L'Eta dei Lumi: l'avvento delle scienze della Natura 1770-1830. Silvicoltura e agricoltura
Silvicoltura e agricoltura
La foresta come risorsa
In tutta Europa la foresta medievale e quella degli inizi dell'Età moderna erano riserve protette; leggi speciali e forme di sorveglianza regia ne governavano l'accesso e la priorità era data alla protezione della selvaggina per la caccia. Soltanto marginalmente i guardiacaccia si assumevano la responsabilità di garantire l'approvvigionamento del legname e delle altre risorse naturali prodotte nella foresta. Benché non tutte le aree boschive fossero foreste intese in questo senso legale, né fossero parte di domini regi, le competenze tecniche collegate alla loro gestione furono assunte direttamente dallo Stato, in particolare nel Continente europeo. Durante il XVIII sec., gli amministratori finanziari, i silvicoltori, i professori universitari, gli aristocratici illuminati e altre personalità consideravano le foreste non tanto terreni di caccia quanto fonti di risorse naturali. Quando l'"età del legno" (Radkau 1989) venne a coincidere con le fasi iniziali della Rivoluzione industriale, lo sviluppo delle manifatture richiese forniture sempre crescenti di legno come combustibile, di carbone di legna, di potassa, di pece e di legname da costruzione; inoltre, la realizzazione di navi da guerra e la manutenzione delle flotte contribuivano in modo notevole alla deforestazione. L'importanza politica e militare di alberature e di plance massicce richiedeva forniture sicure di legname, mentre gli approvvigionamenti navali si indirizzavano verso altri prodotti boschivi, quali la pece. Le difficoltà legate al rifornimento di legname e alla dipendenza eccessiva da fonti estere divennero così questioni legate agli affari di Stato, all'economia e al commercio internazionale.
La Royal Navy, per esempio, acquistava la maggior parte della sua pece dalla Compagnia svedese per la pece che, a sua volta, si riforniva di corteccia di pino silvestre (Pinus silvestris) proveniente dalle foreste della Finlandia. La concorrenza per ottenere questi contratti redditizi, che sfruttavano le risorse provenienti da fonti russe e nordamericane, non è che un esempio significativo dell'importanza dei prodotti boschivi nell'economia mondiale dell'epoca.
Tra la fine del Seicento e gli inizi del Settecento, i bisogni della Marina, da soli, dominavano la prima letteratura sulle foreste, con toni allarmati soprattutto in Inghilterra e in Francia.
La silvicoltura come scienza
Ciò che sarebbe stato conosciuto con il nome di 'silvicoltura', intesa come scienza forestale, rispondeva alle richieste di gestione efficiente delle foreste considerate come una risorsa economica. Gli impulsi verso un approccio scientifico alla gestione ottimale di tale risorsa hanno contribuito di volta in volta a modificare la percezione legale, amministrativa, economica e scientifica delle foreste stesse: tutti questi aspetti erano in una relazione reciproca. Gli autori e i funzionari dello Stato, che riferivano della deforestazione e criticavano le leggi forestali biasimando la formazione inadeguata dei cacciatori e dei guardiani, alla fine si rivolsero alla scienza per migliorare la situazione. In Gran Bretagna, in Francia, in Italia e in Germania, a seguito dei loro rapporti furono stabilite forme di protezione legale dei boschi, considerati un rifugio per la selvaggina e un luogo per andare a caccia, permettendo, inoltre, di rivendicare l'impiego di silvicoltori e di funzionari statali ben addestrati. In Inghilterra, per esempio, la pubblicazione nel 1664 del libro Sylva di John Evelyn (1620-1706), gli sforzi della Royal Society di Londra, e infine il rilevamento sistematico delle foreste e delle iniziative agricole portati avanti dal Board of Agriculture alla fine del XVIII sec., diedero l'avvio a una tradizione di denunce relative ai danni provocati al patrimonio boschivo inglese da una silvicoltura smodata e di scarso affidamento.
In Francia, le misure introdotte da Jean-Baptiste Colbert (1619-1683), ministro delle Finanze e dell'Economia, miravano a risanare le foreste francesi, in particolare quelle possedute dalla Corona. Le sue riforme furono legali e non tecniche e nel 1669 portarono all'emanazione di nuove ordinanze che disciplinavano l'uso e la gestione delle foreste. Queste Ordonnances sur le fait des eaux et forêts furono stampate e ristampate nel corso di tutto il XVIII secolo. Le riforme di Colbert sono state criticate da alcuni storici per il modo aggressivo con cui le valutazioni dei funzionari del re e lo spirito della geometria cartesiana furono imposti alle foreste francesi e ai loro abitanti. Nonostante tale aggressività, le leggi e i regolamenti colbertiani, insieme alle riorganizzazioni del personale addetto alla gestione delle foreste, non produssero una silvicoltura razionale, probabilmente con la sola eccezione degli sforzi per portare a termine una cartografia completa delle foreste di Francia. I provvedimenti colbertiani puntarono piuttosto a concentrare sui funzionari della Corona le responsabilità per le foreste e a realizzare una riforma della legge forestale emanata nel XVIII sec., per mezzo di commentari che avevano lo scopo di definire chiaramente i contenuti delle ordinanze del 1669, come i due volumi Conférence de l'ordonnance de Louis XIV (1725) e l'autorevole Loix forestières de France (1753) di Antoine Pecquet (1704-1762).
