L'Europa in eta protostorica. La civilta di La Tene
La Tène è una stazione sulla riva orientale del Lago di Neuchâtel, nella Svizzera occidentale, dove, nel 1855, furono rinvenuti nel Canale di Thièle (di collegamento tra i laghi di Biel e di Neuchâtel) circa 2500 oggetti, per lo più spade, punte di lancia, umboni di scudo, finimenti equini (morsi, falere, ecc.), fibule e anelli. I rinvenimenti di La Tène costituiscono un complesso tipologico talmente caratteristico, che da essi ha preso nome (fu usato per la prima volta da H. Hildebrand nel 1874) la civiltà della più recente età del Ferro preromana, dal medio bacino del Danubio fino alla Francia, che venne così tradizionalmente contrapposta alla più antica età del Ferro preromana, la cosiddetta epoca di Hallstatt. L’area centrale della civiltà di La Tène è costituita da Francia, Inghilterra, Germania meridionale, Svizzera, Austria, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria. Nella Spagna, Italia settentrionale, ex-Jugoslavia, Transilvania e Germania centrale essa confina con altre culture contemporanee: l’iberica, l’etrusca e la veneta, l’illirica, la dacica e quella germanica (Müller-Karpe 1961). Successivamente a tale definizione, gli studi più recenti hanno riguardato soprattutto l’articolazione e precisazione della cronologia, l’analisi di specifiche realtà socio-economiche e la definizione di aspetti regionali, in particolare in aree relativamente periferiche, quali l’Europa orientale, i Balcani e l’Italia, rimaste in precedenza ai margini della ricerca.
Fin da quando, negli anni Settanta dell’Ottocento, è stata definita per la prima volta nei suoi aspetti archeologici, la civiltà di La Tène è stata identificata con l’ethnos celtico noto dalle fonti letterarie, da Erodoto a Polibio, a Posidonio, Diodoro Siculo e Cesare. Anche alla luce dei risultati della linguistica comparata relativi alla formazione e alla sopravvivenza delle lingue celtiche, si era però manifestata una tendenza a considerare Celti, risalendo a ritroso nel tempo, i popoli presenti nell’Europa centro-occidentale durante l’età del Ferro o età di Hallstatt, durante l’età del Bronzo, quantomeno durante il periodo finale o età dei Campi di Urne e addirittura durante il Neolitico. Nella seconda metà del Novecento, soprattutto in Europa centrale, è tornata a prevalere la tendenza a considerare sicuramente Celti solo i portatori della civiltà di La Tène; negli ultimi anni, però, si è visto che questa corrispondenza univoca di matrice positivistica non sempre risultava convincente. Proprio tenendo conto della mancanza di una correlazione univoca tra ethnos, lingua e cultura materiale, alcuni studiosi sono tornati ad attribuire a genti celtiche anche l’antica età del Ferro, quanto meno il suo momento più recente, cioè la fase Hallstatt D (VI sec. a.C.), quando l’esistenza di un ethnos celtico in Europa centrale sembrerebbe indirettamente attestata da fonti autorevoli come Erodoto (II, Cronologia comparata della civiltà di La Tène 33; IV, 49), mentre altri, seppur su basi più fragili, attribuiscono a genti celtiche tutta l’età di Hallstatt o addirittura anche l’età dei Campi d’Urne.
Nella suddivisione in fasi della civiltà di La Tène esistono due terminologie, legate a due tradizioni di studio diverse. In Svizzera e in Francia le diverse fasi sono denominate con numeri romani (I-III), corrispondenti alla prima suddivisione proposta da O. Tischler in La Tène Antico, Medio e Tardo. In Europa centro-orientale si denominano le diverse fasi con lettere, da A a D, secondo la suddivisione proposta da P. Reinecke; le prime due, A e B, corrispondono all’incirca alla fase I della cronologia occidentale. I tentativi di precisare la cronologia del momento iniziale e di quello finale della civiltà di La Tène sono risultati particolarmente problematici. Tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta del Novecento gli studiosi tedeschi hanno vivacemente discusso se l’inizio della civiltà di La Tène facesse seguito al momento finale della civiltà di Hallstatt, secondo l’interpretazione tradizionale, oppure si avesse una parziale sovrapposizione delle due civiltà. La discussione ha coinvolto anche l’interpretazione di aspetti archeologici; ad esempio, è stato oggetto di controversia se vi fosse stata o meno una fase di occupazione di epoca La Tène sulla Heuneburg, come allora ritenevano gli scavatori W. Kimmig ed E. Gersbach. Oggi, alla luce delle più recenti ricerche e delle più attuali riletture dei dati dendrocronologici, l’idea di una parziale sovrapposizione cronologica tra Hallstatt finale e La Tène iniziale sembra meno generalmente condivisa, anche se è ancora sostenuta da vari autori. Diverse sono anche le opinioni sulla cronologia assoluta: l’inizio del La Tène A viene fatto oscillare di circa mezzo secolo, tra un momento iniziale e un momento avanzato del V sec. a.C. Queste oscillazioni si riflettono anche sull’inizio del La Tène Medio, che viene fatto a sua volta oscillare dal 275 al 225 a.C.; molti autori accettano oggi una datazione intermedia al 250 a.C. circa. Generale sembra, invece, il consenso incontrato dalla nuova datazione assoluta proposta per il La Tène Tardo. Cardine della cronologia del primo orizzonte, La Tène D1, in Europa centrale è l’oppidum di Manching, l’unico a essere stato oggetto di scavi estensivi in Germania meridionale (anni 1955-74; 1984-87). La sua fine, brusca e apparentemente violenta, era stata posta in relazione con la conquista augustea della zona, attorno al 15 a.C., dal direttore degli scavi, W. Krämer. Questa data avrebbe rappresentato un terminus ante quem per l’ultima fase di occupazione dell’oppidum, il La Tène D1. Successive ricerche, in particolare su oppida della Svizzera, Berna-Engehalbinsel, Basilea-Gasfabrik e Basilea-Münsterhügel, che sembrerebbero confermate dai dati dendrocronologici derivati dal rivestimento ligneo del pozzo situato nel temenos di Fellbach-Schmiden, in Baden-Württemberg, hanno indotto a rialzare la cronologia del La Tène D1, situata ora tra l’ultimo quarto del II e la metà circa del I sec. a.C. Di conseguenza la fase successiva, La Tène D2, viene situata tra la conquista cesariana della Gallia e l’età augustea.
