi di latino, i manuali di geografia, di filosofia, le antologie di italiano. Pubblicò poi riviste per gli insegnanti, che durarono a lungo anche nel secondo dopoguerra («Gymnasium», «Catechesi») e per i giovani («Rivista dei giovani», a cura della Federazione internazionale allievi di don Bosco). Pose inoltre attenzione alla formazione delle donne, ad esempio con le collane «Donne sante», «Vite mirabili di donne», «La donna cristiana nel suo regno», e si indirizzò anche nel campo della narrativa per l’infanzia e per i ragazzi89. Nel corso degli anni ci fu poi un numero crescente di biografie, studi e riflessioni su don Bosco, particolarmente dopo la sua canonizzazione nel 1934.
Un’altra editrice che acquistò crescente importanza nel settore fu La Scuola che, negli anni del fascismo, pur avendo tra i propri promotori personaggi che si ponevano su posizioni critiche nei confronti del regime, come Giorgio Montini, si allineò alla sua politica e alle sue direttive culturali e scolastiche, come risulta dagli articoli della «Scuola italiana moderna» e dalle posizioni favorevoli assunte nei confronti della riforma scolastica e degli altri provvedimenti, che seppe sfruttare a proprio vantaggio90. Anch’essa riuscì, infatti, dopo la riforma Gentile, ad aggiornare il proprio catalogo e a imporsi sempre più nel campo dell’istruzione, oltre che in quello dei libri per ragazzi. Grazie poi alla reintroduzione dell’insegnamento religioso nella scuola elementare, la casa editrice si affermò con i suoi testi, dando anche vita a una rivista specializzata, «Scuola e clero»; ulteriore rafforzamento di questo settore ci sarà quando con i Patti Lateranensi l’insegnamento della religione cattolica fu esteso a tutti gli ordini e gradi di scuola. L’introduzione del testo unico ridusse la presenza dell’editrice bresciana nella scuola primaria, anche se le venne affidato il compito di stamparne un certo quantitativo, mentre due dei suoi autori, Angelo Zammarchi, protagonista di primo piano della casa editrice, eCesare Angelini, furono coinvolti nella stesura del testo unico di religione; più avanti, come la Sei, La Scuola fu tra gli editori chiamati ad assicurare la distribuzione del testo unico di cultura militare. Ulteriore ed esplicito consenso nei confronti del regime l’editrice lo mostrò particolarmente tra il 1935 e il 1940, accogliendo favorevolmente la nascita dell’Impero, nonché le scelte autarchiche e la politica «in difesa della razza»91.
Per quanto riguarda la produzione editoriale, nel settore elementare La Scuola aumentò i testi di sussidio per quelli ufficiali (come le letture integrative o i compiti per le vacanze) e le collane di racconti e di fiabe; diede poi vita alla rivista «L’arte dei piccoli. Quindicinale per lo studio del linguaggio grafico infantile», e acquistò «La Madre cattolica», edita da Queriniana. A partire dagli anni Trenta sviluppò il proprio catalogo, oltre che con testi di filosofia, con i classici della pedagogia, per i quali si avvalse della collaborazione di Mario Casotti, docente di pedagogia all’Università cattolica del Sacro Cuore, già collaboratore della «Scuola italiana moderna» e direttore del supplemento pedagogico della rivista da lui fondato (1933): attraverso Casotti – che stamperà sue importanti opere con l’editrice bresciana – si stabilì un rapporto con la Cattolica e padre Gemelli, con il quale la casa editrice diede vita all’inizio degli anni Quaranta all’Istituto di studi sull’educazione cristiana Paedagogium, finalizzato a promuovere la sviluppo e la diffusione del pensiero educativo cristiano. In questi anni, con l’iniziativa «Scuola fraterna», inoltre, l’editrice si impegnò per il sostegno agli esami nella preparazione ai concorsi92. Un altro campo in cui si indirizzò nel corso degli anni Trenta fu quello della cultura religiosa, con la pubblicazione di volumi di riflessione teologica e di spiritualità.
Un’editrice di più vecchia data che trasse vantaggio dall’introduzione dell’insegnamento religioso nella scuola fu la Marietti, che poté immettere nel mercato la sua vasta produzione di testi di educazione religiosa.
Dopo il Concordato, la presenza e l’intervento degli intellettuali cattolici nella società e nella cultura si fece più ampia e incisiva – al di là del rapporto politico con il regime – e si tradusse in diverse iniziative pubblicistiche ed editoriali. Come ha messo in evidenza Luisa Mangoni, il Concordato, «nell’atto in cui limitava oggettivamente l’azione politica dei cattolici militanti, dava ad essi la possibilità di un intervento sempre più vasto nella società laica, riproponendo la Chiesa come filtro necessario del costume, della vita intellettuale»93. Significative da questo punto di vista le vicende della Libreria editrice fiorentina e di nuove esperienze che nacquero proprio a partire dalla fine degli anni Venti.
Nel caso della Libreria editrice fiorentina, la sua politica editoriale e culturale subì una svolta quando, nel 1922, Arnoldo Burgisser cedette la proprietà a una società che si era costituita a Firenze e di cui faceva parte, tra gli altri, Giovanni Papini, che ne accentuò il carattere religioso-letterario e ne ampliò il raggio d’azione. La prima iniziativa in tal senso fu la collana da lui fondata «Libri della fede», che raccoglieva – come si affermava in un fascicolo di presentazione – «in buone versioni – antiche o nuove – le opere più belle e profonde della letteratura ascetica, mistica e apologetica in modo da formare un “Corpus” dei più gloriosi testi del Cattolicismo»: non si trattava solo di un’operazione letteraria ed editoriale, ma, nel voler segnare una presenza attiva dei cattolici nel mondo culturale, con questa collana si intendeva anche svolgere «una vera e propria opera di apostolato cattolico»94, lo stesso intento, come si è visto, che era appartenuto a diverse esperienze e che aveva avuto in don Bosco un consapevole esecutore. Ora, negli anni Venti, non si trattava solo di un progetto missionario, ma di un programma culturale di lungo periodo che doveva incidere sulla società. Non a caso, più avanti, all’indomani del Concordato, Papini avrebbe rivendicato per i volumi dell’editrice fiorentina una funzione più profonda, rispetto a libri «scritti e stampati per piacere, per pascere le basse voglie, per esaltare la superbia, per irritare la sensibilità facilmente» e che, come tali, «svaporano, si scolorano o si sgonfiano, e dalla vetrina del libraio passano direttamente al macero»: i libri editi dalla Lef, al contrario – come scriveva nel supplemento al catalogo del maggio 1929 –, «non temono l’incostanza degli elementi né quella degli uomini. Sono resistenti all’invecchiamento: venga o non venga il compratore, il libro non perde il suo pregio»95.
