L'Eta dei Lumi: matematica. Aspetti istituzionali della matematica
Aspetti istituzionali della matematica
All'inizio dell'Età moderna l'insegnamento della matematica divenne parte integrante dei sistemi di istruzione nazionali. Questa integrazione conferì alla matematica stessa un'impronta specifica nei diversi contesti dei vari paesi. Per spiegare gli sviluppi del XVIII sec. è dunque necessario in primo luogo esaminare brevemente la nascita dei sistemi di istruzione nei tre paesi in cui la cultura matematica era maggiormente sviluppata: Francia, Germania e Inghilterra. Successivamente considereremo gli sviluppi specifici della matematica all'interno di ognuno di questi sistemi nazionali, delineando infine l'ulteriore evoluzione dell'insegnamento di tale scienza e la nascita di nuove strutture nel XVIII secolo.
L'università era l'istituzione più importante per l'insegnamento della matematica. Mentre nel Medioevo questa istituzione presentava una struttura relativamente omogenea nei paesi dell'Europa occidentale, con la nascita degli Stati nazionali e territoriali le divisioni confessionali della cristianità portarono a una notevole differenziazione fra le università, la cui organizzazione rientrava nell'ambito della sovranità dei singoli Stati. In particolare, a trovarsi in una posizione precaria fu la Facoltà delle arti, che durante il Medioevo comprendeva il quadrivium, ossia l'aritmetica, la geometria, l'astronomia e la musica, considerate una parte dell'insegnamento propedeutico alle facoltà superiori (diritto canonico, medicina e teologia). Là dove la Facoltà delle arti riuscì ad andare oltre la propria funzione propedeutica, conquistando una maggiore autonomia e uno status uguale a quello delle facoltà superiori, le discipline che ne facevano parte ebbero maggiori possibilità di sviluppo. Là dove essa invece entrò in competizione con il sistema delle scuole secondarie ‒ sviluppatosi con l'Umanesimo ‒ accadde persino che venisse 'inglobata' in tali scuole, oppure che queste ultime divenissero parte della Facoltà come grado preparatorio.
Un fattore che incise profondamente nella diversificazione delle strutture e delle funzioni dell'università fu la contrapposizione tra protestantesimo e cattolicesimo. Infatti, mentre nei paesi protestanti, e in particolare luterani, la Facoltà delle arti riuscì ad acquisire una certa autonomia, nei paesi cattolici non solo continuò ad avere una funzione subordinata, ma l'intero insegnamento delle arti fu addirittura assorbito dalla nuova istituzione del collegio.
Nei paesi cattolici, questo radicale mutamento fu dovuto essenzialmente all'ordine dei gesuiti che nel primo secolo di influsso della Controriforma, all'incirca dal 1550, fu di fatto l'unico a fondare un'istruzione superiore cattolica. La scomparsa quasi totale delle Facoltà delle arti, nel caso dei gesuiti, fu strettamente correlata all'imporsi di un elemento strutturale nuovo nel campo dell'istruzione.
La vasta riforma dell'insegnamento, promossa, a partire dall'inizio del XVI sec., dal movimento umanistico, aveva tra le altre cose migliorato la preparazione agli studi universitari attraverso la nuova istituzione del ginnasio, che strutturava in modo sistematico l'insegnamento. Il modello di tale riforma fu il ginnasio di Strasburgo istituito da Johannes Sturm, che era caratterizzato da un corso di studi articolato in una successione sistematica di classi. Questa organizzazione dell'insegnamento, che consentiva una disciplina assai più efficace di quanto avveniva nel contesto dell'università, acquistò una funzione centrale per i gesuiti. Con l'obiettivo di consolidare la Chiesa cattolica, l'ordine arrivò ad assumere il controllo della preparazione agli studi di teologia e tentò di fare lo stesso nella Facoltà vera e propria. Il progetto incontrò, tuttavia, una forte resistenza da parte delle corporazioni universitarie, sicché, fatta eccezione per alcune università di recente fondazione, raramente i gesuiti riuscirono ad affermarsi nelle facoltà chiave. L'introduzione della nuova forma istituzionale della scuola superiore, oltre a garantire una disciplina più rigorosa, offriva anche una via d'uscita strategica a questa situazione. In quasi tutti gli Stati cattolici i gesuiti riuscirono ad assumere il controllo dell'intero insegnamento propedeutico agli studi universitari. Nelle città universitarie la Compagnia di Gesù si appropriò dei tradizionali asili dei borsisti trasformandoli in internati, oppure istituì nuovi collegi in cui l'insegnamento era associato a una rigorosa disciplina. Infine, i gesuiti riuscirono a ottenere che l'intero insegnamento delle Facoltà delle arti fosse assorbito dai loro ginnasi, che assunsero il nome di collegi. Il programma di studi si ridusse al latino, come forma modificata del trivium, e alla filosofia, materia introdotta dai gesuiti in una rigida forma aristotelica; la filologia e il greco, che avevano costituito la principale innovazione degli umanisti, furono di nuovo accantonati al pari della matematica. Sebbene sopravvivessero ancora cattedre indipendenti dal collegio ‒ le cosiddette cattedre pubbliche, quali per esempio, quelle di storia o di matematica ‒, esse erano però destinate a scomparire rapidamente. La Facoltà delle arti si ridusse in pratica alla preparazione degli esami per il passaggio alle facoltà superiori.
Gli insegnanti dei collegi gesuiti erano perlopiù religiosi i cui eventuali interessi scientifici personali passavano in secondo piano rispetto alla rigida osservanza delle direttive dell'ordine, nonché alla funzione pedagogica, cui veniva attribuita la preminenza assoluta. A partire dal XVII sec. nei paesi cattolici altri ordini religiosi entrarono in concorrenza con i gesuiti ‒ in Francia soprattutto i benedettini e gli oratoriani ‒ ma si attennero alle strutture stabilite da questi, senza apportare mutamenti istituzionali.
Al contrario, nei paesi luterani le Facoltà di filosofia poterono affermarsi accanto ai ginnasi e costituirono il germe dell'insegnamento delle discipline scientifiche. Si istituì in tale modo una sorta di divisione del lavoro, per quanto fragile, tra un insegnamento secondario delle materie propedeutiche e un'istruzione scientifica superiore.
In un raffronto tra le realtà dei vari paesi la situazione può essere descritta come segue: in Germania coesistevano strutture opposte a seconda che fossero collocate nei territori cattolici o in quelli protestanti. In questi ultimi, le Facoltà di filosofia si affermarono a scapito delle scuole secondarie e dei ginnasi, nati nel XVI sec., e compirono passi importanti verso una completa autonomia dalle tre facoltà superiori. Le successive riforme attuate da Alexander von Humboldt (1769-1859) in Prussia presero a modello le nuove istituzioni di ispirazione illuminista create nel 1694 a Halle (Prussia) e nel 1737 a Gottinga (Regno di Hannover). L'unica scuola superiore calvinista in Germania fu quella di Herborn nel Ducato di Orange-Nassau, che però, per varie ragioni, non funzionò mai a pieno regime.
Nei territori di fede riformata (Olanda, cantoni svizzeri), gli studi propedeutici nelle scuole di latino, scuole secondarie o pedagogiche, costituivano una parte della formazione accademica, perfettamente integrata con la Facoltà superiore delle arti. Nei territori tedeschi di confessione cattolica, i gesuiti riuscirono ad assumere il controllo dell'intero insegnamento delle Facoltà delle arti, che furono sostituite dai collegi di istruzione secondaria.
In Germania, le università mantennero anche nell'Età moderna il dominio quasi completo dell'istruzione, nonostante la presenza di numerose istituzioni concorrenti, come la Königliche Preussische Akademie der Wissenschaften (Accademia Reale Prussiana delle Scienze) di Berlino, che rimase un caso isolato, o quelle per giovani nobili, che non raggiunsero una posizione significativa. I ceti istruiti, infatti, erano legati pressoché esclusivamente alle università e in questo panorama gli studiosi indipendenti, come per esempio Leibniz, costituivano una vistosa eccezione.
In Francia la situazione delle istituzioni scolastiche era completamente diversa, poiché le università erano in prevalenza cattoliche anche prima dell'abolizione, nel 1685, dell'editto di Nantes sulla tolleranza (1598). L'unica eccezione era rappresentata dall'Università protestante di Strasburgo, diventata francese dopo l'occupazione dell'Alsazia nel 1681, con una Facoltà di filosofia autonoma; per il resto l'insegnamento delle Facoltà delle arti fu sostituito dai collèges ‒ e non solo là dove i gesuiti, e in seguito altri ordini, avevano preso possesso di queste facoltà. Persino a Parigi la Facoltà delle arti si era ridotta alla preparazione degli esami per l'ammissione alle tre facoltà superiori, fatto tanto più significativo se si pensa che in questa città la corporazione universitaria era stata particolarmente forte e si era potuta per lungo tempo difendere dalle pressioni dei gesuiti, al punto che alla fine solo uno dei numerosi collèges (Louis-le-Grand) era dipeso da quest'ordine.