La Tène Antico. - La documentazione archeologica relativa al La Tène A è particolarmente concentrata in un’area che va dalla Senna (a ovest) al Reno (a est); in questa zona, caratterizzata da ricche sepolture sotto tumulo, è stata collocata tradizionalmente l’“area di origine” della civiltà di La Tène. Nell’ambito dell’unità rappresentata da questa civiltà si è tentato di individuare delle differenziazioni.
Anni fa W. Dehn ha contrapposto la “Cerchia delle tombe principesche”, estesa a est fino all’Austria (Dürrnberg presso Hallein) e alla Boemia, alla più meridionale “Cerchia delle tombe a fossa”, con necropoli di tombe prive di tumulo contenenti materiali meno ricchi e alquanto diversi. Più recentemente H. Lorenz ha proposto una distinzione leggermente diversa, tra Cerchia Marna-Mosella e Cerchia Reno-Danubio, basandosi su un’ampia e sistematica analisi dei corredi funerari, con particolare riguardo al costume e all’armamento. Numerosi studi, inoltre, sono stati dedicati a singole realtà regionali. Le sepolture sotto tumulo del La Tène A hanno corredi spesso ricchi, sia di oggetti prodotti localmente, anche in materiali preziosi come oro, argento, ambra, corallo, sia di importazioni, in particolare coppe attiche e vasellame bronzeo, bacili, stamnoi e soprattutto brocche, di provenienza etrusca o di imitazione. Queste tombe “principesche” presentano analogie, relativamente alla struttura e al livello di ricchezza, con le precedenti sepolture tardohallstattiane, ma non contengono oggetti particolari, interpretati come doni diplomatici, dei quali il più famoso è il cratere della sepoltura della “principessa” di Vix, datata al momento terminale dell’età di Hallstatt.
La maggior parte degli abitati “principeschi” tardohallstattiani non sembra essere più occupata all’inizio del La Tène Antico. Sembrano fare eccezione soltanto Hohenasperg in Germania meridionale, Ütliberg in Svizzera, vicino ai quali sono state rinvenute una sepoltura “principesca” sotto tumulo e altre tombe del La Tène iniziale, e Château-sur-Salins nella Francia centro-orientale, vicino alla confluenza della Doubs e della Saône, dal quale provengono anche frammenti di ceramica a figure rosse e fibule di schema La Tène Antico. Una continuità di occupazione dalla tarda età di Hallstatt fino al La Tène Antico è documentata in due abitati anch’essi situati in Francia e oggetto di recenti scavi: Bragny-sur-Saône, vicino a Château-sur-Salins e Brouges-Avaricum nel bacino della Loira, dai quali provengono ceramica attica a figure nere e rosse e anfore massaliote. A Bragny negli scavi recenti è stato possibile distinguere nettamente due livelli, separati da una breve fase di abbandono: quello inferiore è tardohallstattiano, quello superiore presenta vistose tracce di lavorazione dei metalli e numerosi oggetti di provenienza cisalpina, riferibili alla cultura di Golasecca, fase III A.
Le tombe a tumulo del La Tène A, sparse o in piccoli gruppi, in genere separate dalle necropoli di tombe più povere, sono localizzate prevalentemente in un’area più settentrionale di quella occupata dalle tombe principesche tardohallstattiane, un’area che si estende dalla Francia orientale, soprattutto la Champagne e la Marna, alla Germania centro-occidentale (in particolare lungo il basso corso della Mosella, la zona della cultura di Hunsrück-Eifel) sino alla Boemia settentrionale. Al contrario di quelle tardohallstattiane, situate nelle vicinanze degli abitati fortificati principali, le tombe “principesche” del La Tène A, anch’esse spesso caratterizzate dalla presenza di carri, che però ora sono a due ruote, non sembrerebbero in relazione diretta con abitati a carattere dominante. Secondo alcuni autori questo fatto potrebbe dipendere dalla mancanza di ricerche sistematiche: nelle zone meglio conosciute, come quella della cultura di Hunsrück-Eifel. Queste sepolture monumentali a tumulo, che sembrerebbero in rapporto topografico con le presenze di minerali di ferro, sono spesso poste in posizione dominante, talvolta in rapporto topografico con insediamenti fortificati d’altura.