Attraverso Papini, nel 1928 la Libreria editrice fiorentina passò all’Opera Cardinal Ferrari dei paolini, la cui giovane editrice milanese era impegnata soprattutto nel settore periodico96. Tra i protagonisti di questa nuova fase sarà don Giuseppe De Luca, che già aveva collaborato ai «Libri della fede» e che sarà tra i promotori della nascita della rivista «Il Frontespizio».
Le vicende del «Frontespizio», uscito inizialmente come supplemento al catalogo della Libreria editrice presentato alla Fiera del libro del 1929, che si è citato, e dall’anno successivo passato all’editoreVallecchi, si collocano al di là della storia della Lef, essendo stata una delle esperienze culturali più significative della cultura italiana degli anni Trenta. Fu uno degli strumenti attraverso i quali gli intellettuali attuarono un programma di revisione in senso cattolico della tradizione culturale italiana e un’esperienza emblematica di un tipo di intervento che andava al di là dell’apostolato o della propaganda. Un articolo di De Luca apparso sul «Frontespizio» nel 1933, con lo pseudonimo di Ireneo Speranza, indicava in maniera assai lucida l’obiettivo per i cattolici di diventare protagonisti del mondo culturale, con la loro interpretazione e visione del mondo: «Devono rendersi conto di tutto, vagliare e subito chiarire e dominare; altrimenti si accumula, come accade da molti secoli, tutta un’enorme pila di cultura, che noi respingiamo, ma che il mondo continua a divorare, con questo bel risultato, che oggi, i cattolici sono una minoranza intellettuale, nel mondo, pur avendo da parte loro la verità»97. I cattolici dovevano quindi nei diversi campi imporre la loro cultura e il magistero della Chiesa, che si collocava a monte della battaglia politica.
Per quanto riguardò la Libreria editrice, questa, nel corso degli anni Trenta andò incontro a diverse trasformazioni. Intanto, nel 1932 fallì la Cardinal Ferrari, ma la Lef, essendo in attivo, poté continuare la sua attività, venendo rilevata da tre imprenditori fiorentini, che costituirono una nuova società. In seguito, si ingrandì, acquistando la Casa editrice Grazzini di Pistoia e l’esclusività di vendita della Casa editrice Giannini di Firenze, affiancando alla libreria anche un reparto di cartoleria e di materiale scolastico98.
Un cambiamento avvenne anche dal punto di vista editoriale, con l’ingresso di personaggi che ne segneranno il cammino nel dopoguerra. Nel 1936 la Lef assunse l’edizione di «Vita cristiana», rivista bimestrale ascetico-mistica dei domenicani di Fiesole, che portò alla formazione di un nuovo gruppo e di nuove posizioni all’interno dell’editrice. Tra loro era infatti Giorgio La Pira, professore di Istituzioni di diritto romano e terziario domenicano, che nel gennaio 1939 diede vita, come supplemento mensile di «Vita cristiana», a «Principi», le cui vicende si collocavano nel contesto politico che precedette e caratterizzò la Seconda guerra mondiale. Come scrisse La Pira nella nota introduttiva alla ristampa anastatica della rivista (1974),
«Principi nacque – come si dice nella Premessa del I numero – perché nella crisi paurosa delle idee (dei principi) allora in pieno svolgimento (si pensi alla dottrina dell’odio, della guerra, delle razze inferiori e superiori, etc.) sentimmo la necessità di rifarci a punti fermi, a principi immutabili che, come stella polare, come stelle fisse, ridessero orientamento sicuro, di speranza, alla nostra vita personale e collettiva»99.
Una voce di opposizione, che nel 1940 si schierò apertamente contro la guerra venendo per questo soppressa.
Mentre i protagonisti si avviavano verso scelte nette, a cominciare da La Pira, impegnato con altri giovani del Movimento dei laureati cattolici in un’attività clandestina e cospirativa, per la casa editrice si profilarono nuovi mutamenti societari, con lo scioglimento della Società e la separazione tra l’attività libraria e quella editoriale.
L’obiettivo di rimarcare il proprio ruolo nel mondo della cultura da parte degli intellettuali cattolici dalla fine degli anni Venti, risalta in maniera assai nitida dal già citato «Ragguaglio dell’attività culturale e letteraria dei cattolici in Italia», iniziato nel 1930 con la Libreria editrice fiorentina e durato fino al 1942, con l’intento di valorizzare e far conoscere «il lavoro dei cattolici anche nel campo delle lettere»100. Attraverso le informazioni sull’attività letteraria, artistica, musicale di autori e artisti cattolici, su quella delle case editrici e degli istituti culturali, sulla stampa e le riviste (con modalità che si faranno via via più articolate nel corso degli anni), se ne voleva rivendicare il vasto lavoro: come scriveva Papini, dalle pagine del «Ragguaglio» emergeva infatti che i «cattolici esistono, studiano, scrivono e pubblicano più che la turba dei periodisti e dei critici non immaginino. Da qualche tempo a questa parte, anzi [proseguiva], ci sono segni d’un rinvigorimento e d’una più fresca fioritura: ai religiosi s’aggiungono, sempre più folti e ardenti, i laici ed ai veterani i giovani o quasi giovani». Su questa strada dovevano continuare a camminare gli scrittori cattolici che Papini incitava a «essere i missionari laici e volontari in terra cristiana», e anzi a riacquistare «lo spirito di conquista che in altri secoli fu di tutti e che ha dilatato in ogni continente il dominio della Chiesa»101.
Invito che sembrerebbe accolto se, pochi anni dopo, ancora Papini poteva notare un rafforzamento della presenza culturale102 e, proprio per sottolinearne la consistenza, nel 1934 l’annuario varava una rubrica dedicata all’«Attività delle case editrici non cattoliche», che segnalava le opere di contenuto cattolico stampate da editori laici.
Un altro elemento significativo che emerge da questa pubblicazione è l’intento degli intellettuali cattolici di rafforzare il proprio intervento anche attraverso il coordinamento di diverse attività. Dal 1935, infatti, la gestione del «Ragguaglio», che già dal 1932 non era più stampato dalla Lef, ma dalle Edizioni omonime, passava al neocostituito Istituto di propaganda libraria di Milano: un organismo nato, oltre che per la gestione di alcune riviste («Il Ragguaglio», «Il Carroccio» e «Vita cristiana»), per svolgere un servizio nei confronti di autori e piccole tipografie di provincia che non riuscivano a trovare «un sicuro sbocco di vendita» dei loro prodotti, proprio nell’obiettivo di contribuire a «una vasta e razionale diffusione del libro buono» e di perseguire «l’idea dell’apostolato della buona stampa»103. Si trattava di un esempio dello sforzo di dare maggiore carattere organico alla vasta attività editoriale e potenziarne la rete distributiva, che aveva visto nel corso degli anni Trenta un ulteriore sviluppo sia dell’Opera nazionale per la buona stampa nata, come si è visto, nel 1915, sia dei circuiti degli ordini religiosi, al fine di creare un canale autonomo rispetto a quello dell’editoria e della propaganda del regime fascista104.
