Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Il comportamento è la proprietà degli organismi animali che collega la loro fisiologia alla loro ecologia, e rappresenta grazie a precisi movimenti coordinati la forma con cui si esprime il legame tra il sistema nervoso e l’ambiente. L’etologia, la scienza che studia il comportamento, investigando sulle sue componenti innate o apprese, sulla sua ontogenesi individuale e sui vincoli filogenetici, mette direttamente a tema e senza pregiudizi il dibattito natura-cultura. Lo fa su base osservativa e sperimentale sia sul campo sia in laboratorio; i suoi risultati contribuiscono a una conoscenza più precisa e attendibile della natura degli animali e dell’uomo.
L’etologia moderna nasce nel Novecento, ma il termine etologia, al pari di ecologia, è tuttavia più antico della disciplina stessa e viene impiegato la prima volta in ambiente francese da Étienne Geoffroy Saint-Hilaire e da suo figlio Isidore (1805-1861) che per primo lo intende modernamente come studio naturalistico delle abitudini e degli istinti. Nel 1902 la parola compare in inglese in un saggio dello studioso americano di formiche William Morton Wheleer.
Guardando alla storia degli studi sul comportamento si possono schematicamente rintracciare tre grandi filoni di ricerca, diversi per la visione d’insieme, per le domande formulate, per le specie animali utilizzate, le tecniche e i metodi impiegati. Due di essi, la psicologia comparata e l’analisi neurofisiologica, derivano da una stessa radice filosofica: il meccanicismo riduzionista cartesiano. La terza, cioè l’etologia naturalistica, è un’applicazione del metodo comparativo allo studio naturalistico del comportamento, interpretato in termini evoluzionistici. Va subito detto però che questi tre approcci non sono in effetti mai del tutto completamente separati; la psicologia comparata dell’Ottocento per esempio è spesso sensibile alla teoria darwiniana e nella moderna etologia si fa ricerca sui meccanismi nervosi che stanno alla base dei comportamenti stereotipati. Molti studiosi dell’Ottocento, dalle provenienze più diverse, si interessano in termini puramente speculativi o attraverso l’osservazione e la sperimentazione della psicologia e del comportamento umani, e molti di loro anche di quelli animali. Le riflessioni di filosofi come John Stuart Mill, Herbert Spencer, e le osservazioni e le conclusioni di psicologi come Alexandre Bain, di biologi come Charles Darwin, Thomas Huxley, George Romanes condividono l’idea sostanziale di continuità evolutiva tra l’uomo e gli altri animali. Grande sostenitore dell’etologia è il naturalista francese Alfred Giard, evoluzionista lamarckiano, anche se non mancano in Francia e nello stesso periodo antievoluzionisti come Jean-Henri Fabre che pure è un grande precursore dell’etologia di campagna. I suoi metodi di osservazione sono estremamente efficaci sia per la straordinaria acutezza osservativa sia per la capacità di estrarre l’essenziale da comportamenti complessi (riconosce per primo l’esistenza dei comportamenti stereotipati), anche se la sua posizione rimane decisamente antievoluzionista. Nell’ultima parte dell’Ottocento e nel primo ventennio del Novecento, in un eterogeneo intreccio di figure, problemi ed esperienze, si accumulano nuove conoscenze sul comportamento e maturano le condizioni culturali che negli anni Trenta e Quaranta daranno origine alla etologia moderna come la si intende comunemente: l’etologia di Konrad Lorenz e di Nikolaas Tinbergen. Tra questi studiosi che contribuiscono a preparare la nascita dell’etologia vanno ricordati Douglas Spalding geniale autodidatta che indaga sperimentalmente sugli istinti; lo psicologo Conwy Lloyd Morgan, specialmente attivo nella psicologia comparata; il fisiologo della riproduzione Francis Hugh Adam Marshall (1878-1949), eccellenti etologi dilettanti conoscitori del comportamento degli uccelli come Edmund Selous; zoologi professionisti come Julian Huxley, Charles O. Whitman, Jacques Loeb(1859-1924) che elabora l’idea dei tropismi; Wallace Craig analista del comportamento appetitivo; William M. Wheeler che scopre la trofallassi (lo scambio di cibo liquido) negli insetti sociali; Oskar Heinroth che impiega gli schemi comportamentali come caratteri omologici nella ricostruzione delle parentele tra specie di uccelli; Jakob von Uexküll che è anche tra i principali fondatori della fisiologia degli invertebrati, e infine Karl von Frisch, grande studioso della comunicazione nell’ape da miele. Nel 1973 von Frisch, Lorenz e Tinbergen ricevono il Nobel per la fisiologia e la medicina.