Gli insediamenti sono ancora poco conosciuti; quelli noti, situati in pianura oppure fortificati su altura, sembrano avere le dimensioni e l’aspetto di un piccolo villaggio o talvolta addirittura di una fattoria. La possibilità di una distinzione tra “villaggi” e “fattorie” nella zona della cultura di Hunsrück-Eifel, però, è stata prospettata da A. Haffner soprattutto sulla base delle dimensioni delle necropoli. Anche più a est, in Boemia, alcuni abitati tardohallstattiani continuano a essere occupati durante il La Tène Antico, come il sito fortificato di Závist, alla sommità del quale è stata individuata una struttura quadrangolare circondata da un fossato, considerata dagli scavatori un luogo di culto, come anche abitati di minori dimensioni e non fortificati, quale, ad esempio, Radovesice.
Data la scarsa conoscenza degli abitati, non sappiamo praticamente nulla sull’organizzazione delle produzioni artigianali. L’alto livello raggiunto risulta però evidente dai prodotti della metallurgia locale, che consistono in vasellame bronzeo, in parte liberamente ispirato a modelli mediterranei, armi di ferro, in particolare le tipiche spade con foderi spesso decorati, oggetti di uso più corrente quali, ad esempio, le fibule e gli ornamenti, spesso di bronzo, talvolta di ferro o di metalli preziosi. Questi oggetti a volte sono decorati con motivi caratteristici, i quali nel loro complesso sono stati attribuiti da P. Jacobstahl al cosiddetto Early Style. I gioielli delle tombe principesche (collari, braccialetti, anelli da dito, fibule) sono sovente realizzati in oro, più raramente in argento. L’oro, anche laminato o sotto forma di placcatura, era presente già nelle tombe principesche tardohallstattiane, ad esempio nella tomba di Hochdorf; l’argento invece compare solo con l’età di La Tène (un’eccezione è la già citata tomba di Vix, con una phiale d’argento d’importazione). Nella lavorazione della ceramica, inoltre, diventa sempre più frequente l’uso del tornio, che nella tarda età di Hallstatt veniva utilizzato solo per alcune produzioni particolari, presenti in abitati dominanti come la Heuneburg o Mont Lassois.
Nonostante le caratteristiche complesse delle produzioni artigianali e l’esistenza di uno scambio organizzato a lunga distanza, la mancanza di una gerarchia evidente tra gli abitati noti e l’assenza di tombe “principesche” del livello di quelle tardohallstattiane di Hochdorf o di Vix hanno fatto pensare a un tipo di società che, al contrario di quella precedente tardohallstattiana, non arriva ad avere carattere “protostatale”. Anche la presenza nelle tombe di oggetti di prestigio, importati o di produzione locale, non sembra riconducibile a modelli centralizzati e gerarchici come quelli ipotizzati per le società tardohallstattiane. Nella tarda età di Hallstatt si conosce soltanto una sepoltura con carro di straordinario livello considerata sicuramente femminile dalla maggior parte degli autori: la celebre tomba di Vix; altre sepolture con carro della Francia e della Svizzera, provenienti da vecchi scavi, sono state considerate femminili da alcuni studiosi soprattutto per via della mancanza di armi. Durante il La Tène Antico le donne con un corredo principesco comprendente gioielli spesso d’oro, vasellame bronzeo e anche un carro sembrano più numerose che nella precedente fase tardohallstattiana. La situazione, però, è differente da zona a zona: le tombe di “principesse” sembrano frequenti nel Palatinato, da dove proviene la sepoltura di Reinheim, mentre sono più rare e più tarde nella più settentrionale area della cultura di Hunsrück-Eifel (Haffner 1976).
Durante il periodo La Tène B i prodotti del mondo mediterraneo, quali ceramica figurata o a vernice nera e vasellame bronzeo, sono presenti nelle sepolture celtiche dell’Italia, ma si trovano solo eccezionalmente a nord delle Alpi (in Germania a Waldalgesheim e a Bescheid; in Austria a Mannesdorf; in Svizzera a Ollon, La Combe e Sale), dove continua a venire importato soltanto il corallo, usato per decorare gioielli, in particolare fibule e collari, in alternativa o insieme a uno smalto rosso che sembrerebbe imitarne l’effetto cromatico.
Dal IV sec. a.C. hanno inizio le migrazioni verso l’Italia e verso l’Europa orientale, attestate dalle fonti letterarie e da quelle archeologiche. All’inizio del secolo risale il primo avvenimento storico datato di cui gruppi celtici sono protagonisti, il cosiddetto “sacco di Roma”. Dato che le zone in cui in precedenza erano particolarmente concentrate le tombe principesche, dalla Champagne alla zona della cultura di Hunsrück-Eifel, sembrano ora meno abitate, si è pensato che i gruppi in movimento venissero da queste regioni; in particolare è stata ipotizzata una derivazione dei Senoni stanziati nelle Marche da quelli omonimi della Champagne.
