Le province di Songkhla, Pattani, Yala e Narathiwat, al confine con la Malaysia, fino a due secoli fa, prima di finire sotto il controllo del Siam, costituivano un sultanato indipendente. Nei decenni scorsi le tensioni separatiste e autonomiste provenienti dalla minoranza di etnia malese e fede musulmana che risiede nell’area sono sfociate in intense offensive contro le forze governative, ma tra gli anni Ottanta e Novanta il governo era riuscito a pacificare la regione, concedendole maggiore autonomia. Tuttavia, con l’ascesa politica di Thaksin si è assistito a una svolta repressiva, manifestasi nello scioglimento del Consiglio locale e in un drastico aumento della presenza delle forze dell’ordine. Ciò ha riportato alla luce un problema solo temporaneamente sopito, ma ancora potenzialmente esplosivo per l’integrità stessa della Thailandia. Da allora, infatti, è in atto una vera e propria guerra civile senza esclusione di colpi, esasperata anche dalla serrata guerra al commercio della droga, avviata dallo stesso Thaksin a inizio 2003 e finalizzata a contrastare in particolare il mercato delle anfetamine provenienti dal Myanmar e dirette in Malaysia. Negli ultimi anni si sono registrati oltre 4000 morti e migliaia di attentati. La violenza è divampata anche per il coinvolgimento di truppe paramilitari e conseguentemente alla presa delle armi da parte dei civili buddisti. L’unica via percorribile sembra essere la concessione di una sostanziale autonomia amministrativa, ma ad oggi non si sono registrate svolte in tal senso.