L'Eta dei Lumi: le scienze della vita. Alla scoperta del 'sistema della natura'
Alla scoperta del 'sistema della natura'
Lo sviluppo dei sistemi di classificazione nelle scienze della vita dell'Illuminismo può essere letto nei termini di molte metafore dominanti e spesso in competizione tra loro: il giardino, il 'filo' di Arianna, la carta geografica, la catena ramificata, l'albero genealogico, la rete di affinità e le serie lineari. Queste metafore di relazione furono espresse con differente intensità durante il XVIII sec. da studiosi che operavano in diversi ambienti istituzionali; esse erano accomunate dalla credenza, da parte di molti di coloro che praticavano la botanica e la zoologia sistematiche in questo periodo, che fosse possibile scoprire un vero 'sistema' o 'metodo' della Natura differente dalle classificazioni basate sull'utilità e sulle necessità pratiche dell'agricoltura, della farmacia e della medicina. Lo studio di tali metafore evita anche la tentazione di vedere la storia della scienza classificatoria dell'Illuminismo come uno sviluppo teleologico dall'essenzialismo all'evoluzione, dalla Natura alla storia, dalla biologia qualitativa a quella quantitativa, o dalla storia naturale alle discipline biologiche, secondo analisi storiche basate sulle prospettive ottocentesche. Occorre invece collocare queste tematiche nel contesto della percezione dei problemi tipica del XVIII sec., certamente ben diversa da quella del periodo successivo.
I tentativi di trovare relazioni sistematiche fra gli oggetti naturali hanno una storia lunga e diversificata; già nelle sistemazioni rinascimentali, per esempio, erano presenti molti tratti che avrebbero poi caratterizzato le tematiche del XVIII secolo. Il primo insieme di questi temi è quello relativo al risveglio dell'interesse nei confronti della cura dei giardini, di ciò che serviva a coltivarli e mantenerli in quella forma tipica di ordine che accompagnò il fiorire della cultura di corte nel Rinascimento, in particolare in Italia. Sebbene questi giardini non richiedessero di per sé lo sviluppo di sistemi di classificazione razionale, tuttavia gli interessi sociali li trasformarono da luoghi di contemplazione privata a teatri di esibizione pubblica; essi avevano essenzialmente lo scopo di accrescere il prestigio di proprietari e mecenati tramite l'ostentazione di statue, piante e animali. Ciò a sua volta richiese una qualche soluzione pratica ai problemi di sistemazione, sebbene questa potesse essere guidata più dall'estetica che da interessi conoscitivi.
Un secondo fattore di contestualizzazione era rappresentato dall'esigenza concreta di sviluppare sistemi esplicitamente razionali di disposizione delle piante per accompagnare lo sviluppo dell'insegnamento medico universitario. Molte terapie proprie della rinnovata medicina galenica e ippocratica del Rinascimento, fondate su rimedi a base di erbe, determinarono la necessità di giardini botanici nelle vicinanze di scuole mediche. Ciò costituì un importante elemento propulsivo per lo sviluppo di una scienza classificatoria, in quanto la realizzazione di queste strutture richiedeva sistemi di ordinamento che venivano utilizzati nell'insegnamento. Gli studenti imparavano a identificare le piante fondamentali dal punto di vista medico e, di conseguenza, ne memorizzavano le proprietà medicinali.
A cominciare dai giardini didattici (orti botanici) delle università di Padova e di Pisa negli anni Quaranta del XVI sec., seguiti da quelli di Firenze (1550), Bologna (1568), Lipsia (1580), Leida (1577), Basilea (1588), Montpellier (1597), Heidelberg (1593), questi giardini universitari si diffusero in altre parti d'Europa e rappresentarono il supporto concreto dei maggiori sistemi di classificazione delle piante (Reeds 1991; Cook 1996). Una volta istituiti, però, essi costituirono anche un significativo ostacolo materiale all'adozione di moderni sistemi di classificazione: cambiare il riferimento a un sistema botanico specifico significava infatti letteralmente ripiantare nuove piante in uno spazio fisico e riuscire a coltivare questi trapianti nella loro nuova posizione. La violenza delle dispute tassonomiche, in particolare fra i botanici, deve essere vista anche alla luce di queste considerazioni di carattere pratico.
Un interesse ulteriore per lo sviluppo, o almeno l'espansione, di sistemi di classificazione razionale fu stimolato anche dal considerevole afflusso di nuove piante e nuovi animali importati in Europa dai viaggi colombiani del XVI sec.; l'introduzione di nuove specie pose infatti il problema di capirne le origini e le relazioni con piante e animali europei. Questo bisogno di ampliare i sistemi di classificazione si accentuò con gli sviluppi coloniali del XVII sec., e si diffuse considerevolmente nel XVIII sec. in seguito all'esplorazione europea dei mari del Sud, dell'entroterra dell'Africa, dei territori estremi dell'Europa nordorientale, dell'America Meridionale e di quella Settentrionale (Morton 1981; Browne 1983). La combinazione di necessità pratica, interesse teorico e mecenatismo con una crescente cultura dell'esibizione e della raccolta di dati nel Rinascimento concorse a creare sia un corpo di problemi teorici fondamentali, sia le circostanze sociali che furono alla base dello sviluppo della scienza sistematica all'inizio del periodo moderno. Sul piano di una storia concettuale delle idee, le storie naturali 'emblematiche' perseguite dagli umanisti del Rinascimento (Ashworth 1990, 1996) devono essere contrapposte al lavoro dei filosofi della Natura aristotelici, i quali erano motivati soprattutto dalla ricerca teorica di una sistematica razionale che potesse essere considerata una rappresentazione fedele dell'ordine naturale. Questo atteggiamento, a sua volta, si basava su una sorta di ottimismo epistemologico, secondo il quale un simile ordine poteva di fatto essere scoperto, comportando la necessità di confrontarsi con problemi relativi alla classificazione di piante e animali, che risalivano alle opere di Aristotele e Teofrasto, e di disputare sulla questione degli universali della quale si erano occupati gli scolastici del XIV secolo.