Di questo periodo si conoscono soprattutto necropoli, spesso costituite da poche tombe, con sepolture a fossa in genere individuali, i cui corredi non raggiungono più il livello di ricchezza di quelli di età precedente. A partire dagli anni Settanta del Novecento i corredi di alcune di queste necropoli sono stati analizzati anche dal punto di vista della composizione per trarne indicazioni sulla struttura sociale delle comunità. I defunti, prevalentemente inumati, sono per lo più sepolti con oggetti relativi all’abbigliamento, in genere indossati, il che fa pensare che fossero vestiti e non avvolti in un sudario. In alcune regioni, ad esempio nella Marna e in Europa orientale, dal Dürrnberg presso Hallein alla Slovacchia, ma non in Svizzera, nelle tombe vengono deposti anche complessi di vasi, a volte con offerte di cibo. L’analisi dei costumi, oltre che delle strutture tombali, ha permesso anche di riconoscere gli spostamenti di alcuni gruppi. V. Kruta ha individuato in tal modo la presenza di Celti orientali nella Marna e nella Linguadoca nella prima metà del III sec. a.C.
Le differenze di livello di ricchezza tra le diverse tombe nel La Tène B sono meno vistose che nel periodo precedente: la maggior parte degli individui sepolti ha un corredo personale relativamente standardizzato che, soprattutto nel caso delle donne, sembra evidenziare, attraverso l’abbigliamento caratteristico, l’appartenenza alla comunità. Alcuni individui, in parte bambini, hanno corredi personali costituiti da un numero minore di oggetti, ad esempio una o due fibule oppure uno o due braccialetti o anelli; qualcuno è addirittura privo di corredo. Dato che ancor oggi non sempre si dispone di studi antropologici dei resti ossei, spesso le ipotesi sul ruolo sociale di questi individui non possono essere confrontate con dati relativi all’età, al sesso e alle eventuali patologie.
Anche se, soprattutto in Europa centro-occidentale, gli abitati sono ancora poco conosciuti, dalle dimensioni di queste necropoli sembra di poter dedurre che, soprattutto nel IV sec. a.C., le comunità fossero relativamente piccole, composte da poche decine di individui: in sostanza comunità relative a piccoli villaggi o fattorie. Nonostante l’alto livello dell’artigianato, caratterizzato da forme di lavorazione complesse, che sembrerebbero implicare l’esistenza di più figure di specialisti, e nonostante la persistenza di importazioni di corallo a nord delle Alpi, nel suo complesso la società del La Tène B viene considerata una società “di rango” nella quale lo status di membro di pieno diritto della comunità verrebbe indicato, in contesto funerario, dal possesso di un corredo “completo” con oggetti d’ornamento per le donne e armi per gli uomini.
In Inghilterra in quest’epoca si conoscono sia abitati fortificati, sovente su altura (hillforts), che abitati di pianura, spesso circondati da palizzate e/o fossati come Little Woodbury o Gussage All Saints. Gli edifici hanno prevalentemente forma circolare, molto comune già nell’età del Bronzo, e la “cultura materiale” presenta caratteristiche locali. I materiali La Tène non sono numerosi e sono localizzati soprattutto nel Meridione: quelli più antichi sono foderi di pugnale decorati, provenienti dal letto del Tamigi, e alcune fibule per lo più prive di contesto. Sepolture dell’età del Ferro non sono frequenti, ma più a nord, nello Yorkshire orientale, l’impianto di alcune necropoli di tombe a inumazione, in parte con carro, note sotto il nome di “cultura di Arras”, viene fatto risalire al IV sec. a.C. Resta in discussione se si debba pensare a una vera immigrazione di Celti continentali, come pensano alcuni autori, o piuttosto a un gruppo locale che si ispira a usanze continentali, come ritengono altri. In Italia i materiali La Tène riferibili al V e alla prima parte del IV sec. a.C. non sono numerosi; spesso sono sporadici oppure presenti in contesti di carattere locale. Oltre alle fibule tardohallstattiane con protome di uccello acquatico, che secondo alcuni autori andrebbero almeno in parte riportate a questo momento, vi sono alcune spade del La Tène A, presenti soprattutto in ambito golasecchiano, e ganci di cintura triangolari traforati che, soprattutto nei corredi transalpini, spesso si accompagnano alle spade insieme ai caratteristici tre anelli di sospensione. Si è discusso se questi ganci debbano essere considerati tipici del La Tène, importati o imitati in Italia e forse indicativi della presenza della prima generazione di guerrieri transalpini (O.-H. Frey), oppure un precoce apporto peninsulare alla civiltà La Tène, la cui diffusione transalpina potrebbe dipendere da individui tornati a nord delle Alpi (V. Kruta). Comunque interpretati, questi elementi testimoniano l’esistenza di stretti rapporti tra i due ambiti, rapporti che potrebbero esser già dovuti al mercenariato (Wells 1984).
Le testimonianze più antiche di gruppi celtici individuabili in quanto tali sono situate a sud del Po. Alle necropoli già note (come Montefortino e Filottrano nelle Marche, Bologna e Marzabotto in Emilia) si sono recentemente aggiunte quella di Monte Bibele presso Monterenzio, con il relativo abitato e di Arcoveggio-Via della Dozza presso Bologna, e inoltre alcune tombe, isolate o in piccoli gruppi, in Emilia-Romagna e nelle Marche, tra cui quella “principesca” di guerriero di Moscano di Fabriano (e alcune da Numana e Camerano, picene, ma con spade La Tène). A nord del Po la documentazione della fase più antica è molto limitata: a un momento iniziale del La Tène B è possibile datare quasi soltanto la tomba con armi da Campo Costiere a Vho di Piadena. Le necropoli più antiche, come quella di Carzaghetto nel Mantovano, sembrano aver inizio alla fine di questo periodo.
