L'Europa in eta protostorica. La cultura di Hallstatt
La civiltà di Hallstatt, principale cultura protostorica della prima età del Ferro centro-europea, prende il suo nome dalla grande necropoli scoperta nel 1846 da J.G. Ramsauer a monte dell’omonimo centro situato nel Salzkammergut, nella regione montuosa dell’Alta Austria. All’interno dell’ampia area di diffusione della cultura hallstattiana si manifestano numerose varianti regionali, che vengono raggruppate in due grandi cerchie, quella occidentale (Francia orientale, Germania centro-meridionale, Svizzera, Boemia e Austria occidentale) e quella orientale (Austria orientale, Moravia, Slovacchia meridionale, Ungheria occidentale, Slovenia e parte della Croazia), rispetto alle quali lo stesso sito di Hallstatt assume, grazie alla vasta rete di relazioni scaturite dallo sfruttamento dei suoi giacimenti salini, un ruolo intermedio. La cultura di Hallstatt è inquadrabile tra l’VIII e la metà del V sec. a.C., anche se in alcune zone interessate da una penetrazione più tardiva degli elementi latèniani, come, ad esempio, l’area slovena, si manifestano fenomeni di attardamento.
L’età hallstattiana rappresenta un periodo di profonda trasformazione, caratterizzato da una crescente differenziazione economica e sociale. Nell’ambito di comunità eminentemente rurali si assiste infatti a una progressiva concentrazione di ricchezza e potere nelle mani di una ristretta classe di individui che tende a elevarsi ed estraniarsi in misura sempre maggiore, sia in vita che in morte, rispetto al resto della popolazione.
Questo fenomeno prende avvio già nella fase più antica (Ha C) e trova particolare espressione nel campo del rituale funerario, attraverso la monumentalità delle tombe a tumulo e, come appare evidente soprattutto nella cerchia hallstattiana occidentale, l’ostentazione di una serie di insegne di rango, spesso riconducibili a usi e costumi meridionali, come la spada (Ha C) o il pugnale (Ha D), il torques d’oro, il carro a quattro ruote, il vasellame bronzeo di tipo simposiaco o i beni di prestigio importati dall’area mediterranea. Nella stessa ottica può essere letta anche l’ampia diffusione tra l’VIII e il VI sec. a.C., soprattutto in area bavarese, dei cosiddetti Herrenhöfe, fattorie gentilizie recintate con una palizzata lignea e un doppio fossato esterno, che a loro volta riflettono un sistema socio-economico maggiormente incentrato sulla difesa e sull’esibizione della proprietà.
Questo processo raggiungerà però il suo apice nel corso della tarda età di Hallstatt (Ha D) proprio nella cerchia occidentale (tra la Germania sud-occidentale, la Francia orientale e l’altipiano svizzero) con il fenomeno delle cosiddette tombe e residenze principesche. Il termine Fürstengräber (o quello più neutro Prunkgräber, ossia “tombe sfarzose”) è usato convenzionalmente dagli studiosi di lingua tedesca per caratterizzare una serie circoscritta di tombe del VI-V sec. a.C. che superano di gran lunga per monumentalità e lusso le più ricche sepolture a tumulo della fase precedente e si dispongono, in un raggio di alcuni chilometri, intorno a insediamenti d’altura fortificati, di conseguenza definiti Fürstensitze. Basandosi, in assenza di fonti scritte, le nostre conoscenze sostanzialmente sull’evidenza funeraria, la natura e la portata del potere di questi “principi” sono intensamente dibattute, con tesi che di volta in volta attingono a modelli de-sunti dall’etnologia, dalla sociologia o dalla storiografia. Quali che siano le loro reali prerogative (“vecchi del villaggio”, “capi-tribù”, “re-sacerdoti”, ecc.) o le modalità della trasmissione del loro potere (gerontocratica, meritocratica, dinastica, ecc.), la loro ascesa e ricchezza sembrano strettamente legate, in un rapporto di causa ed effetto, alla penetrazione commerciale greca ed etrusca verso l’Europa centrale, soprattutto dopo la metà del VI sec. a.C., mirante a garantirsi una continuità nell’approvvigionamento di materie prime, in primo luogo lo stagno dei giacimenti nord-europei (ma anche l’ambra, il rame, il ferro o il sale). Da sud doveva invece risalire, lungo due assi preferenziali (da Massalia, lungo l’asse fluviale Rodano-Saône, dalla Pianura Padana, attraverso i passi alpini svizzeri) prevalentemente vino, insieme al quale giungevano verso i centri di potere hallstattiani, probabilmente come merci di accompagno o “doni diplomatici”, anche ceramica attica, vasellame metallico e altri beni di lusso, che venivano poi deposti, spesso in gran numero, nelle tombe dell’élite.
