L'Europa tardoantica e medievale. I popoli delle migrazioni nelle regioni occidentali: Gli Alamanni
Popolazione germanica per la quale non disponiamo, a differenza di quanto avviene per Goti, Longobardi e Franchi, di una storia tribale (origo gentis) che fornisca informazioni sulle sue origini e sull’etnogenesi; unica fonte sono autori del IIIIV sec. d.C. In un panegirico dell’epoca di Diocleziano (284- 305) troviamo per la prima volta nominato, nella forma Alamanni, il popolo germanico che a partire dal 233/4 attaccò e varcò il limes superiore germanico-retico e devastò gli agri decumates nella Germania sud-occidentale, come confermato da reperti monetari e da ville rustiche.
Il nome Ala-manni è di origine germanica e ha il significato approssimativo di “insieme di persone o uomini”. Fonti scritte, soprattutto Ammiano Marcellino, ci informano della situazione relativa al IV sec. d.C. in merito ai contrasti tra Alamanni e Romani, all’ordinamento sociale e forniscono più limitati riferimenti alle modalità di insediamento. Importanti cambiamenti furono determinati da una serie di fattori, quali la definitiva caduta del limes nel 259/60 e lo spostamento e la riorganizzazione delle frontiere imperiali su Reno, Lago di Costanza, Iller e Danubio, verso la fine del III secolo e intorno al 300 (Probo, Diocleziano), ma che si protrassero fino alla prima metà del V secolo, oltre che al consistente trasferimento di popolazioni romanizzate negli agri decumates. Le conquiste territoriali degli Alamanni nella seconda metà del III secolo comportarono la devastazione di una regione in cui la cultura e le infrastrutture romane avevano una storia di duecento anni; qui non ebbero luogo cambiamenti di rilievo se è vero – come si è ipotizzato di recente – che il limes fu abbandonato solo più tardi (275?) e che una piccola parte della popolazione romana rimase in quel territorio.
La conquista alamanna degli agri decumates, estesi a sud fino al Lago di Costanza e all’Iller, è testimoniata da una documentazione archeologica in costante aumento. Nella seconda metà del III secolo comparve nella regione una nuova e singolare facies culturale che recava l’impronta dei Germani dell’Elba, rappresentata soprattutto da ricche deposizioni maschili e femminili di membri del ceto elevato (sepolture individuali e familiari, tombe a inumazione). È invece ancora inadeguata la documentazione sulle sepolture del populus che, secondo l’usanza della regione d’origine, praticava la cremazione con successiva deposizione dei resti in necropoli a fosse o in urne prive di corredi. Tutti gli elementi culturali fondamentali – pratiche funerarie e corredi, costumi, tombe a inumazione e a cremazione (con le loro implicazioni sociologiche), vasellame d’argilla modellato a mano, ecc. – sembrano indicare le origini di questo complesso culturale nelle aree di insediamento e di cultura germanica dell’Elba (Germania centrale, soprattutto Brandeburgo semnonico). Non sono però possibili ulteriori precisazioni dal punto di vista territoriale ed etnico e si può forse pensare a un’origine polietnica. Tali relazioni non sono tuttavia limitate a questo periodo, quali testimonianze isolate di un fenomeno migratorio, ma restano altresì evidenti nel corso dell’intero IV secolo; ciò induce a ipotizzare un afflusso etnico costante dalle terre d’origine verso gli “spazi aperti”. Al momento, dunque, si deve ritenere che la più antica etnogenesi della gens Alamannica, considerata come una grande tribù, abbia avuto inizio intorno alla metà del III secolo.
Alla seconda metà del IV secolo, forse in conseguenza dei contrasti con i Romani, si può far risalire il frazionamento territoriale in Alamanniae regna, Alamannorum populi e pagi, governati da reges e reguli. L’occupazione alamanna si spinse nella seconda metà del IV secolo fino ai confini dell’Impero e fu accompagnata dalla nascita di imponenti fortezze, che probabilmente ebbero anche caratteristiche urbane, come, ad esempio, il ben esplorato Runde Berg, presso Urach. È possibile evidenziare la stretta convivenza con la popolazione romana, nonostante gli incessanti contrasti confermati da Ammiano Marcellino; tale situazione si riflette non soltanto nell’adozione di elementi romani nel costume maschile (fibbie, cinture) e di articoli commerciali romani, ma anche nella lavorazione dei metalli antico-alamanni, sia nelle tecniche sia nella decorazione. Le conoscenze sulle tipologie di insediamento degli Alamanni si accrescono costantemente. Oltre agli abitati per lo più situati in posizioni elevate, luoghi di insediamento stabile e con funzione di centri regionali, sono attestate residenze di corte di legno; quindi la popolazione alamanna non si insediò nelle villae rusticae, né fece uso delle infrastrutture romane. Lo sfruttamento del terreno costituì un fattore fondamentale della colonizzazione, nel quale va ravvisato un elemento di discontinuità e di cesura culturale.