Gli accademici francesi contribuirono alla stesura dei primi trattati sulle qualità botaniche, chimiche e fisiche del legno e al dibattito su come far rivivere le foreste depauperate. Nel 1721, René-Antoine Ferchault de Réaumur (1683-1757) sottomise al giudizio della Académie Royale des Sciences di Parigi le sue Réflexions sur l'état des bois du Royaume, nelle quali era documentata la crescita della domanda di legno combustibile da parte dell'industria siderurgica francese. Egli raccomandò di valorizzare la silvicoltura basandosi su attente misure della produzione e su studi delle tabelle di quest'ultima. Nel 1731 Jean-Frédéric Phélippeau conte de Maurepas, allora a capo del dipartimento della Marina, domandò alla Académie parigina di studiare la durevolezza e la resistenza del legno. Georges-Louis Leclerc de Buffon (1707-1788) e Henri-Louis Duhamel du Monceau (1700-1782) raccolsero la sfida. Buffon dette importanti contributi con preziose osservazioni sulla crescita degli alberi e sulla forza del legno. Egli condusse esperimenti a questo riguardo mentre amministrava le sue proprietà a Montbard, pubblicandoli poi nei "Mémoires de l'Académie Royale des Sciences" tra il 1739 e il 1742. Dopo un breve periodo di collaborazione con Buffon, Duhamel du Monceau fece un ulteriore passo in avanti e scrisse un importante trattato, La physique des arbres (1758), sulla botanica degli alberi, sulla chimica dei terreni boschivi e sul suolo. Lavorò anche sul tema collegato dell'architettura navale, completando così l'argomento del trattato nel 1752. Tuttavia, a eccezione dei Mémoires sur l'administration forestière (1792) di Philibert Varenne de Fenille (m. 1794), questi studi di fisica, di chimica e di botanica non condussero all'elaborazione di progetti per una gestione sistematica delle foreste.
La necessità di far fronte alla mancanza di progetti aumentò anche le tendenze razionalizzanti dei funzionari statali e dei silvicoltori. Uno di essi, Johann Bechstein, sottolineò nel 1795 che, mentre lo sviluppo delle scienze naturali aveva stimolato l'emancipazione intellettuale, erano stati "la paura, il bisogno, la penuria" le cause "molto più efficaci, anche se meno nobili" che avevano provocato il rinnovamento delle tecniche arretrate in uso nella silvicoltura. Lo spettro della povertà si univa alla fiducia nei metodi della matematica e delle scienze (caratteristica, questa, dell'Illuminismo europeo), per dare origine a una scienza per la gestione delle foreste. Questa prese forma per la prima volta in Germania come parte di un corpus teorico costituito da nozioni accademiche e da tecniche pertinenti all'amministrazione dello Stato e dei beni demaniali. Inizialmente essa assunse il nome di 'scienze camerali' (Cameralwissenschaften), un termine derivato dalla 'camera' (Kammer) dove, tradizionalmente, deliberavano i consiglieri addetti all'amministrazione delle finanze. Dalla creazione di cattedre all'Università di Halle nel 1727, le scienze camerali divennero oggetto di un autonomo corso di studio presso le università e i collegi specializzati. Il corso si fondava sullo studio di Grundwissenschaften (scienze fondamentali) matematiche e scientifiche, dell'economia, delle scienze minerarie, del commercio agricolo e industriale. L'intento era di far crescere l'attenzione verso la sistematizzazione delle applicazioni concrete e verso l'addestramento. Ancora Bechstein, il fondatore sassone di una nuova scuola di silvicoltura, espose nel 1797 le ragioni di questa disciplina domandandosi se essa non meritasse "cattedre e facoltà tanto quanto la medicina e le altre scienze".
La nascita della nuova Forstwissenschaft
Nel 1763, alla fine della guerra dei Sette anni, nella foresta dello Harz fu fondata da Hans Dietrich von Zanthier (1717-1778) la prima scuola di silvicoltura; nello stesso anno apparve il primo libro che menzionava la scienza forestale nel titolo ‒ cioè il Beyträge zur Verbesserung der Forstwissenschaft (Contributi al miglioramento della silvicoltura) di Johann Gottlieb Beckmann (1739-1811) ‒ e, inoltre, fu inaugurata la prima rivista dedicata esclusivamente alla silvicoltura: l'"Allgemeines öconomisches Forst-Magazin" di Johann Friedrich Stahl (1718-1790). Pochi anni prima, nel 1757, era stato pubblicato il trattato Grundsätze der Forstökonomie (Fondamenti dell'economia forestale) di Wilhelm Gottfried von Moser, il primo di una lunga serie di testi di silvicoltura, scritti specificatamente per i funzionari camerali. I funzionari amministrativi accolsero favorevolmente le analisi sulle foreste viventi condotte secondo i dettami della dottrina economica che erano guidati da criteri quantitativi di misura. Livelli più alti di preparazione scientifica rinforzarono questa inclinazione e, sia nel corso universitario in scienze camerali sia nelle nuove scuole di silvicoltura, i programmi di studio enfatizzavano il ruolo assegnato alla matematica, considerata una scienza ausiliaria, non soltanto per esercitare la mente del futuro funzionario governativo, ma anche per la sua attività concreta. L'esperto camerale misurava il successo con i numeri: la produzione, i prezzi, i salari e i piani economici. L'applicazione della razionalità matematica a queste quantità rese gli alberi e i talleri concettualmente intercambiabili, assoggettati entrambi a un'amministrazione razionale.