Una forte vocazione economica caratterizza, accanto alla funzione di centri politici territoriali, molte delle cosiddette residenze principesche, situate di preferenza in posizione strategica lungo importanti vie fluviali, spesso in prossimità di punti adatti, o obbligati, per il trasbordo delle merci o di guadi (ad es., Mont Lassois, Châtillon-sur-Glâne, Münsterberg di Breisach, Heuneburg, Marienberg di Würzburg), come ben documenta il rinvenimento di quantità variabili di ceramiche attiche e anfore vinarie.
Un ruolo chiave nella rete dei commerci tra il mediterraneo meridionale e l’Europa interna assume nella tarda età di Hallstatt, grazie alla sua felice collocazione presso la confluenza dei fiumi Saône e Doubs, da cui si diramavano a ventaglio le principali direttrici di traffico dell’epoca, il centro metallurgico sorto intorno al 520-500 a.C. a Bragny (Saône-et-Loire), come testimonia la presenza particolarmente consistente di merci di importazione.
La più conosciuta tra le residenze “principesche” hallstattiane è senza dubbio la Heuneburg, presso Hundersingen (Baden-Württemberg), sull’alto Danubio. Le indagini archeologiche effettuate a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso sulla sommità dell’altura (poco più di 3 ha), hanno messo in luce numerosi orizzonti abitativi databili tra la fine del VII e il V sec. a.C. Nella prima metà del VI sec. a.C. (periodi IVb-IVa) essa assume improvvisamente l’aspetto esteriore di una cittadella fortificata mediterranea, mediante l’erezione di una cinta muraria in mattoni di argilla cruda su zoccolo di pietre, con bastioni aggettanti e un camminamento coperto, totalmente estranea alla tradizione costruttiva centro-europea. Al contempo anche lo spazio interno viene riorganizzato secondo una pianificazione più regolare. Questa adesione a modelli urbanistici meridionali resterà però un episodio di breve durata, cui pone fine dopo la metà del VI sec. a.C. un incendio catastrofico, che annienta anche l’insediamento esterno. La Heuneburg conoscerà però una nuova fase di fioritura nella seconda metà del secolo, con un’espansione delle fortificazioni nell’area antistante l’altura (periodo III). Cospicua è la presenza di oggetti d’importazione, tra cui ceramiche attiche a figure nere, anfore vinarie, bronzi etruschi, fibule nord-italiche, corallo e ambra.