Una soluzione a questo problema del sistema 'naturale' si individuava nelle risorse della logica scolastica e delle opere Categorie, Analitici secondi e Topici di Aristotele: nel nome di una logica 'naturale', per esempio, Pietro Ramo (1515-1572) ritenne che ci si dovesse basare su un sistema di definizione di forme sostanziali tramite la classificazione ordinata di un genus summum (la Classe) a cominciare dalle sue caratteristiche più essenziali. Per divisioni successive di queste caratteristiche distintive, si arrivava poi alla definizione delle infimae species. Non si trattava, tuttavia, di un sistema di classificazione nel senso attuale del termine, ma di un mezzo di definizione logica delle forme (Gilbert 1960). Il problema empirico, nell'affrontare l'applicazione di un simile sistema al mondo naturale, come aveva riconosciuto lo stesso Aristotele nei suoi trattati biologici, era quello di arrivare al genere appropriato e alle sue caratteristiche (differentiae) essenziali induttivamente a partire dall'enumerazione dei particolari. Senza una simile conoscenza epistemologicamente certa del genus summum e della differenza significativa, si aveva solamente un'applicazione sofistica del metodo della divisione. Ai lettori più attenti del vasto corpus delle opere aristoteliche era ben noto il rifiuto da parte del filosofo del metodo della divisione applicato all'ambito biologico. Egli, infatti, aveva sostenuto che qualsiasi tentativo di applicare questo metodo alla classificazione delle piante e degli animali risultava inevitabilmente in una frammentazione o in un ammasso indistinto di gruppi naturali percepiti intuitivamente. In un passo del De partibus animalium che avrebbe avuto una considerevole importanza per le dispute del XVIII sec., Aristotele aveva concluso che "occorre invece cercare di prendere gli animali secondo i generi, seguendo la via indicata dai più, che distinguono il genere degli uccelli da quello dei pesci. Ognuno di essi è definito da molte differenze, non in modo dicotomico" (643b 12-15).
Nell'ambito botanico, una simile difficoltà sembrava essere stata riconosciuta da Teofrasto, che nel suo De plantis non tentava in alcun modo di fornire una rigorosa classificazione botanica in accordo con i principî dell'Organon, e usava come punti di partenza soltanto i raggruppamenti principali, quali alberi, cespugli e piante erbacee. Questa tensione fra la logica dell'Organon e la pratica delle opere biologiche giocò un ruolo importante nei dibattiti del XVIII secolo. Una soluzione aristotelica a questo problema fu sviluppata nel XVI sec. da Andrea Cesalpino (1519-1603), professore di medicina e di materia medica, e secondo direttore del Giardino botanico dell'Università di Pisa dal 1555 al 1582, dove era succeduto al fondatore Luca Ghini. Partendo da uno spunto tratto da Konrad Gesner, Cesalpino nel suo De plantis libri XVI del 1583 propose che il sistema classificatorio si basasse sulle proprietà funzionali associate alle funzioni aristoteliche dell'anima. Per le piante, ci si doveva riferire alle strutture associate con le due funzioni primarie dell'anima nutritiva, riproduzione e nutrizione; l'utilizzazione pratica di questo principio da parte di Cesalpino consisteva dunque nel basare la classificazione delle piante sulle caratteristiche delle strutture associate con la produzione di frutti e semi. Questo principio cesalpiniano, comunemente noto nelle discussioni successive con la sua designazione latina di fundamentum fructificationis, fornì un principio assiomatico per i maggiori sistemi botanici del XVII e del XVIII sec.; nella Bibliotheca botanica (1736) Linneo classificò i botanici nelle due categorie degli "ortodossi" e degli "eterodossi" proprio sulla base della loro adesione a questo principio (Stafleu 1971). La tensione fra le esigenze della logica e l'applicazione specifica del principio di Cesalpino soggiace alle dispute classificatorie che aprirono il XVIII sec. e costituirono lo sfondo immediato degli sviluppi illuministici della sistematica botanica e zoologica.
Nella Critica botanica (1737), Linneo fece esplicito riferimento alla "diffusa, incontrollata confusione" prodotta dal conflitto fra John Ray (1627-1705) della Royal Society, Augustus Quirinus Rivinus (1652-1725), professore di medicina e di chimica all'Università di Lipsia, e Joseph Pitton de Tournefort (1656-1708), démonstrateur de botanique dal 1683 nel Jardin des Plantes di Parigi, che aveva distratto i botanici all'inizio del secolo. Questo conflitto conobbe numerosi sviluppi negli studi settecenteschi di sistematica: sebbene fosse iniziato come una disputa fra specialisti appartenenti all'ambiente teorico cesalpiniano, esso alla fine si espanse fino a includere tematiche più profonde, relative alla possibilità di arrivare a un sistema di classificazione 'naturale', e al metodo più appropriato per riuscirvi. La disputa inoltre rivelava alcune difficoltà legate all'ideale di realizzare un ordinamento 'naturale' delle forme.
Nella sua Introductio generalis in rem herbariam del 1690, opera breve ma di vasta portata, Rivinus propose un sistema di classificazione in accordo, in linea generale, con il principio di Cesalpino, secondo il quale le piante erano uniformemente classificate dividendole in base alla presenza o all'assenza dei fiori e, di conseguenza, secondo il numero dei petali e l'organizzazione della corolla. All'interno dei diversi gruppi, le specie erano distinte mediante un processo di divisione che usava i caratteri del seme e del ricettacolo, e altre caratteristiche basate sulle proprietà del seme. Nel sistema di Tournefort ampiamente diffuso, invece, la divisione in ventidue gruppi principali o 'sezioni' era effettuata sulla base del carattere generale e della collocazione del fiore sulla pianta, e i generi al di sotto delle sezioni venivano definiti tramite numerose caratteristiche del fiore, la disposizione dei pistilli, la natura del frutto prodotto e così via (Élémens de botanique, ou méthode pour connaître les plantes, 1694). L'originale sistema di Ray, pubblicato con il titolo di Methodus nova (1682), e successivamente emendato prima nell'Historia plantarum (1686) e poi nella Methodus plantarum emendata et aucta (1703), non utilizzava soltanto le parti riproduttive, ma anche altre strutture della pianta per definirne il gruppo. Così, nonostante il fatto che tutti e tre i botanici fossero concordi nel considerare importanti le parti riproduttive, i diversi criteri adottati consentivano a ciascuno di arrivare a numeri discordanti di raggruppamenti principali, e a una differente costituzione di generi e specie all'interno di essi (Larson 1971; Sloan 1972). Il conflitto fra sistemi era anche un conflitto fra concreti metodi botanici di coltivazione: quello di Tournefort fu adottato nel Jardin des Plantes, la principale risorsa per l'insegnamento nella École de Médecine; quello di Rivinus si diffuse in Germania; il sistema di John Ray fu adottato per l'Orto botanico dell'Università di Leida da Peter Hotton (1648-1709), e fu mantenuto durante tutto il periodo in cui vi insegnò Herman Boerhaave.