Negli ultimi anni gli studi sui Celti in Italia sono stati focalizzati in particolare sull’analisi delle caratteristiche del rituale e del costume dei singoli gruppi, il cui nome e la cui approssimativa localizzazione sono noti dalle fonti letterarie, anche per precisarne meglio gli ambiti territoriali: Senoni nelle Marche, Boi in Emilia, Insubri e Cenomani in Transpadana. Le prime generazioni dei Senoni e dei Boi, come aveva notato già il Brizio, sembrano adottare per molti aspetti costumanze etrusco-italiche legate al banchetto e alla cura della persona, che si riflettono nel corredo e nel rituale funerario.
L’altro aspetto cui è stata dedicata particolare attenzione riguarda i rapporti con i popoli confinanti, soprattutto gli Etruschi, i Piceni, gli Umbri, ma anche i Veneti e i Liguri, rapporti la cui rilevanza è stata evidenziata da recenti scoperte, quali la “tomba di Nerca” a Este e la necropoli di Ameglia presso La Spezia.
La Tène Medio. - La documentazione archeologica disponibile consiste soprattutto in necropoli di tombe a fossa, le quali spesso continuano dalla fase precedente. Sembrano ora più pronunciate ed evidenti le caratteristiche regionali dei diversi gruppi che si cominciavano a delineare già nel momento finale del La Tène Antico (La Tène B2). Queste caratteristiche si possono cogliere attraverso il rituale funerario (ad es., nell’uso dell’inumazione o dell’incinerazione, in questo periodo di nuovo relativamente frequente; nella presenza o assenza di ceramica e di offerte di cibo nella tomba) e nei materiali di corredo (fibule ed elementi del costume con peculiarità locali). Oggetti di prestigio, quali le tipiche spade, in particolare quelle decorate nello “stile delle spade ungheresi” e nello “stile delle spade svizzere”, continuano ad avere un’ampia diffusione.
I corredi sono per molti aspetti simili a quelli dell’età immediatamente precedente. Nell’ambito del costume femminile, però, in molte zone non sono più in uso né gli anelli da caviglia né il collare. I braccialetti continuano a essere molto usati (in particolare quelli di vetro colorato, che ora diventano comuni), ma di solito non vengono portati più simmetricamente, bensì sono di numero o di tipo diverso sulle due braccia. Frequenti e tipiche di questo periodo sono le cinture a catenella di bronzo. Nel corredo maschile, l’armamento seguita a essere costituito principalmente dalla spada (accompagnata ora in genere dalla catena porta-spada, che sostituisce i tre anelli nel sistema di sospensione) e dalla lancia; l’elmo è molto raro, mentre diventa relativamente frequente il tipico scudo rettangolare di cui resta l’umbone allungato in ferro. In alcuni casi le sepolture sono di notevole livello come, ad esempio, la tomba – verosimilmente femminile – da Dühren in Baden-Württemberg; le importazioni dal mondo mediterraneo sembrano ancora più scarse che nel La Tène B: corallo e vasellame bronzeo importato sono ormai del tutto eccezionali. Come linea di tendenza generale, inoltre, i corredi sono più poveri che in precedenza; diventano più numerosi gli individui con corredo non completo o addirittura assente.
Anche la società celtica del La Tène Medio viene in genere considerata una società “di rango” a carattere tribale, anche se alcuni fatti, in particolare l’adozione della moneta e la stabilizzazione degli insediamenti, sembrerebbero contraddire almeno in parte questa immagine. Le monete La Tène imitano soprattutto prototipi greci, tra cui i principali sono le dracme d’argento di Marsiglia, gli stateri d’oro e i tetradrammi d’argento di Filippo II e di Alessandro, poi anche, in qualche caso, prototipi romani. In Europa centro-occidentale, però, sia gli originali greci che le loro imitazioni, spesso sporadiche, in genere non sono databili in base al contesto archeologico. La cronologia delle prime dracme di imitazione massaliota emesse nella Gallia cisalpina dipende da quella del prototipo: la dracma pesante che sarebbe stata coniata fra l’inizio del V secolo e il 360 a.C. o la dracma leggera con gli stessi tipi iconografici ma successiva al 225 a.C. Le prime emissioni cisalpine, se – come pensano alcuni autori – sono collegabili, dal punto di vista ponderale, alle dracme pesanti, potrebbero risalire al IV sec. a.C. Cronologie sensibilmente più basse per le prime monete celtiche transalpine sono state proposte negli anni Settanta del Novecento da vari autori, che si fondavano soprattutto sulle emissioni di I secolo, meglio databili perché più abbondanti e spesso rinvenute in contesti archeologici. All’inizio degli anni Ottanta, però, H. Polenz, riesaminando sistematicamente i pochi corredi con monete anteriori al I secolo presenti in Europa centrale, ha potuto dimostrare l’esistenza di associazioni sicure tra monete celtiche e corredi del La Tène Medio e addirittura prospettare l’ipotesi che due tombe con imitazioni di stateri di Alessandro e di Filippo, Dobian e Hostomiz, note da recuperi ottocenteschi, potessero essere datate al momento finale del La Tène Antico (La Tène B2).