Lo sviluppo dell’editoria cattolica nel corso degli anni Trenta è riscontrabile dalle pagine dello stesso annuario, con l’aumento del numero di case editrici censite, alle quali furono aggiunte anche quelle musicali: nel 1937, ad esempio, erano elencati 87 case editrici cattoliche, 24 musicali, 60 ordini religiosi dediti alla stampa105.
Tra le nuove editrici, nate fra gli anni Venti e Trenta, prevaleva la stampa di natura religiosa e finalizzata a svolgere opera educativa e di diffusione del messaggio cristiano e del pensiero della Chiesa, come, per citarne alcune, Libreria editrice vescovile Sapientia a Novara, Casa editoriale Luigi Favero a Vicenza, Libreria editrice di «Frate Francesco» a Reggio Emilia, Edizioni cristiane Siena, Casa editrice «La Favilla» e Alacer a Milano. Per molti il lavoro editoriale doveva consistere esclusivamente in una missione, al di là di obiettivi imprenditoriali: emblematica, in tal senso, l’opinione di Vittorio Gatti, ex tipografo, ex direttore della Queriniana e iniziatore della Morcelliana, che nel 1928 diede vita a Brescia alla Libreria editrice, per la pubblicazione di libri di preghiere e vite di santi, al quale facevano addirittura «schifo quegli editori cattolici che pubblicano libri con l’unico scopo di far quattrini»106. Alcune aziende tipografiche collegate a ordini religiosi decisero invece di federarsi: come fu il caso delle case editrici degli Artigianelli e dei Derelitti, che si appoggiavano agli Istituti Pavoniani di Milano, Pavia, Monza, Genova, Trento, che si unirono nel 1934 nell’Editrice Ancora, con centro a Brescia presso la direzione Opere Pavoniane107.
Non nascevano tuttavia solo nuovi editori religiosi. Un ruolo a sé venne svolto dall’editoria collegata all’Azione cattolica che, già dal dicembre 1928, aveva indicato la necessità di «curare la compilazione e la diffusione della buona stampa, ossia di libri, periodici e giornali che, in qualsiasi forma e misura, diffondano i principi e la pratica della religione e della morale cattolica», e di dar vita a una stampa propria, «una stampa cioè non solo cattolica ma di Azione Cattolica, fedele interprete in tutti i campi della sua attività, portavoce delle sue gerarchie, per diffondere gli ordini e i comandi, per correggere gli errori e alimentare le virtù dei gregari»108. Nacque così l’Anonima veritas editrice (Ave) della Gioventù cattolica, costituita a Roma nel giugno 1935, ma le cui pubblicazioni erano iniziate da alcuni anni, con l’obiettivo di contribuire alla formazione religiosa e morale della gioventù anche al di fuori dell’associazione: oltre alla produzione della Giac, l’Ave, stampò testi di vari argomenti, di cultura religiosa, formazione liturgica, narrativa per ragazzi (nel 1938 assunse tra l’altro la stampa del settimanale per ragazzi «Il Vittorioso»)109.
Nell’ambito della Federazione degli universitari cattolici e del Movimento dei laureati di Azione cattolica, ebbero vita diverse esperienze culturali, che espressero – come è stato sottolineato – valutazioni diverse rispetto a quelle di padre Gemelli sulla situazione religiosa italiana dopo il Concordato: in particolare nel nucleo che si formò attorno alla Fuci quando – tra metà anni Venti e metà anni Trenta – ne furono presidente Igino Righetti e assistente centrale monsignor Giovanni Battista Montini, per i quali prevaleva l’«idea che una rinascita religiosa dovesse trarre alimento da un discorso culturale capace di misurarsi in termini non solo apologetici o controversistici con gli snodi fondamentali della cultura moderna e della sua crisi»110.
Nel 1928 fu fondata «Azione fucina», strumento e guida culturale e ideologica per gli universitari cattolici e nel giugno dello stesso anno nacque la Cooperativa editrice Studium, che più avanti si pose a fianco del Movimento laureati cattolici, fondato nel 1932 da Igino Righetti. Organi del Movimento divennero la rivista «Studium», che, come si ricorderà, era nata nel 1907 come organo della Fuci, edita dalla Libreria editrice fiorentina, e il «Bollettino dei laureati cattolici»111. La nuova editrice si impegnò soprattutto a pubblicare opere di utilità per gli studenti universitari, per la loro formazione culturale-religiosa e per la conoscenza del pensiero della Chiesa sugli argomenti relativi alla vita moderna: tra le prime collane ci furono «La Cattedra», che raccoglieva documenti pontifici nel loro testo originale, i «Quaderni universitari», dove apparvero gli scritti di Montini e il Corso universitario di teologia cattolica del padre domenicano Mariano Cordovani, «Quaderni professionali», «Quaderni missionari», gli «Annali della Fuci»112.
Papa Montini sottolineò nel 1964 la caratteristica di «cenacolo» della casa editrice e della rivista, nel senso di essere «una schiera bene distinta e bene qualificata», che svolse una propria attività autonoma rispetto al contesto del regime fascista: fu anzi «un manipolo», che servì «di scudo nei confronti della servilità e della prepotenza di anni difficili anche per il settore della scuola e della cultura»113.
Un’altra esperienza collegata, sempre attraverso monsignor Montini, ai giovani che facevano capo alla Fuci e al Movimento dei laureati, e con «settori minoritari, tendenzialmente anti-conformisti, del cattolicesimo italiano»114, fu la Morcelliana, nata a Brescia nel 1925, ad opera di un gruppo di laici e di sacerdoti, fra i quali erano Fausto Minelli, consigliere e poi presidente della Banca San Paolo, Mario Bendiscioli, padre Giulio Bevilacqua e lo stesso Montini. Ispirandosi alla figura di Stefano Antonio Morcelli, abate latinista ed erudito vissuto tra la fine del Settecento e i primi dell’Ottocento115, la Morcelliana si poneva come casa editrice di alta cultura, impegnata sia nel settore religioso, che in quello storico e filosofico. Per suo merito, sottolineava «Il Ragguaglio», nella collana «Pensatori cattolici moderni», furono fatti conoscere i più importanti pensatori stranieri, come Hilaire Belloc e Jacques Maritain (tradotto da Montini)116. Altre collane avviate in questo settore furono «Agiografi moderni» e «Fides», impegnata soprattutto nel contrastare attraverso opere di autori stranieri convertiti al cattolicesimo la propaganda protestante in Italia: vi apparve, tra l’altro, Crisi protestante ed unità della Chiesa e Cattolicità di Igino Giordani, che la prefettura di Brescia nel 1942 bloccò imponendo la soppressione delle affermazioni relative al paganesimo tedesco, alla lotta di religione in Germania, alla selezione coercitiva delle famiglie, che contenevano precise critiche antirazziste117.