Le ricerche di Lorenz si basano principalmente sull’osservazione diretta di uccelli. L’etologo austriaco infatti vivendo insieme ad anatre, oche e taccole, libere di muoversi e di interagire con altri individui – Lorenz compreso – dentro e fuori casa, è facilitato nell’osservazione dello sviluppo, giorno dopo giorno, di moduli comportamentali che si esprimono spontaneamente senza alcun apprendimento. Questa spontaneità è garantita dall’isolamento dei pulcini rispetto agli adulti della specie. L’oggetto delle prime ricerche di Lorenz è perciò lo schema motorio innato di cui egli riconosce la natura spontanea; diversamente da quanto sostenuto nella teoria classica del riflesso, secondo la quale uno schema motorio fisso si manifesta come risposta a uno stimolo. Altre sue ricerche riguardano la natura degli stimoli chiave (ad esempio la colorazione rossa ventrale dei maschi dello spinarello, una specie territoriale, che scatena nel maschio un comportamento aggressivo), stimoli che inducono risposte nell’individuo indipendentemente dall’effettivo vantaggio che offrono nella concreta situazione reale (lo spinarello reagisce anche contro sagome di varia forma purché con la parte inferiore-ventrale colorata di rosso). La scoperta per cui Lorenz è diventato famoso è quella dell’imprinting (Prägung, in tedesco). Altri autori prima di lui (Spalding sui pulcini del pollo domestico ed Heinroth sui piccoli dell’oca, per esempio) avevano osservato l’esistenza di apprendimento nelle primissime fasi di vita degli animali, ma fu Lorenz nel 1935 a caratterizzarne le modalità, a osservarne la genesi in molte specie di uccelli e a dimostrarne il valore evolutivo. L’imprinting si può realizzare solo durante una finestra temporale limitata e precoce (dalle prime ore dopo la schiusa ai primissimi giorni di vita), ed è un apprendimento irreversibile. Gli esperimenti hanno dimostrato che negli uccelli questo attaccamento allo stimolo si manifesta tipicamente come reazione dei piccoli a seguire (imprinting filiale). L’innesco può essere fornito da molti stimoli diversi: zimbelli di adulti della propria specie e di specie simili, esseri umani, oggetti vistosi, suoni determinati. Lo studio dell’ imprinting ne ha messo in risalto ulteriori caratteristiche: in primo luogo l’apprendimento si realizza anche laddove non vi sia premio; l’influenza dello stadio generale di sviluppo individuale e delle esperienze postschiusa; gli effetti nell’adulto sulle preferenze sessuali in quanto facilita l’apprendimento di tratti sopraindividuali che sono specie-specifici, il fatto che l’ imprinting può essere relativo al cibo, al canto, all’habitat. Lorenz dimostra sperimentalmente, e i lavori di altri dopo di lui lo confermano, che lo sviluppo ontogenetico di un modulo comportamentale si realizza attraverso un processo la cui efficacia migliora gradualmente: in certi momenti mediante l’apprendimento, in altri grazie alla maturazione della componente istintiva. Quest’ultimo fenomeno, in particolare, dimostra in molti casi la problematicità di una netta opposizione tra natura e cultura: infatti molti comportamenti innati, a forte determinazione genetica, se sono complessi, hanno bisogno per esprimersi compiutamente del contributo di informazione proveniente dall’ambiente. Una sequenza comportamentale come la costruzione di un nido, per esempio, consiste nell’integrazione della componente innata con quella acquisita.
Niko Tinbergen è invece un etologo spiccatamente sperimentale, famoso per la sua grande capacità di progettare eleganti esperimenti in natura. Sebbene sia olandese di nascita e di formazione, lavora per la maggior parte del tempo in Inghilterra dopo un periodo trascorso in Austria, ad Altenberg, presso Lorenz. Tinbergen affronta lo studio degli stimoli scatenanti utilizzando l’osservazione dei gabbiani; in seguito si rivolge agli imenotteri, (negli stessi anni in cui von Frisch lavora al linguaggio della danza delle api). Tinbergen adotta un approccio evoluzionistico ai segnali e alla loro ritualizzazione; getta poi le basi della cosiddetta ecologia comportamentale inaugurando gli studi sui meccanismi che guidano il comportamento degli uccelli predatori. I suoi studi dimostrano che esiste un processo di prova ed errore che sfocia in un adattamento ecoetologico del predatore e che tale adattamento retroattivamente ne modifica il comportamento esplorativo; essi indicano, inoltre, l’esistenza di una scelta attiva della preda del tutto indipendente dalla sua semplice abbondanza nell’ambiente.