Altro indizio di evoluzione verso una società più complessa sembra la progressiva stabilizzazione degli insediamenti. Alcuni abitati occupati già in questa fase nel La Tène Tardo assumeranno il caratteristico aspetto di oppida fortificati, oppure la stessa comunità sembra spostarsi, nel corso del La Tène Tardo, da uno o più insediamenti di pianura occupati in precedenza a un abitato meglio difendibile e fortificato, come avviene, ad esempio, a Aulnat/Gergovia, nella Francia centro-orientale. Ben noto è il caso di Manching, dove finora non è stata individuata una fase di occupazione risalente al La Tène Antico (anche se le due necropoli vicine, Hundsrucken e Steinbichel, sono utilizzate fin dal La Tène B2), mentre è ben conosciuta la fase del La Tène Medio (tanto che la “stratigrafia orizzontale” individuata nell’abitato è stata utilizzata per proporre una suddivisione cronologica tra C1 e C2).
Il rapporto topografico tra insediamento e struttura con carattere sacrale sembrerebbe più stretto nel caso di Gournaysur-Aronde, nella Francia settentrionale, dove un luogo di culto risalente almeno al La Tène Medio, ma forse in uso fin dal La Tène Antico, è situato ai margini di un oppidum. Strutture in parte analoghe, caratterizzate da offerte di oggetti e di resti animali e umani, ma risalenti per lo più al tardo La Tè-ne e situate in genere al di fuori degli oppida, sono state individuate in altre località della Francia settentrionale, a Ribemont, Saint-Maur e Mirabeau; questi siti rappresenterebbero un tipo specifico di luogo di culto, denominato “santuario gallo-belgico” da J.-L. Bruneaux.
Mentre nel bacino danubiano-carpatico questo è un momento di espansione e consolidamento, in Italia nel corso del III sec. a.C. la potenza celtica viene arginata, fino alla perdita dell’autonomia e forse anche alla scomparsa fisica delle tribù cispadane, dei Senoni prima e dei Boi poi. È ancora discusso se la fine delle necropoli senoniche, in particolare di Montefortino, avvenga in un momento iniziale o avanzato del III sec. a.C., subito dopo la battaglia del Sentino del 295 o la deduzione di Sena Gallica nel 283 a.C. ovvero soltanto più tardi; certo, però, nelle Marche materiali tipici del La Tène Medio sono scarsi e sporadici. Nelle necropoli boiche, a Bologna e Marzabotto, è documentata una fase del La Tène Medio, caratterizzata da tombe di guerriero con catena porta-spada e da corredi femminili con fibule e oggetti tipici: i materiali etrusco-italici non sono più fra quelli caratterizzanti. Anche a Monte Bibele vi sono alcune tombe di guerriero con catena porta-spada. Nella Transpadana centrale questo periodo è scarsamente documentato: continuano a essere utilizzate necropoli come Carzaghetto nel Mantovano e La Sforzesca in Lomellina. A est dell’Oglio, in territorio cenomane, come pure in Veneto e in Friuli sono ancora in uso i collari, in genere di filo ritorto, di bronzo ma anche d’argento. Nell’area insubre i principali complessi, entrambi a ovest del Ticino, sono Dormelletto presso il Lago Maggiore e Garlasco-Madonna delle Bozzole nella bassa pianura. A Dormelletto le tombe più antiche sono a inumazione; nelle deposizioni femminili è risultato effettivamente attestato quel costume con coppia di anelli da caviglia e braccialetti portati in modo asimmetrico la cui esistenza era stata ipotizzata sulla base della presenza di coppie di anelli da caviglia a ovoli nelle vecchie collezioni (R. De Marinis). A Garlasco dracme e oboli padani compaiono in alcune tombe della fine del periodo (La Tène C2) che rappresentano quindi il primo aggancio cronologico sicuro per le emissioni padane, da intendere certo solo come un terminus ante quem per l’inizio della monetazione. Anche le importazioni di ceramica a vernice nera, da Volterra e soprattutto da Adria, come pure di vasellame bronzeo, si intensificano; del resto in questo momento si può ormai pensare a fabbriche locali, almeno a sud del Po.
La Tène Tardo. - Le fonti archeologiche disponibili sono diverse rispetto a quelle meglio documentate in precedenza: si conoscono abbastanza bene gli abitati, in particolare quelli fortificati denominati oppida, mentre le sepolture sono praticamente sconosciute in gran parte dell’Europa centrale, dove quelle note sono in genere a incinerazione, spesso archeologicamente poco visibili, come nel caso dell’oppidum di Heidetränk, e con scarso corredo, seppure con alcune vistose eccezioni. Necropoli di una certa consistenza, con corredi talvolta piuttosto ricchi, sono presenti in zone relativamente marginali dove talora è praticata ancora l’inumazione, come la Svizzera (Basilea e Canton Ticino), l’Italia transpadana, la Francia atlantica, l’Inghilterra meridionale (sepolture a incinerazione della cultura di Aylesford-Swarling e “tipo Welwyn”).