Nel 1930 iniziò la propria collaborazione con la Morcelliana don Giuseppe De Luca, che vi era entrato in contatto tramite Montini e per la quale divenne consulente di vari volumi e curatore, oltre che di collezioni di critica letteraria, della collana «Per verbum ad Verbum», raccolta di scritti spirituali classici e moderni, editi con rigore e scrupolo filologico. Aspetto questo centrale nella sua opera editoriale e di organizzatore di cultura: come affermava infatti in una lettera a Minelli, insistendo sulla necessità che nei volumi vi fosse il testo a fronte, di contro alle «opere di volgarizzazioni, traduzioni, compilazioni» che notava nel «risveglio delle case editrici cattoliche», occorrevano invece «opere di scienza», indipendentemente dalle esigenze di mercato («e non dicano che non c’è chi compra», aggiungeva)118.
Oltre alla produzione relativa alla didattica della religione nella scuola, la Morcelliana si impegnò anche nel campo storico e filosofico, dove apparvero testi su questioni contemporanee e particolarmente sulla Germania nazista, con sotterranee posizioni critiche, come nelle opere di Bendiscioli o nelle prediche di protesta contro l’antisemitismo del cardinale di MonacoMichael Faulhaber apparse nel 1934.
Nella seconda metà degli anni Trenta, anche nell’ambito degli intellettuali cattolici, man mano che si stringeva l’alleanza con il nazismo tedesco e si profilavano gli interventi distruttivi che portarono alla Seconda guerra mondiale, cominciarono a maturare prese di posizione più nette e, soprattutto, il discorso culturale cominciò ad essere indirizzato verso la costruzione del dopo e di una nuova fase politica. Significativa in tal senso ancora l’esperienza di De Luca che nel 1941 avviò il progetto di una propria casa editrice, che si sarebbe attuato pienamente dopo la guerra con le Edizioni di storia e letteratura. L’idea di un’editrice di alta cultura – il cui ‘apprendistato’ il sacerdote aveva svolto nella Morcelliana119 – era legata soprattutto alle concezioni che egli aveva elaborato in merito alla funzione che il cattolicesimo doveva avere nella cultura italiana e che avrebbe dovuto avere dopo, all’indomani della guerra120. Un percorso nel quale una centralità veniva assunta dall’erudizione e da una severa ricerca filologica, che erano intese come una strada per reagire – come scriveva in un articolo del 1934 – a quanto c’era «di vano, di loquace, di turpe e di fittizio, nella civiltà contemporanea», come uno strumento di educazione «a una considerazione, non esterna, né lucrosa, né comoda della vita»121.
Il progetto della casa editrice – il cui primo volume uscì nel 1943 – prevedeva «una serie di saggi di storia letteraria di strettissima tenuta erudita, ma con temi rinnovati e rinnovatori» e un archivio «degli scritti e degli scrittori della pietà»122: era un progetto proiettato verso il futuro, con l’obiettivo di dar vita a un’editoria colta destinata alla comunità scientifica del dopoguerra non solo italiano.
Dal punto di vista organizzativo, alcuni editori cattolici prendevano iniziative per dare vita a una loro associazione e individuare le strade su cui portare avanti progetti editoriali nella fase di ricostruzione della democrazia. Sulla spinta di Vittorino Veronese, segretario dell’Istituto cattolico di attività sociale, furono infatti organizzate, dopo la liberazione di Roma, alcune riunioni, cui parteciparono rappresentanti de «La Civiltà cattolica», Ave, Pia società San Paolo, Desclée, Coletti, Pro Familia, Sales, Studium, per dare vita a «una associazione apolitica tra gli editori cattolici, per una tutela [come recitano i verbali], oltre che economica, soprattutto di carattere morale». Nacque così l’Unione editori cattolici italiani, alla quale nel 1947 avevano già aderito 80 case editrici, protagoniste di una nuova fase di storia dell’editoria123.
1 Cfr. in generale V. Castronovo, La stampa italiana dall’Unità al fascismo, Roma-Bari 1984; A. Gigli Marchetti, Le nuove dimensioni dell’impresa editoriale, in Storia dell’editoria nell’Italia contemporanea, a cura di G. Turi, Firenze 1997, pp. 115-163; N. Tranfaglia, A. Vittoria, Storia degli editori italiani dall’Unità alla fine degli anni Sessanta, Roma-Bari 2007; A. Cadioli, G. Vigini, Storia dell’editoria italiana dall’Unità ad oggi. Un profilo introduttivo, Milano 2004.
2 G. Ragone, Un secolo di libri: storia dell’editoria in Italia dall’Unità al post-moderno, Torino 1999, pp. 15-16, 35; dati desunti da G. Ottino, La stampa periodica, il commercio dei libri e la tipografia in Italia, Milano 1875.
3 Ibidem, p. 17.
4 S. Pivato, Don Bosco e la «cultura popolare», in Don Bosco nella storia della cultura popolare, a cura di F. Traniello, Torino 1987, pp. 253-287, 261.
5 www.vatican.va/holy_father/leo_xiii/encyclicals/documents/ hf_l-xiii_enc_15021882_etsi-nos_it.html (24 ottobre 2010). Cfr. S. Pivato, «Don Bosco e la cultura popolare», cit., p. 263. In generale, per quanto riguarda il nuovo assetto censorio della curia e il nuovo Index librorum prohibitorum, voluto da Leone XIII, cfr. M.I. Palazzolo, La perniciosa lettura. La Chiesa e la libertà di stampa nell’età liberale, Roma 2010, pp. 125 segg.
6 L. Bottaro, Censimento delle istituzioni e stabilimenti relativi alla stampa cattolica in Italia nell’anno 1887, Tipografia e libreria salesiana, S. Pier d’Arena 1887, in S. Pivato, Don Bosco e la «cultura popolare», cit., pp. 265-267. Cfr., anche per uno sguardo d’insieme, F. De Giorgi, L’attività editoriale cattolica e l’opera degli Artigianelli Pavoniani tra Otto e Novecento, in corso di stampa.