In Francia si ebbe dunque un'espansione dei collèges a scapito delle Facoltà delle arti, le quali non divennero centri per lo studio delle discipline scientifiche. La cultura scientifica si sviluppò al di fuori delle università, anche grazie all'aristocrazia che svolse un ruolo di primo piano nella promozione della ricerca. L'Académie Royale des Sciences di Parigi, fondata nel 1666, divenne rapidamente un centro di coordinamento per la matematica e le scienze naturali. Inoltre, le università si trovarono a fronteggiare la concorrenza sempre più agguerrita dei seminari per la formazione dei sacerdoti e del Collège Royal di Parigi. Quest'ultimo, fondato nel 1530, era un'istituzione unica nel suo genere, che non prescriveva esami e non conferiva titoli, ma impartiva lezioni sulle moderne discipline scientifiche.
In Inghilterra si svilupparono strutture ancora diverse, che vennero caratterizzate dall'affermarsi della collegiate university. Già durante il Medioevo, la vita studentesca delle Università di Oxford e di Cambridge era contraddistinta dalla presenza dei colleges, ma soltanto verso la metà del XVI sec. ‒ in seguito alla nascita della Chiesa nazionale anglicana di orientamento calvinista ‒ questa istituzione divenne il fulcro organizzativo di tutte le università inglesi. Nei colleges gli studenti non solo erano obbligati a vivere sotto la supervisione di un tutor, ma seguivano anche gran parte dell'insegnamento. Questo, a differenza di quanto accadeva nel modello cattolico imposto dai gesuiti che era limitato alle materie della Facoltà delle arti, includeva gli ambiti disciplinari di tutte le facoltà. A Oxford e a Cambridge esisteva dunque una duplice struttura, basata sui colleges e sulle facoltà; a queste ultime era rimasta la prerogativa di fare gli esami e di organizzare lezioni 'pubbliche' tenute da professori stipendiati, mentre all'interno dei colleges si seguivano insegnamenti tenuti dal lecturer. Gli studenti dovevano dedicare gran parte del loro percorso di studi alle Facoltà delle arti, il cui insegnamento era il più esteso.
Dopo la breve fase intermedia della reazione cattolica tra il 1552 e il 1558, la cosiddetta 'riforma elisabettiana' del 1570 portò a una radicale ristrutturazione delle università, che vennero sottoposte a un rigido controllo dello Stato e, nello stesso tempo, furono organizzate secondo le linee della religione anglicana, in modo tale da sottoporre a disciplina rigorosa sia l'insegnamento sia la moralità. La dinamica sviluppata nella fase della riforma umanistica doveva cedere alla ortodossia religiosa.
All'inizio dell'Età moderna, le profonde differenze fra le confessioni cristiane e fra gli Stati si ripercuotevano anche nell'insegnamento della matematica. Filippo Melantone, consigliere di Martin Lutero per i problemi dell'istruzione, si batté sempre energicamente affinché nelle scuole e nelle università fosse dato maggior peso alla matematica, riservandole un posto nei numerosi ordinamenti scolastici da lui progettati, la cui realizzazione per quanto riguarda i ginnasi rimase però incompleta fino al XVIII secolo. La matematica poté svilupparsi meglio nelle università, dove ‒ nell'ambito del processo di trasformazione della Facoltà delle arti in Facoltà di filosofia ‒ rientrava tra quelle facoltà per le quali venivano chiamati professori specializzati che, in virtù della loro preparazione specifica, percepivano uno stipendio più alto rispetto a quello degli insegnanti tradizionali. In questa università la matematica era quindi ben rappresentata da professori e docenti, nonostante essi insegnassero di frequente anche altre discipline come la fisica oppure l'astronomia.
Nei territori cattolici la situazione era notevolmente diversa; a differenza di Melantone, il fondatore della Compagnia di Gesù, Ignazio di Loyola, non nutriva alcun interesse per la matematica e la ignorò nelle prime Costituzioni dell'ordine (1550 ca.). In un primo tempo gli ordinamenti differivano da provincia a provincia e i regolamenti per l'insegnamento della matematica potevano essere più o meno rigorosi, ma in generale si seguiva l'interpretazione aristotelica sostenuta dai principali filosofi gesuiti, secondo cui non era possibile riconoscere a tale disciplina lo status di autentica scienza, in quanto non si occupava delle cose in sé, ma solo delle loro qualità accidentali quali il numero, la grandezza, ecc. È anche vero che Christoforo Clavio, insigne matematico e astronomo gesuita, nonché professore di matematica presso il Collegio Romano, riuscì a inserire estesi regolamenti relativi a tale materia nel progetto della Commissione per il nuovo ordinamento centrale degli studi, i quali però, a causa delle resistenze opposte da varie parti, non furono accolti nella Ratio studiorum. La matematica rimase così una materia d'insegnamento marginale per la quale non era necessario sostenere un esame e per la quale non esistevano norme in merito alla qualificazione necessaria per l'insegnamento (mentre quelle per l'insegnamento della filosofia, per esempio, erano piuttosto dettagliate).
Quindi, nel sistema d'istruzione cattolico-gesuita la matematica non era più una materia della Facoltà delle arti, ma era insegnata in collegi organizzati in base a una rigorosa successione di classi. In questi collegi, gli insegnanti seguivano una classe fino al completamento degli studi e poi ricominciavano da capo con una classe diversa; essi, inoltre, generalmente non erano specialisti della disciplina, come nel sistema protestante, ma possedevano competenze generiche, analogamente a quanto accadeva nel sistema medievale, in cui uno stesso docente si alternava in diverse letture. È necessario sottolineare un'altra caratteristica strutturale: un insegnamento di matematica era previsto soltanto alla fine del programma di studi, nell'ambito del corso biennale di filosofia, e precisamente come parte del corso di fisica tenuto nel secondo anno. Conformemente all'interpretazione aristotelica dominante, la fisica era infatti considerata parte della filosofia e, di conseguenza, l'insegnamento della matematica in questo contesto era ridotto a una semplice propedeutica all'astronomia.
Come hanno dimostrato alcuni studi di storia sociale condotti sul sistema di istruzione francese, la maggioranza degli allievi lasciava i collèges prima di questi corsi conclusivi, cosicché nel sistema gesuita la gran parte degli studenti restava priva di istruzione matematica. Mancano purtroppo studi analoghi per i collegi gesuiti nelle università tedesche, e quindi non sappiamo quanti studenti avessero modo di approfondire la matematica. Gli studi sull'insegnamento di questa disciplina nelle università cattoliche si sono concentrati soprattutto sui docenti che tenevano i corsi di matematica, definiti in modo fuorviante 'professori', e talvolta addirittura 'ordinari', i quali, come si è detto, erano incaricati a turno di tenere il corso di matematica, parallelamente ad altri corsi su discipline completamente diverse.
In Francia, dove il sistema dei gesuiti fu in seguito ripreso dai benedettini e dagli oratoriani, l'insegnamento della matematica nelle università era parte del corso di fisica tenuto nel secondo anno della classe finale del collège, seguito solo da una minoranza degli studenti. Come è stato già detto, le carenze della struttura universitaria furono compensate da una serie di provvedimenti complementari, come la fondazione del Collège de France di Parigi, dove Pietro Ramo istituì una cattedra di matematica e dove nei secc. XVII e XVIII vi furono dapprima due e in seguito (dal 1768/1769) cinque cattedre di matematica, astronomia e fisica. Nel XVII sec. anche nelle università furono istituite diverse cattedre di matematica, in parte per iniziativa del sovrano, in parte grazie a fondazioni municipali, come nel caso di Angers. L'insegnamento veniva impartito perlopiù hors les classes, sotto forma di lezioni private o nei giorni di vacanza. Oltre che dagli studenti regolari, i corsi erano seguiti da un pubblico esterno, ad esempio dai giovani nobili che si preparavano alla carriera militare.
Anche in Inghilterra l'Umanesimo e le scissioni religiose ebbero un'importanza decisiva nel determinare la posizione della matematica all'interno delle università. Le riforme del 1535 e del 1549, promosse da re Edoardo e influenzate dall'Umanesimo e dalla Riforma luterana, accantonarono l'insegnamento di tipo scolastico e introdussero lo studio della filologia classica, della matematica e delle scienze naturali. Nel 1570 infine, dopo la fase della reazione cattolica, furono promulgati gli statuti elisabettiani che, unitamente alla clericalizzazione anglicana delle università, trasformarono gli studi undergraduate della Facoltà delle arti, analogamente a quanto andava facendo la parallela Controriforma cattolica: la matematica fu esclusa dall'istruzione primaria e la logica e la retorica divennero le materie principali. Dopo l'Umanesimo, la matematica in Inghilterra rimase a lungo in una posizione marginale, così come accadeva negli Stati cattolici, ma anche in territori calvinisti come l'Olanda. Soltanto a partire dal XVIII sec. questo insegnamento avrebbe trovato a Cambridge, come è noto, uno dei luoghi di maggiore approfondimento.
Così, nei territori di lingua inglese l'introduzione della matematica come materia di studio si ebbe verso la metà del XVIII sec.; in quelli spagnoli questo processo si verificò a partire dalla fine del XVII sec., mentre nei sistemi di istruzione esportati nelle due Americhe dalle potenze coloniali predominava il modello del collegio. Nelle colonie francesi dell'America del Nord furono fondati collegi che seguivano il modello gesuita; nella Nuova Inghilterra esistevano colleges per gli studi undergraduate istituiti da fondatori che avevano studiato a Oxford; in Brasile i gesuiti fondarono alcuni colegios. Le università, invece, sorsero soltanto nell'impero coloniale spagnolo: i primi istituti universitari furono fondati a Santo Domingo già nel 1538, sulla base del modello di Salamanca, dove però non aveva ancora avuto luogo la riforma umanistica che avrebbe assegnato un maggior peso all'insegnamento della matematica. Le nuove università fondate a partire dal 1613, per contro, avrebbero seguito il modello gesuita, caratterizzato dal predominio dei colegios e della Ratio studiorum, nel cui ambito la matematica occupava una posizione del tutto marginale.