Per quanto riguarda le classificazioni zoologiche in voga all'inizio del XVIII sec., esse non alimentarono le stesse di-spute tassonomiche che travagliarono la botanica, sebbene le tematiche teoriche non fossero fondamentalmente diverse. Le implicazioni pratiche e istituzionali dell'adozione di sistemi in competizione fra loro erano molto meno significative, e le implicazioni materiali riguardavano in primo luogo i modi in cui si organizzavano i molti 'gabinetti delle curiosità' privati, che aumentarono quantitativamente nel corso del secolo. I numerosi lavori di Ulisse Aldrovandi (1522-1605), basati sul suo imponente "teatro della Natura" a Bologna, adottavano i tradizionali generi aristotelici e al loro interno descrivevano gli animali sulla base di forma, comportamento, sensi, usi, e sinonimi etimologici, senza tentare di ricavarne una classificazione basata sul principio della subordinazione dei caratteri o su un metodo di divisione logica (Findlen 1996). Il De piscibus libri V et de cetis libri unus del 1613, per esempio, comincia con un esame dei pesci dalle grandi squame e dotati di lische, e colloca in stretta vicinanza la carpa, lo scaro e vari labri. Sebbene Cesalpino avesse proposto nel 1583 di suddividere anche gli animali sulla base di caratteri tratti dalle strutture legate ai sistemi funzionali primari associati all'anima sensitiva aristotelica (sensazione e movimento), queste opinioni non furono sviluppate in maniera sistematica e nei dettagli, come invece accadde in ambito botanico, fino a Cuvier.
Nella letteratura del primo Settecento ci sono numerosi riferimenti alle opere di John Ray e del suo mecenate e collaboratore Francis Willughby. Il De historia piscium di Willughby del 1686, pubblicato postumo con una lunga prefazione da John Ray, seguiva l'Historia animalium di Aristotele nel dividere i pesci in forme cetacee, cartilaginee e dotate di lische, e poi procedeva a suddividere questi gruppi sulla base di una varietà di caratteri. I pesci dotati di lische, per esempio, erano inizialmente divisi in sogliole, pesci anguilliformi, pesci di forma sferica e pesci con lische e pinne, con successive divisioni fatte sulla base di caratteri quali il numero e la collocazione delle pinne. Nell'Ornithologiae libri tres del 1676, Willughby aveva distinto gli uccelli di terra da quelli d'acqua, e all'interno di tale distinzione aveva definito dei gruppi basati sul tipo di cibo (carnivori, frugivori), l'habitus (diurno o notturno), la grandezza delle ali, la forma del rostro, il tipo di zampe e altri caratteri. Adottando le classificazioni di Willughby e i suoi principî di classificazione, nella Synopsis methodica animalium quadrupedum et serpentini generis del 1693, Ray seguì la ripartizione degli animali in gruppi "con sangue" e gruppi "senza sangue", come stabilito nella Historia animalium di Aristotele, e poi procedette alla divisione di questi sia per proprietà funzionali basate sul sistema circolatorio, di recente scoperta (1628), sia per i caratteri del corpo. Il suo volgersi verso sistemi funzionali 'interni' per la suddivisione principale non si fondava esplicitamente su strutture associate con un'entità metafisica del tipo dell'anima aristotelica, ma si basava sull'opera degli anatomisti funzionali e dei fisiologi suoi contemporanei, come Thomas Willis, per sviluppare le principali divisioni in gruppi. Per la prima volta i cetacei venivano distinti dai pesci per via del loro sistema circolatorio simile a quello dei quadrupedi, piuttosto che per una caratteristica esteriormente osservabile, come la respirazione aerea.
Fra gli zoologi successivi, che guardarono alla propria disciplina dalla prospettiva del XIX sec., fu comune il fatto di vedere nell'opera di Ray e di Willughby 'gli inizi' della classificazione scientifica degli animali; ma la decisione di valutare i caratteri in questo modo, e di privilegiare le strutture interne su quelle esterne, si trovava di fronte allo stesso problema che le soluzioni cesalpiniane presentavano in botanica. Non era immediatamente evidente che una simile pratica non suddividesse gruppi intuitivamente unitari che sembravano distinti solamente per alcuni caratteri.
In qualsiasi storia delle scienze classificatorie dell'Illuminismo, il 1735 deve essere considerato particolarmente importante. In quest'anno, infatti, il giovane studente svedese Linneo (Carl von Linné, 1707-1778) giunse in Olanda per ricevere la laurea in medicina dall'Università di Hardewyk, portando con sé i manoscritti delle sue opere che sarebbero in seguito state pubblicate con i titoli Systema naturae (1735), Fundamenta botanica (1736) e Flora Lapponica (1737) ‒ l'ultima contenente la descrizione delle piante della Lapponia raccolte durante la sua spedizione del 1732.
In un ambiente intellettuale nel quale i sistemi di Ray, Rivinus e Tournefort erano in competizione nell'ambito botanico, e quelli di Ray e di Willughby in quello zoologico, l'accettazione delle classificazioni linneane incontrò molti ostacoli. La pubblicazione della prima edizione del Systema in Olanda esponeva in un manifesto di undici pagine una sorprendente classificazione di piante, animali e minerali del mondo, divisi in classi fondamentali, ordini e generi principali. Nel regno botanico, l'ambito che sarebbe diventato la specializzazione di Linneo, quest'opera, con il suo analitico sistema sessuale di classificazione basato sul carattere primario dell'apparato riproduttore, trasformava il primato cesalpiniano delle strutture riproduttive in un sistema di rapida identificazione di gruppi di piante, che superava in facilità di utilizzazione tutti i sistemi in competizione. Partendo dalla conclusione di Sébastien Vaillant (1669-1722), secondo la quale c'erano strutture riproduttive sessuali nelle piante analoghe a quelle presenti negli animali, Linneo sviluppò questo concetto in un sistema fantasioso; dapprima divideva le piante per le loro "modalità di riproduzione" ‒ nascoste o palesi, monandre, poligame, o poliginiche ‒ e a partire da tale distinzione definiva gruppi successivi secondo il numero, la forma, la posizione e la proporzione degli stami e dei pistilli fino a ottenere la definizione di ventiquattro classi principali.
Nel regno animale, Linneo apprezzava le classificazioni sistematiche di Ray e Willughby, e tuttavia tracciava un proprio sistema caratterizzando sei grandi gruppi di animali, definiti in base alle caratteristiche primarie del corpo, con divisioni successive fatte sulla base degli strumenti di nutrizione (denti o rostri), degli organi di movimento (piedi, ali, pinne) e di orientamento corporeo, nell'ambito delle quali i generi erano definiti fondamentalmente sulla base delle caratteristiche di pinne e piedi. La giustificazione teorica per l'utilizzazione proprio di queste strutture e di questi caratteri, e le basi per la subordinazione dei caratteri, non erano né sviluppate in modo elaborato né immediatamente evidenti, sebbene si possa supporre che Linneo scegliesse criteri di differenziazione in relazione alle funzioni aristoteliche dell'anima. I raggruppamenti di animali che ne risultavano, però, erano a volte strani, addirittura oltraggiosi, per i suoi contemporanei: per esempio, sulla base del possesso di incisivi piatti e mammelle pettorali, egli collocava gli esseri umani nell'ordine Antropomorpha, insieme alle scimmie (Simia) e al bradipo (Bradypus); e anche altri aspetti del suo sistema zoologico suscitavano controversie. Seguendo nelle prime nove edizioni del Systema naturae la classificazione ittiologica del suo collega e compatriota Peter Artedi, basata sulla forma della coda, la posizione e le caratteristiche delle pinne, Linneo collocava le balene, i lamantini e le focene nell'ordine dei pesci, piuttosto che con i quadrupedi vivipari, come invece avevano fatto Willughby e Ray; ciò contrastava anche con la convinzione aristotelica diffusa da lungo tempo, secondo la quale i cetacei formavano un gruppo naturale intuitivamente distinto e separato dai pesci.