7 «Il Ragguaglio dell’attività culturale e letteraria dei cattolici in Italia», Firenze 1930; altre indicazioni nelle annate successive. Per notizie relative a singoli editori di questo periodo, molto utili i repertori Editori italiani dell’Ottocento, a cura di A. Gigli Marchetti, M. Infelise, L. Mascilli Migliorini, et al., Milano 2004; TESEO. Tipografi e editori scolastico-educativi dell’Ottocento, diretto da G. Chiosso, Milano 2003.
8 «Il Ragguaglio dell’attività culturale e letteraria dei cattolici in Italia», cit., p. 31.
9 L. Ceci, L’editoria cattolica nel periodo postconciliare. Il caso della Queriniana, «Annali della Fondazione Luigi Einaudi», XXX, 1996, Torino 1997, pp. 393-431, 395-397. Sull’attività editoriale degli Istituti degli Artigianelli, la cui origine era nella Congregazione dei figli di Maria Immacolata, fondata a Brescia da Lodovico Pavoni, sorti a Milano (1870), Trento, Pavia, Monza, cfr. F. De Giorgi, L’attività editoriale cattolica e l’opera degli Artigianelli Pavoniani tra Otto e Novecento, cit.
10 «Il Ragguaglio dell’attività culturale e letteraria dei cattolici in Italia», cit., p. 36.
11 A. Gigli Marchetti, Le nuove dimensioni dell’impresa editoriale, in Storia dell’editoria nell’Italia contemporanea, a cura di G. Turi, Firenze 1997, pp. 115-163, 137.
12 P. Bianchini, G. Chiosso, Marietti Giacinto, in TESEO, cit., pp. 344-348, 346.
13 G. Rocca, Una o due sconosciute case editrici? La Società di San Paolo per la diffusione della buona stampa, «Annali di storia dell’educazione e delle istituzioni scolastiche», 16, 2009, pp. 155-177.
14 I. Porciani, L’industria dello scolastico, in Editori a Firenze nel secondo Ottocento, Atti del Convegno (Firenze 1981), a cura di I. Porciani, Firenze 1983, pp. 473-491, 489; S. Landucci, Scienza, religione ed editoria scolastica, ibidem, pp. 183-229, 189 segg.
15 G. Solari, Produzione e circolazione del libro evangelico nell’Italia del secondo Ottocento. La casa editrice Claudiana e i circuiti popolari della stampa religiosa, Roma 1997, pp. 66-67: i libri ebbero una tiratura di 4.413.000 copie, i giornali di 3.106.610, gli almanacchi di 840.500.
16 Ibidem, p. 126; il passaggio sarà legalmente compiuto nel 1937.
17 A. Gramsci, La buona stampa («Avanti!», Torino, 16 febbraio 1916), in 2000 pagine di Gramsci, I, Nel tempo della lotta (1914-1926), a cura di G. Ferrata, N. Gallo, Milano 1964, pp. 193-194, 193.
18 S. Pivato, Don Bosco e la «cultura popolare», cit., p. 257. In generale sulla strategia editoriale cattolica volta alla massima diffusione fra i fedeli di una letteratura popolare e sull’attività di don Bosco in questa direzione, cfr. R. Rusconi, «Emuliamo i perversi». Una strategia editoriale cattolica nell’Italia dell’Ottocento, in Libri per tutti. Generi editoriali di larga circolazione tra antico regime ed età contemporanea, a cura di L. Braida, M. Infelise, Torino 2010, pp. 107-125.
19 P. Bairati, Cultura salesiana e società industriale, in Don Bosco nella storia della cultura popolare, a cura di F. Traniello, cit., pp. 331-357, 333.
20 Ibidem, pp. 354-355. Il primo laboratorio salesiano nacque nel 1852 per i calzolai e i sarti; ad esso seguirono quelli per i legatori, i falegnami, i tipografi e i fabbri. In seguito si trasformarono in scuole professionali, ibidem, p. 338.
21 Cit. in F. Targhetta, Serenant et Illuminant. I cento anni della SEI, Torino 2008, p. 17.
22 La Storia sacra (1847) e la Storia d’Italia dai suoi primi abitatori ai nostri giorni (1856) giunsero alla data della sua morte (1888) alla 19a e alla 18a edizione (S. Pivato, Don Bosco e la «cultura popolare», cit., pp. 254-255).
23 L. Giovannini, Le «Letture cattoliche» di Don Bosco, Napoli 1984, p. 16. Un esempio simile, anche se di minore durata, di collana ad ampia diffusione popolare può essere considerato «Le piccole culture cattoliche», curata a Bologna da Giovanni Acquaderni (1861-1866) cfr. S. Pivato, Don Bosco e la «cultura popolare», cit., p. 259.
24 F. Targhetta, Serenant et Illuminant, cit.; G. Chiosso, Dalla Tipografia di don Bosco alla SEI. Cent’anni di editoria salesiana, «La Fabbrica del libro», XIV, 2008, 2, pp. 16-24.
25 G. Chiosso, Dalla Tipografia di don Bosco alla SEI, cit., p. 19. Cfr. anche Id., Editoria e stampa scolastica tra Otto e Novecento. Prime considerazioni e qualche ipotesi di ricerca, in Cattolici, educazione e trasformazioni socio-culturali in Italia tra Otto e Novecento, a cura di L. Pazzaglia, Brescia 1999, pp. 499-527, 510 segg.
26 F. Targhetta, Serenant et Illuminant, cit., p. 11.
27 F. Traniello, L’editoria cattolica tra libri e riviste, in Storia dell’editoria nell’Italia contemporanea, a cura di G. Turi, cit., pp. 299-319, 304 segg.
28 F. Targhetta, Serenant et Illuminant, cit., p. 17.
29 F. Traniello, Don Bosco nella storia, della cultura popolare in Italia, in Don Bosco nella storia, Atti del I Congresso internazionale di studi su don Bosco (Roma 1989), a cura di M. Midali, Roma 1990, pp. 411-425, 424. Cfr. anche Id., La cultura popolare cattolica nell’Italia unita, in Fare gli italiani. Scuola e cultura nell’Italia contemporanea, I, La nascita dello Stato nazionale, a cura di S. Soldani, G. Turi, Bologna 1993, pp. 429-458, 437 segg.