Un'eccezione caratteristica: Padova
Un'eccezione fra le università cattoliche in Europa era rappresentata da quelle italiane, fondate sul modello di Bologna. A causa di due fattori strutturali, in queste università avevano potuto essere mantenute le cattedre di matematica anche dopo l'Umanesimo.
In primo luogo, lo Studium generale in origine si componeva di due facoltà (o università), una per la giurisprudenza, e un'altra che associava le artes e la medicina. In questa seconda struttura la matematica, oltre alla sua funzione consueta, ne aveva un'altra aggiuntiva: infatti rientrava nella formazione di base della medicina sotto forma di conoscenze astrologiche specialistiche, note anche come 'iatromatematica'. Come fa notare Maccagni (1993), la presenza dell'insegnamento delle matematiche in queste facoltà si riferiva, da un lato, al tradizionale curriculum delle arti liberali, dall'altro, alla situazione delle scienze mediche del tempo, fortemente legate fin dall'Età greco-romana all'astronomia-astrologia. Quest'ultima infatti rappresentava una sorta di elemento ordinatore dell'esperienza professionale del medico.
In secondo luogo è da considerare la posizione tradizionalmente debole della facoltà teologica all'interno del modello bolognese; all'atto di fondazione di questa facoltà i diversi ordini avevano definito già da lungo tempo in modo autonomo la formazione dei religiosi nei loro conventi e anche i pontefici erano contrari alla formazione del clero nelle università. Quest'atteggiamento mutò soltanto in seguito al Grande scisma e alle iniziative degli antipapi avignonesi. In Italia furono fondate facoltà teologiche solo a partire dal Trecento, e anche allora questi studi furono considerati esclusivamente una sintesi della formazione di cui si fecero carico in seguito gli ordini, in modo indipendente, nei conventi anche in funzione del conferimento dei gradi. Dopo la Riforma, il Concilio di Trento nel 1563 assegnò espressamente la formazione del clero ai seminari vescovili; tale decisione ebbe conseguenze soprattutto in Italia. A causa di questa debolezza delle facoltà teologiche, in Italia non si pose per i gesuiti la necessità pressante di esercitare il loro predominio anche sulla teologia oltre che nelle facoltà di artes.
Particolarmente caratteristico per l'eccezionalità della sua posizione è l'esempio di Padova.
In questa città, infatti, l'insegnamento di matematica fu attivo dall'inizio del XVI sec. fino alla soppressione dell'Università da parte dei Francesi nel 1797. L'Università, invece, fu investita soltanto parzialmente dal movimento della Controriforma. A partire dal 1504, infatti, Padova era entrata a far parte della Repubblica di Venezia, la quale era impegnata a salvaguardare una rigorosa autonomia culturale e ideologica dal confinante Stato della Chiesa. Per questo motivo i gesuiti non avevano potuto farsi carico dell'istruzione, vedendo fallire i loro tentativi in questo senso, e la città, già centro d'attrazione per gli studenti tedeschi, aveva continuato a esserlo anche dopo la Riforma, quando gli studenti protestanti aristocratici e facoltosi costituivano una percentuale consistente del corpo studentesco, al riparo dal controllo dell'Inquisizione. Infatti, sulla base del diritto autonomo di conferimento di laurea concesso a Venezia nel 1616 ‒ auctoritate veneta ‒ le lauree potevano essere assegnate a prescindere dalla professione di fede richiesta dalla Chiesa.
Dal momento che la Repubblica di Venezia non consentì alla Controriforma di affermarsi nel suo territorio, a Padova sopravvissero le strutture fondamentali di matrice medievale, che al principio del Cinquecento furono rinnovate secondo le idee dell'Umanesimo, mantenendo però l'articolazione secondo nationes studentesche. Sul piano operativo, rimase anche l'articolazione in due università parallele. La natio Germanica, essendo la più importante fra le sette nationes presenti nell'Università delle arti e della medicina, esercitò l'influenza più ragguardevole. Poiché questa Università, organizzata come corporazione studentesca, non fu trasformata in un'unione di collegi, erano in esercizio per le singole discipline cattedre autonome con corrispondenti titoli accademici. Questa autonomia e professionalità, espresse anche nella denominazione di 'università', erano connesse alla peculiarità ‒ altrove inesistente ‒ che a Padova potevano essere proposti senza limitazioni propedeutiche liberi studi nelle arti, destinati a un pubblico studentesco internazionale (e facoltoso), che aveva l'opportunità di dedicarsi ad approfondimenti disciplinari. Inoltre, appare caratteristico che, a partire dall'Umanesimo e in seguito al rifiuto della Controriforma, la maggioranza dei professori non fosse composta da chierici, ai quali erano concessi soltanto singoli insegnamenti particolari. Infine, un'altra singolarità è costituita dal fatto che in questa Università i professori erano assunti a termine, per un periodo di sei anni, con la possibilità di prorogare l'incarico, con una maggiorazione del compenso.
L'eccezionalità di queste strutture traspare chiaramente dalla difficoltà di trovare persone qualificate per ricoprire le cattedre d'insegnamento. In caso di posti vacanti, erano spesso necessarie ricerche ad ampio raggio, tanto che Venezia andava in cerca di candidati per le facoltà di Padova non soltanto in Italia, ma anche negli Stati 'ultramontani'. Un caso esemplare e unico in tal senso è quello della matematica, settore in cui furono acquisiti come docenti insigni studiosi della disciplina provenienti da tutta l'Europa.
Dal 1521 fu accantonata la prassi dell'assegnazione semestrale del lettorato di matematica e furono coinvolti specialisti della materia, la cui attività si prolungava quasi sempre oltre la prima fase sessennale (non di rado restavano in carica per venti o trent'anni). Il più illustre matematico che occupò questa cattedra fu Galilei, il quale insegnò a Padova dal 1592. Dopo aver presentato il suo primo cannocchiale, egli ottenne ‒ eccezione alla regola ‒ che il suo incarico a termine fosse convertito in un insegnamento permanente. Nel 1610, tuttavia, lasciò l'Università patavina per rispondere alla chiamata del granduca di Toscana, che lo volle a Firenze come matematico di corte. Subito dopo aver avuto notizia dell'abbandono di Galilei, Kepler comunicò da Praga il suo interesse a prenderne il posto; ma la sostituzione non andò in porto e Venezia sperò in un primo tempo di potersi riaggiudicare Galilei, nel caso che fosse insoddisfatto dell'incarico ricoperto a Firenze. In questo periodo, per poter coprire le cattedre universitarie si cercava di attingere tra i matematici di corte; la cattedra di matematica a Padova, oltre all'insegnamento, svolgeva una funzione di carattere pubblico per la Repubblica di Venezia, fornendo consulenze tecniche e perizie relative a problemi di natura idraulica, d'importanza vitale alla luce delle difficoltà connesse alla situazione idrica della Pianura Padana.
Nei primi decenni successivi alla partenza di Galilei, i suoi allievi costituirono il principale 'serbatoio' dal quale attingere per ricoprire la cattedra di matematica. A partire dal 1660 ca., tuttavia, i responsabili dell'Università estesero le loro ricerche all'estero, perché in Italia era ormai difficile trovare candidati abbastanza qualificati da attirare gli studenti; sembrò consigliabile rivolgersi alla Francia e, in particolare, alla Germania. Questa prospettiva acquistò concretezza dopo il 1702, quando Domenico Guglielmini, qualificato nelle discipline della matematica e della medicina e attivo anche come consigliere della Repubblica per i problemi d'ingegneria idraulica, fu spostato dalla cattedra di matematica a quella di medicina. Questa circostanza fornì a Leibniz l'opportunità di esercitare a livello europeo il ruolo di protettore di giovani matematici e di consulente per l'assegnazione delle cattedre. La sua attività di mediatore in Italia fu resa possibile, inoltre, dal fatto che in occasione del suo viaggio in questo paese (1689-1690) ‒ consacrato in realtà a ricerche di natura storico-dinastica ‒ il filosofo tedesco aveva conosciuto gran parte degli scienziati italiani. Tre dei più importanti studiosi attivi a Padova si unirono a Leibniz per imporre, nelle intense trattative locali, che fosse chiamato un matematico a diffondere per la prima volta in Italia la nuova analisi; Leibniz raccomandò come candidato Jacob Hermann (1678-1733), che si era formato a Basilea.
