L'Europa tardoantica e medievale. I Longobardi: Nocera Umbra
Città (lat. Nuceria) dell’Umbria. Il suo territorio risulta abitato sin dal Neolitico (Portone, Villa Postignano, Bagni di Nocera, ecc.), con tracce più evidenti, che rimandano all’area marchigiana, per quanto riguarda l’età del Bronzo Antico (Colfiorito) e Medio (Sorifa, Bagni di Nocera).
Per la prima età del Ferro, oltre alla fase iniziale della necropoli di Colfiorito (dalla prima metà del IX sec. a.C.), bisogna ricordare le 8 tombe (5 femminili e 3 maschili), di cui una a circolo, venute alla luce al Portone durante lo scavo del cimitero altomedievale: testimonianze di produzioni etrusche, falische e capenati provengono dai materiali rinvenuti in necropoli non ricostruibili della zona di Colle Croce e che abbracciavano il lungo periodo dalla fine del VII al II sec. a.C. Bisogna anche ricordare i santuari dedicati probabilmente a una divinità agro-pastorale, in particolare quello di Monte Pennino, verosimilmente pertinente a più comunità e databile dalla stipe che comprende bronzetti (VII-VI sec. a.C.), vasellame ceramico e assi romani repubblicani. Poco sappiamo della città romana: il suo impianto urbanistico, da situarsi presumibilmente nella zona delle piazze Matteotti (il foro) e Medaglie d’Oro, dovrebbe risalire alla tarda età repubblicana ed essere strettamente connesso al percorso della via Flaminia, ma non ci rimangono documenti archeologici consistenti. Proprio alla strada consolare si riferiscono invece i cospicui resti monumentali di ponti, sostruzioni, chiavicotti, ecc., di Ponte Centesimo, Pieve Fanonica, Valtopina, Capannacce, Nocera Scalo (cd. Ponte Marmoreo), Le Spugne, Nocera Campo sportivo, Colle del Prete, Campodarco, Fonte del Coppo, Colle. Un miliario dell’imperatore Vespasiano trovato presso Casaluna segnala la presenza di un diverticolo che attraverso il passo del Termine scendeva verso Pioraco (Prolaqueum) e quindi Ancona. Connesse alla rete viaria erano naturalmente le necropoli (Le Case, La Valle, Portone, Maestà del Picchio, Gaifana), mentre il territorio è fittamente segnato dalla presenza di fattorie e ville rustiche (Area Agip, Portone, Campo la Piana, Colle).
Il nome di N.U. è però ben noto nella letteratura archeologica grazie alla scoperta nel 1897 del sepolcreto longobardo di via delle Moglie (loc. Portone). In anni recenti mostre e convegni hanno escluso definitivamente che il cimitero del Portone vada ascritto a un abitato longobardo posto nel luogo dell’attuale Nocera. Infatti, mentre quest’ultimo doveva essere servito dall’area cimiteriale di piazza Medaglie d’Oro (individuata nel 1953 e di cui ben poco – i corredi di tre tombe, due femminili e una maschile con armi, mentre una quarta non diede oggetti – è stato recuperato), la necropoli di via delle Moglie doveva essere legata a un altro centro abitato, da riconoscersi forse in uno sperone terrazzato, posto a nord delle tombe, dove durante gli scavi del 1897- 98 si riconobbero strutture romane (tra cui una cisterna) che ben potevano servire da punto d’appoggio per i Longobardi, che cercavano, fra l’altro, una posizione dominante il percorso della via Flaminia. Diverse altre necropoli sono invece da attribuire ai già citati abitati rustici (si tratta quindi di insediamenti autoctoni) che – continuando le caratteristiche distributive dell’età romana – si distendono dalla pianura in cui corre la Flaminia, ai pendii collinari, all’area più montana. Al più noto cimitero di Pettinara-Casale Lozzi si affiancano quelli di Gaifana, Colle di Nocera, Collecchio, Colle Croce, Cassignano. Si tratta per lo più di fosse trapezoidali o antropoidi rivestite di scaglie di pietra poste di coltello e coperte da lastroni; le tombe 5, 8, 15, 20, 36 di Casale Lozzi avevano le pareti in muratura a secco; alcune presentavano una pavimentazione lapidea, mentre la tomba 35 era coperta da lastroni posti a spiovente. In molti casi prive di corredo, solo le tombe di Cassignano e di Colle Croce si aggiungono al vasto repertorio di oggetti restituiti dal cimitero di Casale Lozzi: abbiamo in primo luogo pettini d’osso a doppia dentatura, poi boccaletti globulari, fibbie, fibule, coltelli, placchette di bronzo o ferro, perle di vetro, orecchini e armille. Tutte le necropoli si datano fra VI e VII secolo. A età longobarda, per le analogie con gli omonimi santuari rupestri dell’Italia meridionale, potrebbe essere assegnato l’insediamento monastico scavato dalla Soprintendenza Archeologica per l’Umbria nel 1995 alla Grotta di Sant’Angelo in località Bagnara.