In genere, i silvicoltori della vecchia scuola decidevano i tagli annuali basandosi sulla divisione della foresta in aree: quindi uguali produzioni annuali corrispondevano grossolanamente a equivalenti aree di raccolta. Tuttavia, le regole che sembravano adeguate per i cacciatori con poca esperienza fallirono quando si trattava di soddisfare i funzionari fiscali o i silvicoltori impegnati ad adottare un metodo quantitativo più rigoroso. La divisione in aree, infatti, si applicava con difficoltà ai lunghi periodi di crescita degli alberi da legname ad alto fusto, che rappresentavano la materia grezza per la costruzione dei vascelli. Dopo la metà del XVIII sec., quindi, i metodi dell'economia forestale, basati sulla massa o sul volume del legno, sostituirono gradatamente quelli basati sulle aree. Beckmann, che era un ispettore forestale della Sassonia, fu il primo a sostenere che dovesse essere presa in considerazione la massa legnosa invece dell'area e ideò un metodo per calcolare la quantità di legno presente nella foresta e suddividere i suoi alberi in un numero ridotto di categorie in base alle dimensioni; tale metodo cominciò a diffondersi agli inizi del 1760 con discreto successo.
Un piccolo gruppo di silvicoltori esperti in matematica e sostenitori entusiasti delle sue applicazioni ‒ tra i quali Johann Ehrenfried Vierenklee (1716-1777), Carl Christoph Oettel (1727-1802) e Johann Wilhelm Hossfeld (1768-1837) ‒ sviluppò le innovazioni di Beckmann. Essi si affidavano alla geometria, all'aritmetica e all'algebra per risolvere problemi generati dalla conversione della foresta in una quantità equivalente di massa legnosa.
Quando, tra il 1760 e il 1800, queste tecniche si diffusero, coloro che scrivevano sulla gestione delle foreste elaborarono sequenze più o meno uniformi per determinare, prevedere e controllare sia la quantità di legno presente nella foresta nel corso del tempo, sia il suo valore economico. La quantificazione della massa legnosa in un luogo e in un periodo ben definiti divenne responsabilità del capo dei silvicoltori di un distretto: era suo compito fornire quell'insieme di calcoli, di analisi e di programmazione chiamato Forsttaxation o 'stima forestale'.
Heinrich Cotta (1763-1844), che alla fine del Settecento iniziò l'attività di insegnante e di divulgatore, organizzò e diffuse la 'rilevazione geometrica' dei boschi, il calcolo della massa legnosa, l'estimo forestale e infine la capacità di decidere l'ammontare del raccolto annuale identificando quali aree riservare e quanto legno dovesse essere tagliato durante il ciclo produttivo della foresta. Per Cotta, considerato il più influente tra i silvicoltori tedeschi, praticare la silvicoltura scientifica significava elaborare calcoli sulla massa legnosa e sulla produzione di legno.
In quanto scienza applicata, la Forstwissenschaft combinava concetti astratti, come quello di 'albero normale' (Normalbaum), con le dimensioni di alberi veri e di foreste vere raccolte in maniera sintetica in 'tabelle sperimentali' (Erfahrungstabelle). Le istruzioni di Cotta, contenute nei suoi classici scritti sulla regolamentazione delle foreste (Forsteinrichtung), seguivano una linea di ragionamento che partiva da principî prescrittivi e arrivava a indagini sistematiche sulla crescita dei singoli alberi fino a determinare la produzione nel corso del tempo di intere foreste. Quella di Cotta non era una disciplina semplicemente descrittiva bensì predittiva e prescrittiva, poiché combinava misurazioni, calcoli e silvicoltura per produrre un piano per la sequenza dei tagli, che successivamente i silvicoltori dovevano eseguire in modo sistematico. Su questo argomento, dopo il 1790, apparve una grande quantità di saggi e di libri, stimolata dalla pubblicazione di nuove riviste e dalla nascita di società e istituzioni scolastiche. L'approccio sistematico soddisfaceva sia l'obiettivo di organizzare le attività pratiche, sia quello di formare silvicoltori e funzionari camerali.