Si intensificano di nuovo le esportazioni dall’Italia che si diffondono in buona parte d’Europa, soprattutto negli oppida, ma arrivano anche in aree periferiche (come l’Inghilterra, che entrerà definitivamente nell’orbita romana solo nel I sec. d.C.) o addirittura al di fuori del mondo celtico (come la Polonia e la Danimarca, che rimarranno fuori dai confini dell’impero), dove si trovano in genere nelle tombe di personaggi eminenti. Si tratta di ceramica a vernice nera, di anfore (Dressel Ia prima e Ib poi) e soprattutto di vasellame metallico, di bronzo e, più raramente, d’argento. La ceramica a vernice nera ha una diffusione localizzata in Francia meridionale e Svizzera, solo eccezionalmente arriva anche in Europa centrale (ad es., a Manching ve ne sono pochi frammenti); più ampia è la diffusione delle anfore e soprattutto del vasellame di bronzo, che però è databile in modo meno preciso di quanto non lo siano la ceramica a vernice nera e le anfore, per le quali si dispone peraltro di cronologie ancora non sufficientemente puntuali.
Gli oppida rappresentano un fenomeno quantitativamente e qualitativamente diverso rispetto agli abitati di età precedente. Se le mura della Heuneburg tardohallstattiana comprendevano una superficie inferiore ai 4 ha, la cerchia fortificata di Manching, eretta all’inizio del La Tène D, doveva racchiudere un’area di almeno 350 ha e quella di Kelheim (all’interno della quale vi era però anche un’area mineraria sicuramente non abitata) arrivava a comprendere 650 ha.
Strutture a carattere cultuale all’interno di abitati erano note da tempo soprattutto in Francia meridionale (particolarmente rilevanti quelle di Entremont, Nages, Roquepertuse) e centrale (in particolare a Bibracte, dove gli scavi sono stati ripresi nel 1984). Più di recente sono stati resi noti i risultati delle ricerche condotte in Francia settentrionale: Gournaysur-Aronde sembrerebbe ancora in uso, mentre una parte degli altri “santuari gallo-belgici” sembra risalire a questo periodo. Fuori degli abitati sono situati, in genere, i tipici “recinti quadrangolari”, circondati da terrapieno e fossato, che racchiudono una superficie di un ettaro e più, all’interno dei quali sono presenti talvolta edifici, che potrebbero avere avuto un ruolo specifico nel culto, o pozzi, come quello recentemente scavato a Fellbach-Schmiden, o talvolta anche tombe. Questi recinti, presenti in gran parte d’Europa, sono particolarmente numerosi in Germania meridionale.
Pratiche cultuali venivano certo ancora svolte anche in “luoghi sacri in natura”: le offerte votive, molto spesso in rapporto con acque, consistevano, oltre che in armi, in oggetti d’ornamento, talvolta in piccoli gruppi. In particolare collari d’oro, spesso a coppie e talvolta associati a monete d’oro o d’argento, rappresentano un tipo di rinvenimento verosimilmente a carattere votivo documentato almeno a partire dal La Tène Medio (Furger-Gunti 1984). Tra le offerte sono ora documentati oggetti miniaturistici, monete e a volte anche statue lignee, come nel caso delle sorgenti della Senna. È possibile che in questi siti venissero svolti anche sacrifici, ma le evidenze disponibili non sembrano sufficientemente probanti. Recentemente però è stata attirata l’attenzione su un numero non trascurabile di crani umani, in parte databili a questo periodo, provenienti da fiumi dell’Inghilterra meridionale, in particolare dal Tamigi (dal quale provengono numerosi oggetti già noti, in particolare armi, in buona parte di epoca La Tène, come, ad es., il famoso scudo di Battersea, datato tra la fine del I sec. a.C. e l’inizio del I sec. d.C.), che potrebbero essere ricollegati alle “teste tagliate”, documentate soprattutto in Francia meridionale. Numerosi d’altronde sono i resti umani provenienti da oppida, ad esempio anche da Manching, interpretati da qualche autore come resti di possibili sacrifici. L’uso di tagliare le teste al nemico sembrerebbe attestato anche dall’arte figurativa: nell’oggetto che pende dalla cintura della figurina di guerriero a cavallo da Kärlich, presso Coblenza, sarebbe da riconoscere una “testa tagliata” (O.-H. Frey).
All’interno degli oppida venivano praticate numerose attività artigianali; a Manching sono attestate la lavorazione del ferro, quella del bronzo, del vetro, della ceramica fine in parte dipinta, di pentole, di tessuti, concentrate in zone diverse dell’abitato. Negli oppida, risultano anche le monete (frequenti in particolare quelle di bronzo e di “potin”, monete di bassa lega di bronzo, contenente anche piombo, sia coniate che fuse), presenti peraltro anche negli abitati all’aperto, e sembrano essere state prodotte sia negli uni che negli altri; tracce di lavorazione di monete sono state rinvenute in oppida come Manching, ma anche nel sito non fortificato di Aulnat. La diffusione di emissioni di basso valore, accanto a quelle in metalli preziosi, sembra indicare che gli oppida fossero centri di scambio, oltre che di produzione, caratterizzati da un’economia nell’ambito della quale transazioni anche di modesta entità potevano essere effettuate con monete. Anche se gran parte delle coniazioni è anepigrafa, le monete rappresentano comunque una delle poche fonti epigrafiche disponibili per il mondo celtico. Nel La Tène Tardo a nord delle Alpi la conoscenza della scrittura è indubbia, anche se è difficile valutarne la funzione e l’impatto all’interno della società.