La reazione alle clamorose proposte della sistematica di Linneo sia in botanica sia in zoologia, articolate in una serie di opere della metà del secolo e nell'ampliamento delle dodici edizioni successive del Systema naturae che furono pubblicate durante la vita dell'autore, si manifestò in una iniziale resistenza, seguita da assimilazioni differenziate che assunsero forme diverse in funzione delle istituzioni preesistenti e delle tradizioni precedenti. Il botanico di Pietroburgo, Johann Siegesbeck (1686-1755), per esempio, considerava il linneanismo in conflitto con i sistemi ampiamente accettati di Tournefort, Ray e Rivinus, e vi si opponeva anche per via della connotazione esplicitamente sessuale (Larson 1971); anche Jacob Theodor Klein (1685-1759), il botanico e zoologo di Danzica, espresse numerose riserve in merito alle classificazioni di Linneo in zoologia. Nel momento in cui la sistematica linneana cominciò a diffondersi tramite l'opera dei suoi 'cavalieri' (Ritter), o 'apostoli', tra le accademie e le università della Germania, della Scozia e della Svizzera, queste opposizioni tuttavia s'indebolirono; essa infatti si dimostrava utile, facilmente utilizzabile e razionalmente coerente (Stafleu 1971; Larson 1994). Ciò si verificò perfino in Francia, dove il linneanismo incontrò l'opposizione teorica più organizzata per opera di Buffon. A seguito di una visita personale di Linneo al Jardin des Plantes nel 1738, si sviluppò una stretta corrispondenza fra lui e il sous-démonstrateur des plantes, il rinomato Bernard de Jussieu, e nell'anno seguente Jussieu preferì pubblicamente il metodo di Linneo a quello di Tournefort. Nel 1744, Jussieu si assunse la responsabilità della pubblicazione della quarta edizione del Systema naturae a Parigi, aggiungendo i nomi tournefortiani equivalenti ai generi e alle specie di Linneo, e i nomi francesi comuni per le diverse specie di animali. Come hanno dimostrato studi recenti, spesso il linneanismo fu accolto entusiasticamente nelle accademie di provincia e nelle società di storia naturale di Francia, e Linneo fu eletto nel 1743 membro straniero della Société Royale des Sciences di Montpellier (Duris 1993).
L'enfasi dimostrata da parte della cultura accademica e universitaria del XVIII sec., tuttavia, dà soltanto un'immagine limitata di quale fosse il fascino della sistematica linneana. La scienza di Linneo era per molti aspetti anche democraticamente accessibile: con una semplice lente e una 'chiave' linneana, chiunque poteva eseguire da solo l'identificazione delle piante e una classificazione botanica, evitando le rigidità dell'accademia e dell'università; ciò, inoltre, liberava la botanica dalla stretta associazione con l'insegnamento medico. Sia nell'epistemologia a essa soggiacente, la quale proclamava che lo scopo della scienza era quello di 'conoscere le cose in sé stesse', sia nel suo inscriversi nella nascente filosofia romantica della Natura, la proposta di Linneo rappresentava per molti una 'scienza alternativa' a quella dell'élite. Sebbene soltanto più tardi nel corso del secolo le Lettres élémentaires sur la botanique di Rousseau avrebbero identificato esplicitamente il pensiero di quest'ultimo con quello di Linneo, in una scienza del 'sentimento' che legava insieme il morale e il fisico, gli ingredienti di questa sintesi si possono trovare già nell'educazione naturale proposta nella popolare novella educativa di Rousseau, l'émile, del 1762. La popolarità di Linneo fra i dilettanti e le associazioni rurali degli storici naturali di Francia e l'insolito allineamento politico di linneanismo e giacobinismo, che si realizzò con la Rivoluzione francese, dimostrano l'interesse per la sua sistematica da parte di un vasto pubblico; nelle isole britanniche, un simile richiamo 'romantico' sembra facesse parte di quello che è stato un movimento 'Virgiliano' nella scienza anglosassone della metà del XVIII sec., al quale il linneanismo fu strettamente associato (Jankovic 1998).
La controversia sviluppatasi fra Linneo e i suoi seguaci e l'ambizioso, ma non ancora famoso, intendente del Jardin du Roi di Parigi, Georges-Louis Leclerc, conte di Buffon (1707-1788), ebbe inizio nel 1749 con la pubblicazione del Premier discours. De la manière d'étudier et de traiter l'histoire naturelle, in apertura del primo volume della Histoire naturelle. Questa controversia illustra alcuni dei complessi temi istituzionali, sociali, epistemologici e personali della storia naturale dell'Illuminismo che ebbero importanti ricadute sulla classificazione. A livello istituzionale, era un conflitto che opponeva il sistema del mecenatismo e dell'amministrazione centralizzata della scienza francese al linneanismo popolare e professionale, ampiamente diffuso fuori della Francia; inoltre, rappresentava un punto di collisione fondamentale fra la filosofia dei philosophes francesi contro la scolastica luterana e il realismo aristotelico che soggiaceva alla tassonomia linneana. Era anche un dibattito che opponeva un'indagine teoretica del mondo vivente, focalizzata principalmente sulla zoologia, agli interessi botanici centrali nell'educazione medica e nella botanica teorica del personale del Jardin e dell'Académie Royale des Sciences. Tutte queste tensioni, d'altronde, fecero anche da sfondo, in parte, alla reazione della Rivoluzione contro la storia naturale simboleggiata da Buffon e dal suo lungo incarico alla direzione del Jardin.