Georg Ludwig Hartig (1764-1837) codificò la nuova silvicoltura pubblicando libri di testo, tavole sperimentali e, nel 1814, il prontuario del Servizio forestale prussiano. Durante la prima metà del XVIII sec., una nuova generazione di funzionari dotati di diplomi conseguiti nelle scuole forestali oppure con lauree universitarie imparò i metodi divulgati in uno stile chiaro da autori come Hartig, Cotta, Johann Christian Hendeshagen (1783-1834) e Carl Gustav Heyer (1797-1856). La propensione per il cameralismo e le sintesi razionali di calcolo, supportata dall'individuazione di quantità adatte a essere misurate ‒ la massa e la produzione ‒, consentì al nuovo silvicoltore di imparare a gestire la produzione boschiva nel corso del tempo. Quest'ultima, a differenza della massa legnosa o dell'area della foresta, non è determinata dalla Natura e non è nemmeno ricavata automaticamente attraverso misure e calcoli. Come per la chimica di Antoine-Laurent Lavoisier (1743-1794), nuove misure fondamentali richiedevano termini di tipo analitico. Il concetto di 'produzione sostenibile', formulato per la prima volta in linguaggio matematico da Vierenklee nel 1767, divenne allora il fondamento teorico di un corretto sistema di silvicoltura. Hartig, nel suo trattato Grundsätze der Forst-Direction (Fondamenti della direzione forestale; 1803), definiva la 'produzione sostenibile' un dogma per un silvicoltore che avesse ricevuto una formazione scientifica e che doveva mirare a fornire sempre il massimo volume di legno possibile. Il compito che egli si dava per la gestione era suddividere la foresta in un numero stabilito di aree per il taglio annuale, in modo da ottenere una quantità definita di legno per anno. Intorno al 1800, quindi, la nozione di 'foresta regolata', elaborata da Cotta, insieme a quella di 'produzione sostenibile', permetteva di preservare a lungo termine la produzione massima di legno all'interno di un corretto sistema di economia forestale.
Durante il XIX sec., la silvicoltura si sviluppò secondo le linee fissate da Hartig, da Cotta e da altri studiosi di scienza forestale. In Germania questa tradizione, nata sotto l'influenza della Cameralwissenschaft, continuò a prevalere, nell'età del liberalismo economico, nella teoria economica e nella scienza forestale. La foresta tedesca divenne un simbolo visibile della sostituzione di una Natura 'disordinata' con i costrutti accuratamente ordinati della scienza.
A partire dalla fine del secolo, i silvicoltori di altre nazioni quali Francia, Inghilterra ‒ quest'ultima attraverso il Servizio forestale indiano guidato da Sir Dietrich Brandis (1824-1907) ‒ e Stati Uniti d'America scoprirono la gestione delle foreste fondata sulla formazione professionale e su principî scientifici. In ogni paese, a cominciare dalla fondazione della école Nationale du Génie Rural, des Eaux et des Forêts a Nancy (1824) e fino a quelle di silvicoltura americane, l'ispirazione e l'esempio furono forniti dalla scienza forestale tedesca. Un secolo dopo la pubblicazione dei primi scritti dei silvicoltori matematici, le foreste coetanee e monocolturali simboleggiavano la trasformazione operata sulla Natura.
Nel Settecento l'agricoltura era al centro della vita economica. L'inerzia delle antiquate tecniche agricole attirò l'attenzione degli innovatori ai quali, come la silvicoltura, anche l'agricoltura appariva sperperatrice e inefficiente. In tutta Europa, i critici sottolineavano i limiti delle consuetudini che pesavano su di essa: deleterie rotazioni delle colture, scarso riconoscimento del valore di nuove colture di foraggio, sottosviluppo dell'attività casearia, impiego insufficiente di fertilizzanti e disinformazione sui principî che regolano la fertilità del suolo. Gli araldi di una pratica agricola illuminata asserivano che i nuovi metodi basati su principî razionali e sulla sperimentazione avrebbero prodotto raccolti più copiosi e trasformato l'agronomia in una vera scienza.
La rivoluzione agricola
Gli innovatori dell'agricoltura non stabilirono alcuna serie di tecniche, né un metodo d'analisi. Alla fine del secolo, nessun sistema di 'agricoltura razionale' poteva offrire principî chiari e definiti come quelli della razionalizzazione forestale o della produzione sostenibile descritti nelle opere dei silvicoltori. Né le numerose indagini sulla nutrizione delle piante e sulla chimica del suolo iniziate da Jan Baptista van Helmont (1579-1644) e da Stephen Hales (1677-1761), né le innumerevoli relazioni sulle prove di qualità del terreno raccolte negli atti delle società scientifiche ed economiche indicavano una sola grandezza ‒ come la 'massa legnosa' nella silvicoltura ‒ che potesse essere quantificata e manipolata matematicamente per regolare la pratica secondo criteri sistematici. I nuovi metodi di gestione agricola offrivano, invece, una serie di innovazioni legate alle condizioni ambientali, ognuna delle quali enfatizzava priorità e pratiche diverse. Le più comuni includevano la semina del trifoglio e di altre erbe rinvigorenti in campi in precedenza abbandonati; l'introduzione di sistemi di rotazione delle colture più variati, che comprendevano queste piante coltivate per foraggio; la coltura fissa della rapa; l'ingrasso in stalla delle vacche da latte; alcuni miglioramenti nella riproduzione del bestiame; l'impiego del letame per fertilizzare e di altri additivi per migliorare il suolo; un'ampia gamma di colture utili e di macchinari.