30 S. Pivato, Don Bosco e la «cultura popolare», cit., p. 268. Furono complessivamente 432 fascicoli, dei quali don Bosco ne scrisse circa 70, cfr. F. Malgeri, Don Bosco e la stampa, in Don Bosco nella storia, cit., pp. 439-447, 444. Nel primo cinquantennio di esistenza, la collana, che proseguì fino agli anni Sessanta del Novecento, con il titolo «Meridiano», stampò in totale 9 milioni e 200.000 copie, cfr. L. Giovannini, Le «Letture cattoliche» di Don Bosco, cit., p. 18. Sulla diffusione della stampa salesiana all’estero, iniziata sull’onda delle prime emigrazioni in Argentina, cfr. T. Pironi, L’editoria salesiana nel ’900, in Storia dell’editoria cattolica in Italia, a cura di A. Zambarbieri, F. De Giorgi, L. Pazzaglia, in corso di stampa.
31 P. Gobetti, La cultura e gli editori (1919), in Id., Scritti storici, letterari e filosofici, a cura di P. Spriano, con due note di F. Venturi e V. Strada, Torino 1969, pp. 459-460.
32 R. Murri, La democrazia cristiana italiana. Note storiche, in Id., Battaglie d’oggi. Edizione definitiva, IV, Democrazia cristiana italiana (1901-1904), Società italiana di cultura, Roma 1904 (Ristampa, Milano 1966), pp. 197-219, p. 198.
33 Cit. in F. Traniello, L’editoria cattolica tra libri e riviste, cit., p. 299. Cfr. più in generale sul «circuito democratico-cristiano», Id., La cultura popolare cattolica, cit., pp. 449 segg.
34 R. Murri, Azione e organizzazione cattolica in Italia nell’ora che corre (discorso del 12 agosto 1901), in Id., Battaglie d’oggi, cit., pp. 18-48, 33.
35 R. Murri, da «Cronache sociali», 16 maggio 1899, in Id., Battaglie d’oggi, I, Il programma politico della democrazia cristiana (nuova politica guelfa), Società italiana cattolica di cultura edizioni, Roma 1901, pp. 82-88, 88.
36 F. Traniello, L’editoria cattolica tra libri e riviste, cit., p. 300.
37 «Cultura sociale», 1° novembre 1899, cit. ibidem.
38 Cit. in M. Guasco, introduzione a Id., Romolo Murri. Tra «Cultura sociale» e «Il Domani d’Italia» (1898-1906), Roma 1988, p. 45.
39 F. Malgeri, La stampa quotidiana e periodica e l’editoria, in DSMC, I/1, pp. 273-295, 282.
40 V. Castronovo, La stampa italiana dall’Unità al fascismo, Roma-Bari 1984, p. 176.
41 Ibidem, p. 182.
42 Istituzione di un’Opera nazionale per la buona stampa, «La Civiltà cattolica», 66, 1556, 17 aprile 1915, pp. 231-233, p. 231, lettera di P. Gasparri a P. Maffi, 25 marzo 1915.
43 Ibidem, p. 233, Statuto.
44 Ibidem, p. 232, lettera di P. Gasparri, cit.
45 F. Malgeri, La stampa quotidiana e periodica e l’editoria, cit., pp. 284-285.
46 L. Bedeschi, Quadrotta Guglielmo, in DSMC, II, pp. 523-525.
47 F. Traniello, L’editoria cattolica tra libri e riviste, cit., p. 311; A. Zambarbieri, Rinnovamento spirituale e cultura nell’Italia del primo Novecento, «Annali di storia dell’educazione delle istituzioni scolastiche», 16, 2009, pp. 15-39, 34 segg.
48 C. Torricelli, Come sorge un centro di cultura, «La Festa», 2 dicembre 1928, cit. in R. Maini, M. Zangheri, La Libreria Editrice Forentina da oltre un secolo cenacolo di fede e di scienza in mezzo alla città, Firenze 2004, p. 17.
49 R. Maini, M. Zangheri, La Libreria Editrice Forentina, cit., p. 19.
50 Storia della Libreria editrice fiorentina 1902-1992, Firenze 1992, p. 3.
51 Libreria editrice fiorentina, «Il Ragguaglio dell’attività culturale e letteraria dei cattolici in Italia», cit., p. 40. Ricordiamo che questo utile repertorio fu pubblicato dalla stessa Libreria editrice fiorentina.
52 Ibidem, p. 43.
53 S. Nistri, F. Righini, Gli anni di Pio X, in Storia della Libreria editrice fiorentina, cit., p. 8; R. Maini, M. Zangheri, La Libreria Editrice Forentina, cit., p. 35.
54 Cit. in F. Mazzonis, L’editrice Vita e Pensiero: tra ricerca intellettuale e divulgazione formativa, in Stampa e piccola editoria tra le due guerre, a cura di A. Gigli Marchetti, L. Finocchi, Milano 1997, pp. 261-291, 267.
55 Ibidem, p. 268.
56 Cit. in Catalogo storico della Editrice Vita e pensiero 1914-1994, a cura di M. Ferrari, Milano 1994, p. 443.
57 Così nel suo volume del 1931 Apostolato della stampa, cit. in G. Chiosso, Edizioni San Paolo, in TESEO ’900. Editori scolastico-educativi del primo Novecento, diretto da G. Chiosso, Milano 2008, pp. 175-179, p. 176.
58 Così nei suoi Appunti di teologia pastorale del 1915, cit. in A. De Simone, Profilo di don Giacomo Alberione (1884-1971), in V. Gambi, L’editore di Dio, a cura di A. De Simone, Cinisello Balsamo 2003, pp. 465-475, 469.
59 G. Chiosso, Edizioni San Paolo, cit., p. 175.
60 G. Turi, Cultura e poteri nell’Italia repubblicana, in Storia dell’editoria nell’Italia contemporanea, a cura di G. Turi, cit., pp. 383-448, 410.
61 «Il Ragguaglio dell’attività culturale e letteraria dei cattolici in Italia», 1931, pp. 513-514.
62 «Il Ragguaglio dell’attività culturale e letteraria dei cattolici in Italia», cit., 1930 e annate successive.
63 F. Targhetta, Serenant et Illuminant, cit., pp. 31 segg.
64 Società Anonima Internazionale per la Diffusione della Buona Stampa, «Bollettino salesiano», XXXII, 11, novembre 1908, http://biesseonline.sdb.org/bs/archivio.aspx, (24 ottobre 2010).
65 F. Targhetta, Serenant et Illuminant, cit., pp. 38, 40. Tra i testi di grande diffusione Targhetta ricorda il volume di geografia per le scuole secondarie inferiori L’uomo e il suo regno di Pietro Gribaudi, che tra il 1913 e il 1946 ebbe 30 edizioni: i testi di questo autore, tutti di argomento geografico e di biografie di viaggiatori, negli anni Trenta superarono il milione di copie (ibidem, p. 47). Alla produzione della Sei, bisogna poi aggiungere quella delle altre tipografie salesiane dislocate in varie parti d’Italia, si vedano le voci di T. Pironi in TESEO ’900, cit.