La critica di Buffon alla botanica e alla zoologia sistematiche fu resa accessibile a un vasto pubblico di lettori nel 1749 (era stata in precedenza esposta in parte in un discorso tenuto all'Académie nel 1744), e seguiva di tre anni il famoso Traité des systèmes di Étienne Bonnot de Condillac (1714-1780), in cui era stata sviluppata una critica filosofica generale contro i sistemi filosofici a priori, critica che poteva facilmente essere rivolta anche contro le pretese di un 'sistema della Natura' come quello di Linneo. Buffon nella sua opera sottolineava quattro grandi errori negli sforzi sistematici dei suoi contemporanei che tentavano l'ordinamento classificatorio di piante e di animali. In primo luogo, simili sistemi erano basati sull'assunto dell'esistenza nel mondo naturale di un qualche singolo ordine, la cui scoperta avrebbe rappresentato lo scopo di tali sistemi; di fatto, però, essi erano fondati su false analogie, come quella fra la sessualità animale e la sessualità delle piante, che riflettevano soltanto collegamenti arbitrari. Secondariamente, tali sistemi implicavano divisioni nette fra specie e raggruppamenti superiori mentre in realtà c'era solamente una gradazione di forme in Natura; questa difficoltà rendeva impossibile individuare un 'sistema' non soltanto per la Natura in generale, ma anche per le sue divisioni più piccole, come la botanica. In terzo luogo, simili sistemi pretendevano di realizzare classificazioni sulla base di una o due parti o strutture ‒ strutture riproduttive nelle piante; caratteri di denti, rostri, piedi e pinne negli animali ‒, mentre si potevano classificare le forme solamente usando strutture e criteri diversi. Infine, questi approcci sistematici in pratica comportavano l'unione di forme intuitivamente percepite come disparate. Il sistema di Linneo era particolarmente criticato proprio su questi punti; nel primo volume (1749) della Histoire naturelle Buffon sosteneva che esso univa artificialmente il "gelso e l'ortica, il tulipano e l'acetosella, l'olmo e la carota, la rosa e la fragola, la quercia e la salvastrella" (Oeuvres, p. 12). Nello stesso modo, nelle sue classificazioni zoologiche esso collocava gli esseri umani assieme ai bradipi e ai pangolini; metteva i serpenti fra gli anfibi; i gamberi con pidocchi e pulci; ostriche e mitili con i vermi. Riassumendo il suo argomento critico principale, Buffon sosteneva che:
dopo questa esposizione sincera dei fondamenti sui quali sono stati costruiti i differenti sistemi di botanica, è facile vedere che il grande difetto di tutti questi è un errore di metafisica nel principio stesso di tali metodi. Questo errore consiste nel non riconoscere l'andamento della Natura, che si fa sempre per sfumature, e nel voler giudicare un intero tramite una delle sue parti: errore ben evidente, e che è sorprendente ritrovare ovunque; poiché pressoché tutti i nomenclatori non hanno utilizzato che una parte, come i denti, le unghie o gli speroni, per ordinare gli animali, le foglie o i fiori per distribuire le piante, invece di servirsi di tutte le parti, e di cercare le differenze o le somiglianze nell'individuo nel suo insieme. (ibidem, p. 13)
Al posto di questi sistemi egli sviluppò la proposta alternativa di una classificazione 'naturale', che ebbe un impatto considerevole, anche se differenziato, sui contemporanei. Appellandosi al modello empirista della mente come tabula rasa, Buffon immaginava una classificazione creata da un essere adamitico, "un uomo che in effetti ha dimenticato tutto o che si sveglia completamente nuovo agli oggetti che lo circondano" (ibidem, p. 16). Questo individuo avrebbe prodotto una classificazione iniziale in tre regni ‒ animali, minerali e piante ‒ e nei domini ambientali di terra, aria e acqua; ma ‒ e ciò mostra la priorità dei temi zoologici nelle opere di Buffon ‒ gli animali sarebbero stati le prime forme a essere osservate e classificate da questo homme naturel, e sulla base di impressioni sensoriali elementari essi sarebbero stati suddivisi in quadrupedi, uccelli e pesci. Mostrando il suo notevole allontanamento dalla tradizione classificatoria precedente, tuttavia, Buffon sosteneva che ulteriori sistemazioni di animali dovevano essere fatte sulla base della loro prossimità all'interesse umano:
quelli che gli saranno più necessari, più utili, saranno messi al grado più elevato, per esempio, darà la preferenza nell'ordine degli animali al cavallo, al cane, al bue, ecc. e conoscerà sempre meglio quelli che gli saranno più familiari; in seguito egli si occuperà di quelli che, senza essergli familiari, abitano tuttavia nei suoi stessi luoghi, negli stessi climi, come i cervi, le lepri e tutti gli animali selvatici […]. Egli li studierà in proporzione all'utilità che potranno avere per lui, li prenderà in considerazione nella misura in cui essi gli si presenteranno più familiari, e li ordinerà nella sua mente relativamente all'ordine delle sue conoscenze, poiché questo è in effetti l'ordine secondo il quale le ha acquisite e secondo il quale gli interessa conservarle. (ibidem, p. 17)
Il piano della Histoire naturelle cominciava con la histoire naturelle de l'homme, e partiva da questo punto per trattare i grandi animali domestici ‒ cavallo, somaro, mucca, pecora ‒ e poi le più piccole forme domestiche ‒ cane, gatto, maiale. Seguivano gli animali selvatici di Europa, d'Africa e infine del nuovo mondo. L'ispirazione aristotelica di questo sistema classificatorio era esplicita, e mostrava ancora una volta come le tensioni e le ambiguità dei trattati aristotelici potevano essere sfruttate in modi diversi nelle discussioni classificatorie del periodo. In un'affermazione che ebbe grande influenza sui suoi successori francesi, Buffon sostenne anche la necessità di "cercare le differenze o le somiglianze nell'individuo tutt'intero" (ibidem, p. 13); nella pratica, ciò implicava l'uso di una vasta gamma di proprietà ‒ comportamentali, legate alla storia naturale, geografiche e anatomiche ‒ per caratterizzare ciascuna singola specie.
L'analisi negativa effettuata da Buffon della scienza sistematica poteva essere letta ‒ e in effetti da qualcuno lo fu ‒ come un attacco radicalmente empirista, fondato su uno scetticismo di stampo lockeano relativo agli universali che implicava una negazione di principio di tutta la scienza sistematica; ciò però voleva dire fraintenderne le intenzioni e l'insolito realismo epistemologico che egli andava sviluppando. Questa lettura 'aristotelica' delle intenzioni di Buffon fu suggerita anche dalle opere del suo collaboratore per la Histoire naturelle, l'anatomista di Montbard Louis-Jean-Marie Daubenton (1716-1800). Mettendo a punto i propri principî tassonomici, dapprima nell'articolo Botanique per il secondo volume della Encyclopédie di Diderot nel 1751, poi sviluppandoli nei dettagli nel Discours préliminaire che faceva da prefazione ai suoi articoli di carattere anatomico per il quarto volume della Histoire naturelle del 1753, Daubenton ritornava esplicitamente alla critica aristotelica del metodo della divisione contenuta nel De partibus animalium come l'obiettivo della critica buffoniana. Per Daubenton, Aristotele aveva saggiamente compreso che i gruppi naturali non possono essere definiti mediante divisioni basate su una singola struttura, ma soltanto tramite un complesso di caratteristiche diverse, classificandoli "sia per le loro azioni, sia per i loro costumi, sia per le parti del loro corpo" (Exposition des distributions méthodiques des animaux quadrupèdes, 1753, p. 142). Inoltre, i gruppi naturali di Aristotele erano considerati da Daubenton costituiti soltanto da caratteristiche positive, e non, come avevano ritenuto altri sistematici, caratterizzati dall'assenza di determinate strutture.