Gli storici hanno redatto diverse cronologie degli sviluppi della 'rivoluzione agricola' che portò all'aumento dei raccolti specialmente in Inghilterra, dove molte delle principali innovazioni ebbero origine e si diffusero intorno al 1750. Alcuni fanno risalire la nascita della nuova agricoltura grosso modo alla metà del XVIII sec., mentre altri correggono questa datazione enfatizzando i miglioramenti avvenuti in agricoltura prima del 1700. In parte questa discordanza deriva dalla nozione ambigua di 'agricoltura scientifica' che identifica sia un movimento sia una disciplina. Durante l'Illuminismo le nuove idee in agronomia erano accompagnate da un grande entusiasmo. Il riformatore dell'agricoltura del Palatinato Stephan Gugenmus (1740-1778) rilevò l'unanime interesse del suo tempo per il miglioramento in ambito agricolo. Nella seconda metà del XVIII sec., i propugnatori della moderna agronomia, da William Marshall (1745-1818) e Arthur Young (1741-1820) in Inghilterra, a Duhamel du Monceau e Albrecht Thaer (1752-1828) sul Continente europeo, godettero di grande popolarità, in un contesto in cui solo pochi altri temi della vita quotidiana riuscirono ad attirare così intensamente l'attenzione delle classi colte. I cittadini di ogni professione o mestiere si dilettavano in ciò che Voltaire chiamò "agromania". Intorno al 1760, la nascita, in tutta Europa, di numerose società economiche fornì una base istituzionale per gli agronomi appassionati. Benché gli 'agromaniaci' facessero costante riferimento alla scienza, le indagini sulla base chimica della vita delle piante, sul ruolo delle sostanze nutritive nella loro crescita, sull'immissione e sull'emissione di gas da parte delle piante stesse, raramente diedero luogo a riforme nel campo agricolo propriamente detto.
Nei testi della nuova agronomia o nelle deliberazioni delle società di agricoltura, considerare quest'ultima una scienza significava solitamente organizzare l'accumulazione delle esperienze, basata sull'osservazione attenta della pratica agricola e, spesso, sulla valutazione di quanto osservato per ricavare infine insegnamenti dagli 'esperimenti': ciò significava collaudare le nuove procedure, gli attrezzi e i prodotti. La quantificazione e la razionalizzazione presenti nella Forstwissenschaft erano rare tra gli agronomi. Nelle società di agricoltura la ricerca intellettuale o la formulazione di una teoria erano spesso trascurate a favore di racconti di viaggio e di esperimenti basati sul metodo per tentativi ed errori.
La difficoltà di quantificare ciò che si misurava, e quindi di dimostrare un incremento dei raccolti in un ciclo di rotazione delle colture differenziato e in presenza di varianti locali significative, contrastava con il successo ottenuto dai silvicoltori sul piano dell'astrazione e del calcolo.
L'agronomia nell'Età dei Lumi
Nell'agricoltura del Settecento, i sistemi utilizzati per sostituire quelli consuetudinari erano fondati su idee quali la rotazione delle colture, la selezione e i metodi di semina. Il sistema della quadruplice rotazione ‒ di rape, grano, orzo e trifoglio ‒ proposto da Charles Townshend (1674-1738) richiedeva, per esempio, una concatenazione più stretta tra selezione dei raccolti, allevamento animale e mantenimento a lungo termine della fertilità del suolo. Questo sistema e altri simili rappresentavano un approccio progressista all'agricoltura e pertanto era considerato dai contemporanei razionale o scientifico. Le tesi favorevoli all'adozione di nuove forme di rotazione delle colture furono rafforzate da altre innovazioni parallele, quali il metodo di Robert Bakewell (1725-1795) per l'allevamento selettivo del bestiame; l'introduzione delle piante di foraggio come l'erba alfa, il trifoglio e l''erba di Brome'; la meccanizzazione dell'aratura e della semina; la recinzione e l'applicazione del 'sistema Norfolk' a grandi poderi che erano lavorati con affittanze a lungo termine.
L'entusiasmo per la nuova agronomia si era impossessato dei gentiluomini di campagna in Inghilterra, degli accademici in Francia e degli Ökonomen in Germania. Tutto ciò contribuì allo sviluppo della letteratura riguardante i lavori della fattoria, l'allevamento degli animali e le attività correlate come la viticoltura, la sericoltura e l'apicoltura. Furono fondate centinaia di società locali e regionali ‒ molte delle quali chiamate 'economiche' o agricole ‒ i cui membri svolgevano attività d'incoraggiamento nei confronti degli agricoltori per convincerli ad adottare i nuovi metodi. In Scozia, la Society of Improvers in the Knowlegde of Agriculture e la Edinburgh Society for Encouraging Art, Science, Manufactures and Agriculture, focalizzarono la loro attenzione sulle questioni agrarie e crearono contatti tra la comunità scientifica e quella agricola; realizzarono le condizioni ambientali che favorirono il lavoro di William Cullen (1710-1790) e di Francis Home (1719-1813) sulla chimica agraria.