Per Hermann la proposta era assai attraente, sia per il compenso sia per l'opportunità di convertire le nuove ricerche in insegnamento. In un primo tempo lo scienziato esitò temendo che la fede protestante avrebbe potuto creargli difficoltà in un paese cattolico e preferì vagliare un'offerta per una cattedra a Marburgo. Tuttavia Padova, in questo periodo, era concorrenziale rispetto alle università protestanti di Germania, Svizzera e Paesi Bassi e, alla fine, Hermann si fece convincere dal clima di tolleranza religiosa; la sua presa di servizio fu procrastinata fino al 1707 soltanto per le incertezze causate dagli impegni bellici di Venezia. Nelle lezioni pubbliche l'insegnamento seguiva un programma relativamente elementare, articolato in cinque anni, mentre nei corsi privati che si tenevano contemporaneamente erano trattati anche temi particolari, di carattere specialistico, offrendo così a Hermann la possibilità di insegnare per la prima volta l'analisi di Leibniz in Italia. Nel 1713, tuttavia, Hermann decise di non prolungare il suo contratto oltre lo scadere dei primi sei anni, scegliendo di trasferirsi all'Università di Francoforte sull'Oder e, in seguito, a Pietroburgo e a Basilea.
Leibniz si adoperò affinché a Padova fosse nuovamente chiamato per la successione un suo protetto, suggerendo il nome di Nikolaus I Bernoulli (1687-1759) e convincendo i suoi amici padovani a impegnarsi una volta di più per un candidato 'ultramontano'. Tuttavia complicò la situazione spostando nel frattempo le sue preferenze su Johann I Bernoulli (1667-1748), zio di Nikolaus, per poi ritornare al nipote, che fu effettivamente chiamato nel 1716, poco prima della morte del filosofo. Che addirittura l'Académie Royale des Sciences di Parigi s'impegnasse per proporre propri candidati a Padova testimonia l'importanza su scala europea di questa cattedra. Nikolaus Bernoulli si trattenne a Padova soltanto per il periodo minimo dell'incarico e già nel 1719 rientrò a Basilea. Dopo la scomparsa di Leibniz nessun altro matematico mostrò interesse all'assegnazione di cattedre di matematica in un raggio d'azione internazionale. I successori di Bernoulli a Padova furono matematici italiani meritevoli e qualificati, che esercitarono per decenni il loro incarico d'insegnamento, a cui fu aggiunta curiosamente la nautica.
Germania settentrionale
L'istituzionalizzazione della matematica si ebbe soprattutto negli Stati protestanti (luterani) della Germania settentrionale. Questo insegnamento, che era stato introdotto dal movimento umanista e fissato formalmente da Melantone negli statuti delle università luterane con l'istituzione di cattedre autonome e permanenti, ebbe un successo tale che in alcune città le lezioni di matematica furono tenute da più di un professore. In contrasto con questa forte posizione istituzionale, tuttavia, tra il XVI e il XVII sec. non vi furono sviluppi scientifici significativi. Gli unici scienziati di un certo rilievo dell'epoca furono Michael Stifel ed Erhard Weigel, entrambi attivi all'Università di Jena, presso la quale peraltro Stifel, autore dell'Arithmetica integra (1544), insegnò soltanto per breve tempo.
All'origine di questa contraddizione vi erano due fattori di ordine strutturale. In primo luogo, le università per tradizione erano centri non destinati alla ricerca, ma finalizzati esclusivamente all'insegnamento; ciò vale anche per le università della Germania settentrionale nella prima Età moderna. È importante sottolineare questa funzione eminentemente didattica per evitare di commettere l'errore, assai frequente, di attribuire anacronisticamente a epoche precedenti o ad altri Stati l'orientamento verso la ricerca che caratterizzò successivamente le università prussiane. In secondo luogo, la matematica per statuto era insegnata nella Facoltà di filosofia, e di conseguenza doveva assolvere le stesse funzioni degli altri insegnamenti di tale facoltà, che, sebbene non avesse più, come quella medievale delle arti di cui aveva preso il posto, il compito d'impartire ai giovani l'istruzione di base (una funzione affidata ora a istituzioni come il Gymnasium, il Paedagogium, o la Fürstenschule), aveva però in larga misura una funzione propedeutica, in quanto mirava a dare un'istruzione scientifica che servisse come preparazione alle successive facoltà superiori. La Facoltà di filosofia non aveva dunque corsi di studio autonomi, e lo studio della matematica non abilitava direttamente all'esercizio di alcuna professione. L'unica eccezione era costituita dalla possibilità, peraltro sempre più remota, per gli studenti interessati alla matematica, di ottenere una cattedra per l'insegnamento di tale disciplina.
Da questi fattori strutturali derivava che i professori di matematica erano piuttosto generalisti e non cercavano di approfondire la materia attraverso un'attività di ricerca. L'insegnamento, diretto a un pubblico indifferenziato di studenti che non erano interessati specificamente alla disciplina, doveva restare a un livello elementare ed essere finalizzato soprattutto a una preparazione di base. Inoltre, per attirare un pubblico più vasto, le lezioni dovevano avere un carattere enciclopedico, in grado di offrire una panoramica su un vasto campo di applicazioni.
La tendenza a una maggiore specializzazione, che cominciò ad affermarsi nel XVIII sec., costituisce un contributo decisivo delle università della Germania settentrionale allo sviluppo istituzionale della matematica. Questo mutamento strutturale è legato tradizionalmente a due università di nuova istituzione, che si distinsero tra la massa delle numerose università minori, praticando uno stile innovativo: l'Università di Halle (1694) in Prussia e quella di Gottinga nel Regno di Hannover. Centro del pietismo e dell'Illuminismo nella Germania settentrionale ‒ due correnti di pensiero orientate verso il sapere pratico ‒ Halle si distinse nella modernizzazione dell'insegnamento ed esercitò una notevole attrazione sugli studenti. L'Università di Gottinga era stata fondata nell'ambito di una concezione statale del mercantilismo; sulla base di questi principî, al fine di attirare un maggior numero di studenti, i professori erano tenuti qui, per la prima volta, a pubblicare i risultati delle loro ricerche, allo scopo di acquistare notorietà e prestigio. Cominciava così a prender forma quell''imperativo della ricerca' che si sarebbe affermato in seguito.
Il primo professore di matematica che ebbe fama e influenza a livello internazionale, Christian Wolff (1679-1754), insegnò matematica e scienza naturale a Halle a partire dal 1707. Egli era anche un filosofo allievo di Leibniz e, a causa di conflitti di natura filosofica e teologica, fu espulso dalla Prussia; nel 1723 ottenne una cattedra presso l'Università di Marburgo in Assia. Nel 1740, con l'ascesa al trono di Federico II, Wolff fu riabilitato e richiamato a Halle, dove assunse importanti cariche nell'amministrazione dell'Università.
Il principale contributo di Wolff nel campo della matematica è rappresentato dalla sua opera divulgativa. A lui si deve infatti uno dei primi, estesi manuali di matematica apparsi in Germania, gli Anfangsgründe aller mathematischen Wissenschaften (Primi elementi di tutte le scienze matematiche), in sette volumi, che vennero pubblicati nel 1710 e conobbero numerose riedizioni e, dopo la morte di Wolff, altrettanto numerose rielaborazioni. Quest'opera fu il principale manuale usato nelle università tedesche nella prima metà del XVIII secolo. Nel 1713, all'edizione tedesca fece seguito una versione latina, gli Elementa matheseos universae, che ebbe numerose riedizioni e, in quanto scritta nella 'lingua franca' dell'epoca, acquistò notorietà a livello internazionale.
Nell'articolo di d'Alembert Élémens des sciences, pubblicato nel V volume dell'Encyclopédie (1755), il testo di Wolff viene menzionato dopo alcuni trattati francesi e lodato esplicitamente: "Nessuno ha mai presentato un corso di matematica più esteso e approfondito di quello del signor Wolff". Non manca peraltro un accenno ai suoi difetti: "In generale quest'opera fa onore al suo autore, nonostante non sia esente da difetti; tuttavia è quanto di meglio o di meno peggio abbiamo oggi a disposizione" (p. 497).
Dopo la morte di Wolff, suo successore alla cattedra di Halle fu Johann Andreas von Segner (1704-1777), che nel 1735 era stato nominato primo professore di matematica nella nuova Università di Gottinga. Anche Segner pubblicò alcuni manuali, tra cui le Vorlesungen über die Rechenkunst und Geometrie (Lezioni sul calcolo e la geometria, 1747), che però non ebbero la risonanza dei testi di Wolff. Fin dalla sua fondazione, nell'Università di Gottinga erano state istituite due cattedre di matematica, di cui una per la matematica applicata. Segner, tipico esempio di studioso pluridisciplinare ‒ fu anche decano della Facoltà di medicina ‒, ebbe il merito di contribuire alla costruzione di un osservatorio astronomico in questa Università. Furono due suoi successori a introdurre nelle università tedesche la nuova tendenza alla sistematizzazione dei concetti fondamentali: Abraham Gotthelf Kästner (1719-1800), attivo a Gottinga, e Wenceslaus Johann Gustav Karsten (1732-1787), attivo a Halle.
L'importanza di questa nuova tendenza, che non mirava a sviluppare la matematica tramite contributi originali alla ricerca, ma a consolidarne i fondamenti attraverso una sistematizzazione dei concetti di base, non è stata finora sufficientemente apprezzata dalla storiografia. È addirittura ignorato il fatto che questo nuovo orientamento non si sviluppò soltanto verso la metà del XVIII sec. con Kästner, ma che il pioniere in questo ambito fu un professore di matematica di Lipsia, Christian August Hausen (1693-1743), autore di un influente manuale, gli Elementa matheseos (1734). Kästner fu suo allievo e nelle sue opere matematiche così come nella sua autobiografia mise più volte in evidenza l'importanza di questo insegnante proprio in relazione alla riflessione sui fondamenti della matematica.