Tra i tumuli funerari “principeschi” del comprensorio della Heuneburg, quelli più antichi, della fine del VII-prima metà del VI sec. a.C. (Ha D1), tra cui lo Hochmichele, la cui camera centrale fu depredata già in antico, si trovano a una distanza maggiore rispetto all’insediamento, mentre quelli più recenti, della seconda metà del VI-prima metà del V sec. a.C. (Ha D23: Gießübel-Talhau 1-4), sono stati invece eretti nelle sue immediate vicinanze, direttamente sui resti dell’abitato esterno. L’insediamento fortificato del Mont Lassois, a nord di Châtillon-sur-Seine (Côte d’Or), che controlla l’alto corso della Senna, un nodo cruciale nell’ambito del commercio dello stagno, comprende, come la Heuneburg, un nucleo centrale posto sul pianoro (9 ha ca.) e una più vasta area abitativa alle sue pendici (18 ha ca.). Anche sul Mont Lassois, la cui occupazione si inquadra principalmente nelle fasi Ha D2-3, sono stati rinvenuti numerosi frammenti di ceramica attica a figure nere e di anfore massaliote. L’importanza assunta dalla locale élite tardo-hallstattiana è testimoniata dal rinvenimento nel 1953 a Vix, ai piedi dell’altura, della tomba ancora intatta di una “principessa”, seppellita intorno al 500 a.C. con un carro a quattro ruote, che fungeva da giaciglio funebre, un pregevole collare d’oro, due coppe in ceramica attica, una phiale d’argento, una Schnabelkanne, tre bacili di fabbricazione etrusca e, soprattutto, un enorme cratere di bronzo sontuosamente decorato, realizzato probabilmente in ambito magno-greco verso il 530 a.C. Il cratere costituisce il più grande recipiente bronzeo conservato dell’antichità (alt. 1,64 m) e potrebbe essere giunto a nord delle Alpi come “dono diplomatico”. Tra le altre sepolture “principesche” situate nei pressi del Mont Lassois si segnala il grande tumulo de la Garenne, presso Sainte-Colombe, che ha restituito un tripode con calderone bronzeo a protomi di grifo di manifattura cumana o etrusca della prima metà del VI sec. a.C., ma deposto nella tomba diversi decenni dopo.
Un altro centro paragonabile per importanza alla Heuneburg e al Mont Lassois doveva trovarsi sulla cima, oggi occupata da una fortezza rinascimentale, dello Hohenasperg presso Ludwigsburg (Baden-Württemberg), che domina il territorio pianeggiante a nord di Stoccarda. Infatti, a sud di esso si registra nel raggio di circa 10 km una particolare concentrazione di sepolture sfarzose databili tra il VI e il V sec. a.C. Anche in questo caso i tumuli più vicini all’insediamento (Grafenbühl e Kleinaspergle) sono più recenti di quelli situati a maggiore distanza (Hochdorf, Römerhügel, Bad Cannstatt).
La più antica tomba “principesca” dello Hohenasperg è stata rinvenuta, intatta, nel 1978 a Eberdingen-Hochdorf. Nella camera funeraria lignea, originariamente rivestita di stoffe, fu deposto verso il 530 a.C. un uomo adulto di considerevole altezza, adagiato in sontuoso abbigliamento da parata (cappello conico di corteccia di betulla; collare, bracciale e altri oggetti d’oro o rivestiti in lamina aurea) su una kline bronzea mobile. Un grande calderone con leoni plastici sulla spalla, proveniente da un’officina greca e contenente idromele, una coppa in lamina d’oro, un servizio costituito da nove piatti e tre bacili di bronzo impilati sul carro a quattro ruote (insieme a strumenti per la macellazione) e nove corni potori appesi alle pareti sottolineano la volontà di esibire uno stile di vita improntato a modelli mediterranei. Ancora più notevole poteva essere l’ostentazione di lusso nella deposizione centrale del Grafenbühl, a giudicare dai frammenti di oggetti d’importazione che si sono salvati dal saccheggio in antico, tra cui un tripode bronzeo con piedi a zampe leonine, oggetti di gusto orientalizzante e numerosi elementi decorativi in avorio, ambra e osso riferibili a una kline lignea greca. La tomba si data intorno al 500 a.C., ma i materiali di importazione sono in parte molto più antichi, risalendo anche fino ai decenni finali del VII sec. a.C. e potrebbero essere interpretati come keimelia.