Il successo riscosso dalla Società Fisico-Economica dell'elettore del Palatinato nei suoi sforzi di rinnovare le attività economiche legate all'agricoltura si estese a Darmstadt in Assia, a Durlach nel Baden e in tutta la Germania sudoccidentale. Gli osservatori le riconobbero il merito di aver trasformato in un paradiso dell'agronomia la regione intorno a Kaiserlautern, un tempo molto impoverita. L'obiettivo perseguito in ogni regione era quello di moltiplicare questi esempi. Le società sponsorizzavano gli esperimenti agricoli e mantenevano alcuni appezzamenti campione. Di solito i risultati di questi esperimenti venivano riportati in una relazione in cui si esponeva quale esperimento avrebbe (o non avrebbe) potuto produrre dei buoni raccolti in un luogo e in un tempo ben determinati. Poderi modello provavano tecniche agricole avanzate e diffondevano su larga scala gli esperimenti che avevano ottenuto successo. Queste prove e dimostrazioni riempivano i trattati e le pubblicazioni degli agronomi ai quali si affiancavano importanti studi di botanica, di meteorologia o di chimica del suolo e altri tra il naturalistico e il pratico come quelli sulla natura e prevenzione della ruggine del grano o sulle cause e le possibili cure di alcune malattie degli animali.
L'agronomo progressista della fine del Settecento sperimentava nuovi trattamenti del suolo e della semina; la sua fonte di ispirazione era la seminatrice meccanica a righe inventata, intorno al 1701, da Jethro Tull (1674-1741), sebbene in precedenza fossero già stati fatti alcuni tentativi per realizzarla. Questa macchina tracciava solchi, seminava in righe e copriva i semi. Tull collegò l'uso effettivo della seminatrice a una disposizione dei solchi che favoriva la sarchiatura, con un'ampia separazione tra i gruppi di semi disposti a intervalli regolari su file: una tale sistemazione richiedeva un metodo di semina a solchi regolari, lineare e ripetitivo piuttosto che a spaglio con le mani. Egli riteneva inoltre che una ripetuta aratura degli spazi tra le file (con un aratro progettato da lui) preparasse le sostanze nutritive del terreno ad accogliere meglio le radici delle piante. Raccolti crescenti e un uso più efficace del seme, grazie alla seminatrice a righe, indicavano che l'impiego della macchina aumentava la produzione.
Tull affiancò alla sua invenzione una nuova geometria del podere definita dalle linee della semina a righe e basata sulle sue nozioni di chimica delle piante e del suolo e pubblicò il suo metodo nel trattato New horse-houghing husbandry (1731). In seguito alla positiva accoglienza ricevuta dalla nouvelle agriculture nel Traité de la culture des terres (1750-1761) di Duhamel du Monceau, la notorietà di Tull aumentò ispirando così numerosi imitatori.
In New horse-houghing husbandry Tull incoraggiò l'uso di attrezzi da lui inventati per la preparazione e la lavorazione del terreno, come l'aratura in profondità, la semina meccanica e l'aerazione del suolo attraverso il dissodamento della terra; i suoi imitatori seguirono questo esempio di seminagione. Le società e le accademie formarono comitati e pubblicarono relazioni nel tentativo di trovare un metodo per separare il grano dalla pula, vagliarono gli innumerevoli progetti, disegni, modelli e attrezzi che venivano loro presentati. La prima lista di attività specifiche redatta dalla Società di Agricoltura di Celle, per esempio, includeva le prove fatte sulle macchine per la semina realizzate alla maniera di Tull. Alla fine del secolo, a Hannover, Albrecht Thaer assunse un proprio costruttore di modelli per soddisfare la continua domanda di attrezzi agricoli inglesi.
I compatrioti di Tull fornirono anch'essi un modello, ma in modo diverso, cioè attraverso uno scambio culturale con gli agronomi sassoni, con quelli di Hannover, con i francesi e gli inglesi; ciò avvenne, nonostante le vicissitudini della guerra e della politica, fino al periodo in cui vissero Thaer e Young. Oggi i modelli di attrezzi agricoli conservati nei musei europei della tecnica testimoniano lo scambio avvenuto tra gli innovatori, i quali abbracciarono con entusiasmo l'ideale, mutuato dalle scienze, di una generale e libera comunicazione delle idee.
La diversificazione era un aspetto importante della rinascita di regioni agricole arretrate. La circolazione delle informazioni, particolarmente quelle di storia naturale, favoriva lo scambio di consigli sugli argomenti più vari: dalle api e dai bachi da seta fino alle piante esotiche. Gli agronomi e le società locali tentarono di acclimatare gli alberi esotici provenienti dall'America del Nord, dalla Siberia o da altre parti del mondo per aumentare la riserva di legno nelle foreste europee ed erano entusiasti degli alberi di gelso.