66 F. Targhetta, Serenant et Illuminant, cit., p. 55.
67 E. Decleva, Un panorama in evoluzione, in Storia dell’editoria nell’Italia contemporanea, a cura di G. Turi, cit., pp. 225-298; N. Tranfaglia, A. Vittoria, Storia degli editori italiani, cit., pp. 135 segg.
68 G. Chiosso, Dalla Tipografia di don Bosco alla SEI, cit., p. 19.
69 E. Valentini S.J., Il cinquantesimo della «Scuola» di Brescia, «La Civiltà cattolica», 105, 4 dicembre 1954, pp. 518-529.
70 Statuto della Società anonima cooperativa «La Scuola», in Editrice La Scuola 1904-2004. Catalogo storico, a cura di L. Pazzaglia, Brescia 2004, pp. 22-30, 22; G. Bazoli, La fondazione, ibidem, pp. 11-16. Cfr. inoltre G. Chiosso, Editoria e stampa scolastica tra Otto e Novecento, cit., pp. 513 segg.; E. Giammancheri, Le origini dell’editrice la Scuola, in Cultura, scuola e società nel cattolicesimo lombardo del primo Novecento, Brescia 1981, pp. 181-205.
71 X. Toscani, L’avvio delle pubblicazioni nell’Italia del primo Novecento, in Editrice La Scuola, cit., pp. 31-41, 31.
72 Ibidem, p. 40.
73 F. Malgeri, La stampa quotidiana e periodica e l’editoria, cit., pp. 286 segg.; F. Traniello, L’editoria cattolica tra libri e riviste, cit., p. 314.
74 A. Gemelli, L’Università Cattolica del Sacro Cuore (1922), cit. in L. Mangoni, L’Università Cattolica del Sacro Cuore. Una risposta della cultura cattolica alla laicizzazione dell’insegnamento superiore, in St.It.Annali, IX, pp. 977-1013, 981.
75 A. Gemelli, La missione dell’Università cattolica nell’ora presente, cit. in F. Mazzonis, L’editrice Vita e Pensiero, cit., p. 274.
76 L. Mangoni, L’Università Cattolica del Sacro Cuore, cit., pp. 996 segg.; F. Mazzonis, L’editrice Vita e Pensiero, cit., pp. 275 segg.
77 F. Mazzonis, L’editrice Vita e Pensiero, cit., p. 279.
78 M. Ferrari, Il reparto Giovani e Regalità di NSGC. Le prime pubblicazioni dell’Università Cattolica: dalle scienze filosofiche alle scienze orientali, in Catalogo storico delle Edizioni Vita e pensiero, cit., pp. XXI-XXIV, XXI.
79 Cfr. Catalogo storico delle Edizioni Vita e pensiero, cit., con le introduzioni relative ai diversi «settori di attività».
80 F. Mazzonis, L’editrice Vita e Pensiero, cit., pp. 264-265.
81 «Il Ragguaglio dell’attività culturale e letteraria dei cattolici in Italia», 1931, pp. 512-515, 514. Secondo la scheda del «Ragguaglio» questi erano i dati di alcuni dei libri di maggiore diffusione: Santo Vangelo di N.S. Gesù Cristo e gli Atti degli apostoli erano giunti al 7.500° migliaio, Il Divin Maestro o Vangelo concordato al 350° migliaio, Vita di Gesù al 75° migliaio; tra i periodici: «Domenica», settimanale per famiglie, aveva una tiratura 150.000 copie; «Il Giornalino», settimanale illustrato a colori per famiglie di 75.000 copie.
82 G. Chiosso, Edizioni San Paolo, cit., p.177: negli anni Settanta la rivista arrivò a vendere due milioni di copie a settimana.
83 M. Marazziti, Cultura di massa e valori cattolici: il modello di «Famiglia Cristiana», Pio XII, a cura di A. Riccardi, Roma-Bari 1984, pp. 307-333, in partic. pp. 308-309.
84 Alle nostre famiglie, «Famiglia cristiana», 25 dicembre 1931, cit. ibidem, pp. 331-332. Cfr. anche S. Portaccio, La donna nella stampa popolare cattolica: «Famiglia Cristiana» 1931-1945, «Italia contemporanea», XXXIII, 1981, 145, pp. 45-68.
85 S. Pivato, Strumenti dell’egemonia cattolica, in Fare gli italiani, cit., II, Una società di massa, pp. 361-388, 363-366.
86 F. Targhetta, Serenant et Illuminant, cit., pp. 70-71.
87 Sulla pressione della Chiesa in merito ai programmi scolastici e la politica delle editrici cattoliche, cfr. M. Galfré, L’editoria cattolica per la scuola nell’Italia del primo Novecento, «Annali di storia dell’educazione e delle istituzioni scolastiche», 16, 2009, pp. 103-113.
88 M. Galfrè, Il regime degli editori. Libri, scuola e fascismo, Roma-Bari 2005, p. 101. Successivamente, per la stampa del testo di riferimento della cultura militare, insegnamento introdotto per gli alunni maschi nel 1934, alla Sei, insieme a Mondadori, Vallecchi e Vallardi, fu affidato il 60% del quantitativo, ibidem, p. 146.
89 Su quest’ultimo aspetto cfr. C. Camilla, La SEI da libreria a casa editrice. Takiù, teatro per i piccoli, canti e libro, in Editori e piccoli lettori tra Otto e Novecento, a cura di L. Finocchi, A. Gigli Marchetti, Milano 2004, pp. 121-130.
90 L. Pazzaglia, Negli anni del fascismo, in Editrice La Scuola 1904-2004, cit., pp. 42-59, 42.
91 Ibidem, pp. 47, 51.
92 G. Chiosso, La Scuola, in TESEO ’900, cit., pp. 290-298, 292-293.
93 L. Mangoni, L’interventismo della cultura. Intellettuali e riviste del fascismo, Torino 2002, p. 360.
94 Cit. in R. Maini, M. Zangheri, La Libreria Editrice Fiorentina, cit., p. 54. Cfr. anche S. Nistri, Fra le due guerre mondiali 1918-1939/45, in Storia della libreria editrice fiorentina, cit., pp. 15-24.
95 Il Dio degli atei, «Il Frontespizio», supplemento al n. 7 del catalogo generale della Lef alla Fiera del libro, 26 maggio 1929, cit. in R. Maini, M. Zangheri, La Libreria Editrice Fiorentina, cit., p. 63.