In questa cornice si diffonde nella cerchia hallstattiana occidentale a partire dal VII-VI sec. a.C. anche la statuaria in pietra, come espressione dell’idealizzazione del defunto o di culti legati alle figure degli antenati. L’esempio più significativo è il “guerriero” di Hirschlanden (Baden-Württemberg), scoperto nel 1962 ai piedi di un tumulo non particolarmente ricco. La statua, datata alla seconda metà del VI sec. a.C., raffigura probabilmente un personaggio eroizzato, nudo e itifallico, con una serie di attributi (il copricapo conico, il collare e il pugnale) che richiamano quelli della locale aristocrazia principesca. Soprattutto nella posizione delle braccia, piegate davanti al busto con le mani aperte, può trovare confronto a sud delle Alpi nelle statue di Casale Marittimo, Capestrano o Nesazio. La stessa gestualità caratterizza anche la statua di guerriero con corona di foglie (Blattkrone), degli inizi dell’età di La Tène, scoperta presso un tumulo “principesco” ai piedi del Glauberg (Assia), che presenta sorprendenti analogie con gli ornamenti e le insegne del defunto della Tomba 1. Si ipotizza che essa fosse posta, con almeno altre tre statue identiche, in un’area sacra dedicata a un culto degli eroi o degli antenati divinizzati, parte di un più ampio santuario centralizzato. Un’interpretazione simile viene proposta anche per il rinvenimento nel 1992, nel fossato di un santuario situato a soli 200 m circa dalla tomba di Vix, di due statue in pietra raffiguranti una figura femminile, con un torques a estremità sferiche simile a quello d’oro della “principessa”, e una figura maschile sedute.
La cerchia hallstattiana orientale appare nel suo complesso come un insieme piuttosto eterogeneo di facies regionali, che non è sempre agevole definire, nonostante differenze anche sostanziali, soprattutto nella cultura materiale e nel rituale funerario (un elemento unificante risiede nella diffusione di vasi con protomi taurine). Anche il fenomeno della formazione di élites presenta differenti caratterizzazioni regionali, dai contorni a volte abbastanza sfumati. È questo il caso del gruppo di Kalenderberg, a nord-est dell’arco alpino (Bassa Austria, Burgenland, Slovacchia, Ungheria occidentale), dove sono attestati tumuli funerari di dimensioni eccezionali, come il Großmugl presso Stockerau, a nord di Vienna, alto 16 m, ma le differenze di status si manifestano principalmente nella differente qualità e quantità di vasellame ceramico di corredo (fino a 80 vasi riccamente ornati nel tumulo VI di Nové Košariská, presso Bratislava). Nell’insieme sono assenti nel mondo hallstattiano orientale, o perlomeno molto rari, alcuni dei simboli più tipici delle deposizioni “principesche” occidentali, ossia i torques d’oro, i carri a quattro ruote e i beni di prestigio di importazione, anche se non mancano richiami più o meno diretti a pratiche di vita desunte da modelli meridionali. Nell’area alpina sud-orientale si delinea, nell’ambito della Sulmtalgruppe e della Štajerska-Grupa (Stiria, Carinzia, Slovenia nord-orientale, Croazia settentrionale), una rete di centri di altura, ancora poco esplorati, e tumuli funerari particolarmente ricchi, con camere funerarie in pietra, in alcuni casi con corridoi o rampe d’accesso a forma di dromos (attestate anche in Ungheria, ad es., a Sütto). L’esempio più significativo è costituito dai quattro grandi tumuli “principeschi” di Kleinklein, eretti ai margini della vasta necropoli – composta da oltre settecento tombe, generalmente abbastanza modeste – ai piedi del Burgstallkogel, nella valle del fiume Sulm (Stiria). In particolare, nel Pommerkogel e nel Kröll-Schmiedkogel il rango del defunto viene evidenziato mediante la deposizione di armi (corazza, elmo, asce, lance), di un grande servizio di vasellame da simposio in bronzo, in buona parte decorato nella locale tecnica a punti e borchie sbalzate e di oggetti di valenza simbolica, come una maschera e mani in lamina bronzea. Dal tumulo di Strettweg (Stiria), provengono invece, oltre alle armi (un’ascia e sette lance) e al ricco servizio simposiaco, anche spiedi di provenienza venetica, finimenti per due cavalli, possibile indizio per la presenza di un carro, e un carrello cultuale di bronzo decorato con figurine plastiche antropomorfe e zoomorfe, raffiguranti una processione sacrificale. Queste tombe si datano nel complesso tra la seconda metà del VII e la prima metà del VI sec. a.C. (Ha C2/D1), periodo che sembra costituire l’apice della diffusione delle tombe “principesche” o monumentali in gran parte della cerchia hallstattiana orientale.