Sia i singoli autori sia le società fissarono i loro ambiti di competenza. La Società Patriottica di Amburgo acquistò credibilità per aver portato le patate nella Germania settentrionale. In Baviera, il conte Anton von Törring-Seefeld (1725-1812) divenne famoso come promotore dell'uso del luppolo, per mezzo di saggi premiati, di comunicazioni scientifiche e del suo lavoro sulla coltivazione di tale pianta pubblicato nel 1773, mentre Friedrich Medicus (1736-1808) a Kaiserlautern fu il sostenitore di quell'albero miracoloso che è la Robinia pseudo-acacia e addirittura fondò un giornale a esso dedicato.
Le iniziative per introdurre i diversi tipi di cereali o di alberi furono condotte contemporaneamente a studi approfonditi e specialistici nel campo della storia naturale. Un esempio interessante del ruolo svolto dal rinnovamento agricolo nello sviluppo degli studi sulla Natura è dato dall'apicoltura e dalla sua importanza economica. Essa, infatti, rappresentava la sintesi di una convergenza di fattori culturali, scientifici ed economici presenti nelle motivazioni degli innovatori illuminati e combinava elementi interessanti per gli 'agromaniaci': poteva essere praticata in giardino, perfino in città e offriva un introito supplementare alle attività della fattoria o al pascolo, o giungeva a sostituirle quando queste non erano redditizie. L'esportazione di cera d'api e di miele offriva notevoli potenzialità. Le api interessavano sia lo storico della scienza sia il naturalista, sia l'attento osservatore delle abitudini degli insetti sia quello incuriosito dalla struttura matematicamente esatta delle arnie. Infine, si riscontravano relazioni palesi con valori morali e religiosi positivi, come l'evidente altruismo di queste creature e la loro disposizione naturale verso la fatica e, ancora, esse offrivano l'opportunità di studiare la Creazione di Dio nelle più piccole cose. Certo le api dovevano parte della loro popolarità alla fisico-teologia, esemplificata in libri edificanti come lo Spectacle de la nature dell'abate Noël-Antoine Pluche (1688-1761) e nel prolisso poema didattico Irdisches Vergnügen in Gott (Godimento terreno in Dio) di Barthold Heinrich Brockes (1680-1747). In breve, l'apicoltura interessava gli agricoltori e gli studiosi in quanto era in grado di ispirare riflessioni sul rapporto dell'uomo con la Natura.
Il tema della diversificazione in agricoltura ci riporta alle problematiche preferite dall'agronomo innovatore: coltivare i campi piuttosto che mantenerli a maggese; la questione dei raccolti invernali; le piante che danno vigore al suolo; migliorare l'allevamento del bestiame; la rotazione delle colture. Ma dimostrare i benefici delle nuove attività agricole a un contadino sospettoso e affatto preparato non era semplice. Gli innovatori provarono a superare le resistenze con l'istruzione, la sperimentazione e la diffusione dell'informazione. La rinomata Società di Agricoltura di Celle saggiò e poi propose dozzine di potenziali colture che promettevano raccolti migliori: il trifoglio e il foraggio, incluso anche il trifoglio rosso, l'olio perenne, le barbabietole invernali, il farro, le patate, il seme di lino, i piselli, la segale egizia, l'erba medica, lo stramonio, l'asparago, le rape, la semola, la canapa siberiana e il lino insieme a specie straniere di piante altrimenti familiari come l'orzo, il grano e la segale.
Tuttavia, esperimenti che lasciavano sperare buoni esiti e premi generosi spesso non erano accompagnati dal successo. Quando gli incentivi terminavano, oppure si esaurivano le forniture gratuite di sementi o di fertilizzanti, i contadini di solito tornavano ai vecchi metodi. Questo comportamento confermava l'opinione della maggioranza dei riformatori sulla scarsa capacità dei contadini di operare un rinnovamento nelle loro pratiche lavorative, nonostante tutte le società distribuissero opuscoli con le istruzioni. Per ogni successo conseguito, come il manuale di Thaer per un sistema di agricoltura razionale scritto per gli agricoltori e apparso almeno in due edizioni, c'erano grandi fallimenti come quello dell'elettore di Baviera nel corso del 1780 e dei riformatori austriaci alcuni anni prima, che tentavano di migliorare l'agricoltura attraverso programmi di razionalizzazione. Intorno al 1760 l'attività scientifica offriva un modello di progresso, ma l'entusiasmo per i sistemi innovativi in agricoltura non comportò che i contadini si dedicassero al proprio lavoro come fossero scienziati. Neppure i nuovi agronomi erano sempre concordi sui diretti benefici delle loro ricerche per gli agricoltori: infatti alcuni erano ottimisti, altri pessimisti. I primi credevano che gli agricoltori scrupolosi avrebbero smesso di considerare la loro occupazione come un lavoro solo manuale e mantenevano la speranza che nell'età dell'applicazione concreta dei principî dell'Illuminismo essi avrebbero apprezzato l'importanza della scienza per il loro lavoro quotidiano. I pessimisti, decisamente in maggioranza, sostenevano che i contadini tenevano alla tradizione e disdegnavano il cambiamento.