96 L. Bedeschi, Il tempo de «il Frontespizio», Milano 1989, pp. 26-29.
97 Ireneo Speranza, Materia nova, «Il Frontespizio, febbraio 1933, cit. in L. Mangoni, L’interventismo della cultura, cit., p. 349.
98 R. Maini, M. Zangheri, La Libreria Editrice Fiorentina, cit., pp. 72, 79.
99 Ibidem, p. 85.
100 Prefazione, «Il Ragguaglio dell’attività culturale e letteraria dei cattolici in Italia», 1930, cit., p. XI.
101 G. Papini, Entratura, «Il Ragguaglio dell’attività culturale e letteraria dei cattolici in Italia», Firenze 1931, pp. VII-XI.
102 G. Papini, Al posto della prefazione, «Il Ragguaglio dell’attività culturale e letteraria dei cattolici in Italia», V, 1934, Edizioni Ragguaglio, in deposito presso l’Ufficio propaganda libraria, Milano 1934, p. VI.
103 Pagina pubblicitaria dell’Istituto di propaganda libraria, «Il Ragguaglio dell’attività culturale, letteraria e artistica dei cattolici in Italia», VI, 1935, edito a cura dell’Istituto di propaganda libraria, Milano 1935, p. 558. Da quest’anno la testata subiva una leggera modifica.
104 Cfr. R. Sani, Editori cattolici ed educazione della gioventù tra le due guerre, in Editori e piccoli lettori tra Otto e Novecento, cit., pp. 198-209, 204-205.
105 «Il Ragguaglio dell’attività culturale, letteraria e artistica dei cattolici in Italia», VIII, 1937, Istituto di propaganda libraria, Milano 1937, pp. 475 segg., 479 segg., 525 segg.
106 In «Il Ragguaglio dell’attività culturale e letteraria dei cattolici in Italia», 1930, cit., p. 35.
107 «Il Ragguaglio dell’attività culturale letteraria e artistica dei cattolici in Italia», VI, 1935, cit., pp. 561-563. Cfr. Libri, ancore di speranze. Breve storia dell’Editrice Ancora 1934-2004, Milano 2004, con la ricostruzione di A. Camuzzi, Settant’anni di Editrice Ancora, pp. XXXVII-LXXIV.
108 Circolare della Giunta centrale di Azione cattolica italiana, «Bollettino ufficiale», dicembre 1928, cit. in F. Malgeri, L’editrice AVE, espressione dell’impegno dell’ACI per un’editoria popolare cattolica in Italia. Linee interpretative e propositive di lavoro, in L’AVE compie cinquant’anni. Per un’editoria cattolica popolare. 1935-1985, a cura di G. Andreoli, Roma 1987, pp. 120-138, 126.
109 Cfr. P. Andreoli, Appunti per una cronaca dell’editrice AVE, ibidem, pp. 3-87, e il catalogo storico, a cura dello stesso, pp. 213 segg. Cfr. inoltre R. Rossi, Studium e AVE per la formazione delle generazioni universitarie e l’educazione religioso-morale della gioventù, in Storia dell’editoria cattolica in Italia, a cura di A. Zambarbieri, F. De Giorgi, L. Pazzaglia, in corso di stampa.
110 F. Traniello, L’Italia cattolica nell’era fascista, in G. De Rosa, T. Gregory, A. Vauchez, Storia dell’Italia religiosa, III, L’Italia contemporanea, Roma-Bari 1995, pp. 257-299, poi in G. De Rosa, Religione cattolica e Stato nazionale. Dal Risorgimento al secondo dopoguerra, Bologna 2207, pp. 221-264, 254.
111 F. Malgeri, La stampa quotidiana e periodica e l’editoria, cit., p. 289.
112 Cfr. R. Rossi, Studium e AVE per la formazione delle generazioni universitarie e l’educazione religioso-morale della gioventù, cit.; G.B. Scaglia, Cinquant’anni delle Edizioni Studium (1977), in Id., La stagione montiniana. Figure e momenti, Roma 1993, pp. 131-145.
113 Discorso di Paolo VI in occasione dell’udienza da lui concessa il 10 febbraio 1964 ai soci e agli autori dell’editrice Studium, http://www.vatican.va/holy_father/paul_vi/speeches/1964/documents/hf_p-vi_spe_19640210_studium_it.html (24 ottobre 2010); cfr. A. Ambrogetti, Giampietro Dore e Studium. Il paradosso cattolico: maggioranza politica senza egemonia culturale, «Studium», 2006, 2, pp. 251-298, 279-280. Nell’occasione venne pubblicato il discorso tenuto al Foyer di Pax Romana, Roma 6 aprile 1952, Per il 25° dell’Editrice Studium, ibidem, p. 278.
114 F. Traniello, L’editoria cattolica tra libri e riviste, cit., p. 319.
115 G. Colombi, La Morcelliana durante il fascismo, in Momenti e aspetti della cultura cattolica nel ventennio fascista, Brescia 1977, pp. 66-77, 66. Cfr. M. Marcocchi, La nascita della casa editrice Morcelliana, in Editrice Morcelliana. Catalogo storico 1925-2005, a cura di D. Gabusi, Brescia 2006, pp. 9-43; Morcelliana 1925-1975, «Humanitas» 1946-1976, Brescia 1976.
116 «Il Ragguaglio dell’attività culturale e letteraria dei cattolici in Italia», 1930, cit., pp. 21-22.
117 G. Colombi, La Morcelliana durante il fascismo, cit., p. 70.
118 G. De Luca a F. Minelli, 23 ottobre 1930, cit. in L. Mangoni, In partibus infidelium. Don Giuseppe De Luca: il mondo cattolico e la cultura italiana del Novecento, Torino 1989, p. 103.
119 M. Roncalli, Editrici dotte. Le Edizioni di Storia e Letteratura di don Giuseppe De Luca, «Annali di storia dell’educazione e delle istituzioni scolastiche», 16, 2009, pp. 179-198, 180.
120 L. Mangoni, In partibus infidelium, cit., p. 39.
121 «Avvenire d’Italia», 2 settembre 1934, cit. in L. Mangoni, In partibus infidelium, cit., p. 204.
122 G. De Luca ad A. Baldini, 13 dicembre 1948, cit. ibidem, p. 294.
123 F. Malgeri, Gli editori cattolici e il ritorno alla democrazia in Italia: la nascita dell’Ueci, in Democrazia e cultura religiosa. Studi in onore di Pietro Scoppola, a cura di C. Brezzi, C.F. Casula, A. Giovagnoli, et al., Bologna 2002, pp. 351-369, 354, 363.