Non esistono fonti scritte che illuminino in modo significativo la storia alamanna tra la fine del IV e la fine del V secolo: non conosciamo pertanto la struttura politica e le forme del potere (forse granducale) della patria Alamannorum, né le possibili espansioni verso ovest e verso nord. Tuttavia, la sconfitta subita dagli Alamanni da parte dei Franchi di Clodoveo nel 496/7 e il fallito tentativo di insurrezione nel 505/6 portarono alla perdita dell’autonomia e a una suddivisione dei loro domini all’interno dell’impero franco-merovingio del VI secolo. Ufficiali di origine alamanna e franca (duces), nominati dal re franco, amministravano e controllavano grandi ducati, nei quali tuttavia “alle regioni abitate dagli Alamanni, governate da duchi sotto la sovranità franca, non veniva riconosciuta un’identità” (Geuenich - Keller 1985). Queste strutture, soprattutto le forme organizzative ecclesiastiche, mutarono in parte nel VII secolo, quando il ducato alamanno sembra per la prima volta definito in maniera più circoscritta nelle fonti carolinge.
Oltre a un’eccellente documentazione archeologica, che consente analisi molto dettagliate nella storia degli insediamenti, acquistano particolare risalto i cambiamenti nell’ambito dei costumi e dei corredi funerari a partire dalla metà del V secolo. Come le altre tribù germaniche stanziate a nord delle Alpi (Franchi, Bavari, Turingi, Longobardi, Gepidi), anche gli Alamanni adottarono la pratica delle sepolture in fila, diffusasi da occidente verso oriente a partire dalle regioni franche della Gallia nord-orientale, che consiste nella realizzazione di grandi necropoli con tombe orientate in senso ovest-est. L’archeologia documenta tale pratica in modo esauriente fino al momento del suo abbandono, tra la seconda metà del VII e gli inizi dell’VIII secolo. Un confronto tra le tipologie di insediamento della prima epoca alamanna fino alla metà del V secolo e quelle del periodo compreso tra la seconda metà del V e gli inizi del VI secolo non fa emergere differenze sostanziali. Si suppone che il diffondersi di questo tipo di necropoli non fosse accompagnato dalla nascita di nuovi insediamenti, ma dal trasferimento della popolazione dei villaggi preesistenti in nuove località. Il quadro mutò con le nuove fondazioni del VI secolo e, soprattutto, nel VII secolo, con il processo di trasformazione territoriale interna per fattori demografici, per un nuovo impulso nell’agricoltura e nell’economia e per l’ulteriore sfruttamento di buoni terreni agricoli in regioni dal clima favorevole. Nel VII secolo il territorio coltivabile, già sfruttato dai Romani e successivamente abbandonato, tornò a essere fittamente popolato (ad es., la Brisgovia, oggetto di approfondite esplorazioni). Insieme ai dati forniti dall’archeologia, le conoscenze sulla toponomastica danno uno spaccato interdisciplinare molto dettagliato di questo processo, a livello sia sovraregionale sia microregionale.
Contrariamente ai territori abitati dalle popolazioni limitrofe (Franchi, Bavari), i confini di quello alamanno nell’Alto Medioevo non sono accertabili in base alle fonti scritte o archeologiche. Pertanto, quello che viene tradizionalmente considerato il confine settentrionale del territorio alamanno, dal Reno lungo l’Oos attraverso la Foresta Nera e la regione di Ludwigsburg verso est, è la proiezione retrospettiva di un confine di epoca più tarda (confine diocesano di Costanza); inoltre non è chiaro se i territori limitrofi a nord, fino a Magonza, siano stati completamente evacuati dagli Alamanni, dopo la vittoria di Clodoveo, per divenire franchi. Considerazioni analoghe sono valide per il confine sud-orientale sul Lech con i Bavari.