Alla fine del Settecento, Young in Inghilterra e Thaer in Germania guidavano il movimento per una nuova 'agricoltura scientifica'. L'approccio di Young consisteva nel raccogliere e riportare le informazioni sulle attività agricole in Inghilterra e in Francia. La sua vasta produzione contribuì poderosamente allo sviluppo della letteratura agronomica. Fondando gli "Annals of Agriculture" nel 1784 e in qualità di segretario del Board of Agriculture, sorto nel 1793, egli coordinò la raccolta sistematica dei saggi sull'agricoltura a livello di contea. Il comitato organizzò, insieme a Humphry Davy (1778-1829), un corso per gli agricoltori consistente in una serie di conferenze di chimica che Davy pubblicò nei suoi Elements of agricultural chemistry (1813).
In Francia, Alexandre-Henri Tessier (1741-1837) svolse un ruolo simile a quello di Young e di Thaer in progetti destinati a distribuire informazioni sulle tecniche agricole e sulle innovazioni, curando l'edizione delle "Annales de l'agriculture française" (1797-1817) e il settimo volume della Encyclopédie méthodique: agriculture (1787). Sebbene l'impatto di questi sforzi sulla pratica agricola del tempo fosse nel migliore dei casi disomogeneo, essi tuttavia consentirono di realizzare una raccolta esauriente e una diffusione efficace di conoscenze utili che, in tal modo, diventarono materia e oggetto di indagini future.
Thaer, nel suo contributo Über Düngung mit kalkhaltigen Substanzen (Sulla concimazione con sostanze calcaree, 1802), ammise "per quanto io desideri la consapevolezza dell'uomo comune rispetto a tutte le cose a lui utili […] a partire da ora ho deciso di scrivere solo per le persone più istruite. Proverò a influenzare il primo attraverso le seconde" (p. 257). Egli considerava l'agronomia una materia che favoriva la ricerca scientifica e che aveva come obiettivo l'istituzione di una disciplina di studio e di formazione professionale per futuri agronomi e per dirigenti governativi, ma non per gli agricoltori. Questo punto di vista prevaleva in Germania: in linea con l'approccio delle scienze camerali, la Agrarwissenschaft organizzava le esperienze in modo sistematico, sostenendole con un considerevole corpo di conoscenze mutuate dalle scienze più esatte e consolidate. La fisica, la storia naturale e la chimica avrebbero fornito i fondamenti alla ricerca in agricoltura.
Tra i sostenitori di questo punto di vista vi erano Friedrich Medicus nel Palatinato e Johann Gleditsch a Berlino, e a capo di questo gruppo era Thaer, il fondatore della scienza agraria in Germania. Durante gli anni trascorsi come luminare della Royal British Agricultural Society a Braunschweig-Lüneburg e a Celle tra il 1786 e il 1804, Thaer mantenne contatti regolari con il Board of Agriculture di Young in Inghilterra, fondato da poco. Il resoconto dettagliato della sua visita attraverso lo Holstein e il Meclemburgo fatta per scopi economici, apparve negli "Annalen der niedersächsischen Landwirtschaft" tra il 1799 e il 1801 e servì a consolidare la sua reputazione insieme alla pubblicazione, nel 1798, del primo volume della Einleitung zur Kenntniss der englischen Landwirtschaft (Introduzione alla conoscenza dell'agricoltura inglese). Il sistema di Thaer metteva in risalto la razionalizzazione, la scienza di base e una meticolosa contabilità per ottenere buoni risultati. L'espressione concreta di questo sistema fu un podere modello alla periferia di Celle dove egli condusse esperimenti con le colture, con la rotazione e con sistemi agricoli diversi: fino al 1795 poté documentare un incremento del raccolto maggiore di dodici volte.
Nel 1803 egli aprì un istituto per l'insegnamento dell'agricoltura, dove si tenevano corsi di agricoltura pratica e razionale. Questa materia esaltava le scienze fondamentali e forniva una specializzazione su aspetti specifici dell'agronomia come la teoria della composizione, della conoscenza, del giudizio e dell'estimo del suolo. Secondo il punto di vista di Thaer, questo programma di studi garantiva un sistema di conoscenze orientate alla pratica. Nel 1806 fu chiamato in Prussia per aprire l'Ackerbauinstitut e una società agricola a Möglin, un centro dell'agronomia tedesca nei primi anni dell'Ottocento. Il modello di scienza agricola fornito da Thaer e realizzato a Möglin influenzò sia Justus von Liebig (1803-1873) e il suo famoso laboratorio di chimica a Giessen, sia gli istituti pubblici e le società che promuovevano la scienza agraria in Germania durante il XIX secolo.