Anche Karsten, che aveva avuto una formazione prevalentemente da autodidatta, ha sottolineato l'influenza su di lui esercitata dagli scritti di Hausen. Kästner insegnò all'Università di Gottinga per quarantacinque anni e i suoi lavori sui concetti fondamentali della matematica furono da stimolo per molti studenti. Il suo manuale, Die mathematischen Anfangsgründe (Primi elementi di matematica), in otto volumi pubblicati a partire dal 1758, ebbe numerose riedizioni e soppiantò in Germania il testo di Wolff grazie al linguaggio più moderno e a una riflessione più avvertita sui concetti fondamentali della matematica.
In generale, va osservato che gli storici della scienza e della matematica tendono a incentrare l'attenzione sulle Università di Halle e di Gottinga, trascurando spesso il ruolo di Lipsia, divenuta un centro indipendente per lo studio della matematica. In questa città, accanto a Hausen, insegnò soprattutto Karl Friedrich Hindenburg (1741-1808) che, verso la fine del XVIII sec., con i suoi contributi all'analisi combinatoria, diede impulso allo sviluppo della matematica pura.
Differenziazione del corpo docente e problemi legati al programma di studi
Come emerge dalla biografia di Karsten (Tav. II), nella carriera accademica rivestiva una notevole importanza il ruolo di libero docente, che era altresì una peculiarità delle università protestanti della Germania settentrionale. Tale carica costituiva il primo gradino per un giovane studioso che volesse intraprendere la carriera accademica: dopo aver conseguito il titolo di magister e discusso la tesi di laurea, i liberi docenti erano abilitati a insegnare una determinata materia, ma senza stipendio; alla loro remunerazione provvedevano le tasse pagate dagli studenti. Il ruolo di libero docente, che non esisteva nelle università cattoliche, introduceva nel mondo accademico l'elemento strutturale della concorrenza: per ottenere l'ambita carica di professore stipendiato, diversi liberi docenti potevano essere tra loro in competizione per una stessa materia ed erano così spinti a cercare di attirare il maggior numero di studenti con la qualità del loro insegnamento e le pubblicazioni. I più insigni professori di matematica nelle università della Germania settentrionale avevano ricoperto inizialmente il ruolo di liberi docenti: Hausen a Wittenberg, Wolff a Lipsia dal 1702 al 1706 e Kästner, sempre a Lipsia, dal 1739 al 1746.
Gli studenti, dal canto loro, godevano di una completa libertà di studio, poiché non vi erano regole che stabilissero quali lezioni seguire, ma solo indicazioni sulle materie da studiare. Una libertà di questo tipo era impensabile nelle università cattoliche, rigidamente regolamentate dai gesuiti, dove vi era un unico docente per ogni materia e non vi era la possibilità di scegliere tra corsi paralleli.
Sebbene nelle università della Germania settentrionale lo studio della matematica fosse indiscutibilmente avanzato, i professori non erano soddisfatti dei programmi. In primo luogo, come si è già accennato, per quasi tutti gli studenti la matematica costituiva soltanto una materia di base o uno studio propedeutico; per quanto obbligatoria, non era però una materia fondamentale. Gli svantaggi di questa situazione furono messi in luce da Kästner in un trattatello pubblicato nel 1765, intitolato Commentarius über eine Stelle des Varro von einer der Ursachen warum die Mathematik in Deutschland immer noch für unnütz gehalten wird (Commento a un passo di Varrone su una delle cause per cui in Germania la matematica è ancora considerata inutile). Criticando il persistente pregiudizio secondo cui la matematica sarebbe inutile, Kästner si richiamava a un passo dello scrittore romano Varrone (II sec. a.C.), citato da Aulo Gellio (II sec. d.C.) nelle Noctes Atticae, al fine di corroborare le sue argomentazioni avvalendosi dell'autorità di un classico e conquistarsi così il favore degli eruditi. A proposito dello studio della matematica nel quadrivium, Varrone aveva osservato criticamente: "Ma non apprendiamo affatto queste cose, o le abbandoniamo prima di sapere per quale ragione debbano essere imparate" (Noctes Atticae, XVI, 18). Kästner aveva commentato questa frase affermando che gli studenti "non imparano nulla della matematica, o imparano troppo poco per poterne trarre un'utilità pratica" (Commentarius, p. 4). La ragione, a suo avviso, risiedeva nel fatto che il programma di studi prevedeva soltanto un corso obbligatorio di sei mesi sulla 'matematica pura', che peraltro doveva limitarsi alle nozioni elementari, che non venivano insegnate nella scuola secondaria. Solamente gli studenti che dimostravano una forte inclinazione per la matematica, dopo il corso obbligatorio, seguivano un altro corso semestrale di 'matematica applicata', conseguendo però una preparazione del tutto superficiale, vista l'enorme estensione della materia, che comprendeva "tredici o quattordici scienze" (ibidem, p. 5).
Il principale problema nel XVIII sec. era dunque costituito dal fatto che l'insegnamento della matematica nelle scuole secondarie era del tutto insufficiente a fornire una preparazione sistematica, né offriva possibilità di specializzazione, sicché il livello dei corsi universitari non poteva che essere elementare per adattarsi a un uditorio indifferenziato privo di una preparazione di base.
D'altro canto, va osservato che la politica universitaria improntata alle teorie mercantiliste aveva ampliato l'offerta dei corsi di matematica per numerose professioni specifiche. Come dimostra l'elenco dei corsi tenuti all'Università di Gottinga alla fine del XVIII sec., le 'scienze matematiche' comprendevano, oltre al corso generale obbligatorio, diversi corsi per le applicazioni pratiche, tecniche o economiche ‒ agronomia, ingegneria, architettura, scienza militare, ecc. È quindi chiaro che in questo periodo, anche a causa della mancanza di scuole tecniche, la matematica nella Facoltà di filosofia costituiva un ambito disciplinare che, oltre a offrire la tradizionale formazione universitaria, faceva le veci degli istituti professionali tecnici e militari, impartendo insegnamenti per i quali non era richiesto un attestato o un titolo accademico specifico. Nemmeno i pochi studenti che si specializzavano in matematica ottenevano un attestato formale. Johann Georg Tralles (1763-1822), per esempio, dopo un corso di due anni, nel 1785 fu raccomandato da Kästner per la cattedra di matematica all'Accademia di Berna, dove dopo una lezione di prova ottenne effettivamente l'incarico.
Sebbene, dunque, nella Germania del XVIII sec. non si possa parlare ancora di una vera e propria specializzazione dello studio della matematica, tuttavia la moltiplicazione dei corsi e l'ampliamento del corpo insegnante, e in particolare l'incremento dei liberi docenti, costituirono un importante passo in questa direzione. Un segno di questa tendenza alla specializzazione che si andava affermando nella Facoltà di filosofia può essere il fatto che, a partire dagli anni Sessanta del Settecento, all'Università di Gottinga divenne possibile immatricolarsi come studiosus matheseos.
Germania meridionale
La politica mercantilista fu seguita da tutti i paesi europei e non solamente da quelli protestanti, cosicché, al più tardi alla fine del XVIII sec., anche gli Stati cattolici sentirono l'esigenza di riformare il sistema d'istruzione. I tentativi d'innovazione intrapresi in questo senso dai sovrani, tuttavia, si scontrarono con il monopolio gesuita del sistema d'insegnamento, che sottraeva quest'ultimo all'influenza dello Stato. Soltanto la soppressione della Compagnia di Gesù, nel 1773, rese possibile l'intervento statale.
In Austria, le riforme furono avviate già nel 1750, sotto l'imperatrice Maria Teresa. Poiché l'istruzione qui era stata fortemente influenzata dai gesuiti, la modernizzazione fu orientata principalmente alla separazione tra Chiesa e sistema scolastico; dopo il 1770, le radicali riforme intraprese da Giuseppe II investirono anche le università. Nel 1774 fu fondata una nuova Facoltà di filosofia con una cattedra di matematica e due di astronomia, prive però di una funzione autonoma, avendo un ruolo propedeutico alle facoltà professionali, il cui orientamento era strettamente utilitaristico. Il corso obbligatorio durava due anni e non lasciava agli studenti alcuna possibilità di scelta o di approfondimento delle materie. Nel corso dei successivi mutamenti strutturali che si verificarono sino alla fine del XVIII sec., il livello dell'insegnamento nella Facoltà di filosofia si abbassò ulteriormente. Nella Baviera, altro grande Stato cattolico della Germania meridionale, gli enormi costi dell'istruzione, il cui onere era sostenuto in larga misura dagli ordini cattolici, impedirono la realizzazione di riforme radicali. Soltanto la secolarizzazione dei beni della Chiesa nel 1803 e l'influsso della Rivoluzione francese resero possibili estesi mutamenti strutturali e un rafforzamento della matematica e delle scienze naturali.