Nel Novecento gli studi neurofisiologici del comportamento sono caratterizzati in particolare dalla riflessologia fondata e sviluppata da Vladimir Bechterev e da Ivan Petrovic Pavlov che tende a ridurre il comportamento a un complesso gioco (catena) di riflessi condizionati e non. E mentre alcuni psicologi animali, come il vitalista olandese Johan A. Bierens de Haan, arrivano a giudicare il comportamento animale non analizzabile in termini meccanicistici, oppure pensano come William McDougall (1871-1938), che l’animale sia motivato da un insieme di attese largamente inspiegabili se non in termini di tendenze innate e di pulsioni istintuali ce ne sono altri, come l’associazionista Edward Lee Thorndike, inventore del labirinto sperimentale, che vedono il comportamento come qualcosa di sostanzialmente appreso. Thorndike ritiene che l’apprendimento sia guidato da due soli principi: la scelta di atti che danno soddisfazione e il miglioramento attraverso ripetizione delle prove (principi rispettivamente noti come legge dell’effetto e legge dell’esercizio). Per il behaviorismo il modello epistemologico di riferimento è fornito dalle scienze naturali e il comportamento, giudicato dal suo fondatore John B. Watson come l’unica entità osservabile teoricamente, viene collegato alla coppia stimolo-risposta. Sul piano fenomenologico stimolo e risposta corrispondono anche agli unici enti osservabili e quindi sono al centro dell’analisi sperimentale; quello che eventualmente intercorre tra lo stimolo e la risposta, in quanto non osservabile, per Watson e i comportamentisti non è degno di interesse. Le ricerche di Watson danno molto risalto ai fattori esterni, al condizionamento ambientale e negano che nel comportamento si possa conoscere il ruolo dell’istinto, in quanto non osservabile. Queste posizioni vengono poi adottate e sviluppate in una solida cornice teorica da Burrhius F. Skinner che distingue tra risposta di un organismo a uno stimolo specifico e osservabile e risposta apparentemente spontanea a uno stimolo non identificabile. La risposta di secondo tipo (condizionamento operante) introduce stimoli nell’ambiente i quali con retroazione positiva rinforzano la tendenza alla ripetizione di quel comportamento di risposta. L’interpretazione di Skinner è che il rinforzo rappresentato dalla ricompensa produce a sua volta un condizionamento che tende circolarmente a ottenere la ricompensa; questo significa che l’apprendimento è migliorabile.
Diversamente dagli psicologi comportamentisti, gli etologi come Lorenz e Tinbergen respingono il concetto di scatola nera collegato alla coppia stimolo-risposta e fedeli alla tradizione darwiniana riconoscono nell’istinto e nell’apprendimento le due componenti copresenti nella produzione del comportamento. I due approcci mostrano una differenza sostanziale: il rapporto fra innato e appreso viene ricercato dagli psicologi in laboratorio, mentre l’etologia, in quanto scienza naturale, cerca di mettere a punto un metodo altamente rigoroso di descrizione del comportamento. Naturalmente la scelta di studiare il comportamento in natura è perfettamente giustificata da un forte interesse negli studiosi darwiniani ed evoluzionisti per la funzione biologica del comportamento, più precisamente per la valutazione del suo contributo all’adattamento biologico e all’evoluzione delle specie. Lo studio naturalistico, infatti, concepisce il comportamento come un qualunque altro carattere biologico (biochimico, morfologico, ecologico): lo descrive, lo sottopone ad analisi comparativa, lo classifica, ne traccia la storia evolutiva. È da questo approccio che deriva l’idea di applicare il concetto di omologia trasferendolo dal campo morfoanatomico a quello etologico. Riconoscere omologie di comportamento significa osservare lo stesso modulo fisso di attività (tipicamente presente nella fase finale di un comportamento istintuale) in distinte specie e quindi dedurne, attraverso la conservazione della identità, la parentela. In questo modo l’etologia partecipa alla ricostruzione macroevolutiva dell’albero filogenetico della vita animale. Oggi, lo studio filogenetico del comportamento si concentra sui quattro principali obiettivi indicati da Tinbergen. I primi due riguardano le domande sui meccanismi causali e sul come: che cosa determina il comportamento e come si sviluppa nell’individuo. Gli altri due riguardano le domande sulla storia evolutiva e sul perché: qual è stata l’evoluzione filogenetica del comportamento, qual è il suo contributo alla fitness per cui esso si è conservato. Le risposte alle domande di Tinbergen non possono che provenire da approcci diversi tra loro. Le risposte sulle cause prossime si basano su di un approccio neurofisiologico integrato dall’analisi genetica, dalla genetica dello sviluppo e dall’epigenetica; le risposte sulle cause remote vanno trovate all’interno della teoria dell’adattamento indagando gli aspetti funzionali ed ecoetologici, e, su base comparativa, indagando le storie evolutive dei taxa.
Dopo gli anni Cinquanta lo studio biologico del comportamento ha affrontato la descrizione e l’analisi causale del comportamento sociale negli insetti e nei vertebrati aprendo nuovi spazi di ricerca da cui sono scaturite la scoperta di strategie evolutive complesse e dei nuovi problemi etologici di cui si occupa la sociobiologia.