Ancora seguendo Buffon, egli operava una distinzione importante fra le distribuzioni sistematiche dei suoi predecessori, le quali "non sono che convenzioni arbitrarie che uno modifica secondo il bisogno" (ibidem, p. 161), e i raggruppamenti basati su parecchi caratteri diversi, inclusi quelli tratti dall'anatomia interna, che costituivano i raggruppamenti naturali riconosciuti nella Histoire naturelle. Argomentazioni simili in favore della necessità di basare i raggruppamenti animali sul principio dell'analogia con gli esseri umani erano sviluppate da Mathurin-Jacques Brisson (1723-1806), il démonstrateur del famoso cabinet di René-Antoine Ferchault de Réaumur trasferito al Jardin nel 1758 per diventare parte del Cabinet du Roi (Farber 1982). Nella sua notevole opera Le règne animal divisé en IX classes (1756), Brisson costruì un nuovo ordinamento degli animali che definiva i gruppi maggiori sulla base del loro grado di analogia con l'uomo. Questo sistema differiva dai raggruppamenti linneani poiché considerava i cetacei come una classe nettamente distinta, separava i crostacei dagli insetti, e divideva i pesci in due grandi gruppi, cartilaginei e dotati di lische. Le argomentazioni teoriche di Daubenton, citate testualmente nell'articolo di Diderot Méthode, scritto per il decimo volume dell'Encyclopédie del 1765, introdussero nella letteratura della sistematica francese una distinzione duratura fra systèmes, un termine identificato da Diderot, con chiare allusioni a Condillac, a significare le classificazioni arbitrarie e a priori fatte da Linneo e altri che usavano singole parti per definire un sistema classificatorio, e méthodes, i tentativi "di osservare ciascuna cosa in tutte le sue parti, di esaminare per quanto è possibile tutte le sue qualità e tutte le sue parti" (Méthode, p. 460).
Il rifiuto di classificazioni basate sull'uso di singole strutture o funzioni essenziali, e la sostituzione di queste con metodi che utilizzavano caratteristiche multiple, costituì una corrente dominante nelle opere di molti collaboratori del Jardin negli anni Sessanta e Settanta del XVIII secolo. Esso, tuttavia, poteva anche essere autorizzato da una lettura più attenta di Linneo, il quale, nella Philosophia botanica (1751) e altrove, in effetti aveva sostenuto chiaramente che la chiave per trovare il sistema 'naturale' non era nelle semplificazioni dei metodi artificiali utilizzati nel Systema naturae, ma nella considerazione dell'habitus complessivo delle forme (Larson 1967). D'altra parte, un ulteriore sostegno a una classificazione costruita sull'uso di 'tutte le parti' poteva essere basato su un'epistemologia radicalmente empirista e sulla teoria lockeana degli universali, resa più accessibile alla metà del secolo dall'analisi di temi epistemologici generali fatta da Condillac nel suo Essai sur l'origine des connaissances humaines (1746). Queste premesse empiriste supportavano infatti un più approfondito fenomenismo tassonomico, secondo il quale a nessun carattere doveva essere attribuito uno status 'essenziale', e i gruppi dovevano essere costruiti induttivamente usando proprietà che avessero tutte lo stesso peso.
Alcuni aspetti di questa posizione empirista sulla classificazione furono resi più espliciti da Michel Adanson (1727-1806), a lungo collaboratore del Jardin di Parigi, membro dell'Académie, allievo di Bernard de Jussieu e suo amico di lunga durata. Durante un viaggio finalizzato alla raccolta botanica in Senegal dal 1749 al 1754 per la classificazione delle piante tropicali, Adanson aveva incontrato considerevoli difficoltà nell'utilizzare i metodi sistematici disponibili, sia quello di Tournefort sia quello di Linneo; fu così il primo a sviluppare, indipendentemente dalle riflessioni di Buffon del 1749, un metodo basato sull'uso di "assolutamente tutte le parti dei differenti corpi naturali" (Guédès 1967, p. 369) per costruire i suoi raggruppamenti di piante, animali e minerali. Questo nuovo metodo giunse però a essere pubblicato solamente nel 1763, nell'opera Familles des plantes, e in quel momento esso era ormai giustificato anche da un richiamo all'autorità delle posizioni assunte da Buffon nel Premier discours precedentemente citato. Adanson proponeva un nuovo ordinamento botanico ‒ per il quale divenne famoso ‒ che utilizzava un totale di 65 possibili somiglianze tratte da "radici, rami, foglie, fiori e frutti". Questo numero esatto di caratteri era stato stabilito in seguito a un'approfondita indagine storica di 65 ordinamenti sistematici diversi sulla base dei differenti criteri adottati dai suoi predecessori e contemporanei. L'uso di questi criteri, tratti da tutte le parti della pianta, definiva la costruzione di 58 familles di piante che costituivano il contesto della sua principale revisione tassonomica, presumibilmente fornendo la base del 'metodo naturale' che era stato inseguito a lungo dai botanici.
Le classificazioni empiriste di Adanson furono però oscurate nel Jardin e nell'Académie dalle posizioni del suo rivale, Antoine-Laurent de Jussieu (1748-1836), che sviluppò la nozione di méthode naturelle, basandola sul confronto fra un vasto numero di 'relazioni' fra i gruppi. Egli portò alla stampa molti dei progetti che suo zio Bernard de Jussieu aveva sviluppato a partire dalle proprie esplorazioni della concezione linneana del metodo naturale, e che aveva realizzato nelle sue disposizioni sistematiche di piante ai giardini del Trianon di Versailles. Nello stesso tempo, Jussieu distingueva tra strutture "essenziali" e "non essenziali", e su questa base sviluppava una subordinazione di caratteri che definiva la classificazione generale dei gruppi di piante. La sistematica di Antoine-Laurent de Jussieu nella storia della classificazione è stata valutata il culmine della sistematica botanica del XVIII sec. e il fondamento della moderna classificazione delle piante (Stevens 1994). Considerata in modo più legato al contesto, essa rappresentava per molti versi un ritorno ai temi di Cesalpino e alla classificazione sulla base di funzioni essenziali. Nel suo lavoro sui ranuncoli, del 1773, Jussieu stabiliva il principio della definizione dei gruppi di piante tramite una classificazione gerarchica di presunte strutture essenziali, cominciando con quelle più ampiamente diffuse nella pianta allo stato embrionale per la prima divisione ‒ il numero di cotiledoni nell'embrione ‒, e proseguendo con divisioni ulteriori basate sulla costanza decrescente di parti generalmente associate con la fruttificazione e la riproduzione. Mentre questo sistema non manteneva una stretta aderenza al fundamentum fructificationis, tuttavia stabiliva i criteri tramite i quali i caratteri definitori essenziali potevano essere subordinati all'interno di un sistema di determinazione positiva di gruppi di piante (un principio simile sarà usato più tardi da Cuvier per il regno animale).