Un'efficace attività di riforma, per contro, poté realizzarsi più facilmente nei piccoli Stati. Dopo il 1773, nei principati tedeschi furono addirittura fondate nuove università in cui, conformemente al pensiero illuminista e alle dottrine mercantiliste, la matematica e le scienze naturali risultavano rafforzate: l'Università di Münster (1780) nell'episcopato omonimo, l'Università riformata di Magonza (1784) nell'elettorato omonimo, e l'Università di Bonn (1786) nell'elettorato di Colonia. Anche in questi casi, però, la portata delle riforme rimase limitata e non giunse alla fondazione di facoltà di filosofia autonome, ma si limitò all'ampliamento dell'insegnamento della matematica nei ginnasi e al tentativo di far rinascere la Facoltà delle arti, con l'istituzione di nuove cattedre di matematica, storia, ecc.
Prima del XIX sec., le accademie erano le uniche istituzioni in cui si svolgevano attività di ricerca. A differenza delle università, controllate dalle corporazioni, le accademie erano istituzioni sulle quali lo Stato poteva intervenire direttamente, esplicando senza mediazioni la sua azione riformatrice. Le prime accademie furono fondate in Germania soltanto nel XVIII sec.; le più importanti furono quelle di Berlino (1700), Gottinga (1751) e Monaco (1750). Quest'ultima fu l'unica istituzione accademica di un certo rilievo nell'ambito cattolico e fu chiaramente espressione della volontà riformatrice dello Stato, che non poteva esplicarsi liberamente nelle università. Solamente a Berlino l'attività di ricerca divenne una professione vera e propria: infatti, i membri della Gesellschaft der Wissenschaften (Società delle Scienze) di Gottinga erano legati all'università della città; anche la Bayerische Akademie der Wissenschaften (Accademia Bavarese delle Scienze) di Monaco costituiva un'associazione di studiosi di tipo tradizionale, i cui membri vi svolgevano i loro incarichi parallelamente ad altre attività. Nell'Accademia delle Scienze di Berlino, invece, erano stati istituiti posti per un'attività professionale a tempo pieno; in particolare, durante il regno di Federico II di Prussia l'Accademia ebbe un ruolo di primo piano negli sviluppi della matematica in Europa, con esponenti di spicco come Pierre-Louis Moreau de Maupertuis (1698-1759), Leonhard Euler (1707-1783) e Joseph-Louis Lagrange (1736-1813).
Francia
Un'analoga separazione tra ricerca e insegnamento sussisteva in Francia. Accanto alle numerose accademie provinciali organizzate come società di studiosi, l'Académie Royale des Sciences di Parigi divenne uno dei più importanti centri di ricerca matematica in Europa. I matematici che vi lavoravano a tempo pieno, collateralmente alle usuali funzioni di consulenza tecnica, avevano la possibilità di dedicarsi alla ricerca. Già all'inizio del XVIII sec. il gruppo raccolto attorno al filosofo e teologo Nicolas Malebranche (1638-1715), appartenente all'ordine degli oratoriani, aveva reso l'Académie di Parigi il luogo di coltivazione della matematica moderna e aveva altresì contribuito all'affermarsi del calcolo infinitesimale nel mondo scientifico. Durante tutto il XVIII sec. i più insigni matematici francesi furono anche membri di questa istituzione: da Bernard Le Bovier de Fontenelle (1657-1757) ad Alexis-Claude Clairaut (1713-1765), Jean-Baptiste Le Rond d'Alembert (1717-1783), Lagrange e Gaspard Monge (1746-1818). I concorsi a premi indetti dall'Académie, al pari delle sue pubblicazioni, furono uno stimolo essenziale per lo sviluppo della matematica in Europa.
Nelle università francesi, per contro, non insegnarono matematici di spicco e tra i docenti non è dato trovare autori di manuali. Risulta addirittura difficile per molti collèges universitari indicare il nome di questi docenti. La causa è da individuare nel fatto che anche qui, come in altri Stati cattolici, i collèges dei gesuiti si erano fatti carico, in pratica, dell'intero insegnamento delle Facoltà delle arti, per cui non si tenevano più corsi pubblici per le discipline di questa Facoltà, ma soltanto corsi organizzati in classi annuali di grammatica, retorica, ecc. La matematica aveva un suo spazio nel secondo ‒ e ultimo ‒ anno della classe di filosofia, ossia nella fisica. I genitori degli alunni, però, non apprezzavano questo tipo d'insegnamento così ampio delle humanités in cui era racchiusa la matematica e spesso ritiravano i figli dal collège già dopo la fine della classe di retorica. Tuttavia, dall'inizio del XVIII sec., in alcuni collegi gesuiti l'insegnamento della matematica conobbe un certo miglioramento, in quanto non vi fu più la tipica interscambiabilità tra gli insegnanti di filosofia e di fisica ‒ e quindi di matematica ‒, e un singolo 'matematico' poteva ora ricoprire per un periodo di tempo più lungo una chaire de mathématiques. Tale innovazione non fu frutto di una riforma interna del programma di studi dei gesuiti, bensì di un intervento esterno dello Stato. Fu il sovrano infatti a istituire ‒ ovvero a finanziare ‒ in vari luoghi tali chaires di matematica associandole ai collèges, in cui, di conseguenza, si trovarono a insegnare esperti con il compito di istruire i futuri ufficiali della Marina in materie come la matematica e l'idrografia. I corsi di matematica erano seguiti non tanto da studenti, quanto da coloro che si preparavano a prestare servizio nell'Esercito o nella Marina. L'istituzione di chaires di matematica associate ai collèges, quindi, non segnò un progresso nell'istruzione matematica generale degli studenti, ma favorì la formazione professionale.
Soprattutto verso la metà del XVIII sec., tuttavia, in alcuni collèges, segnatamente a Parigi, furono attivi per periodi di tempo prolungati insegnanti di matematica, oppure insegnanti di filosofia che tenevano corsi regolari di matematica. Tra questi collèges vanno menzionati in particolare il Collège de Beauvais e il Collège Mazarin di Parigi. Così, a partire dal 1730 ca., cominciarono ad apparire i primi manuali destinati specificamente all'insegnamento della matematica nei collèges universitari. L'ampiezza e i contenuti di tali manuali indicano anche le caratteristiche dell'insegnamento della materia nelle università. I testi in questione, solitamente intitolati Éléments de mathématiques, constavano perlopiù di un unico volume e si limitavano a illustrare gli elementi dell'aritmetica, dell'algebra e della geometria. Dopo il 1770 ca. i manuali cominciarono a contenere anche sezioni d'introduzione al calcolo differenziale e integrale e furono pubblicati addirittura trattati separati dedicati specificamente all'analisi. In nessuno di questi testi, però, trovavano spazio la matematica applicata, la meccanica e via dicendo e ciò spiega l'ammirazione espressa nell'Encyclopédie per la 'completezza' dell'opera di Wolff. Tuttavia, a partire dalla metà del secolo, anche in Francia iniziarono a essere pubblicati manuali sul tipo di quello di Wolff, per soddisfare le esigenze di una nuova tipologia di scuola, quella militare, incentrata principalmente sulla matematica, che costituiva argomento di esame.
In questo periodo, infatti, la scuola militare era in pieno sviluppo: già nel XVII sec. i reggimenti avevano messo a disposizione insegnanti di matematica per i giovani della nobiltà che si preparavano alla carriera militare. L'istruzione degli ufficiali fu istituzionalizzata dapprima per il corpo dell'artiglieria, con la creazione da parte del sovrano, nel 1720, delle écoles régimentaires d'artillerie, in cinque guarnigioni di artiglieria, ognuna delle quali aveva un insegnante di matematica. Alcuni di tali insegnanti erano matematici di fama, come Bernard Forest de Bélidor (1697-1761), Sylvestre-François Lacroix (1765-1843) e Louis-François-Antoine Arbogast (1759-1803). La matematica costituiva la materia centrale della preparazione teorica e in ultimo anche dell'esame di ammissione che, a partire dal 1755, gli aspiranti ufficiali della nobiltà furono tenuti a sostenere. Per questi esami fu creata una nuova carica, quella di examinateur permanent, affidata anch'essa a matematici, in genere membri dell'Académie ‒ senza dubbio con l'intento di garantirne l'impermeabilità alle pressioni sociali dei candidati della nobiltà. L'ultimo di tali esaminatori per le scuole d'artiglieria prima della Rivoluzione fu Pierre-Simon de Laplace (1749-1827). Sempre in questo periodo furono create anche scuole militari per la fanteria e la cavalleria, per quanto di livello inferiore. L'École Royale Militaire fondata a Parigi nel 1751, che ebbe vita piuttosto breve, attesta il ruolo privilegiato della matematica nella nuova istituzione della scuola militare, destinata esclusivamente alla nobiltà. Questa scuola avrebbe dovuto accogliere sino a 500 giovani nobili privi di mezzi, offrendo loro una buona istruzione per la preparazione alla carriera di ufficiali. Gli insegnanti di matematica, originariamente otto, divennero dodici nel 1769; tra questi vi furono giovani matematici che in seguito sarebbero divenuti famosi: Jacques-Antoine-Joseph Cousin (1739-1800), Laplace, Adrien-Marie Legendre (1752-1833). Insoddisfatto dello scarso numero dei diplomati dell'École Royale Militaire che sceglieva d'intraprendere la carriera militare, nel 1776 il Ministero decise di scioglierla, ma ne permise la regionalizzazione con l'istituzione di dodici collèges in tutta la Francia, che, opportunamente dotati di mezzi, avrebbero dovuto accogliere da cinquanta a sessanta borsisti.