Il cimitero del Portone ha restituito 169 deposizioni in 165 tombe con orientamento est-ovest, su file piuttosto regolari e senza sovrapposizioni, il che implica la presenza di segnacoli; le fosse rettangolari contenevano presumibilmente casse di legno. Sono stati riconosciuti quattro diversi raggruppamenti di sepolture, corrispondenti forse alle fare, in cui sono abbastanza distinte le aree destinate alle sepolture femminili (e infantili) e quelle riservate alle tombe maschili. Non sono invece stati riscontrati ordinamenti per fasce cronologiche o per condizione sociale. L’arco temporale per l’uso della necropoli va dalla fondazione del Ducato di Spoleto (poco dopo il 572) al 620- 630. Sia nei corredi maschili sia (e soprattutto) in quelli femminili è stata notata un’evoluzione del costume, che segna una progressiva romanizzazione degli usi e che porta nell’ultima fase a un’evidente riduzione del corredo stesso. La spatha e l’umbone dello scudo sono gli elementi caratterizzanti delle tombe dei maschi adulti; seguono la punta di lancia e, in misura minore, il sax (nella fase più tarda) e le punte di freccia (più comuni queste ultime nelle sepolture degli adolescenti e dei bambini); a ciò vanno aggiunti gli elementi dell’equipaggiamento del cavaliere. Elmo, corazza e arco contraddistinguono le tombe di maggiore ricchezza. Le tombe più antiche sono indicate dalla presenza delle fibbie con placca e controplacca triangolari, dalla punta di lancia lunga e sottile e dall’umbone a calotta schiacciata e bottone apicale; per le due fasi successive sono tipiche le cinture multiple ad agemina, come pure gli umboni dall’ampia calotta, prima conica e poi semisferica. Di pertinenza quasi esclusivamente maschile è il vasellame bronzeo. Le tombe femminili hanno corredi più vari: l’elemento più comune è la fibbia di cintura, cui seguono le fibule ad arco, dapprima in coppia e poi a pezzo singolo. Solo intorno al 600 si aggiungono gli orecchini (si veda a questo proposito la coppia di orecchini a cestello della variante – rara nell’Italia peninsulare – detta “a calice floreale” dalla tomba 4 di piazza Medaglie d’Oro) e la fibula a disco, che segna l’assunzione nel costume del mantello, secondo l’uso romano. Altra categoria di oggetti che si aggiunge al corredo delle defunte longobarde su influenza degli usi autoctoni è costituita dalla ceramica. Elemento di distinzione sia maschile sia femminile è la sella plicatilis di ferro ageminato (tombe 1, 5, 79, 17, 60, 100). Da ricordare infine, come oggetti chiaramente di produzione tardoromana, sono l’anello di cristallo di rocca e i corni potori di vetro della tomba 148, il reliquiario d’avorio della tomba 23, la lucerna bronzea con la croce e il gallo della tomba 30.
A. Pasqui - R. Paribeni, La necropoli barbarica di Nocera Umbra, in MonAnt, 25 (1918), coll. 138-352.
Il territorio nocerino tra protostoria e altomedioevo (Catalogo della mostra), Firenze 1985.
Umbria longobarda. La necropoli di Nocera Umbra nel centenario della scoperta (Catalogo della mostra), Roma 1996.
C. Rupp, La necropoli longobarda di Nocera Umbra: una sintesi, in L. Paroli (ed.), L’Italia centro-settentrionale in età longobarda. Atti del Convegno (Ascoli Piceno, 6-7 ottobre 1995), Firenze 1997, pp. 167-83.