L’interesse per il problema della scrittura, che ha fatto seguito negli anni Cinquanta del Novecento alla scoperta a Port (Svizzera) della spada “di Korisios”, con questo nome impresso in caratteri greci, ha portato al progetto di una raccolta sistematica di tutte le iscrizioni celtiche (Recueil des Inscriptions Celtiques, a cura di P.-M. Duval). A Manching è stata sottolineata la presenza di strumenti che avrebbero potuto essere stili scrittori, utilizzati per scrivere su tavolette cerate, secondo quanto narrato da Cesare (Bell. Gall., I, 29; VI, 14), oltre che di un piccolo numero di graffiti su ceramica. Dalla metà del III sec. a.C. i gruppi situati nell’entroterra di Marsiglia avrebbero adottato per primi la scrittura che in seguito, a partire dalla metà del II sec. a.C., si sarebbe diffusa anche più a nord, nella Francia centrale e, anche se in misura più limitata, in Svizzera e Germania meridionale. Con il progredire della romanizzazione, poi, all’alfabeto greco si sostituì gradualmente quello latino (M. Lejeune).
Un’articolazione in oppida e abitati di minori dimensioni, in genere non fortificati, ma spesso anch’essi sede di attività artigianali, anche se talvolta a carattere più limitato, sembra tipica di tutto il mondo celtico, in Occidente come in Oriente. Gli oppida erano anche le sedi del potere politico, verosimilmente al centro di stati tribali a carattere territoriale, di cui però, in mancanza tra l’altro di ricerche di superficie sistematiche, non sempre è possibile stabilire i confini. Un tentativo relativamente dettagliato è stato effettuato per la Francia centro-orientale descritta da Cesare, sede degli Arverni. Negli ultimi tempi si è tentato di analizzare le caratteristiche dell’organizzazione politica interna alle maggiori tribù, in particolare per quel che concerne la sopravvivenza della monarchia, il ruolo dell’aristocrazia riunita in assemblee, il peso e la funzione della clientela.
In Inghilterra il termine oppidum viene usato per abitati di grandi dimensioni, dell’ordine di alcune decine di ettari, centri di produzione e di mercato, verosimilmente anche di potere politico, presenti, a partire dal I sec. a.C., in alcune zone del meridione, in buona parte coincidenti con l’area di diffusione delle sepolture a incinerazione della cultura di Aylesford-Swarling (attribuita ai Galli Belgi all’epoca della scoperta della necropoli di Aylesford, alla fine dell’Ottocento, e ancor oggi ritenuta da vari autori di origine continentale). Altrove sussiste l’articolazione in hillforts e abitati di pianura, che possono essere o meno circondati da fossato e vallo: Maiden Castle e Danebury, ad esempio, sono occupati fino a quest’epoca. Attività artigianali sono attestate anche negli abitati di pianura come Gussage All Saints, dove sono stati trovati i resti di un’officina che avrebbe prodotto morsi equini e attrezzature per cavalli, sufficienti per una cinquantina di carri. Sempre a questo periodo sembrerebbero risalire le prime strutture a carattere cultuale riconosciute come tali: ad esempio, una di queste è stata individuata all’interno di Maiden Castle, un’altra a Heath Row al di sotto del tempio gallo-romano. Rispetto al mondo celtico d’Oltralpe, nella Gallia cisalpina l’evoluzione verso forme protostatali potrebbe essere precoce, come sembrerebbe indicato dall’antichità e diffusione di monetazioni con stretti legami tipologici e ponderali. Oppida come Mediolanum (del quale sul piano archeologico si inizia solo ora ad avere una documentazione consistente: materiali di V sec. a.C., livelli d’abitato con ceramica a vernice nera e altra dipinta di II e I sec. a.C., dracme padane) potrebbero aver rappresentato un modello per gli analoghi centri transalpini, tanto più se si ammette che la tipica fortificazione ad aggere derivi in ultima analisi da prototipi italici (O.-H. Frey).
La documentazione relativa alla fine del II e al I sec. a.C. è più abbondante ed è concentrata soprattutto nella Transpadana centrale. Negli ultimi anni si sono avute nuove edizioni di scavi ottocenteschi, pubblicazioni di materiali inediti conservati nei musei e ricerche sul terreno riguardanti prevalentemente necropoli. Mentre continua lo studio delle implicazioni giuridico-amministrative della concessione della cittadinanza di diritto latino ai popoli della Cisalpina, i dati archeologici permettono di evidenziare le differenze esistenti nel processo di romanizzazione, rapido nei centri urbani che acquistano presto un aspetto monumentale, a somiglianza di quelli italici (come nel caso di Brixia, capoluogo dei Ceno-mani), più lento nelle zone periferiche che rimangono legate alle tradizioni celtiche almeno fino all’età cesariana. I corredi tombali testimoniano il perdurare di ornamenti di carattere locale (fibule “pavesi” in Lomellina, fibule tipo “Ornavasso” in area leponzia e fibule “a scorpione” nell’arco alpino centrale), di forme ceramiche (in particolare vasi a trottola, olle e bicchieri a porta-uovo), di monetazione padana a fianco di quella romana, dell’alfabeto “leponzio”. La graduale scomparsa delle spade, sostituite da strumenti da lavoro, nelle tombe maschili, prima nelle zone di pianura e poi anche in quelle prealpine e alpine, è stata considerata indicativa di un cambiamento nell’armamento e nel rituale che riflette un profondo mutamento nell’organizzazione sociale (E.A. Arslan). Solo le popolazioni dell’arco alpino, quali quelle sepolte nelle necropoli di Ornavasso, conservano le tradizioni celtiche fino all’età augustea.
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