Per i futuri ufficiali della Marina, accanto alle chaires istituite dal sovrano nei collèges gesuiti, esistevano anche alcune scuole della Marina, in cui erano previsti insegnanti di matematica e di materie tecniche. La formalizzazione dell'istruzione degli ufficiali, soprattutto per il predominio pressoché assoluto che andò assumendo la matematica negli esami di ammissione, portò alla nascita di scuole propedeutiche private, cosicché questa disciplina finì per assumere un ruolo sempre più importante nella cultura generale.
L'istituto in cui l'insegnamento della matematica raggiunse il livello più elevato e assunse un carattere innovativo fu l'École du Génie di Mézières, destinata all'istruzione dei genieri militari ‒ un corpo militare ritenuto particolarmente savant ‒, con particolare riguardo alle opere di fortificazione. La fondazione di questa scuola, nel 1748, segnò l'istituzionalizzazione di un corso di studi sistematico per il corpo dei genieri, per accedere al quale, dalla fine del XVII sec., era sufficiente sostenere un esame, senza una preparazione specifica. Sia l'esame di ammissione alla scuola sia quello di licenza erano affidati a un examinateur permanent, ancora una volta un matematico e membro dell'Académie: il primo fu Charles-Étienne-Louis Camus (1699-1768) al quale successe Charles Bossut (1730-1814). La prova di ammissione s'incentrava esclusivamente sulla matematica, che costituiva anche la materia principale della preparazione teorica. Nella scuola, dunque, insegnava un professore di matematica a tempo pieno. Bossut praticava un tipo d'insegnamento improntato alla generalizzazione, diverso da quello di carattere più elementare che distingueva il manuale pubblicato da Camus su incarico della scuola. Il testo di Camus, tuttavia, grazie al prestigio derivato all'autore dalla carica di esaminatore, finì per imporsi sia nella preparazione all'esame di ammissione sia nell'insegnamento impartito nella scuola stessa. L'opera di Camus, divisa in quattro volumi dedicati all'aritmetica, alla geometria e alla meccanica statica, fu il primo manuale pubblicato in Francia articolato in più parti e contenente anche una sezione per la matematica applicata. La prima edizione apparve tra il 1749 e il 1752 e ne seguirono altre (quattro per la precisione, di cui tre per la sezione dedicata alla meccanica). Dopo la morte di Camus, la funzione di esaminatore fu assunta da Bossut, autore di un manuale che ben presto soppiantò quello del predecessore. Nel frattempo era stato pubblicato un altro esteso manuale destinato all'artiglieria e alla Marina, che sarebbe divenuto il testo di riferimento per intere generazioni di ingegneri e militari francesi: il Cours de mathématiques di Étienne Bézout (1730-1783), la cui prima edizione comprendeva sei volumi per la Marina (pubblicati a partire dal 1764) e quattro per l'artiglieria (pubblicati a partire dal 1768). Il campo delle applicazioni trattato si estendeva sino all'idrodinamica. Il cambiamento di ruolo di Bossut da insegnante a esaminatore segnò l'avvio del periodo più fecondo per la storia della matematica dell'École du Génie. Il suo successore infatti fu Gaspard Monge, il quale ebbe l'opportunità di sviluppare in tale contesto le sue ricerche sulla geometria descrittiva.
Questa nuova disciplina fu insegnata ufficialmente soltanto nel 1795, nelle lezioni di Monge alla École Normale di Parigi. Nel 1784, gli impegni assunti all'Académie di Parigi e come esaminatore per la Marina costrinsero Monge a lasciare l'incarico a Mézières. A partire da questa data vi fu un netto declino della scuola; l'accesso riservato esclusivamente alla nobiltà e la riduzione del numero dei nuovi iscritti contribuirono ad abbassarne fortemente il livello. I rivolgimenti sociali che segnarono l'inizio della Rivoluzione francese determinarono un radicale mutamento qualitativo dell'istituzione e nel 1794, quando il parlamento trasferì la scuola da Mézières a Metz, essa ormai non era altro che un involucro formale.
Inghilterra
Il cambiamento più significativo che si ebbe in Inghilterra nel XVIII sec. consiste nella straordinaria importanza assunta a Cambridge dalla matematica, che divenne materia d'esame quasi esclusiva per gli studenti undergraduate dell'università. Come ha chiarito Walter William Rouse Ball e dopo di lui una serie di altri autori, nel 1725 l'esame sostenuto di fronte al senato accademico (che nel XIX sec. assunse il nome di mathematical tripos) aveva sostituito le forme tradizionali di disputatio. Non è chiaro, però, come la matematica fosse giunta ad assumere un ruolo di tale rilievo.
Ciò è tanto più notevole se si considera che tale sviluppo non ebbe alcun parallelo nell'Università rivale di Oxford, dove le materie classiche continuarono ad avere il predominio sia negli studi undergraduate sia negli esami finali. Secondo alcuni autori, una tale differenza sarebbe dovuta al diverso atteggiamento assunto dalle due università a fronte dei rivolgimenti politico-religiosi del 1688: Oxford sarebbe divenuta un centro dell'ortodossia anglicana, mentre Cambridge si sarebbe orientata piuttosto verso il latitudinarismo, maggiormente incline ai compromessi nelle questioni marginali di fede (Gascoigne 1989). La chiesa anglicana, a differenza di quella francese, non era avversaria dell'Illuminismo e il newtonianismo poté affermarsi rapidamente proprio tra i teologi latitudinari di Cambridge, dando luogo, intorno al 1700, a una radicale riforma degli studi.
Interessante al riguardo è la storia della nascita e dell'affermarsi dell'esame del senato accademico, dalla quale risulta chiaro che l'abbandono della disputatio tradizionale in favore di questo tipo di esame equivaleva a introdurre un elemento meritocratico e che la matematica avrebbe conferito una veste di obiettività alla corretta classificazione delle prove dei candidati. Il nuovo tipo di esame, inoltre, avrebbe contribuito a rafforzare la posizione dell'università e dei suoi masters nei confronti dei singoli colleges e dei loro tutors.
Sebbene questo esame fosse sostenuto soltanto da quella minoranza dei candidati che aspirava all'honours degree, tuttavia esso improntò lo stile degli studi universitari nel loro complesso. Una delle ragioni comunemente addotte per spiegare il ruolo centrale assunto dalla matematica nel XVIII sec. nell'Università di Cambridge è che essa avrebbe fornito la chiave per comprendere la filosofia della Natura di Newton (Gascoigne 1984). Questa disciplina aveva sostituito la logica, materia presente a partire dal 1570, ma considerata ormai sorpassata. A sostegno di questa ipotesi va considerato anche il fatto che la materia d'esame integrativa era costituita dalla filosofia ‒ nella fattispecie quella di Locke. In ragione di questa funzione lo studio della matematica era limitato prevalentemente alla geometria euclidea.
Diversamente da quanto accadeva negli Stati cattolici, in Inghilterra accanto ai tutors dei colleges continuarono a sussistere alcune cattedre della Facoltà delle arti. A Oxford e a Cambridge furono altresì istituite nuove cattedre di matematica, non per iniziativa dello Stato ma attraverso fondazioni. A Oxford, per esempio, furono istituite due Savilian chairs, una per la geometria e una per l'astronomia, che vennero affidate talvolta a insigni scienziati, sia astronomi sia matematici; spesso i primi ricoprivano la cattedra di geometria, i secondi quella di astronomia: John Wallis (1616-1703), Savilian professor of geometry dal 1649 al 1703; il suo successore Edmond Halley (1656-1742); David Gregory (1659-1708) e John Keill (1671-1721), entrambi Savilian professors of astronomy. A Cambridge lo stesso Newton era stato Lucasian professor of mathematics fino al 1701 e suoi successori furono Nicholas Saunderson (1682-1739) ed Edward Waring (1734-1798). L'esistenza di queste cattedre e del relativo insegnamento non consente peraltro di trarre alcuna conclusione relativamente all'accettazione e al livello degli studi di matematica, perché si trattava di un insegnamento libero, svincolato dai programmi di studio e dal sistema di esami dei colleges.
Italia
Anche in Italia, come in altri Stati europei, nel corso del XVIII sec. si verificarono importanti mutamenti strutturali del sistema d'istruzione. Il paese, al pari della Germania, era diviso in una pluralità di Stati ‒ ma non così tanti ‒ costituita da un certo numero di Stati grandi e medi e una serie di città-Stato. Tutte queste entità politiche erano di confessione cattolica e il loro sistema d'istruzione presentava una struttura sostanzialmente omogenea.
Gli studi sulla istituzionalizzazione della matematica in Italia si sono incentrati sull'Università di Ferrara, situata nel ducato omonimo, che nel 1597 fu incorporato nello Stato della Chiesa, uno dei più vasti della penisola. Per questo motivo le strutture dell'Università di Ferrara furono rappresentative, in un primo tempo, delle strutture generali dell'istituzione universitaria. A partire dal 1602, anno in cui l'Università fu riaperta dopo la devoluzione del ducato alla Chiesa, nel collegio dei gesuiti fu istituito l'insegnamento di matematica; i lettori, che non erano specialisti della materia, cambiavano molto rapidamente, perlopiù dopo uno o due anni. Già nel 1675, però, si verificò un importante mutamento strutturale, allorché il legato papale introdusse un insegnamento cosiddetto 'privato' per la matematica applicata, destinato alla preparazione professionale degli ingegneri, con particolare attenzione all'idraulica, fondamentale materia in un territorio soggetto alle piene del Po. L'insegnamento fu istituzionalizzato nel collegio gesuita e affidato a uno specialista, che curava anche il corso di matematica generale e conservava l'incarico per un tempo prolungato, talvolta per decenni, garantendo una maggiore continuità didattica. La preparazione professionale divenne così un ulteriore elemento dell'attività didattica dell'istituzione e ciò comportò una stabilizzazione dell'insegnamento nel suo insieme. Il corso di matematica generale, tuttavia, conservò la sua impostazione tradizionale e restò a un livello assai elementare, limitandosi all'astronomia popolare di Giovanni di Sacrobosco e alla geometria elementare dei primi libri di Euclide.