Le diverse soluzioni al problema della classificazione di animali e piante che emersero nella seconda metà del XVIII sec. e l'interesse di molti operatori, soprattutto francesi, a ottenere una classificazione basata su qualche determinazione oggettiva di 'relazioni' analoghe alle 'affinità' che venivano ricercate in ambito chimico ebbero implicazioni sul modo in cui si poteva rappresentare schematicamente il 'sistema naturale' o 'metodo'. Nelle parole di Antoine-Laurent de Jussieu, tratte dall'Introductio in historiam plantarum (1789), "il cosiddetto 'metodo naturale' […] lega tutti i tipi di pianta tramite un vincolo ininterrotto, e procede passo dopo passo dal semplice al complesso, dal più piccolo al più grande in una serie continua, come una catena i cui anelli rappresentano altrettante specie o gruppi di specie, o come una mappa geografica sulla quale le specie, come le regioni, sono distribuite in territori e province e regni" (Stevens 1994, p. 355).
L'esplorazione di varie forme di somiglianza era condotta mediante molte metafore di relazione. La letteratura secondaria ha teso a enfatizzare la nozione di una catena o di una serie lineare, considerandola il concetto fondamentale soggiacente alle rappresentazioni settecentesche della relazione naturale (Daudin 1926a, 1926b); tuttavia, ciò è fuorviante e non rappresenta l'opinione più diffusa fra i sistematici che cercavano una rappresentazione dell'ordine naturale, alcuni dei quali, come Michel Adanson, concepivano un ordine lineare generale derivante dalla nozione di un complesso di relazioni. Dove esistevano chiare interruzioni in quest'ordinamento lineare, esse indicavano l'esistenza di "famiglie che ci sono sconosciute" (Familles des plantes, 1763, I, p. CLXXXVIII). Occorre notare, tuttavia, che questo ordinamento lineare delle familles non era basato su un'organizzazione 'dal semplice al complesso'; infatti, mentre nel caso delle prime tre famiglie ‒ Byssi, Fungi e Fuci ‒ si tratta di forme tipicamente considerate le piante più semplici dalle classificazioni contemporanee, le successive 55 famiglie non sembrano il frutto di un simile sforzo di ordinamento gerarchico.
Lo sviluppo maggiore di questa nozione di una serie lineare e gerarchica fu conseguito nel dettaglio tassonomico nell'ultimo decennio del XVIII sec. da Jean-Baptiste Lamarck (1744-1829). Il suo primo lavoro sui temi della classificazione fu divulgato con la pubblicazione dei tre volumi sulla Flore française, ou description succincte de toutes les plantes qui croissent naturellement en France, disposée selon une nouvelle méthode d'analyse (1777-1778). Quest'opera era il prodotto dell'interesse di Lamarck per gli argomenti di botanica, inclusa la preparazione del suo erbario che aveva avviato durante il servizio prestato nell'esercito dal 1763 al 1768; era la prima guida botanica di vasta portata relativa a tutto il territorio francese, e fu pubblicata, con il sostegno personale di Buffon, dalla stamperia reale. L'opera conteneva la prima presentazione della sua chiave dicotomica per una rapida identificazione delle piante, ed esponeva inoltre il sistema naturale lamarckiano di classificazione.
Scrivendo in un contesto in cui le discussioni fra Bernard e Antoine-Laurent de Jussieu, Adanson, Daubenton e Buffon avevano già richiamato l'attenzione sulle dispute fra coloro che cercavano un 'metodo naturale' e quelli che si basavano su 'sistemi artificiali', la pretesa di Lamarck di fornire nella Flore una soluzione a questi problemi fu recepita in molti ambienti con ostilità o indifferenza (Jolinon 1997). La mancanza di favore nei suoi confronti da parte dei colleghi botanici, in particolare il gruppo che si era formato attorno ad Antoine-Laurent de Jussieu, nonostante la protezione di Buffon fino al 1788, fu uno dei motivi che portarono alla sua sconfitta nella competizione per una delle tre cattedre di botanica nella riorganizzazione del Jardin per formare il Muséum National d'Histoire Naturelle nel 1793. Sebbene alcuni dei suoi concetti fondamentali mostrassero molte somiglianze con quelli di Adanson ‒ al punto che quest'ultimo lo accusò di aver tratto da lui molte delle sue idee senza riconoscerlo ‒, lo sviluppo da parte di Lamarck della nozione di un sistema naturale lo portò in direzioni nuove. Lamarck, infatti, approvava l'uso e la necessità di sistemi 'artificiali' di classificazione, che egli sviluppò in proprio con la presentazione di un nuovo "metodo artificiale". Questo consentiva di classificare rapidamente qualsiasi tipo di pianta tramite l'uso di un sistema di divisioni dicotomiche, sulla base di caratteri facilmente utilizzabili e mutualmente esclusivi che potevano essere ricavati in serie a partire da qualsiasi parte della pianta.
Questi sistemi erano tuttavia distinti secondo un ordre naturel che disponeva i gruppi in una serie che si riteneva fornisse la vera rappresentazione dell'ordine della Natura. Inoltre, questa serie era costruita iniziando con il gruppo più semplice ‒ le crittogame di Linneo ‒ a partire dal quale si risaliva lungo una serie lineare mediante il confronto di relazioni tra forme in un ampio numero di caratteri, fino ad arrivare alle piante superiori con fiori. La differenza fondamentale fra questo sistema e quello di Adanson, al quale esso effettivamente assomigliava, è che Lamarck continuò sempre a seguire la tradizione affermando che alle parti associate alla riproduzione dovesse essere attribuita maggiore importanza nella determinazione delle relazioni, cosicché la somiglianza fra queste parti s'impose su altri segni di affinità.