Un problema non ancora oggetto di studi approfonditi, ma di notevole rilevanza da un punto di vista archeologico e metodologico, è l’attribuzione all’etnia alamanna di necropoli della Germania sudorientale e meridionale. È attestata una cospicua quantità di manufatti (diversi tipi di fibbie, gioielli, forme ceramiche, ecc.) che indica la Germania sud-occidentale quale indubbio centro di diffusione e che forse consente anche di evidenziare regioni di frontiera. Non si tratterebbe certo di frontiere etniche, poiché la distribuzione di questi materiali potrebbe in realtà indicare centri in cui avveniva il loro smercio, tranne che per determinati tipi di ceramica modellata a mano, o in cui vi era una particolare richiesta per alcuni tipi di manufatti. Analisi sistematiche hanno posto in evidenza nella regione una certa mobilità di gruppi umani, soprattutto Franchi nel VI secolo, ma anche Turingi e Longobardi, provenienti da aree evidentemente non alamanne, in alcuni casi molto distanti. Tale attribuzione è ostacolata dal fatto che la cosiddetta “cultura materiale” (ad es., nella necropoli di Schretzheim), come pure il costume e le pratiche funerarie, sono comuni alla cultura merovingia di carattere fortemente omogeneo, in particolare al gruppo merovingio-occidentale, che comprende Franchi, Alamanni e Bavari. Analoghe considerazioni valgono per quanto riguarda sia l’influsso di elementi romano-mediterranei, come l’adozione di costumi e di gioielli femminili di vario tipo e della cintura composita in ambito maschile, sia l’importazione di oggetti, come i vetri e il cosiddetto “vasellame copto” di bronzo, anche se nelle regioni meridionali di frontiera con la Romània (Svizzera settentrionale), ossia con le zone di insediamento romano a cui si sovrapposero gli Alamanni, i fenomeni di acculturazione romana sono considerevoli e particolarmente evidenti.
Il costante incremento quantitativo e qualitativo dei materiali e l’applicazione di metodi d’indagine notevolmente evoluti consentono di avere una buona visione della struttura sociale degli Alamanni e delle sue trasformazioni. L’analisi delle tombe, caratterizzate da ricchi corredi, permette di individuare uno strato sociale elevato (bardature di cavalli, vasellame di bronzo, accessori del vestiario, gioielli d’oro e in parte d’argento, armi da parata, elmi e corazze, oggetti indicatori di status e altri singoli prodotti di lusso). Altrettanto indicativa è la scelta del luogo di sepoltura: nel VI secolo presso gli Alamanni (e i Bavari) le tombe di individui abbienti erano in genere associate alle sepolture del populus in necropoli comuni, anche se in settori separati (ad es., Bülach). A partire dal 600 circa, i membri dell’aristocrazia venivano sempre più spesso inumati in piccoli cimiteri separati, distanti dalla necropoli principale e soprattutto all’interno di cappelle private. È importante constatare che tali cimiteri separati sono testimoniati solo per brevi periodi e, nel caso delle chiese, non senza lacune temporali; ciò costituisce un indizio della notevole mobilità di questi gruppi di persone, che evidentemente inumavano i defunti nei loro possedimenti sparsi nel territorio. Si evince quindi che nel VII secolo si sviluppò un processo che culminò nell’emergere di una nobiltà da identificarsi con i gruppi sociali che inumavano i loro defunti nei cimiteri separati.
Secondo un’opinione diffusa tra gli storici, le fonti scritte lascerebbero presumere una significativa cristianizzazione solo nella seconda metà del VII secolo, ma, in base alle testimonianze fornite dalle sepolture e dalle chiese, tale inizio può essere fatto retrocedere con certezza al 600 circa. L’indizio più significativo è l’usanza di origine mediterranea di poggiare sulla bocca del defunto, quale offerta funeraria, una croce di lamina d’oro cucita sul cuoio oppure sulla stoffa, rinvenuta solo eccezionalmente. Tra la fine del VII e gli inizi dell’VIII secolo caddero definitivamente in disuso le necropoli di tombe in fila e le necropoli separate: i defunti erano regolarmente sepolti nelle chiese o nelle immediate vicinanze, senza corredo. L’abbandono di un’usanza radicata nell’antica tradizione pagana rappresenta per l’archeologia la perdita di un’importante fonte di documentazione, ma segna anche l’inizio di un nuovo capitolo storico che introduce il Medioevo. Le cause e le fasi cronologiche di questo processo non sono ancora sufficientemente studiate; l’impatto della cristianizzazione, già pienamente in corso nel VII secolo, fu probabilmente minore rispetto a quello avuto dall’introduzione di nuove forme organizzative ecclesiastiche (diocesi, prime parrocchie, ecc.).
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