La trasformazione delle strutture, nel senso di una professionalizzazione dei lettori di matematica, qui si era attuata analogamente a quanto avvenuto in Francia in seguito alla fondazione dei corsi d'idrografia da parte del sovrano.
Nel 1771, sull'onda delle riforme generali intraprese anche nello Stato della Chiesa, l'Università di Ferrara subì un mutamento radicale. Fu istituita una cattedra di matematica che sostituì il semplice corso di lettorato, e la Facoltà delle arti acquistò una certa autonomia. A ricoprire la cattedra di matematica fu chiamato per la prima volta un insigne studioso della disciplina, che si era segnalato attraverso le pubblicazioni e l'attività di ricerca: Gianfrancesco Malfatti (1731-1807). La cattedra affidatagli associava i due insegnamenti in passato distinti di matematica e idrostatica. Nel proseguimento delle riforme universitarie, Malfatti ottenne anche l'istituzione, nel 1772-1773, di altre due cattedre di matematica, cosicché arrivò a detenere l'insegnamento di algebra e meccanica, una seconda cattedra di idrostastica e una terza cattedra di geometria pratica.
Sul piano strutturale, l'aspetto più significativo di questi cambiamenti istituzionali fu ‒ almeno a Ferrara ‒ che la formazione professionale degli ingegneri venne assorbita dall'università. Ciò contribuì a fornire un sostegno istituzionale all'insegnamento della matematica e a imprimergli un orientamento applicativo. Il collegamento tra matematica e ingegneria tuttavia si affermò anche al di fuori dell'Università di Ferrara, conservandosi anche nell'epoca napoleonica e nel successivo periodo della Restaurazione, sino a diventare una caratteristica delle università italiane nel XIX secolo.
Portogallo
La riforma strutturale e la trasformazione funzionale della matematica realizzate in Portogallo nella seconda metà del XVIII sec. ebbero un carattere originale e innovativo. Per iniziativa di un energico ministro riformista, il marchese di Pombal (1699-1782), nel 1759 i gesuiti furono cacciati dal paese; si crearono così i presupposti per un processo di ristrutturazione del sistema di istruzione, che per l'università ‒ quella di Coimbra ‒ proseguì sino al 1772, allorché fu attuata una riforma definitiva. A seguito di tale riforma, l'università fu articolata in sei facoltà sostanzialmente equiparate: accanto a quelle tradizionali di teologia, diritto civile, diritto canonico e medicina furono introdotte una Facoltà di filosofia, che di fatto era una Facoltà di scienze naturali, e una di matematica. Le due facoltà nuove avevano tre diverse funzioni e, di conseguenza, tre diverse classi di studenti: gli studenti ordinari di matematica, che seguivano un corso di studi della materia organizzato in quattro anni; gli studenti di altre facoltà, che seguivano un corso obbligatorio di un anno sugli elementi della matematica; i cosiddetti 'uditori', che, senza essere vincolati a un corso di studi, intendevano specializzarsi nei singoli rami della disciplina. Con l'istituzione della Facoltà di matematica fu dunque istituzionalizzato per la prima volta un corso di studi specializzato in questa disciplina scientifica. Per il corso in quattro anni ‒ che, secondo il vecchio modello cattolico, era strutturato in un rigido programma di studi senza libertà di scelta ‒ furono istituite quattro cattedre: geometria, analisi, foronomia e astronomia.
Gli studenti del corso di matematica principale potevano conseguire vari gradi. Coloro che erano ammessi agli esami dell'ultimo anno ottenevano il baccalaureato, mentre chi sosteneva gli esami in tutte le materie otteneva la laurea. I laureati erano abilitati all'insegnamento della matematica, sia nel regno sia nelle colonie, senza esami supplementari. Chi aspirava a ottenere una cattedra universitaria doveva conseguire il titolo di dottore in matematica, che richiedeva un altro anno di studi e un ulteriore esame.
Tra i primi docenti di matematica vi furono José Anastácio da Cunha (1744-1787), autore di un importante manuale, i Princípios matemáticos (apparso postumo del 1790) e José Monteiro da Rocha (1734-1819). Naturalmente, all'inizio furono ben pochi gli studenti che sceglievano il nuovo tipo di istruzione professionale. Tra i primi laureati vi fu però Francisco de Borja Garção Stockler (1759-1829), cui si devono contributi innovativi nel campo della matematica e della storia della disciplina.
L'istituzione della Facoltà di matematica a Coimbra, la cui storia è tuttora poco conosciuta, costituì uno dei primi esempi di istituzionalizzazione dell'insegnamento della matematica e preparò la strada al vasto programma di riforma dell'insegnamento avviato nel corso della Rivoluzione francese.
La Rivoluzione francese
La Rivoluzione francese comportò un radicale mutamento delle funzioni e delle forme istituzionali dell'insegnamento della matematica, non soltanto in Francia, ma nella maggior parte dei paesi europei. Da quel momento in poi, infatti, la filosofia razionalista avrebbe determinato la concezione dell'istruzione, assegnando alla matematica un ruolo centrale nell'insegnamento e nei programmi di studio. In Francia, fino agli anni 1793-1794, furono abolite pressoché tutte le vecchie istituzioni scolastiche e annullati i privilegi dovuti al conferimento dei titoli. Tra il 1794 e il 1795, furono fondate tre nuove istituzioni: l'École Normale dell'anno III, che in un corso rivoluzionario di quattro mesi avrebbe dovuto formare gli insegnanti per le nuove scuole primarie; l'École Centrale des Travaux Publics, che dopo un anno prese il nome di École Polytechnique, destinata alla formazione degli ingegneri civili e militari ed infine le Écoles Centrales per l'istruzione secondaria.
All'École Normale furono chiamati per la prima volta matematici di fama per la formazione degli insegnanti: Lagrange, Laplace e Monge tennero corsi di divulgazione delle matematiche moderne divenuti in seguito famosi.
Nell'École Centrale des Travaux Publics le discipline fondamentali per la formazione degli ingegneri erano la matematica e la chimica. Monge, in quanto insegnante di géométrie descriptive, era un esponente di questo programma di matematizzazione, il quale si scontrò ben presto con le resistenze del vecchio corpo ancora attivo dei genieri militari. Per porre fine a questo conflitto, in un primo tempo si arrivò a una sorta di divisione del lavoro: l'École Polytechnique si sarebbe dovuta occupare della formazione teorica, mentre la preparazione pratica sarebbe stata affidata alle scuole tecniche dedicate alle singole specializzazioni dell'ingegneria. Già dal 1799, però, la matematica teorica insegnata all'École Polytechnique si andò riducendo in misura crescente a una semplice propedeutica alle diverse specializzazioni.
Nell'École Centrale des Travaux Publics non vi era un programma di studi sistematico, ma una serie di liberi corsi nelle diverse materie, tra cui quelli di matematica erano i più frequentati. Già nel 1803 queste scuole, ancora improntate alle idee rivoluzionarie, furono chiuse da Napoleone e sostituite dai lycées, nei quali l'insegnamento aveva un carattere sistematico, pur mantenendo la matematica una notevole importanza.
A partire dal 1795 furono istituite scuole professionali per le singole scienze o arti. Accanto alle scuole specializzate per i services publics ‒ l'École Polytechnique e gli istituti tecnici ‒, era prevista la creazione di scuole di medicina, diritto, economia agraria, scienze umanistiche, arti e matematica. La preparazione specialistica professionale offerta da questi istituti avrebbe dovuto supplire alle tradizionali carenze dell'istruzione universitaria. Di fatto, però, furono realizzate soltanto scuole di medicina e di diritto. Per un certo tempo anche l'École Polytechnique era stata considerata una scuola speciale di matematica, in particolare allorché nel 1798 fu introdotto un terzo anno di studi per quegli studenti che non intendevano diventare ingegneri ma intraprendere la carriera di scienziati. Alla fine della Rivoluzione e con l'avvento dell'era napoleonica, questi progetti furono però abbandonati. Nel 1808, le scuole specializzate furono inglobate nelle singole Facultés dell'Université Impériale napoleonica. Con la fondazione di queste università nascevano anche cattedre di matematica nelle nuove Facultés des sciences, ma l'insegnamento impartito presso tali cattedre era concepito come semplice integrazione dell'istruzione secondaria.
Nell'École Polytechnique la matematica conservò soltanto una funzione di insegnamento di base e per lungo tempo le Facultés des sciences non ebbero alcuna funzione autonoma. Il tentativo di rendere autonomo l'insegnamento della matematica, compiuto durante la Rivoluzione, si era dunque rivelato prematuro.