L'Europa tardoantica e medievale. I popoli dell'area baltica: i Balti
Nome di carattere linguistico-etnografico, introdotto da G.H.F. Nesselmann (1845) per denominare i popoli appartenenti alla famiglia linguistica europea stanziati lungo le sponde orientali del Baltico.
Il territorio abitato dai primi Balti fu una vasta area boscosa dell’Europa nord-orientale tra il litorale baltico (dal basso corso della Vistola alla foce della Dvina occidentale) fino alle foci dell’Oka, del Dnepr e della Desna a est, del Pripjat’ e del Narew a sud-est e a sud. Essi confinavano a nord e a est con le tribù finniche, a loro estranee sia dal punto di vista linguistico che culturale; a sud e a ovest con altri popoli indoeuropei, tra cui i più vicini erano gli Slavi, i Germani e i popoli indo-iranici. Nonostante le difficoltà inerenti alla cronologia dei fatti linguistici, il periodo della comunanza balto-slava, stando ai dati lessicali, risale al Neolitico (almeno all’inizio del II millennio a.C.). Tuttavia, la storia primitiva dei Balti contiene tuttora numerosi interrogativi anche per quanto riguarda l’ubicazione dei siti e lo sviluppo del processo insediativo. Secondo la scuola tradizionale la zona del litorale del Baltico sarebbe appartenuta ai Balti sin dall’età della Pietra, il che coinciderebbe con l’apparizione sulle rive del Baltico dei primi Indoeuropei. La loro testimonianza archeologica viene talvolta individuata nella cultura di Rzucewo (ted. Haffkünstenkultur; ingl. Baltic Seashore Culture); mancano però prove sulla sua continuità nell’età del Bronzo. Altri studiosi sostengono la presenza degli insediamenti delle tribù baltiche a partire dal Neolitico su tutto il territorio tra il Baltico e le terre situate sulle rive del fiume Dnepr. Secondo altri studi, fondati su basi linguistiche e archeologiche, i Balti sarebbero invece apparsi inizialmente sui territori orientali, per poi estendersi verso il litorale sud-orientale del Baltico, sovrapponendosi ai popoli indoeuropei stabilitisi prima in questi territori. L’afflusso delle popolazioni dalla regione del Dnepr e del Pripjat’ nel territorio dei Laghi Masuri diede inizio al processo di formazione culturale e dialettale dei Balti occidentali.
L’indicatore archeologico di questo processo fu la nascita, verso il I millennio a.C., della cultura dei kurgan del Baltico occidentale, che riunisce in sé le tradizioni culturali locali (specialmente per quanto riguarda i prodotti di metallo) e i tratti caratteristici della zona orientale: recipienti con il fondo rotondo, piccoli villaggi fortificati. Le necropoli con sepolture a incinerazione vennero sostituite da piccoli gruppi di kurgan pluriposto, pur essendo ancora presenti le urne cinerarie. La disgregazione di precedenti legami sociali trovò la sua espressione nel frazionamento degli insediamenti: comparvero piccoli villaggi, spesso a carattere difensivo, ubicati in luoghi difficilmente accessibili e circondati da terrapieni e palizzate. Nei villaggi lacustri le costruzioni in legno venivano erette su pali infissi nel fondo del lago. Le successive ondate di colonizzazione da parte dei popoli provenienti dai territori orientali (bacino del Dnepr, Polesie e Lituania orientale) interessarono non solo i Laghi Masuri, ma anche il fiume Dvina, la bassa foce del Nemunas, verso la Sambia, causando una locale concentrazione degli insediamenti. Una ulteriore conseguenza fu la differenziazione degli insediamenti, moltiplicatisi durante i primi secoli della nostra era, insieme alla nascita di zone disabitate lungo i confini. Forme culturali anteriori vennero adottate da una nuova, disomogenea cultura del Baltico occidentale nel periodo di influenza romana (I-V sec. d.C.).
La cultura della Sambia, molto diversa dalle altre, fu caratterizzata da legami interregionali inizialmente forti, specialmente con il Sud danubiano, come dimostrato dalle fibule norico-pannoniche importate, del I sec. d.C., da quelle successive (con alette) e dagli ornamenti di cinture. I legami con il mondo esterno erano facilitati dalla felice posizione geografica e dall’abbondanza dell’ambra, oggetto di scambi commerciali con il civilizzato Sud europeo. In una situazione simile si trovavano anche le culture limitrofe, nate nella zona costiera dell’attuale Lituania grazie a una indubbia influenza della Sambia. L’influenza di quest’area, forte economicamente e culturalmente, si estese col tempo verso le altre regioni dell’entroterra del Baltico occidentale. La cultura dei Balti occidentali nella prima metà del millennio era caratterizzata da numerose necropoli con sepolture a incinerazione situate presso i villaggi. Solo nell’area periferica orientale vi erano villaggi a carattere difensivo, sepolture a kurgan e biritualismo. La popolazione si dedicava principalmente alla coltivazione dei cereali e all’allevamento, da cui trassero ispirazione l’ornamentistica locale (fibule a testa di vacca) e le credenze, come si nota nei riti funebri con resti di pecore e di maiali nelle tombe maschili e nell’usanza di seppellire il cavallo e le armi insieme ai defunti. La diversificazione sociale si esprimeva in modo simile al barbaricum osservato nelle vicine culture centro-europee (ad es., le culture di Przeworsk e di Wielbark), come provato dalla presenza dei cosiddetti “sepolcri principeschi”, contenenti le spoglie degli anziani della tribù deposti con un sontuoso corredo funerario.