L'opera di Lamarck mostra un'interessante propensione a un'analisi lineare dell'ordine naturale. La decisione di procedere dal semplice al complesso si basava su una premessa epistemologica tratta, a quanto pare, da Condillac: come le nostre idee complesse sono composte da quelle semplici e, dunque, la nostra conoscenza comincia con le sensazioni semplici e successivamente costruisce nozioni sempre più complesse, così la nostra conoscenza naturale delle piante deve essere costruita in una serie che va dal semplice al complesso associando tra loro le idee semplici. Tuttavia, nelle prime esposizioni delle classificazioni lamarckiane, il piano effettivo della Natura era concepito nell'ordine inverso, e il vero ordine della Natura procedeva dalle forme più complesse a quelle più semplici. Alla luce di questa tesi espressa nelle prime opere botaniche, la successiva teoria trasformista costituì la risoluzione di tale propensione; questo sviluppo si poté avere solo dopo che Lamarck ebbe compiuto il passaggio dalla botanica alla zoologia all'epoca della riorganizzazione del Jardin nel Muséum National d'Histoire Naturelle nel 1793, durante i tumulti della Rivoluzione. Non ottenne una delle tre cattedre istituite per la botanica e gli fu assegnata la chaire des vers insectes et animaux microscopiques vacante nel 1793; iniziò le sue lezioni sulle forme animali nella primavera del 1794. Prefiggendosi il compito di riordinare le forme appartenenti all'ultimo dei sei grandi gruppi animali di Linneo, quello dei vermi, definito negativamente poiché costituito da animali caratterizzati da sangue freddo, dalla mancanza di orifizi per respirare o di polmoni, e da un corpo molle privo di un tegumento articolato, senza piedi né pinne, Lamarck trasferì molti dei principî trovati nelle sue classificazioni botaniche all'ambito zoologico. La correzione iniziale fu quella di operare una divisione fondamentale fra animali con spina dorsale, i vertebrati, e quelli che ne erano privi, gli 'animali senza vertebre'. Entro quest'ultima divisione, e ordinando gli insetti in cinque classi, in luogo delle due riconosciute da Linneo, ottenne un raggruppamento in molluschi, insetti, vermi, echinodermi e polipi.
Lamarck continuò a sviluppare nuove suddivisioni di forme nelle sue successive lezioni annuali tenute fra il 1795 e il 1809 al Muséum. Negli echinodermi, originariamente soltanto stelle e ricci di mare, furono comprese tutte le forme con struttura circolare, rinominate raggiati, riflettendo in parte l'impatto dell'arrivo al Muséum del giovane Georges Cuvier nel 1795. Nel 1799 Lamarck separò i crostacei dagli insetti, seguendo la guida di Brisson (1776); nel 1800 gli aracnidi, compresi i ragni, furono separati dagli insetti, e i cirripedi furono divisi dai crostacei. Nel 1802 egli definì una nuova classe, quella dei vermi anellidi, e infine nel 1807 aggiunse un quattordicesimo gruppo, gli infusori, separato dai polipi.
Un chiaro segno di continuità con le sue prime riflessioni in ambito botanico era evidente nella convinzione che l'ordinamento 'naturale' di questi gruppi consistesse in una serie continua, definita tramite una gradazione dal complesso al semplice. Nel suo periodo trasformista, a partire dalle lezioni al Muséum del 1800, egli però invertì l'ordine e sostenne da questo momento in poi che il vero ordre de la Nature andava anche dal semplice al complesso, con le forme più semplici che nascevano per generazione spontanea e producevano le forme più complesse al di sopra di esse nella serie. L'importanza di questi sviluppi per opera di Lamarck, tuttavia, può essere facilmente distorta se si riosservano dalla prospettiva del trasformismo successivo: nel contesto delle discussioni settecentesche, simili sforzi per produrre una rappresentazione relazionale lineare erano in minoranza, e la ricerca di rappresentazioni oggettive di 'relazioni' di gruppo favoriva più tipicamente l'uso delle metafore di carte geografiche e di reti di affinità.
La nozione che le affinità potessero essere rappresentate in modo bidimensionale, come aree di dimensioni diverse su una carta geografica, sembra sia stata introdotta per la prima volta da Vitaliano Donati nel suo Saggio della storia naturale marina dell'Adriatico nel 1750 (Barsanti 1992). L'anno seguente, Linneo nella Philosophia botanica stabilì un principio simile per rappresentare un sistema 'naturale' piuttosto che 'artificiale' di classificazione. Queste tematiche furono poi sviluppate nelle sue successive lezioni a Uppsala, pubblicate postume nel 1792; si definirono così 55 gruppi di piante che potevano essere rappresentati con illustrazioni tramite macchie irregolari su una superficie bidimensionale. L'uso di simili metafore geografiche implicava rappresentazioni non gerarchiche, bidimensionali, ma non costituiva un tentativo di rappresentare affinità oggettive intersecantisi.
Le metafore della rete, d'altra parte, rappresentavano tentativi di mostrare, in un modo quasi quantitativo, i gradi di affinità o le relazioni fra gruppi organici, simili alle relazioni di affinità fra gli elementi chimici. Buffon per primo aveva proposto quest'idea nel volume d'apertura della sua Histoire naturelle des oiseaux del 1770, dove parlava della Natura in quanto rappresentante "una larga trama o piuttosto un fascio che, d'intervallo in intervallo, getta delle branche di lato per riunirsi ai fasci di un altro ordine" (Oeuvres, p. 417). Gli sforzi sistematici di costruire relazioni di affinità con diagrammi bidimensionali, in cui queste erano rappresentate mediante linee di diverse lunghezze che si univano in gruppi, furono trattati soprattutto nella Tabula affinitatum animalium del 1777 di Johann Hermann (1738-1800) e in botanica da August Johann Georg Carl Batsch (1761-1802) nella sua Tabula affinitatum regni vegetabilis del 1802. Un altro insieme di modelli di relazione fu proposto nel 1766 sia da Peter Simon Pallas sia da Antoine-Nicolas Duchesne, in pubblicazioni nelle quali si proponeva di mettere in relazione i gruppi mediante diramazioni ad albero; il significato di queste rappresentazioni, tuttavia, è stato facilmente frainteso alla luce degli sviluppi successivi (Stevens 1994).
In conclusione, la complessa immagine della scienza classificatoria alla fine del XVIII sec., così come emerge da queste metafore in competizione tra loro per la rappresentazione di relazioni naturali, getta luce sul terreno fertile che esisteva per gli sviluppi successivi del primo Ottocento. Le efficaci riforme di Antoine-Laurent de Jussieu in botanica (1789) e quelle di Cuvier in zoologia (1817) basarono la ricerca di un sistema naturale su una rinnovata riaffermazione del concetto di sistema collegato a proprietà funzionali primarie, ma liberato da alcune costrizioni imposte dalla classificazione funzionale, ereditate dai sistematici a partire da Cesalpino. Su questa base furono definiti gruppi maggiori e minori mediante diagnosi precise, usando una pluralità di caratteri. Le metafore della serie lineare, della mappa, della rete e dell'albero, fornirono i modelli sui quali furono impostate le successive esplorazioni del sistema naturale nel XIX secolo.