Aspetti peculiari per quanto riguarda il rito funebre presenta la Slovenia sud-orientale (Dolenjska-Grupa), che nel corso dell’età di Hallstatt vive una stagione di grande fioritura economica e culturale, dovuta probabilmente in primo luogo alla ricchezza di giacimenti di ferro. Solo nei decenni precedenti il primo conflitto mondiale sono state portate alla luce in questo territorio oltre 10.000 tombe, purtroppo spesso con metodi distruttivi e grosse lacune documentarie. Intorno a importanti centri d’altura fortificati, come quelli di Stična, Magdalenska Gora, Vače, Novo Mesto o Dolenjske Toplice, si raggruppano numerosi tumuli funerari, spesso imponenti, in cui sono deposti, lungo più generazioni o secoli, diverse decine, a volte centinaia, di individui inumati (contrariamente al resto della cerchia hallstattiana orientale, dove predomina l’incinerazione), appartenenti a singoli gruppi famigliari allargati o clan. Gli scavi moderni effettuati nella seconda metà del secolo scorso a Stična e a Novo Mesto hanno rivelato che le tombe si dispongono progressivamente in più giri concentrici intorno alla base dei tumuli, determinando diverse fasi di accrescimento per successivi aggetti di terra (non è necessariamente presente una sepoltura centrale, più o meno ricca). Questi tumuli restituiscono con le loro molteplici deposizioni uno spaccato ideale della compagine sociale, al cui vertice è posta una ristretta aristocrazia guerriera, che oltre all’armamento standard dell’area alpina orientale, costituito dall’ascia e da un paio di lance, si fregia di elmo, corazza, scudo e, più raramente, spada, di finimenti equini, a sottolineare il rango di cavalieri (spesso sono seppelliti anche i cavalli), di beni di importazione, soprattutto dall’Etruria, e di vasellame e altri oggetti di bronzo, spesso decorati nello stile dell’“arte delle situle”, che avrà un significativo sviluppo in area slovena nel V-IV sec. a.C. Tra le sepolture femminili si possono evidenziare quelle con diademi aurei. Molte tra le deposizioni più ricche appartengono alla seconda metà del VII sec. a.C. (ad es., le tombe con corazze di Stična e Novo Mesto-Kandija e la tomba con tripode vetuloniese di Novo Mesto-Kandija), ma alcune di esse giungono quasi fino alle soglie della locale età di La Tène (ad es., la tomba 3 del Tumulo IV di Novo Mesto-Kandija, con elmo di tipo Negau e due situle istoriate, datata al IV sec. a.C.).
L’“arte delle situle” slovena rappresenta il culmine di un fenomeno peculiare della cerchia hallstattiana orientale e poco documentato invece in ambito occidentale, che vede la comparsa e la diffusione piuttosto precoce di un linguaggio iconografico che, pur nelle sue differenti espressioni regionali (ad es., le decorazioni incise, stampigliate o dipinte su ceramica di Sopron-Várhely o Nové Košariská nell’area del gruppo culturale di Kalenderberg o il vasellame bronzeo ornato a punti e borchie sbalzate di Kleinklein), si ricollega in genere all’ambito funerario e presenta motivi e temi narrativi spesso ricorrenti e di forte valenza simbolica (“oranti”, scene di caccia, musica, pugilato, ecc.).
Cerchia hallstattiana occidentale
– in generale:
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– tombe “principesche”:
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– Mont Lassois e Vix:
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Cerchia hallstattiana orientale
– in generale:
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– Gruppo di Kalenderberg:
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M. Egg, Das hallstattzeitliche Fürstengrab von Strettweg bei Judenburg in der Obersteiermark, Mainz a.Rh. 1996.
– Slovenia:
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P. Turk, Frühe Eisenzeit in Slowenien. Epoche des Reichtums und der Unruhen, in B. Križ - P. Turk (edd.), Bernstein und Glasschmuck aus Novo Mesto, Slowenien, Hochdorf - Enz 2003, pp. 9-49.
– Iconografia:
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