Questo periodo pose fine al processo di formazione dialettale dei Balti. Le migrazioni e l’afflusso dei popoli dell’Est crearono le basi per la successiva divisione delle tribù dei Balti occidentali. Il territorio alla foce del Dnepr centrale nel periodo tra il II sec. a.C. e il II-III sec. d.C. venne occupato dalla cultura di Zarubince, i cui tratti caratteristici provenivano dalle tradizioni locali, sotto l’influenza dell’Europa centrale. La presenza di necropoli con sepolture a incinerazione, spesso senza urne cinerarie, di villaggi privi di fortificazioni, con case fatte di pietra e terra, la pratica dell’agricoltura e dell’allevamento, la produzione del ferro e del bronzo caratterizzarono questa cultura, la cui fine venne segnata dall’abbandono dei villaggi. Nella seconda metà del I millennio d.C., in seguito alla slavizzazione, questo territorio venne abitato dalle tribù di Radymicze e di Wiatycze. Tra il III e il V sec. d.C. va notata l’esistenza, presso l’alto corso del fiume Oka, della cultura di Moszczyna, la cui popolazione sviluppò la produzione metallurgica, specialmente quella degli ornamenti di bronzo decorati con lo smalto. In seguito alla slavizzazione, a partire dall’VIII secolo i Wiatycze russi si impadronirono di questo territorio. Una sorte simile venne riservata anche alle popolazioni baltiche nella zona dell’alta Dvina e del Dnepr da parte delle tribù russe di Dragowicze e Krzywicze: ne derivarono le ondate di migrazioni dirette verso la Lettonia orientale e la Lituania.
Mentre nell’Alto Medioevo gli insediamenti baltici nella zona orientale diminuirono progressivamente a causa dell’espansione slava e della slavizzazione, nei territori occidentali l’ecumene baltica si allargò nelle due direzioni. Nel V-VI secolo i popoli affluirono dalla Sambia e dalle terre limitrofe sull’altura di Elblag e lungo la foce della Vistola, aree queste abbandonate dalle tribù della cultura di Wielbark, mentre la zona dei laghi di Olsztyn fu abitata dalle tribù della regione dei Laghi Masuri, discendenti dei Galindi menzionati da Tolemeo. La Sambia, invece, insieme ai territori di recente conquista, mantenne la sua posizione di centro culturale interregionale dei Balti occidentali. Lo testimoniano i reperti archeologici, specialmente gli ornamenti diffusi in Scandinavia, in Inghilterra e in Germania. Una posizione preminente spetta agli insediamenti nella zona dei Laghi Masuri: le necropoli con sepolture a incinerazione (a Tumiany e Kielary, nei pressi di Olsztyn, VI-VII sec.) forniscono, grazie a un ricco corredo funerario, la prova di estesi contatti europei, basati probabilmente sul commercio dell’ambra. Il periodo d’oro della cultura di questa regione terminò nell’XI-XII secolo, quando essa venne occupata dalle tribù prusse dei Galindi e dei Sasini, confinanti con lo Stato polacco dei primi Piasti. La popolazione prussiana, impegnata più delle altre nello sviluppo socioeconomico, non riuscì a organizzarsi in uno Stato. I cambiamenti delle vie del commercio, lontane ormai dalle terre dei Balti, e la nascita degli Stati polacco e russo, in via di espansione sia dal punto di vista militare che politico, complicarono la situazione dei Prussi e nel periodo successivo anche degli Iatvinghi.
Cessò l’esistenza degli empori prussiani di importanza internazionale a Truso, nella regione della bassa Vistola, a Wiskianty, in Sambia e a Grobin, nel territorio della tribù dei Curi. La sconfitta della missione di s. Adalberto tra i Prussi, conclusasi nel 997 con la sua uccisione, divenne nei secoli successivi causa del conflitto militare. L’introduzione dell’Ordine Teutonico nel 1226 diede inizio alla conquista dei Prussi e in seguito degli Iatvinghi, conclusasi alla fine del XIII secolo. I progressi della feudalizzazione portarono alla nascita dello Stato lituano, unito alla metà del XIII secolo e fondato sull’agricoltura, sull’allevamento e sull’artigianato. L’espansione delle attività commerciali facilitò la creazione del sistema monetario, basato sul modello russo. Lo sviluppo del feudalesimo, coronato dalla nascita della monarchia lituana, permise di evitare il pericolo della colonizzazione tedesca da parte dell’Ordine Teutonico dal territorio della Prussia e dell’Ordine Livonio dei Cavalieri Portaspada, stabilitisi alla fine del XII secolo alla foce della Dvina. La vittoria dei Lituani sull’Ordine Livonio nel 1236 garantì la protezione, ma non impedì lo sterminio e in seguito la germanizzazione dei Curi, dei Lettoni e dei Livi finnici, popoli residenti lungo il litorale baltico.
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